Amman

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

Amman

P. Cuneo

‛Ammān (ebraico Rabbath Ammon; gr. Φιλαδέλϕεια)

Capitale dal 1922 del regno hashemita di Giordania. 'A. è sita nel Wādī 'Ammān, corrispondente a una parte della biblica regione di Moab (territorio di passaggio dal Mediterraneo, attraverso Bosra, ai deserti siriaco e arabico), e si estende sulle colline circostanti, una delle quali, Jabal al-Qal'a, è sormontata dall'antica acropoli della città nabatea, ellenistica e romana (Avi-Yonah, 1965).

Divenuta sede episcopale bizantina dipendente dal metropolita di Bosra, la città fu presa dai Sasanidi nel 612; nel 635, non molto tempo dopo la riscossa di Eraclio del 628, fu occupata dagli Arabi durante il califfato di 'Umar, a opera del generale Yazīd. Fiorente sotto gli Omayyadi, 'A. conobbe poi, per ragioni ancora inspiegabili, lunghe fasi di declino, confermate dal silenzio degli storici. L'abitato attuale è del tutto moderno, perché sviluppatosi nel corso del sec. 20°, a partire dal villaggio di circassi ivi installato dalle autorità turche nel 1878.

Della città bizantina, che doveva occupare anche una parte della città romana, si conservano solo le tracce di una basilica nella cittadella. I resti più cospicui sono quelli del periodo omayyade, allorché nel témenos antico fu costruita una vasta abitazione di rappresentanza, forse un dār al-imāra (palazzo del governatore). Gli scavi recenti, estesi a tutta l'area edificata, fanno ritenere che, per le sue grandi dimensioni e per la sua posizione dominante un centro urbano, questa fosse una sede importante (dalla quale dipendevano forse le ben note residenze fortificate del deserto giordano), con una vita di corte regolata da un cerimoniale raffinato e complesso, sul modello di quelli bizantino e sasanide.

L'impianto planimetrico di questo palazzo seguiva uno schema organizzativo e distributivo simmetrico, simile a quello di alcuni 'castelli del deserto' giordani, che assumeva però alcune irregolarità adattandosi al sito e alle preesistenze romane. Tutti gli ambienti erano inclusi entro tre settori edificati, tra loro contigui, di forma quasi rettangolare, collegati da un percorso di attraversamento che univa l'ingresso alla sala del trono, servendo zone via via più private. Nel settore meridionale erano presenti, oltre all'ingresso-vestibolo, magazzini, abitazioni di servizio, una grande cisterna e forse una moschea; nel settore mediano sorgevano, ai due lati di un patio e di una via colonnata, sei buyūt (pl. di bayt), residenze a corte interna porticata, forse destinate a dignitari o parenti del sovrano. Nella zona settentrionale, più appartata, trovavano posto le abitazioni del principe e dei suoi familiari più stretti, attorno alla sala delle udienze private (dīwān al-khāṣs) preceduta da un secondo patio.

L'elemento architettonico più cospicuo di tutto il complesso, e quello meglio conservato, è il c.d. vestibolo. È un piccolo edificio cupolato a croce greca, con quattro ambienti ausiliari agli angoli, inscritto in un quadrato. I bracci sono voltati a botte sull'asse di attraversamento e coperti invece da catini e trombe angolari sull'asse trasversale; all'interno di essi corre, ad altezza d'uomo, un fregio o paramento ad archetti ciechi oltrepassati, che segue tutte le articolazioni dell'ambiente e che nel solo vano centrale è sormontato da un secondo registro con motivo simile ma con archetti più ampi. Tale edificio appare ricollegabile, per analogia tipologica, al mausoleo romano di Qaṣr al-Nuwayjis e ai pretori di al-Mundhir a Ruṣāfa (Siria) e di Umm al-Jamāl. Il vestibolo di 'A., eretto forse su un impianto planimetrico bizantino, si attribuisce oggi quasi certamente, grazie alle ricerche della missione spagnola (Almagro Gorbea, 1983), agli Omayyadi di Damasco.

Bibliografia

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U. Monneret de Villard, Introduzione allo studio dell'archeologia islamica. Le origini e il periodo omayyade, Venezia-Roma 1966 (rist. anast. 1968), pp. 59-75.

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Id., The Qasr of Amman, AARP 15, 1979, pp. 22-27.

A. Almagro Gorbea, El palacio omeya de Amman, I, La arquitectura, Madrid 1983 (con bibl.).

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