PALERMI, Amleto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PALERMI, Amleto

Stefania Carpiceci

PALERMI, Amleto. – Nacque l’11 luglio 1889 a Roma, terzogenito di Raoul Vittorio, giornalista, e di Emilia Scarpelli.

Quando aveva solo pochi mesi, la famiglia, di origine siciliana – composta anche dai fratelli Manfredi e Italo – si trasferì a Palermo, dove Raoul Vittorio assunse la direzione de Il giornale di Sicilia e dove nacque l’ultimogenito, Gustavo.

Raoul Vittorio fu gran maestro della Gran Loggia d’Italia di piazza del Gesù (nata nel 1910 dalla scissione, di cui Raoul stesso fu tra i protagonisti, di un gruppo di logge massoniche di rito scozzese dal Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani) dal 1919 al novembre 1925, quando ne fu decretato lo scioglimento. Emilia era sorella di Filiberto, padre dello sceneggiatore e giornalista romano Furio Scarpelli.

Palermi si dedicò da giovanissimo all’attività giornalistica, ma anche alla scrittura di copioni teatrali. Dal 1908 al 1919 – quando tornò a Roma – scrisse infatti, ‘U lupu, Il tesoro d’Isacco e La vela grande in siciliano e Il primo amore in italiano: copioni modesti, ma sperimentali, che furono rappresentati su palcoscenici nazionali da alcune filodrammatiche.

Nel 1914 fu scritturato come metteur en scène dalla casa di produzione torinese Film Artistica Gloria e da quel momento entrò ufficialmente nel mondo del cinema, ottenendo contratti con altre note ditte nazionali, come la Augustus Film, la Cosmopolis, la Cines e la Rinascimento Film, della quale fu uno dei fondatori. Diresse, almeno fino agli anni Venti, con ritmi frenetici, numerosissime pellicole, molte delle quali – pietre miliari del cinema muto italiano – interpretate da alcuni dei divi più in voga.

Debuttò nella regia con il melodramma Colei che tutto soffre (1914), al quale seguì, nello stesso anno, Il diritto di uccidere. Nella seconda metà degli anni Dieci diresse, tra gli altri, i «languidi e appassionati» (Baldi - Di Giammatteo, 1996, p. 998), Lyda Borelli e Livio Pavanelli in Carnevalesca (1916; di questo film curò anche la sceneggiatura insieme con Lucio d’Ambra), nonché una «struggente» Soava Gallone in Madre (1916). Nel 1920 fu la volta di una «focosa e tenebrosa» Pina Menichelli, protagonista de Il romanzo di un giovane povero, diretta ancora nel 1922 in L’età critica, nel 1923 in La dame de chez-Maxim’s, La seconda moglie, La biondina e L’uomo e la donna, nonché nel 1924 in Occupati di Amelia!.

Apparve anche nei panni di attore, seppure in ruoli secondari, e scrisse soggetti e sceneggiature per altri (La pantomima di Mario Caserini, La chiromante di Mario Almirante ecc.) e per sé (Il sogno di Don Chisciotte, La Bohème, Il piacere, Malafemmina, Dramma d’amore ecc.).

Sposò negli anni Venti Ida Molinaro, dalla quale ebbe tre figli Fioretta, Filippo – morto nel febbraio 1925 – e Francesco Saverio, nato nel 1926.

Nel 1925 la sua carriera conobbe un momentaneo insuccesso. Non riuscì infatti a condurre a termine la direzione de Gli ultimi giorni di Pompei, ultima grande produzione del cinema muto italiano; il kolossal storico – alla sua terza versione filmica, dopo quelle del 1908 e del 1913 – decretò il fallimento di una cinematografia troppo ambiziosa e dispendiosa. Palermi fu costretto a emigrare in Germania, sperando in miglior fortuna, e fu poi a Carmine Gallone che spettò il compito di completare, nel 1926, la coregia della pellicola.

In Germania girò, ancora nel 1926, una versione del pirandelliano Die lebende Maske - Heinrich der Vierte (Enrico IV) e nel 1929 diresse l’ultima pellicola muta, La straniera.

La conversione al sonoro lo vide impegnato nella realizzazione del primo film parlato in italiano, Perché no?, sfornato dalla fabbrica dei multipli e delle pluriversioni che, non essendosi ancora sviluppata la pratica del doppiaggio e del sottotitolaggio, fu edificata nella primavera del 1930 dall’americana Paramount nella località francese di Joinville-le-Pont.

Dopo aver cofirmato, con Guido Brignone, La donna di una notte (1931), interpretato da Francesca Bertini, dal 1932 al 1939 Palermi diresse alcuni film di genere nell’ambito di un cinema italiano che, all’alba della nuova invenzione tecnologica, sembrava destinato alla rinascita.

Tra questi, La vecchia signora, La fortuna di Zanze, La segretaria per tutti, Il treno delle 21.15, Creature della notte, Paraninfo, L’eredità dello zio buonanima, Fiat voluta Dei, Il corsaro nero, I due misantropi, Napoli d’altri tempi, Partire, Napoli che non muore e Follie del secolo, che vantarono tra i principali interpreti alcuni dei grandi nomi dello schermo e del palcoscenico nazionale, come Emma Gramatica, Armando Falconi, Isa Miranda, Angelo Musco, Nino Besozzi, Sergio Tofano, Vittorio De Sica e Fosco Giachetti.

Suoi capolavori furono Cavalleria rusticana (1939), San Giovanni Decollato e La peccatrice (entrambi del 1940).

Il primo, tratto dall’omonimo dramma del 1884 di Giovanni Verga, fu eletto miglior film del decennio dalla rivista Cinema, diretta da Vittorio Mussolini, che individuò proprio nel maestro del verismo letterario la principale ispirazione del neorealismo cinematografico italiano; sulla stessa testata, in virtù di un altro referendum indetto tra i lettori, Palermi venne nominato, questa volta in apertura del nuovo decennio, miglior regista italiano.

San Giovanni Decollato, tratto dall’omonima commedia di Nino Martoglio, fu sceneggiato da Cesare Zavattini, insieme con Aldo Vergano, ed ebbe come protagonista Totò, surreale e inarrestabile nel ruolo di un portiere-ciabattino devoto al santo.

Il melò La peccatrice, di cui il primo ciak fu battuto il 6 maggio 1940, interpretato da un gruppo di straordinari attori (Giachetti, De Sica, Paola Barbara, Gino Cervi, Umberto Melnati), ebbe il merito di rinnovare il genere all’interno del cinema italiano ma anche di tenere a battesimo il teatro di posa del Centro sperimentale di cinematografia, all’epoca considerato tra i più moderni d’Europa, che mise a disposizione della troupe, oltre all’attrezzatura tecnica, molti altri suoi locali: dai camerini per gli attori alle stanze per il trucco e le acconciature, dalla sala per la proiezione dei giornalieri a quella delle moviole per il montaggio. Si dedicarono al film anche le forze migliori del Centro: il presidente Luigi Chiarini si impegnò attivamente nella creazione e nell’organizzazione e, insieme a Umberto Barbaro e a Francesco Pasinetti, docenti presso la stessa scuola, scrisse la sceneggiatura. Autorizzò poi la partecipazione alla pellicola di alcuni allievi delle sezioni artistiche e tecniche dell’istituto e stipulò accordi produttivi con la Manenti Film, sia pure sotto la vigilanza del Minculpop (Ministero della Cultura popolare).

Dotato di una vena narrativa quasi gogoliana, cantore di «personaggi semplici» e piccolo-borghesi, di «provinciali incalliti nelle loro modeste consuetudini» (Mida, 1949, p. 34), Palermi diresse ancora nel 1941 L’elisir d’amore – ispirato all’omonima opera lirica di Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani – prima di essere colpito da una malattia fatale, forse meningite.

Morì a Roma il 20 aprile 1941.

Fonti e Bibl.: M. Mida, Palermi, dopo otto anni, in Sipario, 1949, n. 39, p. 34; R. Chiti, P. A., in Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma 1962, pp. 266-269; R. Poppi, P. A., in Id., Dizionario del cinema italiano. I registi dal 1930 ai giorni nostri, Roma 1993, p. 276; A. Baldi - F. Di Giammatteo, P. A., in Nuovo dizionario universale del cinema, a cura di F. Di Giammatteo, Roma 1996, p. 998; S. Carpiceci, P. A., in Enciclopedia del Cinema, Roma 2004, pp. 360 s.; Id., Filmografia per anno - Filmografia per autore, in Storia del cinema italiano, V 1934-1939, a cura di O. Caldiron, Venezia-Roma 2006, pp. 661-667; S. Carpiceci, Trattative e regolamenti sulla lavorazione dei film negli anni Quaranta, in Bianco e Nero, 2010, n. 566, pp. 82-93; O. Caldiron, Il melò tra vecchio e nuovo, in Storia del cinema, VI 1940-1944, a cura di E.G. Laura, Venezia-Roma 2010, pp. 232-242; S. Carpiceci, Il prototipo Joinville-le-Pont – La produzione italiana a Joinville, in Id., Le ombre cantano e parlano. Il passaggio dal muto al sonoro nel cinema italiano attraverso i periodici d’epoca (1927-1932), Roma-Dublino 2012, pp. 38-48; L. Malavasi, Carmine Gallone, in Storia del cinema italiano, IV 1924-1933, a cura di L. Quaresima, Venezia-Roma, in corso di pubblicazione; v. anche il sito www. imdb.com.

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