AMMONIACA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

AMMONIACA

Eugenio Mariani

(III, p. 2; App. I, p. 112; App. II, I, p. 163)

La produzione di a., che nel 1960 raggiungeva appena i 10 milioni di t/a, ha successivamente preso a salire rapidamente, raggiungendo in questi ultimi anni i 120 milioni di t/a; le 150 t/g, raggiunte dalle maggiori unità di produzione intorno al 1960, ben presto si dimostrarono inadeguate a fronte delle crescenti richieste di a.: in fasi successive si è arrivati ad aumentare di quasi 10 volte la capacità delle singole unità e a diminuire i costi di produzione. Il sistema di produzione è sempre basato sulla stessa reazione, però molte sono state le innovazioni introdotte in tutte le fasi del processo: dalle materie prime impiegate, alla loro trasformazione nella miscela di sintesi, alle condizioni di effettuazione della reazione, alle apparecchiature di sintesi (dal reattore ai compressori), alla composizione e forma dei catalizzatori usati, alla utilizzazione degli spurghi, ai consumi energetici, per finire ai sistemi di conduzione e controllo degli impianti.

Fabbricazione. - Materie prime. − La sostituzione del carbone con il gas naturale, già avviata negli USA durante la seconda guerra mondiale, ha richiesto il superamento di diverse difficoltà prima di essere in grado di consentire impianti capaci di preparare la miscela a relativamente basso costo, in elevata quantità e con buona affidabilità.

Nel 1961 il 18% dell'a. era ancora ottenuto da carbone, nel 1983 questa fonte rappresentava appena l'8%; al contrario l'impiego del gas naturale nello stesso periodo è cresciuto dal 50 al 74% (v. oltre: Risorse, produzioni, trasporto); questo aumento è stato consentito perché, specie per grossi impianti, richiede investimenti minori (circa la metà di quelli che utilizzano il carbone), comporta un consumo energetico inferiore (di circa un terzo), ha un prezzo minore, presenta una maggiore facilità di depurazione, fornisce meno sottoprodotti.

Preparazione della miscela di sintesi. - Per ottenere la miscela idrogeno-azoto partendo dal metano, questo viene prima sottoposto a una trasformazione (o reforming) con vapore d'acqua in presenza di catalizzatore, o a una ossidazione parziale con aria; in entrambi i casi si ha formazione di una miscela di idrogeno e ossido di carbonio (con più o meno azoto); per allontanare l'ossido di carbonio la miscela è sottoposta a un'ossidazione selettiva con vapore d'acqua in presenza di catalizzatore (conversione), che trasforma l'ossido di carbonio in anidride carbonica, più facile da eliminare con sistemi di assorbimento selettivo. Dopo l'eliminazione della CO2 i gas in passato venivano sottoposti a ulteriore depurazione, per eliminare tracce di CO e di CO2 che, se presenti, avvelenano il catalizzatore della sintesi. Questa depurazione finale risultava piuttosto onerosa ed è stata ora sostituita da un trattamento di metanazione che trasforma sia il CO che la CO2 in metano che può rimanere nei gas perché si comporta come un inerte che si elimina con gli spurghi. Il sistema è adatto solo per basse concentrazioni di CO e CO2, perché la loro trasformazione in metano comporta un consumo d'idrogeno. V. anche gas di sintesi, in questa Appendice.

Sviluppo delle apparecchiature di sintesi. -All'aumento di richiesta dell'a. si è cercato di fare fronte in un primo momento aumentando la capacità dei reattori, aumentandone le dimensioni, riducendo lo spessore delle pareti, grazie alla disponibilità di acciai dalle caratteristiche meccaniche più elevate; ma ciò ha ben presto trovato un limite ed è stato necessario ricorrere a nuove soluzioni progettuali. Un aumento della capacità produttiva dei reattori si può ottenere accrescendo il volume del catalizzatore (o la sua attività catalitica), ma ciò provoca la trasformazione di una maggiore quantità di miscela nell'unità di tempo e quindi lo sviluppo di una maggiore quantità di calore che occorre smaltire per non avere innalzamenti di temperatura troppo elevati, contrari alle concentrazioni d'equilibrio e alla vita del catalizzatore; il ricorso a un aumento della superficie dello scambiatore di calore interno alla colonna trova una limitazione nel volume che viene sottratto alla sintesi. Inoltre la maggiore disponibilità di calore ha portato a studiare la possibilità di una sua utilizzazione.

Già G. Fauser nel 1950 (v. App. II, i, p. 163), suddividendo la massa del catalizzatore in più strati sovrapposti, intercalati da refrigeranti tubolari, orizzontali, percorsi da acqua sotto pressione, aveva incrementato la produzione e realizzato un ricupero di calore (di circa 1 t di vapore/t di a. prodotta). Realizzazioni di questo tipo comportano però difficoltà quando si debba procedere alla sostituzione del catalizzatore esaurito o all'ispezione interna della colonna (un'estrazione del dispositivo che supporta il catalizzatore o dell'insieme dei refrigeranti richiede l'adozione di coperchi di chiusura di dimensioni pari a quelle della colonna, impossibili da realizzare senza ridurre il diametro dei reattori). Per semplificare l'estrazione del catalizzatore esaurito e del refrigerante, operazione difficile in reattori verticali molto alti, sono stati realizzati apparecchi orizzontali nei quali il catalizzatore è ripartito in più sezioni, disposte una di fianco all'altra, di piccolo spessore, attraversate dal gas una dopo l'altra, dall'alto al basso; gli strati del catalizzatore e uno scambiatore intermedio sono montati su un'armatura mobile su rotaie, facilmente estraibile per il cambio e l'ispezione. Lo spessore ridotto di ciascuno strato consente l'adozione di catalizzatore in particelle piccole, con superficie attiva più sviluppata, senza avere cadute troppo forti di pressione.

Al crescere della necessità di reattori più grandi alcune società hanno adottato il sistema di frazionare la colonna di sintesi in due distinte, in serie, seguite ciascuna da un proprio scambiatore di calore, funzionante la prima a temperatura più alta della seconda; la maggiore temperatura consente velocità di reazione più alte e quindi si possono usare nel primo reattore volumi minori di catalizzatore e quindi dimensioni ridotte del reattore stesso; i gas vengono preriscaldati nello scambiatore posto a valle del primo reattore, dove i gas che hanno parzialmente reagito si raffreddano prima di andare al secondo reattore dove la concentrazione di a. raggiunge valori più alti per la minore temperatura e dove la minore velocità di reazione è compensata dalla presenza di una maggire quantità di catalizzatore. I gas uscenti dal secondo reattore cedono il calore sensibile nel secondo scambiatore di calore, costituito da una caldaia ad alta pressione.

Anziché usare scambiatori di calore, all'interno o all'esterno della colonna di sintesi, si è ricorsi a un sistema di raffreddamento diretto mediante immissioni di gas freddo a varie altezze del reattore. Il sistema prevede il frazionamento della colonna di catalizzatore in più strati, al disotto di ciascuno viene introdotta una determinata quantità di miscela fresca, fredda. Il metodo presenta una semplificazione costruttiva, una facilità di regolazione della temperatura, ma porta a una diluizione dell'a.; inoltre per ottenere una sufficiente miscelazione del gas freddo con quello caldo occorre disporre di uno spazio sufficiente, sottraendo volume al catalizzatore: infine la miscela immessa fra i diversi strati di catalizzatore può provocarne il sollevamento creando irregolarità nel flusso dei gas.

Fra le molte soluzioni studiate per ottimizzare il flusso dei gas, i reattori radiali si sono dimostrati i più adatti per soddisfare le elevate capacità richieste ai reattori nei più recenti impianti. Così nel reattore Topsoe (fig.1) il catalizzatore è suddiviso in due strati anulari a e b sovrapposti, al disotto dei quali si trova uno scambiatore di calore tubolare c; i gas entranti dall'alto in d compiono il percorso indicato dalle frecce: scendono lungo le pareti del reattore mantenendole fredde, poi si preriscaldano, circolando attorno ai tubi dello scambiatore, salgono attraverso un tubo centrale e, dove si miscelano con i gas freddi provenienti da f, fino allo strato superiore del catalizzatore che attraversano radialmente; raggiunta la periferia si addizionano di gas fresco, freddo, proveniente da g, e insieme attraversano radialmente, dall'esterno all'interno, lo strato inferiore del catalizzatore dopo di che si dirigono all'esterno, verso l'uscita h, attraversando lo scambiatore dove cedono il calore ai gas entranti muoventisi in controcorrente a questi.

La società I.C.I. ha sviluppato un reattore che utilizza un solo strato di catalizzatore; il gas di raffreddamento viene immesso a varie altezze attraverso particolari distributori a losanga, ciò che riduce il volume richiesto alla miscelazione dei gas e non richiede griglie intermedie per il supporto e la tenuta degli strati di catalizzatore.

La società Ammonia Casale ha realizzato un reattore verticale con letti catalitici modulari (fig. 2), anulari, attraversati dai gas in un primo tratto con flusso assiale e poi con flusso radiale. Le pareti cilindriche a e b dei singoli letti sono perforate per tutta la loro altezza, a eccezione della porzione superiore del cilindro interno b, per assicurare una uniforme distribuzione dei gas. Le frecce nella fig. 2 indicano chiaramente il percorso seguito dai gas: che entrano dalla parte superiore, attraversano il primo tratto del letto catalitico c con andamento prevalentemente assiale e la zona sottostante d con flusso radiale; al termine del primo letto catalitico i gas si raffreddano in uno scambiatore di calore centrale e poi percorrono il secondo strato di catalizzatore con l'andamento sopra detto.

La tab. 1 riporta, in maniera schematica, l'evoluzione subita dalle dimensioni e dalle capacità dei reattori negli anni.

Il reattore di maggiore capacità oggi funzionante è quello orizzontale costruito dalla società Kellog per la società giapponese Nihom per 1500 t/g (fig.3). Probabilmente oltre queste capacità sarà difficile andare, poiché il peso e le dimensioni raggiungono valori così elevati che s'incontrano difficoltà sia di ordine costruttivo che per il trasporto, la messa in opera, ecc. Inoltre per potenzialità più alte può convenire l'adozione di due reattori, che, anche se più costosi, in caso di arresto (per incidenti, per manutenzione, ecc.) garantiscono una continuità di produzione, anche se ridotta. Un reattore Kellog da 1000 t/g supera i 30 m di lunghezza, 2,5 m di diametro e pesa, a vuoto, 340 t.

Il problema del risparmio energetico, accentuatosi dopo la crisi petrolifera, ha portato alla ricerca e alla realizzazione di diverse innovazioni riguardanti le modalità di effettuazione della stessa reazione di sintesi.

Una delle operazioni che richiede un elevato consumo di energia è rappresentata dalla compressione della miscela di sintesi, effettuata da sempre con compressori alternativi, a più stadi; da tempo si era considerata l'opportunità di sostituire tali compressori con altri di tipo centrifugo che comportano costi di investimento minori, spese di manutenzione più ridotte, fermate meno frequenti (per la minore complessità costruttiva), ingombri notevolmente inferiori, ma che presentano un'efficienza favorevole solo quando la portata del gas da comprimere è elevata e la pressione non supera le 250÷300 atm. L'adozione di entrambi i tipi di compressori, centrifugo in una prima fase di compressione e alternativo, per raggiungere le pressioni finali, presenta vantaggi limitati. La soluzione è venuta dalle ricerche condotte per trovare catalizzatori più attivi di quelli tradizionali (v. oltre), in grado di operare con elevata efficienza a temperature più basse di quelle fino allora usate. Un abbassamento di temperatura favorisce lo spostamento dell'equilibrio di formazione dell'a. e può compensare una riduzione della pressione d'esercizio, che agisce sfavorevolmente sull'equilibrio. L'adozione di sistemi di produzione della miscela di sintesi già a pressioni superiori a quella atmosferica (30÷40 atm nel caso di reforming con vapore, e anche 60÷80 atm nel caso di ossidazione parziale) ha facilitato l'introduzione del compressore centrifugo.

Sviluppo dei catalizzatori.- La società I.C.I. ha messo a punto catalizzatori a base di ferro, con aggiunta di cobalto; assumendo pari a 100 l'attività del catalizzatore senza cobalto, l'aggiunta del 5% di questo elemento porta l'attività a 135 (a 450 °C) e a 160 (a 350 °C); ciò consente, a parità di produzione, di ridurre del 50% il volume della massa catalitica necessaria, abbassando la temperatura di esercizio e riducendo contemporaneamente la caduta di pressione.

Altre società hanno studiato catalizzatori analoghi: la società Lummus ha prodotto un catalizzatore attivato con cerio con elevata efficienza alle temperature di 400÷480 °C. La società Ammonia Casale ha brevettato un catalizzatore, pure attivato con cerio, efficace nell'intervallo 350÷400 °C, che viene prodotto in piccole sfere, con intervalli granulometrici ridotti (1,8÷2,5 mm, oppure 3,5÷4; 5÷6; 8÷10).

Data l'omogeneità della granulometria, anche adottando masse abbastanza grandi di catalizzatore la distribuzione del flusso gassoso risulta uniforme e le perdite di carico ridotte.

Sempre più frequente è l'uso di catalizzatori preridotti da caricare nei reattori di nuova installazione o in occasione del cambio dei catalizzatori esauriti; il loro uso elimina la fase di riduzione da effettuare entro il reattore che richiede particolare cura e tempo; i catalizzatori preridotti abbreviano il tempo necessario per la messa in produzione e costituiscono un prodotto con caratteristiche costanti (la riduzione viene effettuata in condizioni controllate).

Separazione dell'ammoniaca prodotta. - Oggi diversi sono i processi per la sintesi dell'a. che operano a pressione bassa, dalle 80÷100 atm fino a 190÷200 atm (processi Kellog, I.C.I., Snamprogetti, ecc.). La diffusione della reazione a bassa pressione ha richiesto modifiche in altre fasi del processo, per es. nel sistema di separazione dell'a. dai gas di sintesi.

Usando alte pressioni la gran parte dell'a. presente condensa per semplice raffreddamento con acqua, la parte restante, se in quantità sensibile, può essere ricuperata per assorbimento in acqua. Con i sistemi a bassa pressione, nei quali la pressione parziale dell'a. risulta ridotta, per farla condensare occorrono temperature molto basse e quindi un forte consumo di energia; si può ricorrere ad a. bollente, però quella che vaporizza e che si trova a pressione atmosferica se non può essere utilizzata, in loco, direttamente in queste condizioni (impianti di fertilizzanti, ecc.) deve essere riportata allo stato liquido per compressione, con elevata spesa energetica. Si ricorre spesso al sistema che era stato usato agli inizi di questa tecnologia, nel processo Haber-Bosch: assorbimento in acqua che, oltre a richiedere un forte consumo energetico, aveva l'inconveniente di lasciare nel gas che doveva ritornare in ciclo una sensibile quantità di vapore d'acqua, dannoso per la conservazione dell'attività del catalizzatore. Oggi però per essiccare i gas si fanno passare su strati di solidi adsorbenti, per es. setacci molecolari, rigenerabili col calore sensibile dei gas caldi uscenti dal reattore di sintesi. L'a. assorbita in acqua viene messa in libertà per distillazione e poi liquefatta per compressione; con procedimento di questo tipo operano i sistemi I.C.I., Kellog, Snamprogetti: quest'ultimo, che prevede la sintesi a circa 100 atm, effettua l'assorbimento con acqua in colonne a film cadente a temperatura ambiente; i gas da ricircolare vengono raffreddati a -15÷-20 °C e trattati con un po' di a. anidra che asporta le ultime quantità di umidità; una piccola parte di quest'a. vaporizza producendo un raffreddamento sfruttato per abbassare la temperatura dei gas da essiccare. Dalla soluzione acquosa proveniente dall'assorbimento, l'a. si riottiene per distillazione operata dai gas caldi del processo.

Utilizzazione degli spurghi. - Nei gas che a ogni ciclo ritornano al reattore si vanno accumulando le impurezze presenti, anche se in percentuale molto ridotta, nella miscela di sintesi fresca; queste impurezze dopo un certo numero di cicli raggiungono percentuali significative. Le impurezze derivano dai gas rari che accompagnano l'azoto nell'aria, dall'ossido di carbonio e dall'anidride carbonica che rimangono nel gas di sintesi dopo la conversione e l'assorbimento (al posto di questi oggi è presente metano proveniente dalla metanazione). Rimanendo costante la pressione di esercizio, la presenza degli inerti riduce la pressione parziale dei gas di sintesi e quindi la concentrazione dell'a. all'equilibrio. Fino a una concentrazione del 10÷15% l'influenza esercitata è modesta, ma contenuti maggiori diventano non sopportabili e per non superare il limite prefissato occorre a ogni ciclo spurgare, cioè asportare una frazione della miscela che, dopo l'assorbimento dell'a., ritorna in ciclo. Questi spurghi costituiscono una perdita perché insieme al 10÷15 % d'inerti contengono 85÷90 % di miscela fresca e un po' di a. che sfugge all'assorbimento. Il sistema di utilizzazione degli spurghi dipende in larga parte dalle dimensioni dell'impianto, cioè dalla quantità di spurghi da trattare. In passato si cercava di ricuperare l'a. ancora presente (per lavaggio), l'idrogeno veniva bruciato utilizzando il calore sviluppato (e anche l'acqua nei sistemi che utilizzavano la produzione dell'idrogeno per elettrolisi); i gas residui erano formati solo da azoto e gas rari ed erano sfruttati per creare atmosfere inerti (saldatura, fabbricazione di lampade, ecc.).

Con l'aumento di capacità produttiva degli impianti, e quindi del volume degli spurghi, e con la necessità di ridurre i consumi energetici sono stati studiati diversi metodi per ricuperare l'idrogeno che rappresenta poco meno dei tre quarti del volume degli spurghi. Dopo aver ricuperato l'a. presente, l'idrogeno può essere separato o per frazionamento del gas a bassa temperatura, o per separazione selettiva mediante passaggio del gas attraverso membrane, o per fissazione sotto forma di composti facilmente decomponibili (v. idrogeno, in questa Appendice). Ricuperato l'idrogeno si può poi utilizzare la miscela azoto-gas rari residua, come tale o separando i due gas, quando interessi avere argon.

Consumi energetici. - L'importanza delle innovazioni introdotte nella tecnologia dell'a. in questi ultimi anni si può desumere dal risparmio dell'energia necessaria per la produzione; fino ad alcuni anni addietro il consumo di energia era considerato 8,5÷10 milioni di kcal/t di a.; nei processi a bassa pressione si calcola un consumo dell'ordine di 6,5÷7 milioni di kcal/t di ammoniaca.

Nonostante le riduzioni realizzate il consumo di energia risulta ancora elevato; la maggior parte è richiesta dalla produzione della miscela di sintesi (specie dell'idrogeno) e per la compressione e circolazione dei gas.

Attività di ricerca. - Molte le ricerche in atto da più parti per migliorare, per vie diverse, gli aspetti tecnico-economici della produzione dell'ammoniaca. Una via è quella di unificare la pressione usata per la preparazione della miscela con quella della reazione di sintesi, ciò che consentirebbe di eliminare le apparecchiature di compressione. La riduzione della pressione di sintesi può essere possibile, come già detto, se si riesce a compensarne l'effetto sfavorevole sull'equilibrio riducendo la temperatura e trovando catalizzatori efficaci in queste nuove condizioni di esercizio. Il miglioramento può provenire dall'utilizzazione di nuovi promotori, o dall'accoppiamento di più promotori, dall'aumento di stabilità e di superficie attiva realizzato con l'impiego, come supporto dei catalizzatori, di materiali stabili, con ampia superficie attiva. Particolare interesse si è rivolto allo studio di complessi donatori e accettori di elettroni che si dimostrano molto attivi, in particolare quelli formati come donatori, da metalli (potassio, sodio) e come accettori da composti organici (fenantrene, antracene, ecc.) o meglio da complessi di composti organici (ftalocianine, porfirine) con metalli di transizione.

Le ricerche condotte sul meccanismo della fissazione dell'azoto atmosferico da parte di alcune piante ha portato allo studio dell'enzima contenuto nelle cellule dei microrganismi che si annidano nei noduli che si formano nelle radici di tali piante (leguminose, ecc.). Riscontrato che questo sistema enzimatico contiene due complessi, ferro-proteina e ferro-molibdeno-proteina, si è iniziata una vasta sperimentazione per cercare di arrivare a preparare complessi metallo-organici capaci di attivare l'idrogeno atmosferico così da portarlo a reagire a pressione e temperatura ambiente, in analogia a quanto avviene nelle piante. Sono stati studiati molti complessi formati da metalli (titanio, cromo, molibdeno, ferro, tungsteno, ecc.) con composti organici (diciclopentadienile, trifenilfosfina, tetraidropropossido, ecc.); facendo gorgogliare l'azoto atmosferico in loro soluzioni (in solventi non acquosi), il gas si fissa e può essere messo in libertà sotto forma di a. per azione di un riducente e di un agente idrolizzante. Le ricerche finora condotte, anche se lontane dal poter consentire un processo industriale efficiente, hanno fornito tuttavia risultati incoraggianti che in alcuni casi hanno indicato la via per un sistema di reazioni cicliche.

Risorse, produzioni, trasporto.- Poiché il costo dell'a. dipende in larga misura (oggi circa l'80%) da quello della materia prima che fornisce idrogeno, la scelta di questa varia nel tempo in funzione di fattori diversi (disponibilità, costo della materia prima, costo della trasformazione, ecc.) che variano da paese a paese, dalle condizioni del mercato allo sviluppo tecnologico del paese utilizzatore, ecc. Nella tab. 2 sono riportate le materie prime impiegate per la produzione mondiale di idrogeno per a. in anni diversi. I dati rappresentano il consumo mondiale; per i singoli paesi la percentuale varia in maniera anche notevole: così mentre negli USA il gas naturale è la materia prima quasi esclusivamente usata, in Europa il suo consumo interessa il 70÷75% della produzione, in Asia e in alcune zone dell'Africa il carbone è ancora largamente usato; lo stesso vale per l'idrogeno elettrolitico in alcuni paesi (Norvegia, India, ecc.).

Il consumo di carbone, impiegato in passato largamente come materia prima, oggi si è ridotto notevolmente; attualmente il maggior consumatore è la Cina dove sono stati costruiti numerosi impianti di piccole dimensioni (con capacità di 3000÷10.000 t/a); se ne conterebbero almeno un migliaio, dei quali un centinaio e più sono stati costruiti nel periodo 1966-4, e altri ancora dopo tale data. Il sistema usato è analogo a quello impiegato nei primi processi Haber-Bosch (dal carbone, per gassificazione con aria e vapore, si ottiene gas misto, che dopo conversione del CO e assorbimento della CO2 in acqua sotto pressione, fornisce una miscela d'idrogeno e azoto; regolando la quantità di vapore e di aria usata si può arrivare a ottenere una miscela di gas nel rapporto richiesto per l'effettuazione della reazione di sintesi). Questi impianti di piccole dimensioni trovano giustificazione nella possibilità di fornire fertilizzanti in zone limitate, distanti dai maggiori centri di produzione e scarsamente collegate a questi. Però anche la Cina, che ha trovato nel proprio sottosuolo importanti giacimenti di gas naturale, ha costituito in questi ultimi anni grosse unità per a. partendo non più da carbone. Agli inizi degli anni Settanta ha acquistato (da USA, Francia, Giappone) 13 impianti per a. della potenzialità di 1000 t/g da alimentare a gas naturale (due sono stati successivamente trasformati a benzina leggera) e più recentemente ha acquistato da paesi occidentali altri 5 impianti, due dei quali destinati a utilizzare oli combustibili (per ossidazione parziale) e uno carbone (per gassificazione).

Altri impianti a carbone sono stati costruiti in questi ultimi anni in Grecia, in Turchia, in Pakistan, in Thailandia, in Zambia, in Sud Africa. Negli USA recentemente è stato condotto uno studio di fattibilità per un impianto a carbone da 1300 t/g, ma non ha trovato effettuazione.

Anche la preparazione di a. da idrogeno elettrolitico, che ha avuto larga applicazione in diversi paesi, Italia compresa, viene ancora applicata in zone con particolari situazioni di disponibilità di energia elettrica: oltre che in Norvegia, impianti sono stati attivati anche recentemente in paesi dove sono state costruite grosse dighe (Perù, India, Canada, Egitto: Assuan).

Usando idrogeno elettrolitico la produzione di a. richiede un consumo di energia di circa 10.000 kWh per t di a. (8600 per produrre i 20 m3 circa di idrogeno necessari e 1400 circa per le varie operazioni di compressione, frazionamento aria, ecc.). L'impiego d'idrogeno elettrolitico presenta però il vantaggio di richiedere impianti di minore complessità e di minore costo e di fornire come sottoprodotto ossigeno (utilizzabile per preparare acido nitrico, ecc.).

La larga utilizzazione di gas naturale ha portato a un notevole spostamento dei centri di produzione dell'a., come si può rilevare dai dati della tab. 3: in poco più di 15 anni (dal 1969 al 1988) i paesi asiatici che fornivano il 17% della produzione mondiale di a. sono passati a darne il 33%, nei paesi dell'Est europeo la produzione è salita dal 24 al 30%, in Africa dall'1 al 2%; contemporaneamente Europa occ. e America del Nord, i maggiori produttori del passato, sono fortemente regrediti (l'Europa occ. dal 25 al 12%, l'America del Nord dal 28 al 16%). Paesi che fino a 10÷15 anni fa non producevano a., o ne producevano quantità limitate, oggi sono divenuti produttori e taluni anche forti esportatori; la Cina produce oltre 16 milioni di t/a, l'India oltre 5 milioni, il Pakistan più di 1 milione, Trinidad oltre 1 milione, la Corea del Nord circa 600.000 t/a e altrettanto l'Arabia Saudita, l'Indonesia circa 2 milioni, ecc.

Mentre nei decenni passati il movimento d'importazione ed esportazione era piuttosto limitato e interessava prevalentemente zone fra loro non tanto distanti, oggi tale movimento si è esteso notevolmente e interessa paesi fra loro lontani.

Il commercio annuo di a. nel 1976 interessava 2,75 milioni di t, nel 1980 è salito a 5,6, nel 1986 a 7,3 e nel 1988 a 11,4 milioni di t; gli USA da paese esportatore sono diventati paese importatore (2,6 milioni di t nel 1987 e 3,4 nel 1988), Trinidad è divenuto un forte esportatore (circa 1,3 milione di t/a, per metà in USA e per metà in Europa occidentale).

La crescita di impianti in prossimità dei centri di disponibilità di gas naturale ha portato alla produzione di a. in zone lontane da quelle di utilizzazione (fabbriche di fertilizzanti, di prodotti chimici diversi), rendendo necessari lo stoccaggio e il trasporto di forti quantità di a. allo stato liquido (ciò che però è più conveniente che trasportare il gas naturale necessario alla sua produzione; per ogni t di a. occorrono circa 1070 m3 di gas naturale).

I serbatoi di raccolta possono essere totalmente refrigerati e quindi muniti di dispositivi per mantenere una temperatura di circa −33 °C (alla quale corrisponde una tensione di vapore dell'a. pari a quella atmosferica) o solo parzialmente refrigerati, a temperatura di 0÷5 °C, nei quali l'a. si trova a pressione di circa 3÷4 atm.

Il trasporto per via terra può essere fatto a mezzo di autocisterne o per ferrovia; per grossi quantitativi questi sistemi possono riuscire troppo costosi; si può ricorrere a condotte che vengono costruite sia per brevi distanze (di solito inferiori ai 50 km) che per distanze molto lunghe (1000÷2000 km).

Condotte per brevi distanze sono realizzate in molte zone per collegare direttamente un centro di produzione con un altro di consumo (per es. una fabbrica di fertilizzanti, ecc.): se ne contano diverse negli USA, in Francia, in Portogallo, nella Rep. Federale di Germania, in Cecoslovacchia, in Messico, ecc.

Fra le condotte per lunghe distanze si possono ricordare quella in URSS, che collega Togliattigrad (sul Volga) a Grigorowski (Odessa), di 2424 km. In USA due grandi condotte sono utilizzate per collegare diversi centri, sia di produzione che di consumo. La prima condotta parte dal Sud della Luisiana, attraversa l'Arkansas, il Missouri, va fino al Nord dello Iowa, poi piega verso ovest per arrivare al centro del Nebraska, con un percorso di 2100 km; la condotta ha anche una diramazione che partendo dal Missouri attraversa l'Illinois per arrivare al Nord dell'Indiana, dopo un percorso di 650 km. La tubazione, a seconda delle zone attraversate, ha un diametro di 15÷25 cm; è alimentata dalla produzione di 7 fabbriche, dispone di 37 terminali. L'altra condotta è formata all'inizio di due tratti, uno alimentato dalla produzione di una fabbrica del Texas e l'altro da due stabilimenti dell'Oklahoma; i due tratti si collegano all'arrivo nel Kansas e la condotta unica prosegue attraverso il Nebraska per raggiungere il Nord dello Iowa, con una lunghezza di 1628 km; ha tubi del diametro di 20÷25 cm e può trasportare oltre 900.000 t/a di ammoniaca. Una terza condotta in USA, di circa 100 km (poi aumentati a circa 150), va dalla baia di Tampa alla Florida centrale per alimentare una fabbrica di fertilizzanti.

Bibl.: D.G.D. Honti, The nitrogen industry, Budapest 1976; Nations Unies, Manuel des engrais, n. 13, New York 1985; P.H. Spitz, Petrochemicals, ivi 1988; H. Bakemeier, T. Huberich, R. Krabetz, W. Liebe, M. Schunck, D. Mayer, Ammonia, in Ullmans Encyclopedia of industrial chemistry, Weinheim 1985.

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