AMEDEO IV, conte di Savoia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

AMEDEO IV, conte di Savoia

Francesco Cognasso

Figlio primogenito di Tommaso I conte di Savoia e di Margherita figlia di Guglielmo I conte del Genevese. Poiché il padre raggiunse la maggiore età, fissata a quattordici anni, solo nel 1191, il matrimonio può collocarsi non prima del 1194, sicché A. deve essere nato verso il 1195. Certo era già maggiorenne nel 1215, quando fu compreso nel trattato di Piverone tra il conte di Savoia ed il Comune di Vercelli, in cui assunse impegni militari e politici.

Nel 1219 fu mallevadore nei contratti dotali delle due sorelle Beatrice, sposata al conte di Provenza Raimondo Berengario, e Margherita, sposata al conte Hartmann di Kyburg. Nel 1224 di nuovo prese parte alle trattative del padre con il Comune di Asti e si recò a giurare l'osservanza degli accordi. Quando Tommaso I fu fatto da Federico II vicario imperiale e legato d'Italia, A. fu usato dal padre come suo rappresentante ed in tale funzione lo troviamo a Ivrea, a Savona, ad Albenga. Con piena autorità nel giugno del 1226 concesse una salvaguardia al Comune di Calpice (Moncalieri).

Morto Tommaso I il 10 marzo 1233, A. assunse il governo della contea. Dei sette fratelli maschi, soltanto i due più anziani, Umberto e Aimone, erano stati destinati alla vita delle armi e degli affari; gli altri: Guglielmo, Tommaso, Pietro, Filippo, Bonifacio, erano stati avviati allo stato ecclesiastico e già forniti di benefici.

Umberto morì giovane ancor prima del padre (ca. 1222), ma, appena morto Tommaso I, i due figli Tommaso e Pietro abbandonarono i loro uffici e manifestarono velleità di comando. A. si trovò quindi a fronteggiare le ambizioni di Aimone e degli altri due. Aimone aveva ricevuto dal padre -non si sa se in appannaggio o in vera signoria -i possessi del Chiablese con San Maurizio d'Agauno e quelli nuovi del Vaud attorno a Moudon. Non contento, contestò al fratello maggiore la successione paterna, negando che a suo favore vi fosse un testamento di Tommaso I e chiedendo la spartizione dei domini; in ciò fu appoggiato dal fratello Pietro, mentre A. ebbe invece l'appoggio di Tommaso.

I fratelli e i grandi vassalli intervennero come pacieri e a Chillon nel luglio del 1234 fu pronunciato il lodo: l'unità dello stato rimase salva, il conte fece concessioni ad Aimone e a Pietro. Aimone venne a morte già nel 1237 e i suoi domini, non avendo egli figli, ritornarono ad A.; Pietro intanto sposava Agnese di Faucigny e creava qui un suo stato.

Per ricompensare il fratello Tommaso del suo aiuto, A. il 13 apr. 1235 gli cedette a titolo di feudo quanto possedeva in Italia da Avigliana in giù, cioè i domini della Marca di Torino; pochi mesi dopo gli dava la luogotenenza in caso di sua assenza e lo dichiarava erede della Contea e della Marca se egli fosse morto senza eredi. Questo provvedimento era necessario per salvare l'esistenza dello stato sabaudo dalle cupidigie dei vicini marchesi di Monferrato e di Saluzzo.

La situazione politica ereditata da A., tranquilla per quanto riguardava i domini nel regno d'Arles, era assai aggrovigliata nella pianura padana. Tommaso I fedele all'impero era stato in lotta con il Comune di Torino legato alla Lega lombarda. Se aveva avuto come alleati gli Astigiani, nel 1232 questi avevano fatto pace con i Torinesi, abbandonando il conte. Solo nel novembre del 1235 A. conchiuse la pace con il Comune di Torino mediante un trattato di amicizia di vent'anni; il conte venne a Torino a giurare l'accordo con il fratello Tommaso, che forse era stato il mediatore della pace ora che aveva in feudo i domini sabaudi confinanti con Torino.

Pericolosi vicini di A. erano i due marchesi aleramici, Manfredi di Saluzzo e Bonifacio II di Monferrato. Ai due il conte aveva dato in moglie le due figlie nategli da Anna d'Albon, sorella del conte Andrea Delfino: Beatrice fu assegnata già nel 1223 a Manfredi III, Margherita nel 1228 a Bonifacio II. I due generi si preoccuparono presto della successione di A., che non aveva figli maschi. La successione di Tommaso stabilita dal conte determinò le proteste dei due marchesi e nel dicembre del 1235 il conte fu costretto a cedere loro Susa, Avigliana, Cavour, Vigone, Miradolo, riservandosene l'usufrutto e la facoltà di disporne diversamente a favore di quella figlia che avesse avuto figli maschi, il che però doveva avvenire così per l'una come per l'altra.

Il 13 luglio 1238 A. riconfermò il testamento a favore del fratello Tommaso, sostituendogli in caso di morte senza figli maschi gli altri fratelli Pietro e Filippo e nuovamente lo riconfermò nel 1240. I due marchesi però insistevano nelle loro pretese: chi andava all'attacco era il marchese di Monferrato, mentre Manfredi di Saluzzo si atteggiava a mediatore.

La grave discussione che coinvolgeva l'avvenire dello stato sabaudo e dei due marchesati aleramici si svolgeva sullo sfondo della lotta tra papato ed impero. A. e i fratelli videro salire il loro prestigio nella politica europea dopo che le due nipoti di Provenza, Alienor e Margherita, diventarono rispettivamente regine di Inghilterra e di Francia, la prima nel 1235, la seconda già nel 1234. Il quasi contemporaneo matrimonio di Federico II con la sorella di Enrico III strinse i legami tra l'imperatore ed i principi sabaudi. Alla dieta di Torino dell'aprile 1238 A. promise a Federico il suo appoggio militare; ma all'assedio di Brescia si ebbero degli screzi, avendo l'imperatore sacrificato gli interessi di Guglielmo fratello di A. nella questione del vescovado di Liegi.

Mentre i marchesi di Saluzzo e di Monferrato rimanevano fedeli all'imperatore, A., sotto l'influsso dei fratelli, parve allontanarsi da Federico II. Quando questi nel 1239 fu scomunicato, il conte di Savoia chiese a Gregorio IX se egli fosse ancora tenuto al giuramento di fedeltà e per qualche anno fu devoto alla Chiesa. Ma nel 1243 così A. come il fratello Tommaso si riaccostarono di nuovo all'imperatore e il legato pontificio li scomunicò. Ora la loro politica si fece oscillante, prudentemente regolata secondo le circostanze. A., dopo aver chiesto l'assoluzione dalla scomunica, ospitò Innocenzo IV nel suo viaggio a Lione ed ottenne qualche concessione, ma nel 1245 egli, come tutti i principi e comuni pedemontani, appoggiò la parte impenale, e Federico II gli promise l'eventuale cessione di Rivoli. Però nella questione della Provenza e del matrimonio angioino, il conte di Savoia fece politica antisveva, non piacendogli di avere un principe svevo nella valle del Rodano. Dal 1246 A. si decise nettamente a favore dell'imperatore, atteggiandosi a pacificatore tra lui ed il papa. Nel maggio del 1247 era a Torino con l'imperatore che calcolava sul suo appoggio per andare a Lione e gli abbandonò Rivoli; il fratello Tommaso promise di sposare una figlia dell'imperatore. il passaggio del marchese di Monferrato al partito papale rese più prezioso per Federico II l'aiuto sabaudo. A Vercelli Federico incaricò A. di recarsi a Lione a trattare la riconciliazione con Innocenzo IV. Il piano non riuscì, ma da Vercelli l'imperatore accordò al fratello del conte, Tommaso, l'investitura per Torino, Ivrea, ecc. (1248). Anche in questo momento di massima tensione tra Federico ed il papa, il conte di Savoia ed il fratello Tommaso rimasero fedeli all'imperatore e questi concesse a Tommaso il vicariato imperiale. Nuovi diplomi di Federico II a favore dei Savoia provarono la sua gratitudine.

Morto Federico II, il conte di Savoia ricevette da Innocenzo IV l'intimazione di restituire alla Chiesa di Torino le terre avute dall'imperatore, ma poi la rapida mossa di Tommaso, che sposò la nipote del papa, procurò ad A. l'assoluzione da ogni scomunica (maggio 1252). Nell'autunno di quest'anno A. si ammalò e dovette pensare alla successione. Nel 1241 la sua prima consorte era morta ed A. aveva sposato verso il 1243 Cecilia di Baux che nel 1244 gli diede un figlio maschio, Bonifacio. Le speranze dei marchesi di Saluzzo e di Monferrato erano così crollate. Nel settembre del 1252 A. rifece il testamento e lasciò erede di tutti i domini della Contea e della Marca il figlio minorenne a cui assegnò come tutore il fratello Tommaso, che avrebbe avuto gli stati se Bonifacio fosse venuto a morte senza eredi maschi.

A. redasse un nuovo testamento il 24 maggio 1253 a riconferma della sua volontà, cui aggiunse dei codicilli in data 28 maggio a favore della figlia Beatrice avuta da Cecilia di Baux e un altro in data 8 giugno a favore della consorte stessa. Egli morì l'11 luglio 1253 nel castelo di Montmélian e fu sepolto due giorni dopo nell'abbazia di Altacomba.

Fonti e Bibl.: Regesta Comitum Sabaudiae, a cura di D. Carutti, Roma 1889, pp. 197-319, nn. 838-935; S. Guichenon, Histoire ginialogique de la royale maison de Savoye, I, Turin 1778, p. 267; L. Cibrario, Storia della monarchia di Savoia, II, Torino 1841, pp. 1-64; C. A. de Gerbaix-Sonnaz, Studi storici sul contado di Savoia..., II, 1, Torino 1893, pp. 165 ss.; S. Hellmann, Die Grafen von Savoyen und das Reich bis zum Ende des staufischen Periode, Innsbruck 1900, pp.125 ss.; G. De Manteyer, Origines de la Maison de Savoye, Notes additionnelles, in Le Moyen Age, s.2., V (1901), p. 450; C. W. Previté-Orton, The Early History of the House of Savoy, Cambridge 1912, pp. 199, 414 e passim; J. L. Würstemberger, Peter der Zweite, I, Bern 1856, p. 97; F. Cognasso, Tommaso I ed Amedeo IV, II, Torino 1940, pp. 147-386.

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