PEYRÒN, Amedeo Angelo Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PEYRON, Amedeo Angelo Maria

Gian Franco Gianotti

PEYRÒN, Amedeo Angelo Maria. – Nacque a Torino il 2 ottobre 1785, ultimo di undici figli di Francesco Bernardino, mastro uditore nella Camera dei conti, e di Ada Teresa Marchetti dei conti di Melyna.

La famiglia paterna, originaria dell’Alta Valsusa (Clavière), ottenne nel 1708 lo stemma con il motto Fortiter et Suaviter, spesso evocato da Amedeo Peyròn.

Fu allievo del Seminario torinese e, discepolo prediletto di Tommaso Valperga di Caluso, si laureò in lingua greca (1808); ricevette gli ordini sacerdotali (1809) e si laureò in teologia (1814); succedette al maestro sulla cattedra di lingue orientali (1815); entrò nel 1816 nell’Accademia delle scienze torinese, di cui fu tesoriere dal 1826. Ricoprì incarichi nei settori scolastici e dei beni culturali: fu direttore della Biblioteca universitaria, riordinò la Collezione Drovetti e promosse il Museo egizio; fu rettore dell’ateneo torinese (1826-29), membro del magistrato della Riforma (1844); fece parte del Consiglio superiore dell’Istruzione pubblica e della Giunta di antichità e belle arti (1848).

Senatore del Parlamento subalpino, nel 1849 si ritirò dalla vita pubblica e dalla docenza, ma non dagli studi, che gli valsero numerosi riconoscimenti: socio dell’Accademia della Crusca e di altre accademie italiane; socio straniero dell’Institut de France e delle Accademie di Berlino, Monaco di Baviera e Lipsia; commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, cavaliere dell’Ordine civile di Savoia e dell’Ordine della Legion d’Onore (Francia), Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia.

Aperto fin dagli esordi alla filologia di matrice germanica, dal 1804 Peyròn tenne, con il nome di Ethalides, lezione all’Accademia dei Teosebi (sodalizio sorto durante il periodo di chiusura della facoltà teologica, compiuta per mano francese).

Il nome accademico deriva dai legami con Caluso: Aethalides, figlio di Hermes, per gli antichi è ipostasi di Pitagora e ‘novello Pitagora’ era definito il maestro. Prima della stampa della tesi (De chronologia librorum Moysis, Torino 1814), Peyròn studiò l’Evangeliario su un codice greco donato dal generale francese Jacques-François de Menou a Prospero Balbo, rettore dell’ateneo sabaudo (Torino 1808).

Così ne scrisse: «Provai che era stato scritto nei primi anni del Secolo XVIII, né vi trovai alcun pregio […]. Io ebbi in dono molti esemplari, ma li bruciai quasi tutti, perché sin d’allora mi stava fitta in capo la massima, che nulla si dee pubblicare se non vale a insegnarci qualche verità» (Note e giudizi delle proprie opere dell’ab. A. Peyron, in B. Peyròn, Per le nozze Teresa Peyron - Melchior Pulciano, Torino 1879, p. 7), proposito già enunciato nel 1806, in margine al Salmo ebraico composto per la prima messa di Ludovico di Breme. Peyròn non stampò il testo, convinto che «a quei soli libri stava il diritto di comparire alla luce, i quali portassero evidente vantaggio nel migliorare le già stabilite opinioni degli uomini» (lettera a L. di Breme, Fondo Peyròn, 59).

Con l’edizione dei frammenti di Empedocle e Parmenide e le ricerche sul commento di Simplicio al De coelo di Aristotele (Lipsia 1810) Peyròn pose fine al digiuno ecdotico di casa nostra ed entrò nella schiera dei filologi europei, portando Torino nella patria del rinnovamento degli studi classici. Nel 1818 pubblicò il trattato De prosodia di Teodosio d’Alessandria, ristampato nel 1820 in calce all’edizione lipsiense dell’Etymologicum di Orione curata da Friedrich W. Sturz. Anche il catalogo peyroniano dei lasciti librari di Caluso alla Biblioteca Reale comparve a Lipsia nel 1820 e segnò progressi nella descrizione dei codici.

Al fine di trasferire in Italia strumenti affidabili, Peyròn tradusse la Griechische Schulgrammatik di August Matthiae (Grammatica della lingua greca di A. Matthiae, volgarizzata con aggiunte, Torino 1823). Esplicita l’ammirazione per le dottrine d’oltre Reno: «Potrò così io destare lo studio della Lingua Greca in Italia? […]. Forse dirannomi, come sogliono: “costui è ammiratore dei Tedeschi”. Poverini! Credete di farmi ingiuria? Ed io, se occorre, lo stamperò anche, che ove mai viaggiassi in Germania, vorrei udire le lezioni dell’Hermann, dello Schaefer ecc. ecc.; sì io che ho pure presso di voi fama d’ellenista, ma in confronto di costoro mi inchino […] colla berretta in mano» (lettera del 16 marzo 1822 a B.G. Niebuhr).

Dal 1820 l’abate Peyròn informava i consoci dell’Accademia dei progressi nel recupero di scritture celate in alcuni palinsesti della Biblioteca dell’Università torinese; nel 1824 compaiono i risultati, che riguardano testi giuridici e frammenti delle orazioni di Cicerone. Lo studio e l’edizione dei Codicis Theodosiani fragmenta inedita… da un palinsesto dell’XI secolo (in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, XXVII (1824), pp. 137-330) sono un nuovo capitolo della storia del diritto antico. Gli studi giuridici per il codice teodosiano si intrecciano con le ricerche su Cicerone; esse confermano la perizia del curatore e, per confronto, la minore acribia di Angelo Mai in imprese simili: M. Tulli Ciceronis Orationum pro Scauro, pro Tullio, et in Clodium fragmenta inedita etc. (Stutgardiae et Tubingae 1824).

Sempre nel 1824 nacque il Regio museo egizio: nuovo oggetto degli studi di Peyròn, tra i promotori del museo, furono i papiri ivi conservati. Punto d’avvio fu il Saggio sopra papiri, codici copti ed uno stele trilingue (in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, XXIX (1825), pp. 70-82); seguì l’esame dei papiri greci (Papyri graeci [sic] Regii taurinensis Musei Aegyptii, I, ibid., XXXI (1827), pp. 9-188) e di alcuni papiri del Museo di Vienna (ibid., XXXIII (1829), pp. 151-192): un’impresa pionieristica per la papirologia documentaria e la conoscenza dell’Egitto tolemaico.

Tra i lavori di pertinenza orientalistica le Sacre Scritture furono sempre presenti sullo scrittoio dell’abate Peyròn, che trovò tuttavia anche il tempo per la cura di contributi per la Crusca, di grammatiche italiane per le scuole (Torino 1822, 1848) e per la stesura di un Lexicon e di una Grammatica linguae Copticae (Torino 1835, 1841), opere – queste ultime – tese a mostrare l’apporto del copto alla conoscenza dell’antica lingua egiziana.

In copto Peyròn compose un carme per le nozze del futuro re Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide d’Austria (Il genio dell’Egitto, Torino 1842, pp. 33-38). Intercalati a questi lavori vi sono i mai interrotti studi di storia greca e la lunga familiarità con l’opera di Tucidide, che risale agli inizi della carriera (1815). Tali ricerche durarono quasi mezzo secolo, condotte con maggiore o con minore assiduità, ma mai perse di vista, come testimoniano i saggi in seno all’Accademia delle scienze e una grande tappa intermedia, costituita dal testo intitolato Idee della storia antica della Grecia e stampato in apertura al primo volume dell’Antica e nuova Grecia. Scene elleniche di Angelo Brofferio (Torino 1844; il testo di Peyròn è alle pp. 1-139). Traguardo finale è la versione delle Storie di Tucidide, corredata dalle ricerche accumulate nel tempo e da note di commento: Tucidide. Della guerra del Peloponneso libri VIII, I-II, Torino 1861.

Le dodici Appendici mostrano come in ogni questione la filologia e l’analisi dell’antico si sostanzino di vivo senso storico, impegno morale e passione civile: Peyròn leggeva i processi del suo tempo attraverso lo specchio della storia greca, vedeva ricostruito il passato in termini non inattuali e la storia antica mai come fine a se stessa: in chiusa della Prefazione, dopo il ricordo delle cure prodigate nelle note e nelle Appendici, si legge: «Io mirai al maggior bene letterario e politico dell’Italia. Sì anche al politico. Imperocché niuna storia io conosco che più rassomigli all’Italiana, quanto la Greca. […] Vogliamo noi formarci un giudizio pratico di quanto possa ragionevolmente sperare, temere e operare l’Italia? Studiamo la storia Greca» (Tucidide, cit., I, p. 11). I parallelismi e le analogie abituano il lettore a sceverare somiglianze e inferenze tra passato ellenico e presente italico, tra popoli antichi e moderni segnati da tratti e valori comuni. Peyròn qui ribadisce quanto scritto nella lettera del 10 giugno 1858 a Charles Lenormant, professore al Collège de France: «Rien ne rassemble plus à l’histoire d’Italie comme celle de la Grèce». Pertanto Spartani, Macedoni e piemontesi sono spesso assimilati, in quanto portatori di aspetti simili che vanno dal carattere sobrio al valore militare, da storie separate a unificazioni territoriali. Così in Peyròn vive un tema storiografico caro agli intellettuali subalpini tra Sette e Ottocento: l’identità piemontese si definisce in base ai modelli delle società antiche.

La storiografia di Peyròn non si misura solo con il mondo antico: la patria sabauda, oltre a far capolino in forza d’analogia, è a sua volta oggetto d’attenzione storica. Peyròn è inserito come ‘storico medievale’ nel progetto dei Monumenta Historiae Patriae proposto – sul modello dei Monumenta Germaniae Historica – dalla neonata Regia Deputazione sovra gli studi di storia patria. I contributi di Peyròn compaiono nei volumi I, IV e VI (1836, 1840 e 1853) e nella raccolta di frammenti di leggi barbariche da un codice della Biblioteca di Ivrea (in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, s. 2, VIII (1846), pp. 129-167). Peyròn fu altresì storico in prima persona della guerra civile piemontese (1638-42) tra la fazione filospagnola dei principi Maurizio e Tommaso (capostipite, il secondo, del ramo Savoia-Carignano di Carlo Alberto) e la fazione della reggente Cristina di Francia (ibid., XXIV (1868), pp. 1-145). Lo storico sabaudo si aggiunge così allo storico antico, al papirologo e al classicista, all’orientalista e al biblista, all’egittologo e allo storico del diritto, all’editore di manoscritti e palinsesti; non manca lo studioso di temi scolastici preoccupato della trasmissione moderna dei saperi (Dell’istruzione secondaria in Piemonte, Torino 1851).

Cifra unitaria è l’accurata indagine filologica di tutti i documenti, antichi e moderni, storici e letterari, religiosi e profani: Amedeo Peyròn è l’unico vero filologo che l’ateneo di Torino annoveri nell’Ottocento. La dimensione dei suoi studi è confermata dalle accademie di cui fu socio e dall’epistolario con i viri docti del tempo. L’Università lo onorò con un busto posto in rettorato (1872), il Comune con la titolazione d’una via e una lapide posta sulla sua dimora di via Maria Vittoria, vicina al Museo egizio e all’Accademia delle scienze. Solitario e disincantato testimone dell’Unità d’Italia, lontano dal panlatinismo tenuto in vita a Torino dal docente di letteratura latina Tommaso Vallauri, negli ultimi anni l’abate Peyròn assistette in disparte al trapasso dall’erudizione tardoumanistica al metodo filologico di cui, pure, è stato ispiratore ed esempio.

Peyron morì a Torino il 27 aprile 1870.

Fonti e Bibl.: Documenti sulla carriera sono presso l’Archivio storico dell’Università di Torino, per la conoscenza dei quali ringrazio Paola Novaria. Scritti inediti e appunti delle lezioni sono raccolti nel Fondo Peyròn della Biblioteca nazionale universitaria di Torino: Inventario dei manoscritti e dell’archivio Peyròn, a cura di G. Gallo, 1997 (dattiloscritto); G. Ferretti, Lettere di A. Peyron a L. Vulliemin, in Atti dell’ Accadenia delle scienze di Torino, 1940, vol. 76, pp. 1-12; G. Vagnone, Lettere di C.G. Cobet ad A. Peyron, in Bollettino dei Classici, s. 3, 1995, vol. 15, pp. 145-172, 1996, vol. 17, pp. 143-176; G. Bona, Due lettere di B.G. Niebuhr all’abate P., in Eikasmós, VII (1996), pp. 309-339 (= G. Bona,Scritti di letteratura greca e storia della filologia, Amsterdam 2005, pp. 281-309); G.F. Gianotti, Radici del presente, Torino 1997, pp. 49-72; L. Pesce, A. P. e i suoi corrispondenti, Treviso 1997; G. Bona, Dall’epistolario di A. Mai. Lettere inedite ad A. P., in Eikasmós, IX (1998), pp. 281-311 (= Scritti cit., pp. 337-363).

La bibliografia generale si può articolare in A. Manno, Il primo secolo della R. Accademia delle Scienze di Torino, Torino 1883; M. Fubini Leuzzi, Gli studi storici in Piemonte dal 1766 al 1846. Politica culturale e coscienza nazionale, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, LXXXI (1983), pp. 113-192; G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Torino 1985, pp. 1-37; Id., ‘Fortemente moderati’. Intellettuali subalpini tra Sette e Ottocento, Alessandria 1999; G.F. Gianotti, Gli studi classici, in Storia della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino, a cura di I. Lana, Firenze 2000, pp. 217-254; L. Cracco Ruggini, Eloquenza, Antiquitates e storia antica in Piemonte dal primo Ottocento alla vigilia della seconda guerra mondiale, in Atti Accademia nazionale dei Lincei, s. 9, XIII (2001), 2, pp. 159-272; Ead., Centocinquant’anni di cultura storico-antichistica in Piemonte, in Studia Historica - Historia Antigua, XIX (2001), pp. 26-67; M. Geymonat, Gli studi classici in Piemonte a cavallo dell’Unità d’Italia, in Quaderni di Atene e Roma, 2012, n. 3, pp. 229-238. Per la bibliografia specifica su Peyròn si vedano: F. Sclopis, Della vita e degli studi di A. P., Torino 1870; G. Gorresio, Discorso per l’inaugurazione del busto di A. P., in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, VII (1871-72), pp. 723-728; A. Manno, Repertorio bibliografico delle pubblicazioni della R. Accademia delle scienze di Torino, Torino 1883, pp. 300-301; Id., L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria, Torino 1884, pp. 333-336; M. Tabarrini, Vite e ricordi di italiani illustri del sec. XIX, Firenze 1884, pp. 158 s.; P. Treves, Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento, Torino 1979, pp. 871-950; L. Selvaggi, Profilo biografico di A. P., in Accademie e Biblioteche d’Italia, LII (1990), 2, pp. 10-32; M. Cerruti, A. P., intellettuale e uomo di lettere, in Studi piemontesi, XXV (1996), pp. 345-355; A. Mengozzi, A. P. e Ludovico di Breme alla scuola di Tommaso Valperga di Caluso (1735-1815), in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XCIX (1996), pp. 703-711; G. Vagnone, Bibliografia di A. P. (1785-1870), in Studi piemontesi, XXVIII (1999), pp. 229-236; G.F. Gianotti, A. P., in Maestri dell’Ateneo torinese, a cura di R. Allio, Torino 2004, pp. 145-171; E. Peyron, La figura di A. P., www.uciimtorino. it/amedeo_ peyron.pdf. Su Peyròn filologo, orientalista, storico: S. Bassi, G. Pasini e A. P. nella Biblioteca Universitaria di Torino, in Almanacco dei bibliotecari italiani, 1971, pp. 11-19; P. Eleuteri, Due manoscritti greci del Fondo Peyron della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, in Prometheus, 1990, t. 16, n. 3, pp. 193-200; Giornata di studio in onore di A. P., a cura di S. Curto, Firenze 1998; C. Pilocane, A. P. filologo biblico, in Quaderni del Dipartimento di filolologia, linguistica e tradizione classica ‘A. Rostagni’, n.s., 2007, vol. 6, pp. 185-213; G.F. Gianotti, Il Tucidide di A. P., tra Grecia classica e Piemonte sabaudo (2007), in L. Bertelli - G.F. Gianotti, Tra storia e utopia. Studi sulla storiografia e sul pensiero politico antico, Alessandria 2012, pp. 441-475; G. Pezzini, A. P.: filologia e umanesimo nella Torino di primo Ottocento, in Appunti romani di filologia, XIV (2012), pp. 77-88. Su Peyròn papirologo: G. Bona, A. P. e lo studio dei papiri, in Atti del XVII Congresso Internazionale di papirologia, I, Napoli 1984, pp. 179-186 (= Scritti cit., pp. 275-280); D. Foraboschi - A. Gara, La papirologia e la cultura italiana dell’Ottocento, in Lo studio storico del mondo antico nella cultura italiana dell’Ottocento, a cura di L. Polverini, Napoli 1993, pp. 253-264; O. Montevecchi, A. P. papirologo, in Giornata in onore di A. P., cit., pp. 65-70; N. Pellé, A. P., in Hermae. Scholars and scholarship in papyrology, a cura di M. Capasso, II, Pisa-Roma 2010, pp. 11-15; M. Capasso, Gli studi papirologici a ridosso dell’Unità d’Italia, in Quaderni di Atene e Roma, 2012, n. 3, pp. 208-212.

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