Ammissibilità della impugnazione della parte civile

Libro dell'anno del Diritto 2014

Ammissibilità della impugnazione della parte civile

Alessandro Diddi

Ampiamente rimaneggiato dalla l. 20.2.2006, n. 46, il regime delle impugnazioni della parte civile ha sollevato nella prassi una serie di problematiche riguardanti i mezzi ai quali esso può accedere, la forma che l'atto deve assumere ed il perimetro cognitivo del giudice dell'appello. Nonostante i plurimi interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, non tutte le questioni, tuttavia, sono state risolte.

La ricognizione

Poiché, in base al combinato disposto degli artt. 573 e 576 c.p.p., l’impugnazione della parte civile avente ad oggetto i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e quella avente ad oggetto la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio è proposta, trattata e decisa con le forme del processo penale, si sono posti diversi problemi applicativi. La prima parte dell’art. 576, che consente l’impugnazione dei capi civili della sentenza di condanna, per la verità, non dà luogo a particolari questioni. Essa, in particolare, si riferisce a due ipotesi: al mancato o parziale accoglimento, in seguito a sentenza di condanna dell’imputato, delle richieste risarcitorie o di rifusione delle spese processuali avanzate della parte civile; alla condanna della parte civile alla rifusione delle spese processuali ed al risarcimento in favore dell’imputato o del responsabile civile ai sensi dell’art. 541 c.p.p. In entrambi i casi, il capo della sentenza che riguarda le statuizioni civili potrà essere impugnato dalla parte civile, nel caso in cui vi abbia interesse, con le forme di cui all’art. 581 c.p.p. per ottenere il risarcimento che gli è stato negato o liquidato in misura inferiore alle sue richieste ovvero l’annullamento della condanna alle spese o al risarcimento dei danni nei confronti dell’imputato ed eventualmente del responsabile civile.

Maggiori problemi, invece, si profilano quando la parte civile intenda impugnare una sentenza di proscioglimento. Anche a cagione della profonda rivisitazione del sistema delle impugnazioni ad opera della l. 20.2.2006, n. 46, non solo l’originario quadro, in seguito all’abrogazione dell’art. 577 c.p.p. ed all’amputazione dell’art. 576 c.p.p., è stato modificato proprio con riferimento ai poteri della parte civile, ma sono rimasti incerti – soprattutto dopo i vari interventi demolitori della riforma ad opera della Corte costituzionale – i confini entro i quali gli stessi possono essere esercitati quando l’impugnazione abbia ad oggetto una sentenza di proscioglimento.

La focalizzazione

La principale incertezza concerne, anzitutto, l’individuazione del mezzo con il quale la parte civile può impugnare le sentenze. In base alla originaria formulazione dell’art. 576 c.p.p., infatti, essa aveva a disposizione gli stessi mezzi di impugnazione riconosciuti al pubblico ministero. Venuto meno l’aggancio ai poteri del pubblico ministero (ridimensionati con la l. n. 46/2006 ), si era subito rilevato come il principio di tassatività e la mancata menzione del mezzo di impugnazione a disposizione della parte civile consentissero a quest'ultima il solo ricorso per cassazione ex art. 568, co. 2, c.p.p. (che si sarebbe potuto eventualmente convertire, ai sensi dell’art. 580 c.p.p., in presenza della proposizione di appelli da parte di soggetti a ciò legittimati)1. Va precisato come tale indirizzo, però, non sia stato accolto dalla giurisprudenza che si è manifestata incline, invece, a ritenere, in forza di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 576 c.p.p., che la parte civile possa proporre appello avverso tutte le sentenze emesse in primo grado che l’abbiano vista soccombente2.

I profili problematici

Nella prassi si sono, poi, poste ulteriori problematiche allorquando il giudizio di impugnazione concerna le sentenze di proscioglimento.

3.1 I limiti cognitivi del giudice dell’impugnazione

Una prima questione ha riguardato i poteri del giudice di appello in ordine alle statuizioni civili quando l’imputato, assolto in primo grado, sia condannato nel giudizio d’appello instaurato a seguito della impugnazione del solo pubblico ministero. Dopo un’iniziale decisione negativa3, le Sezioni Unite hanno statuito che la parte civile, in forza del principio di immanenza contenuto nell’art. 76, co. 2, c.p.p., possa giovarsi dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero4.

Una seconda incertezza ha riguardato le forme in cui deve essere svolto il petitum contenuto nell’atto di impugnazione della parte civile. In particolare, si è posto il problema se la parte civile che impugna una sentenza di proscioglimento possa ottenere dalla corte di appello – in difetto di una concorrente impugnazione del pubblico ministero – anche una riforma della decisione di primo grado. Sebbene, infatti, dal combinato disposto degli artt. 573 e 576 c.p.p. si possa dedurre che la parte civile potrebbe tutelare a tutti gli effetti il proprio diritto risarcitorio nel processo penale ottenendo in appello l’affermazione del diritto che non gli è stato riconosciuto in primo grado, sembrerebbe ostare a tale conclusione il principio di accessorietà contenuto nell’art. 538, co. 1, c.p.p., per il quale solo quando pronunzia sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda per la restituzione ed il risarcimento del danno. Poiché questo principio è applicabile anche nel giudizio di appello in base all’art. 598 c.p.p. e l’impugnazione della parte civile è subordinata al generale principio dell’interesse, non solo tale requisito sarebbe palesemente carente nel caso in cui l’impugnazione fosse rivolta contro sentenze di proscioglimento con formule liberatorie diverse da quelle che, in forza dell’art. 652 c.p.p., producono un effetto extrapenale, ma l’unica decisione alla quale la stessa potrebbe aspirare, nel diverso caso in cui, invece, il proscioglimento avesse proprio un simile contenuto, è quella di una eliminazione dei citati effetti extrapenali5.

Occorre precisare come, sebbene seguito da una parte della giurisprudenza6, tale orientamento sia stato recentemente disatteso da una decisione delle S.U. Tale ultima pronunzia, pur in assenza di una posizione esplicita sulla questione, affrontando il tema della “forma” del petitum inserito nell’impugnazione della parte civile, muove comunque dall’assunto per il quale l’affermazione assolutoria dell’imputato, pur intangibile, non impedisce al danneggiato di ottenere un’affermazione di responsabilità dell’assolto ai fini penali per un fatto previsto dalla legge come reato7.

3.2 Requisiti formali dell’atto di impugnazione

È proprio nell’ambito di tale orientamento che si è posto in giurisprudenza un secondo quesito, vale a dire, se la parte civile, nell’esercitare il diritto di impugnazione, possa comunque limitare il petitum alla sola richiesta concernente l'affermazione della responsabilità dell'imputato ovvero se debba fare riferimento specifico, a pena di inammissibilità, agli effetti di carattere civile che intenda conseguire. Anche sul punto si erano formati due orientamenti giurisprudenziali: l'uno che escludeva la necessità di una espressa richiesta relativa agli effetti civili conseguibili8; l'altro che lo esigeva9.

Intervenute su tale specifico aspetto, le S.U. hanno ritenuto di seguire il primo orientamento ed argomentando dalla previsione contenuta nell’art. 576 c.p.p. (che nel riconoscere alla parte civile il potere di proporre impugnazione contro le sentenze di proscioglimento lo limita espressamente ai soli effetti civili) hanno affermato che, ai fini dell’ammissibilità dell'appello contro una sentenza di proscioglimento, non è richiesto che l’atto di appello della parte civile contenga l'espressa indicazione degli effetti che si intendono conseguire, in quanto il perimetro cognitivo del giudice dell’impugnazione risulta delimitato dalla norma e su di esso non può in alcun modo incidere la volontà della parte10.

Note

1Sul tema, volendo, Diddi, A., L’impugnazione per gli interessi civili, Padova, 2011, 125 ss.

2 Cass. pen., S.U., 28.3.2009, n. 35490 e, recentemente, Cass. pen., 28.11.2012, n. 7041.

3 Cass. pen., S.U., 25.11.1998, n. 5.

4 Cass. pen., S.U., 10.7. 2002, n. 30327 e, tra molte, Cass. pen., 30.4.2009, n. 23482.

5 Sul tema, Diddi, A., op. cit., 113 ss.

6 Cfr. Cass. pen., 30.11.2001, n. 537. Contra, tra le tante, Cass. pen., 23.1.2003, n. 13326.

7 Cass. pen., S.U., 20.12.2012, n. 6509.

8 Così, tra le tante, Cass. pen., 2.7.2007, n. 31904.

9 Così, tra molte, Cass. pen., 22.10.2009, n. 9072; Cass. pen., 31.1.2006, n. 5072 e, di recente, Cass. pen., 3.5.2012, n. 23155.

10 Cass. pen., S.U., 20.12.2012, n. 6509.

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