anarchia Dottrina che propugna l’abolizione di ogni governo sull’individuo e, soprattutto, l’abolizione dello Stato: assunse una particolare fisionomia verso la metà del 19° sec. e dapprima ebbe un carattere quasi esclusivamente filosofico, come nell’individualismo di M. Stirner. Poi, prevalendo la ricerca di una precisa struttura politico-giuridica, fu intesa come dottrina di un assetto giuridico e sociale che elimina, o riduce al minimo, il potere centrale dell’autorità. Questo anarchismo politico (che ha poi assunto il nome più specifico di anarcosindacalismo) ha il suo classico fondamentale in P.J. Proudhon, ed è stato particolarmente propugnato e sviluppato, nella teoria e nella pratica, da M. Bakunin e da P. Kropotkin, oltre che celebrato, nel campo letterario, da L. Tolstoj. Esso si risolve nell’idea di un estremo decentramento dei poteri amministrativi della società perché i lavoratori possano organizzare da sé, partendo dai più piccoli nuclei e nel modo più diretto, la proprietà e l’amministrazione dei mezzi di produzione e in genere dell’intera ricchezza e quindi, pur condividendo in pieno l’ideale collettivistico e anticapitalistico del comunismo, si oppone radicalmente al suo centralismo autoritario.
Il movimento anarchico, in questo senso, ebbe largo sviluppo non solo nella seconda metà del 19° sec., ma anche nei primi decenni del 20° (per es. in Spagna), e avversò qualsiasi forma di governo sia autoritario sia liberale. Numerosi furono gli attentati e i moti rivoluzionari: quali l’uccisione del presidente francese
In