ANATOCISMO

Enciclopedia Italiana (1929)

ANATOCISMO (dal gr. ἀνἀ "di sopra" e τόχος "interesse"; fr. anatocisme; sp. anatocismo; ted. Zinseszins; ingl. compoundinterest)

Giulio Venzi

È l'interesse dell'interesse, cioè la produzione d'interesse dall'interesse scaduto di una somma di danaro (interesse composto). Se lo si considera dal punto di vista strettamente economico, l'anatocismo non è illecito. Eliminato il pregiudizio che faceva giudicare sfavorevolmente il prestito a interesse, esso è la conseguenza logica del principio per cui il danaro è ritenuto quale capitale fruttifero, formando gl'1nteressi scaduti anche essi una somma di danaro. Ma, considerandolo nei suoi effetti sociali, risulta estremamente pericoloso per coloro che la necessità obbliga a procurarsi il danaro a mezzo di prestiti; l'interesse composto, con la produzione indefinita d'interessi sugl'interessi degl'interessi, aumenta il capitale con grandissima rapidità, per modo che in breve volger di tempo si converte in debito ingente quello che da principio era di poco momento. Perciò quasi tutte le legislazioni antiche e moderne sono contrarie all'anatocismo, e alcune lo proibiscono in modo assoluto, altre lo permettono in misura limitata.

Alla seconda categoria appartiene la legge italiana che, sull'esempio del codice Napoleone, ha stabilito negli articoli 1232 e 1233 del codice civile un sistema atto sufficientemente a evitare le troppo dure conseguenze dell'anatocismo. È in modo assoluto proibita la convenzione prevemiva dell'interesse composto, perché altrimenti il debitore, stretto dal bisogno, facilmente accetterebbe il patto, sia ignorandone le conseguenze, sia confidando di poterle evitare con la puntualità nei pagamenti. Ma dopo che gl'interessi convenuti sono scaduti, e non pagati, essi producono nuovi interessi, se il creditore abbia giudizialmente domandato il pagamento degl'interessi, oppure se intervenga nuova convenzione con la quale il debitore si obblighi a corrisponderli. Nel primo caso, la misura dei nuovi interessi è quella legale, nel secondo, quella pattuita nella convenzione (art. 1232). In tal modo è evitato il pericolo per il debitore di dolorose sorprese. Ma questa limitazione non sarebbe sufficiente, essendo sempre possibile il rapido accrescimento del debito quando si potessero, o con citazioni in giudizio, o con convenzioni, capitalizzare gl'interessi a brevissimi periodi di scadenza. Perciò provvidamente la legge dispone che i nuovi interessi non possano, in ogni caso, decorrere se non su interessi dovuti almeno per un'annata intiera (art. 1232, capov. 3°).

Nel caso che gl'interessi degl'interessi scaduti siano chiesti con domanda giudiziale, essi decorrono dal giorno della domanda, com'è detto espressamente nell'art. 1232. Nel caso che siano pattuiti con convenzione, la legge non determina la decorrenza; decorreranno necessariamente dal giorno della convenzione, o possono essere i nuovi interessi stipulati anche per il tempo anteriore? La questione è controversa; è preferibile la seconda opinione, sostenuta dalla maggiore e miglior parte della dottrina e della giurisprudenza, per la ragione, principalmente, che la legge non determina, come ha fatto per il caso di domanda giudiziale, il giorno di decorrenza.

La limitazione che gl'interessi scaduti siano almeno di un'annata non è applicabile quando si tratta di rendite, come fitti, pigioni, frutti di rendita perpetua o vitalizia; esse producono, interessi dal giorno della domanda giudiziale o della convenzione (art. 1233); in tal caso l'anatocismo non è pericoloso, non essendo il debitore gravato dall'obbligo di restituire il capitale. La limitazione stessa è anche inapplicabile quando si tratti della restituzione da parte del debitore degl'interessi che un terzo abbia pagato per conto di lui e a di lui scarico (art. 1233, capov. 2°); in tal caso, il credito del terzo è come un credito di capitale. Tutte le limitazioni apportate dalla legge all'anatocismo non sono poi applicabili alle casse di risparmio e simili istituti (art. 1232, capov. 3°), i quali non dànno sospetio di abusi, per la loro missione sociale e la loro organizzazione. Secondo la lettera della legge parrebbe che a questi istituti sia inapplicabile la sola limitazione degl'interessi dovuti per un'annata; ma non può dubitarsi che l'eccezione si estenda a tutte le limitazioni che sarebbero incompatibili con i regolamenti di quegl'istituti.

Le limitazioni non sono infine applicabili in materia commerciale, nella quale la fruttificazione degl'interessi è regolata dagli usi e dalle consuetudini (art. 1232, capov. 2°). Posteriormente al codice civile, il codice di commercio ha, negli articoli 345 e 347, sanzionato l'uso, già invalso tra i commercianti, di calcolare nella chiusura del conto corrente, a periodi per solito minori di un anno, gl'interessi delle singole partite, che vengono in tal modo capitalizzati.

Bibl.: Oltre i trattati generali di diritto civile, v. E. Bianchi, La retroattività dell'a. convenzionale, in Arch. giur., XVIII (1927); A. Ramella, Prestiti usurarî e sanzioni di legge, in Società per azioni, 1925, p. 45; F. Degni, Ancora della repressione dell'usura, in Riv. di dir. comm., 1927, p. 331; id., Della repressione dell'usura nel sistema del diritto civile vigente, in Riv. di dir. comm., 1928, p. 634; P. Addeo, Il problema dell'usura, in Riv. di dir. comm., 1929, p. 25; T. Caraffa, in Digesto it., s. v.; G. C. Messa, in Enc. giur., s. v. Interessi.

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