Amore

Universo del Corpo (1999)

Amore

Alfonso Troisi
Gabriele Schino
Leonardo Ancona
Bruno Callieri

Correntemente inteso come rapporto duale e reciproco, l'amore può definirsi, sulla base dei risultati della ricerca psicologica, come un processo di integrazione di istanze pulsionali ed emotive in grado di stabilire legami intersoggettivi che possono anche travalicare il rapporto di coppia. Se dal punto di vista della biologia evolutiva l'amore si configura come un sistema innato, la cui espressione è influenzata da segnali di natura sociale, i diversi approcci delle scienze umane insistono sul suo carattere di 'emozione primaria' che non può essere spiegata come conseguenza di altri sentimenti, motivazioni o interessi.

Aspetti biologici dell'amore

di Alfonso Troisi e Gabriele Schino


L'insieme di emozioni e comportamenti che il linguaggio comune raggruppa sotto il termine amore non trova una facile collocazione in ambito biologico. Il termine stesso è poco usato nella letteratura biologica, a differenza di quanto accade per altri stati emotivi come la rabbia o il piacere, che vengono indicati nello stesso modo sia nella terminologia scientifica sia in quella di uso comune. Ciò nondimeno, un attento esame dei dati che ci provengono dall'etologia e dalle neuroscienze permette di rintracciare le basi evolutive di ciò che chiamiamo amore. E non potrebbe essere altrimenti, quando si consideri l'importanza che assumono i legami affettivi nell'adattamento biologico di molte specie sociali.

Nei Mammiferi superiori, e in particolare nei Primati, il legame tra madre e figlio costituisce il modello fondamentale che consente di analizzare le basi biologiche dei processi affettivi. Buona parte di ciò che sappiamo oggi in termini psicologici ed etologici sul legame madre-figlio lo dobbiamo agli studi di J. Bowlby, psicoanalista inglese che, negli anni Cinquanta, abbracciò con entusiasmo le teorie evoluzionistiche ibridando progressivamente gli insegnamenti della psicoanalisi classica. Partendo da osservazioni sulle drammatiche conseguenze che la separazione dalla madre aveva sullo sviluppo fisico e psichico di bambini ospedalizzati, Bowlby sviluppò una teoria del legame madre-figlio, la cosiddetta teoria dell'attaccamento, nettamente diversa da quella avanzata da Freud agli inizi del secolo.

Freud sosteneva che il bambino forma un legame d'amore con la madre perché impara con il tempo ad associare la presenza della madre con il soddisfacimento del suo bisogno fondamentale: quello di essere allattato. Al contrario, Bowlby ha sostenuto che il bambino, così come i piccoli di altri mammiferi, ha una tendenza naturale a sviluppare un legame con la madre indipendentemente dal soddisfacimento della fame. La ragione di ciò è che la vicinanza spaziale della madre e il contatto con essa sono, nell'ambiente naturale, la migliore garanzia per evitare pericoli. Quindi, secondo Bowlby, l'allattamento non è sufficiente per indurre la formazione del legame madre-figlio; sono necessari anche tutti quei segnali sociali, tra i quali particolare importanza hanno il contatto fisico e l'essere coccolato, che il piccolo cerca per istinto. A sostegno della teoria di Bowlby, lo psicologo sperimentale americano H. Harlow dimostrò che piccoli di scimmia reso (lat. scient. Macaca mulatta), allevati artificialmente in assenza della madre, passano la maggior parte del tempo in contatto con un fantoccio ricoperto di morbida pelliccia, mentre limitano le loro interazioni con un secondo fantoccio, privo di pelliccia ma fornito di biberon, al solo breve periodo della poppata. Un ulteriore elemento a sostegno della teoria etologica dell'attaccamento è l'osservazione che i bambini maltrattati fisicamente dalla madre non la evitano, ma cercano paradossalmente di essere confortati proprio da chi è fonte delle loro terribili sofferenze. In sintesi possiamo affermare che il legame con la madre non è il risultato di un apprendimento basato sulla ricompensa, ma piuttosto è l'espressione di un sistema comportamentale innato la cui espressione è influenzata da segnali di natura sociale.

Studi successivi dello stesso Bowlby hanno dimostrato che il legame con la madre è il prototipo di altri legami affettivi che l'individuo formerà nel corso della sua vita. Per es., il rapporto d'amore con il partner non include solo elementi sessuali, ma anche componenti emotive che derivano dal sistema di attaccamento. E ancora, il legame del genitore con il figlio risente grandemente del modo in cui il sistema di attaccamento si è sviluppato a suo tempo nel genitore attraverso le sue esperienze infantili. L'implicazione generale di questi dati è che un buon rapporto con i genitori durante l'infanzia è il miglior presupposto per la formazione di solidi e soddisfacenti legami d'amore nella vita adulta. Al contrario, un attaccamento patologico nell'infanzia, esito di esperienze precoci infelici, predispone a disturbi psicopatologici nell'età adulta e compromette lo sviluppo delle successive relazioni affettive.

Di recente, grazie agli studi del neurobiologo J. Panksepp, la comprensione degli aspetti biologici dell'attaccamento si è arricchita di dati neurochimici. Panksepp ha scoperto che nel controllo delle emozioni affettive un ruolo importante è svolto dagli oppioidi endogeni, sostanze dotate di azione analgesica, sedativa ed euforizzante che vengono prodotte a livello cerebrale in molte differenti specie animali, incluso l'uomo. Il nome oppioidi deriva dalla loro affinità con i derivati sintetici dell'oppio (morfina ed eroina), con cui condividono il meccanismo d'azione e gli effetti psicotropi. In molte specie animali il contatto fisico o l'interazione sociale con un compagno di gruppo con il quale esista un legame affettivo scatenano la liberazione di oppioidi endogeni a livello cerebrale. Viceversa, la separazione dai compagni di gruppo o, nei piccoli, dalla madre si accompagna a una diminuzione dei livelli cerebrali di oppioidi endogeni. In altri termini, l'interazione sociale genera piacere perché si accompagna alla liberazione di 'droghe naturali', mentre la separazione è così dolorosa perché causa una sorta di sindrome di astinenza da quelle stesse sostanze. Sulla base di questi suggestivi risultati, Panksepp ha ipotizzato che l'abuso di eroina possa essere facilitato da situazioni di isolamento affettivo e sociale. L'implicazione terapeutica di questa ipotesi è che il trattamento della tossicodipendenza non può prescindere dall'instaurarsi di un clima di accettazione e reintegrazione sociale del paziente.

Psicologia dell'amore

di Leonardo Ancona


I.

L'amore come processo integrato

L'amore è un processo relazionale umano di tipo altamente integrato, la cui riuscita fonde sessualità, emozione e razionalità, corpo e mente, e porta a stabilire legami affettivi di lunga durata, non suscettibili di obsolescenza, destinati anzi alla crescita nel tempo. Definito correntemente come rapporto duale e reciproco, l'amore è un'emozione che eccede naturalmente la coppia, per aprirsi alla dimensione interpersonale, sia questa rappresentata dalla collettività o dalla cultura, dalla storia o dalla religione. In rari casi esso trascende la stessa coppia di individui per polarizzarsi su queste dimensioni sopraordinate, realizzandosi in esse come un amore autentico, se pure con una declinazione della sessualità diversa da quella ordinaria. Così inteso, l'amore appare come la funzione più elevata della maturità umana, quella che reca in sé il colmo della donazione e al contempo della gratificazione, sia di natura fisica (il piacere), sia, in certi casi, di natura religiosa, morale o intellettuale ed espresso anche come rinuncia (il cosiddetto sacrificio di amore). In quest'accezione l'amore è, dal punto di vista della psicoanalisi, un attributo funzionale dell'Io, appartiene cioè ai processi secondari descritti da Freud: è un derivato della sublimazione e coincide con il concetto di genitalità, o meglio di emozione genitale. In termini di psicologia dinamica, questo tipo di amore è riportabile soprattutto al funzionamento della 'corticalità' cerebrale e in essa a quello dell'emisfero destro, sede dell'affettività.L'amore come emozione non esaurisce la conoscenza del campo, essendo in esso presente una seconda componente fondamentale, l'innamoramento. Questo secondo processo di amore, dai caratteri subitanei e immediatamente trasformativi, è molto più imparentato con le pulsioni sessuali di quanto non sia l'amore emozione, e si svolge a un livello più propriamente inconscio.

Le funzioni cui l'innamoramento risponde infatti sfuggono completamente alla consapevolezza. La prima di esse è stata definita da Freud come 'ritrovamento'. Nella persona che lo colpisce, l'innamorato ritrova un'immagine, ordinariamente parziale, ma non per questo meno efficace, del suo primo oggetto di amore e di fruizione sessuale, la madre. A mettere in moto tale processo possono essere la lunghezza o il colore dei capelli, gli occhi, un profumo, il tono della voce, il modo di sorridere, in ogni caso un particolare che si è impresso nella memoria inconscia e che improvvisamente riecheggia. La seconda funzione dell'innamoramento fa riferimento alla sua efficacia riparativa, cioè alla sua capacità di risanare le ferite affettive, le difficoltà, gli abbandoni e le mortificazioni inflitte al soggetto, consciamente o inconsciamente, nella sua prima infanzia. L'oggetto di amore, in questo caso, viene sentito come ciò che può medicare tali ferite. Una terza funzione consiste nel fatto che nell'innamoramento l'altro fa rivivere una parte di sé andata perduta, per rimozione o denegazione, e la cui mancanza è stata sempre avvertita con dolore (anche la sua ripresentazione, tuttavia, può essere molto conturbante). L'innamoramento può essere pertanto vissuto di volta in volta come un'esperienza beatificante, oppure sconvolgente fino alla fuga o alla alienazione, oppure anche colpevolizzante e ambivalente, perché si tratta di uno stato fortemente carico di elementi istintuali, che possono essere disarmonici e, in quanto tali, perturbanti. Per la psicoanalisi l'amore in questa versione è un attributo funzionale dell'Es, partecipa dei processi primari a guisa di un sogno e coincide con i giochi polimorfi della sessualità infantile, o pregenitale. In psicologia dinamica l'innamoramento è riportabile soprattutto al funzionamento dei nuclei intermedi del cervello, il cosiddetto lobo limbico, o 'cervello protomammiferiano' di P.D. MacLean.I due tipi di amore sin qui considerati possono essere ulteriormente integrati tenendo presente la dinamica del narcisismo (v. oltre: Psicopatologia dell'amore). Descritto da Freud in termini di dinamica egoistica e come antagonista dell'amore oblativo, il narcisismo è stato successivamente elaborato in chiave positiva come una forza inerente alla fondazione dell'Io e, pertanto, sostanzialmente corrispondente alla coesione della personalità di base, il cosiddetto 'Self'. Un Self impostato in modo autentico, per evoluzione psichica favorevole o per solidità neuropsichica costituzionale, è la fonte dell'identità personale, causa diretta dell'accettazione della differenza permanente fra i sessi, ma anche della loro interscambiabilità.

La spinta amorosa richiede di fatto l'abbattimento del confine che separa il Self dall'altro, e ciò può avvenire solo se lo stesso Self è ben individuato, possiede una sua identità, in modo che non solo non teme di alienarsi nell'incontro, ma ne riceve anzi una conferma. La coppia ben assortita soddisfa intuitivamente i reciproci bisogni narcisistici. Alla stessa patologia sembra possibile riportare le vicissitudini dovute alla pressione del Super-Io, causa diretta delle proibizioni e delle indisponibilità irriducibili che si possono incontrare nel processo di amore; esse ne producono l'adulterazione, riducendo l'amore a istituzione solo burocratica e priva di ogni passionalità. In psicologia dinamica l'azione del narcisismo, il Self di base, è riportabile soprattutto al funzionamento dei nuclei cerebrali più primitivi, quelli della base ('cervello rettiliano' di MacLean). Qui MacLean ha posto la sede dei processi di 'imitazione', che per gli animali si esprime come stereotipia di comportamenti, per l'uomo come influenza coercitiva di norme culturali, transgenerazionali: quelle della coazione patologica, dei tabu, del Super-Io arcaico e di ciò che distingue fondamentalmente una civiltà dall'altra.

Quando si dice che il processo di amore è altamente integrativo, ciò significa in prima istanza che l'incontro di amore per essere felice deve armonizzare il modo di amare dei due attori. Già questo comporta un elevato grado di complessità, perché l'incontro richiede necessariamente l'accordo di tre precise istanze in ciascuno dei protagonisti: il loro desiderio di amarsi (gioco delle forze prevalentemente istintuali, pulsionali o dell'Es), la possibilità realistica di farlo senza inconvenienti (gioco delle forze prevalentemente emotive o dell'Io), l'assenza di proibizioni interne (gioco delle forze narcisistiche o del Self). Ma non è soltanto qui la difficoltà dell'integrazione del processo di amore.

Molto più complessa, e necessaria, è l'integrazione intrapersonale dell'amore, che consiste nelle relazioni di interdipendenza che corrono, o dovrebbero correre, fra l'amore emozione, l'amore pulsione e l'amore narcisistico. Ovviamente le disarticolazioni fra queste diverse modalità di amore sono del tutto possibili, e l'esperienza quotidiana e clinica dimostrano continuamente che vi è chi ama e non sa amare altro che in un modo egoistico, retto dal narcisismo patologico, pur raggiungendo ugualmente la capacità di orgasmo negatagli dai primi psicoanalisti; vi è anche chi ama in un modo nevrotico, retto dai soli impulsi sessuali, in una miscela ambivalente di amore e di odio; e vi è chi ama in un modo del tutto morale, intellettuale, come adempimento di un dovere.Tuttavia il solo modo di amore che corrisponde al significato autentico del termine si ha quando la realizzazione del proprio massimo piacere, e della propria donazione, si verifica simultaneamente a una realizzazione analoga da parte del partner, e dove l'affermazione della propria identità converge e si fonde con la tensione all'immersione nell'altro.

Questo fine viene raggiunto quando le tre modalità di amore sopra ricordate consuonano in armonia di tempo e di successione, allo stesso modo in cui i tre cervelli distinti da MacLean nel soggetto psichicamente normale funzionano insieme in una vera e propria 'trinità cerebrale'. Ciò significa che, se si pensasse alla categoria di amare retta dall'Io e dalla corticalità come al traguardo cui mirare nell'educazione di amore, si sbaglierebbe di grosso. L'articolazione di cui si sta parlando è dinamica, e per essa la categoria 'più alta' o 'superiore' di amore deve necessariamente inflettersi in basso, verso la categoria dell'amore retta dal narcisismo, secondo un processo circolare che implica anche la compartecipazione dell'amore retto dall'istinto. Pertanto la relazione stabile di amore - per eccellenza quella coniugale - per essere vitale deve comportare sempre anche la presenza della sessualità agita, o della disponibilità a essa, oppure, ove questa non risulti possibile per impedimenti obiettivi (età, malattia, disagi ambientali), che si sviluppi al suo posto la tenerezza, un sentimento raffinato che è sempre sotteso a un contenuto eccitamento dei sensi. È necessario in ogni caso che la sessualità o la tenerezza promuovano uno scambio sempre maggiore di esperienze corporee e affettive tra i partner. Ora, tutto ciò si verifica solo se, e solo quando, i soggetti, o almeno uno dei due, rimangono suscettibili di innamoramento, nelle infinite varietà e oggettualità in cui questo amore di passione sceglie di declinarsi.

2.

Innamoramento e amore

Un'articolazione di livello più sofisticato, e di particolare interesse, è quella che vi è fra questi due processi. Tra innamoramento e amore corre un profondo rapporto dinamico di libertà: basti pensare che ci si può innamorare non solo di una persona fisica, ma anche di un'idea, di un programma, di una missione o di una qualsiasi realizzazione, e si rifletta sul fatto che ciò è reso possibile dalla preesistenza di una vita orientata all'amore. Pertanto l'innamoramento può essere concepito come un processo di salienza, di eccitazione 'soprasogliare', nascente da una matrice di effervescenza stabile e da questa resa possibile; processo che a sua volta contribuisce in modo determinante al mantenimento di questa matrice e alla sua crescita. Di durata necessariamente limitata, l'innamoramento coincide con un'esperienza di vita che non si realizza in nessun altro stato esistenziale e raggiunge il risultato paradossale di sembrare alieno rispetto all'effervescenza che lo produce, essendone invece un'inalienabile manifestazione. Il paragone che sembra più appropriato al riguardo è quello con le tempeste magnetiche della corona raggiata del Sole, che nascono dalla immensa potenza interna dell'astro, innescando movimenti di straordinaria intensità, che si proiettano a grande distanza dal Sole, ma che in nessun modo ne minacciano la vita o tentano di sopraffarlo.

L'innamoramento è pertanto da considerarsi un processo parabolico, che, quando è autentico, è destinato a transitare in amore-amicizia, trasformandosi in un affetto di attaccamento e di tenerezza che dura nel tempo. Lo slancio amoroso del mistico, che viene subitaneamente trasportato in una inusitata dimensione di amore verso Dio e che sembra bruciarsi in una improvvisa e travolgente fiammata, per lasciare poi spazio a una laboriosa vita quotidiana di amore vissuta come carità, sembra essere un'immagine adeguata delle relazioni che corrono fra innamoramento e amore. Ciò che risulta possibile, a un ristretto numero di privilegiati, nella relazione con Dio, è possibile nell'amore fra l'uomo e la donna, anche qui in un numero limitato di casi. In entrambe le situazioni, comunque, tale processo appare di difficile comprensione da parte degli altri e di non facile accettazione per quelli che si ritengono esclusi dal convito, o per chi se ne senta minacciato, depauperato, quando la realtà va invece in senso del tutto opposto. E se è vero che nell'incontro dei corpi maschile e femminile è sempre sotteso qualcosa di sacro, si può dire allora che in ogni fervore di innamorati, che sia depurato di egoismo, echeggi in qualche modo la ricerca del divino.

3.

La vita di amore

La vita di amore consiste nel rimanere in una relazione vivificante, mentale e corporea, con l'altro, sia esso un partner, o un programma d'azione, o Dio: relazione in cui coesistano, con pari incisività e separazione, sé stesso e l'altro; dove rimanga sempre aperta la possibilità del fondersi insieme per ritrovarsi più sé stessi, e il cui innesco risieda nella intatta disponibilità a emozionarsi in eventi affettivi. La ricaduta di questi ultimi risulta sempre a vantaggio e a incremento della coppia stabile di amore, che costituisce comunque l'interesse primario e maggiore della vita di amore.

A un livello profondo, lo scambio di coppia si verifica nella consapevolezza degli amanti di costituire due esseri diversi e reciproci, rispettivamente maschio e femmina, che, per potersi intendere, debbono avere in sé ciascuno qualcosa dell'altro. Il tema della reciproca bisessualità è il punto più profondo dello scambio fra i due amanti, ed è condizione e promozione della pienezza del loro amore. La consapevolezza di tale condizione comporta che nell'atto di amore ciascuno dei partner esperimenti il genere dell'altro (il mito dell'ermafrodita) in un modo che la distinzione fra i generi non sia perduta, ma innalzata nella reciproca proiezione della controparte bisessuale. Dipende da questa esperienza il fatto che un incontro di amore fa sentire rispettivamente 'più donna', 'più uomo', un evento che per definizione non può realizzarsi in alcun rapporto omosessuale. Lo scambio può realizzarsi in modo così completo da far sentire a ciascuno dei partner 'io sono l'altro, e l'altro è me', e da rendere questa identità sempre più comprensiva, sino a far divenire i due partecipi della struttura dell'universo stesso. Per questo nelle manifestazioni autentiche della vita di amore scompaiono spontaneamente le rivalità, le inimicizie, le gelosie, le invidie e i sospetti, e la consapevolezza di ciò, della reciproca donazione bisessuale, è causa diretta di gioia, certo la più completa e la più elevata di cui possa godere l'uomo nella sua esperienza terrena.

Psicopatologia dell'amore

di Bruno Callieri


L'amore esiste in tante forme diverse a seconda delle persone, della loro storia esistenziale e delle vicissitudini del loro sviluppo psicologico. È indiscutibile che le emozioni, le pulsioni sessuali, i bisogni, che danno origine ad attrazioni e a desideri, e vi sono strettamente connessi, abbiano una complessa dinamica inconscia. Dinamica che, insieme a fattori costituzionali e alla storia personale, forma l'irriducibile e inesauribile singolarità di ogni individuo. È nella coppia, nella famiglia e nel gruppo che si evidenziano le distorsioni psicopatologiche dell'amore. Spesso queste hanno origine da una dipendenza eccessiva dalle figure parentali interiorizzate e i soggetti in cui si riscontrano sono legati al bisogno di essere amati nel modo (per lo più castratorio) in cui lo furono dai loro genitori.Le alterazioni psicopatologiche più gravi, tuttavia, incidono pesantemente sulla struttura della personalità, sulla sua integrità e possibilità di stabilire legami, e limitano quindi, o impediscono del tutto, la capacità di sperimentare con pienezza il sentimento amoroso.

La melancolia, per es., caratterizzata da una grave perdita dell'autostima, comporta il ritiro dal mondo circostante e una perdita del sentimento di sé, il che induce il soggetto a sentirsi del tutto 'vuoto'. Il depresso non può amarsi più di quanto possa amare un altro; nelle forme più gravi si riscontra il tipico 'sentimento della mancanza di sentimento', vissuto tormentoso che può, in certi casi, indurre al suicidio. L'orizzonte del depresso resta quindi inesorabilmente chiuso al motus amoris. Nel maniacale, d'altronde, l'esagerato senso di esaltata autovalutazione, di onnipotenza e di trionfo, il succedersi rapido dei sentimenti, la loro transitorietà, ostacolano gravemente la possibilità di vivere un'intima esperienza profonda e continuativa di un progetto duale com'è quello amoroso. L'esistenza euforica o disforica di questo tipo di patologia non mostra slancio oblativo, dimensione alter-egoica. Un quadro ancor più grave è quello delle alterazioni affettive schizofreniche (paratimie) con le conseguenti reazioni incongrue, gli stati di estraneità e di spersonalizzazione, il pensiero arcaico e bizzarro, gli stati catatonici, gli scoppi improvvisi di affetti trasversali intrisi di aspetti incestuosi e di paranoidismo sadico, di intuizioni deliranti, in un misto inestricabile di aggressività e apatia, malignità sessuale e indifferenza.

Tra le psicosi, particolarmente attinente al tema dell'amore è l'erotomania. Anche in questo quadro patologico l'irrealtà è dominante, il costante riferimento all'oggetto 'amato' è pervasivo, come la convinzione che uno sguardo o una parola casuali siano, per il malato in preda al delirio, del tutto intenzionali. Nascono allora estasi erotiche suscitate da lontano, qualche volta da una presenza invisibile, nell'assoluta certezza di una totale corrispondenza, che solo esseri malvagi impediscono sia palesata.Altre distorsioni psicopatologiche, attinenti all'amore, sono il cosiddetto dongiovannismo e la ninfomania. Il Don Giovanni, al di là della sua esibita 'ipersessualità', in quell'essere spinto alla conquista che non trova mai compimento in un unico oggetto d'amore, mostra la sua incapacità di amare e la sua carenza oblativa. Più che interessato all'oggetto della sua attenzione è teso a raggiungere compensi narcisistici per accrescere la propria carente autostima. Il suo interesse, quindi, è rivolto alla violazione dell'intimità dell'altra più che alla sua persona. Si tratta di una relazione a senso unico: nella donna (l'altra) si 'imbatte', ma non la 'incontra'.

La ninfomania, ritenuta anch'essa una forma di ipersessualità femminile, è basata su un'analoga struttura psicologica in cui prevale un forte bisogno di compenso narcisistico. Da qui ha origine la coazione a ottenere un soddisfacimento sessuale che non viene mai raggiunto. La ninfomane mostra un atteggiamento, nei confronti dei suoi partner, caratterizzato dalla strumentalizzazione e dall'ambivalenza, poiché li ritiene, più o meno coscientemente, responsabili dei suoi ripetuti fallimenti.Fra le incapacità di amare emerge l'ampia gamma delle gelosie patologiche, da quelle in cui prevalgono i sentimenti di insicurezza e di inferiorità a quelle fortemente passionali nutrite di idee prevalenti, a quelle del tutto deliranti (nei paranoidi e negli alcolisti) fino a scatenare raptus omicidi. All'origine della gelosia appaiono un intenso bisogno di restaurazione narcisistica, fantasie d'infedeltà (proiettate nell'altro al quale vengono attribuite) e latenti tendenze omosessuali. L'amore del geloso è, infatti, profondamente trasformato dalla triangolarità insopprimibile (io-tu-lui), che taglia alla radice l'essenza dell'amore cioè la 'dualità'.

Da ultimo accenniamo alle devianze sessuali: dal feticismo alla pedofilia, dal voyeurismo all'esibizionismo, dal travestitismo al sadomasochismo. A parte le innumerevoli varietà, presenti sia pure in minime tracce in ogni individuo (ricordiamo il piccolo 'perverso polimorfo' di Freud), quel che balza agli occhi nella perversione è la manipolazione onnipotente dell'altro, che viene depersonalizzato, e con cui non si stabilisce un'autentica relazione o reciprocità (v. sopra: Psicologia dell'amore). Secondo il punto di vista psicoanalitico, la perversione sarebbe un tentativo di fugare il terrore della castrazione mettendo in atto meccanismi di restaurazione narcisistica e adottando meccanismi di negazione e di scissione.

Dalla lente di ingrandimento della patologia emerge ciò che nel corso dello sviluppo psicologico contribuisce a ostacolare la piena capacità di provare il sentimento amoroso: un grave squilibrio tra narcisismo e rapporto oggettuale. Se la lesione narcisistica, che si accompagna a una patologia dell'Io, è eccessiva, si formano, nell'individuo, tentativi di restaurazione che vanno a scapito della capacità oblativa, del "prendersi cura di" (Callieri 1993b) e della reciprocità, che sono la componente essenziale del sentimento amoroso. Dice Hölderlin in Hyperion (2° libro) che "l'uomo, se ama, tutto scorgendo e tutto illuminando, è un sole; se non ama, si riduce ad un'oscura, angusta abitazione dove arde una misera, minuscola lampada".

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