Ambiente

Dizionario di filosofia (2009)

ambiente


La nozione di ambiente, inteso come insieme delle concrete circostanze geografiche, climatiche e sociali che condizionano l’esistenza e la salute umana, è presente nella medicina greca antica. Nello scritto ippocratico Le arie, le acque, i luoghi, il termine περιέχων (o περιέχων ἀήρ, presente in Erodoto o Anassimene) è ricondotto a concrete situazioni e condizioni geografico-climatiche e sociali, che determinano differenze relative non soltanto alla salute e alla terapeutica, ma anche alle caratteristiche psicofisiche dei diversi popoli: «per lo più alla natura dei luoghi si improntano sia l’aspetto sia le caratteristiche degli uomini». Il nesso fra clima e temperamento, esteso dal dato medico-fisiologico al piano ‘caratteriale’, è presente anche nella sez. 14 degli aristotelici Problemi: «Il clima migliore giova anche al pensiero, mentre gli eccessi creano disordine, e come stravolgono il corpo, così anche l’equilibrio del pensiero». Galeno annovera l’a. fra i «fattori o cause» della malattia nel Manuale di medicina (Ars medica, 23-36). È sulla scorta dei testi galenici e ippocratici che l’a., inteso come «aria ambiente» o «corpo ambiente», viene tematizzato nella letteratura medico-naturalistica del Rinascimento, ove il problema della delimitazione dell’a. è collegato a quello, più ampio, del «luogo» e della sua liminarità. Fra organismo e a., ossia il corpo o l’elemento che «circonda» (ambiens non è sostantivo, ma participio di ambire «stare intorno»), vi è un’interconnessione. La vita degli organismi si svolge ed è resa possibile nell’aria a. o nell’acqua a., ma il loro imputridirsi o ristagnare la ostacolano. L’a. stesso assume, mediante contatto e interscambio, qualità che lo modificano, diventando veicolo di malattie ed epidemie (è ampia, in tal senso, la letteratura sulle pesti). In ambito politico, Bodin, nei Six livres de la République (1576) insiste sul rapporto fra «clima» e «regime politico» accentuando il ruolo di «causa determinante» dell’a.; è la cosiddetta «teoria dei climi» ampiamente e criticamente trattata nel lib. 14° dello Spirito delle leggi (➔) di Montesquieu, che conosce e utilizza il saggio del medico inglese J. Arbuthnot, An essay concerning the effects of air on human bodies (1733). È G. de St.-Hilaire (1835) a parlare di «milieu ambient» in senso biologico, mentre Comte sottolinea il ruolo dell’a. come «causa determinante» della vita dell’organismo. Tale posizione viene radicalizzata, in ambito filosofico, da Taine, che, nella Filosofia dell’arte (1865), riconduce all’a. fisico, biologico e sociale l’elaborazione di prodotti e valori umani. Gli studi sull’evoluzione condotti da Lamarck e Darwin nel 19° sec. problematizzano invece, secondo polarità diverse, il ruolo dell’a. nei processi evolutivi, determinati da «selezioni» dovute appunto al grado di «adattamento» all’a.; secondo la linea lamarckiana l’a. influisce direttamente sulla modificazione dei caratteri ereditari. La riflessione scientifica sull’a., nella prima metà del 20° sec., investe principalmente settori quali la biologia, la psicologia e le scienze umane. In ambito filosofico è Heidegger che, in Essere e tempo (➔) (1932), si sofferma sull’intrinseca problematicità della nozione biologica di «mondo-a.» (Umwelt): «la biologia, in quanto scienza positiva, non può mai incontrare questa struttura; essa non può che presupporla e farne costantemente uso» (§ 12). Nella seconda metà del 20° sec. lo studio dell’a. in riferimento a condizioni fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge la vita, evidenzia le caratteristiche di reciproca determinazione e interrelazione fra gli organismi e le loro condizioni vitali. Le filosofie dell’a., partendo da tematiche ecologiste o ambientali risalenti al 19° sec. (H.D. Thoreau, Haeckel), problematizzano lo statuto dell’a. recuperando temi della sette-ottocentesca ‘filosofia della natura’, ma sviluppando le implicazioni etiche di concezioni antropocentriche, biocentriche (ossia estese a tutto il complesso dei viventi) o ecocentriche (vale a dire, tali da includere anche la biosfera e gli ecosistemi nel loro insieme), fino ad arrivare alla considerazione della Terra, nel suo insieme, come un essere vivente integrato: Gaia (secondo la definizione di J. Lovelock, 1979). Un ruolo centrale assumono il modello «olistico» proposto da A. Leopold in The land ethic (parte del Sand county almanac, post., 1949), in cui a. e uomo vengono intesi come non separabili, e il «principio di responsabilità» elaborato da Jonas (Das Prinzip Verantwortung, 1979; trad. it. Il principio responsabilità: un’etica per la civiltà tecnologica) nel quale convergono genere umano e mondo naturale.