Vesalio, Andrea

Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze (2013)

Andrea Vesalio

Massimo Rinaldi

Taciturno e malinconico, ma anche ambizioso e infaticabile promotore della propria ascesa sociale e professionale, Andrea Vesalio è unanimemente riconosciuto come il fondatore dell’anatomia moderna. Mentre la sua traiettoria biografica rientra per molti versi – il percorso di formazione, la carriera accademica, l’adesione al modello cortigiano – in una prospettiva tipicamente rinascimentale, la pubblicazione della sua opera principale, i De humani corporis fabrica libri septem (1543), segna un momento di forte discontinuità sia in ambito anatomico sia dal punto di vista più latamente culturale, e rappresenta l’emblema di una rivoluzione mentale prima che scientifica.

La vita

Proveniente da una famiglia di medici originaria della città di Wesel (oggi in Germania), Andrea Vesalio (versione italiana del fiammingo Andries van Wesele, lat. Andreas Vesalius, fr. André Vésale) nacque a Bruxelles (allora nei Paesi Bassi spagnoli) il 31 dicembre 1514, da Andries Wijtink van Wesele (1479-1544), speziale al servizio degli Asburgo, e da Isabelle Crabbe. Dopo gli studi inferiori nella propria città natale, si trasferì a Lovanio, dove risulta immatricolato presso il Pedagogium Castrense della locale università il 25 febbraio 1530.

Nel 1533 intraprese gli studi di medicina a Parigi sotto la guida di Jacques Dubois (1478-1555) e di Johann Guinther (o Winther, in lat. Ioannes Guintherius; 1487/1505-1574), collaborando alla redazione delle Institutiones anatomicae (1536) di quest’ultimo.

Nel 1536, a causa della guerra tra il re di Francia Francesco I e l’imperatore Carlo V, fu costretto a fare ritorno a Lovanio. Qui, nel 1537 ottenne il baccellierato e pubblicò una Paraphrasis del nono trattato del Liber Almansoris, versione latina dell’opera al-Kitāb al-Manṣūrī del medico persiano Rhazes (Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā’ al-Rāzī, 864-925/935).

Nell’autunno dello stesso anno raggiunse Padova, dove il giorno successivo al conseguimento del dottorato, il 6 dicembre 1537, venne incaricato della lettura di chirurgia e anatomia, con un salario di 40 fiorini (che sarebbero arrivati a 200 nel 1542).

Il primo frutto del suo impegno accademico è rappresentato dalle Tabulae anatomicae (1538), che suscitarono vasta eco in tutta Europa. Il successo delle Tabulae e della successiva Epistola sulla flebotomia (1539) indusse le autorità accademiche bolognesi a invitarlo, nel 1540, a eseguire alcune dimostrazioni anatomiche, durante le quali egli instaurò un aspro confronto pubblico con il celebre anatomista Matteo Corti (1475/1495-1542/1564) in merito alla corretta interpretazione di alcuni passi galenici.

Negli stessi anni Vesalio era impegnato nella redazione del suo capolavoro, i De humani corporis fabrica libri septem. Completato il lavoro nell’agosto del 1542 e preso congedo dallo Studio patavino, nel gennaio del 1543 raggiunse Basilea per sovrintendere alla pubblicazione dell’opera presso lo stampatore Johannes Oporinus (Johann Herbst; 1507-1568). La Fabrica uscì nell’agosto successivo con dedica a Carlo V, al quale, pochi mesi più tardi, l’autore consegnò personalmente una copia. Accolto al servizio degli Asburgo con il titolo di medicus ordinarius, Vesalio rientrò per un breve periodo in Italia: si recò a Padova e a Bologna, dove le sue dimostrazioni e dissezioni anatomiche suscitarono grandissimo interesse, quindi a Pisa, dove il duca di Firenze Cosimo de’ Medici gli offrì – senza successo – la cattedra di anatomia dello Studio.

Negli anni successivi, gli impegni cortigiani e familiari costrinsero Vesalio, che nel 1545 aveva sposato la figlia di un ricco consigliere di Bruxelles, Anne van Hamme (1525-1572), a limitare l’attività pubblicistica: nel ventennio successivo all’uscita della Fabrica videro la luce solo l’Epistola sulla china (1546), in cui l’autore replicava ai malevoli attacchi dei galenisti, una nuova edizione, profondamente rivista e corretta, del suo capolavoro (1555) e l’Anatomicarum […] observationum examen (1564), scritto in risposta ad alcune critiche sulla sua opera avanzate da Gabriele Falloppia (1523-1562), suo successore sulla cattedra padovana.

Stabilitosi forse nel 1553 a Bruxelles, incrementò le proprie fortune esercitando privatamente la professione medica; nel 1556 venne creato conte palatino e insignito di una pensione, in concomitanza con l’abdicazione di Carlo V. Entrato al servizio dell’erede di quest’ultimo, Filippo II, nel 1559 lo seguì in Spagna.

Nel 1564, per ragioni rimaste misteriose, Vesalio decise di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme. Dopo una tappa a Venezia, raggiunse la Terra Santa, ma durante il ritorno una tempesta costrinse la nave su cui si trovava ad approdare nell’isola greca di Zante (Zakynthos), dove, già malato e profondamente prostrato dal viaggio, egli morì il 15 ottobre 1564.

La formazione

Se a lungo il percorso biografico e intellettuale di Vesalio è apparso in qualche modo emblematico dell’atteggiamento di solitaria ribellione del genio rinascimentale contro le costrizioni della tradizione, la storiografia recente, pur senza negare la straordinaria forza di rottura della personalità del fiammingo, preferisce proporne un’immagine più sfumata, maggiormente attenta al contesto culturale in cui si sviluppò, pronta a coglierne anche le apparenti contraddizioni biografiche e intellettuali. In tale prospettiva, appare particolarmente importante soffermarsi sul periodo della formazione di Vesalio.

Nel periodo della sua permanenza a Lovanio, questa città era tra i più rinomati centri di propulsione del rinnovamento umanistico: solo pochi anni prima vi era stato fondato il Collegium trilingue, dove, ispirandosi ai principi erasmiani, venivano impartiti insegnamenti di latino, greco ed ebraico che non solo dovevano consentire l’appropriazione diretta del sapere antico, ma offrivano altresì gli strumenti per una rilettura critica delle fonti. In questo ambiente ricco di fermenti e suggestioni, Vesalio portò a termine la sua formazione filosofica, retorica e logica, e poté assorbire quella sensibilità filologica che sarebbe stata decisiva per la sua maturazione culturale e professionale.

La scelta di avviarsi agli studi di medicina a Parigi, anziché nella tradizionalista facoltà medica lovaniense, appare la naturale conseguenza di tali premesse: infatti, nel corso degli anni Trenta i maestri di Vesalio avevano avviato un vasto progetto di recupero, restauro e reintrepretazione delle fonti classiche, con particolare attenzione per gli scritti ippocratici e l’opera anatomica di Galeno. Dubois e Guinther, dunque, si collocavano sul fronte più avanzato della ricerca medica: il progresso delle conoscenze non poteva che passare per una paziente opera di depurazione dei testi antichi dalle incrostazioni della tradizione medievale e dalle contaminazioni della mediazione araba. Non si trattava tuttavia di un sapere esclusivamente libresco; Dubois riteneva indispensabile integrare la lezione galenica con l’esperienza diretta del corpo umano. A Parigi, pertanto, Vesalio, mentre perfezionava la propria perizia linguistica, ecdotica e interpretativa, sviluppò rapidamente una straordinaria abilità settoria, tanto da essere coinvolto nella preparazione dei reperti anatomici per la redazione delle Institutiones di Guinther, il quale, nell’introduzione dell’opera, non mancò di riconoscere il contributo dell’allievo.

Il periodo padovano

Attratto probabilmente dalla qualità dell’insegnamento, ma anche dalle opportunità di carriera e dalla disponibilità di cadaveri assicurata dalle autorità accademiche, Vesalio arrivò a Padova con un repertorio di conoscenze – teoriche e pratiche – di grande spessore: la nomina a professore all’indomani del conferimento del dottorato non fece che confermare il credito di cui il giovane fiammingo doveva già godere, forse in virtù della partecipazione alla pubblicazione di Guinther.

Impegnato nelle dimostrazioni anatomiche dalla fine di dicembre del 1537, Vesalio, come risulta dalle note dell’amico Vitus Tritonius (contenute in un manoscritto conservato nella Biblioteca nazionale di Vienna), si preoccupò da subito di introdurre alcune importanti novità di carattere pedagogico: Tritonius ci informa dell’insistenza con cui il docente raccomandava ai propri studenti di prediligere i testi originali di Galeno piuttosto che indugiare sull’Anothomia (1316) di Mondino dei Liucci (o Liuzzi; 1270 ca.- 1326), il manuale che da oltre due secoli era alla base dell’insegnamento anatomico in tutta Europa, e della sua abitudine – rivoluzionaria dal punto di vista scientifico, didattico e sociale – di rivestire allo stesso tempo il ruolo di lector, di ostensor e di sector, contravvenendo alla consuetudine del tradizionale ‘modello quodlibetario’ che prevedeva la rigida separazione dei compiti tra il docente, l’assistente e l’incisore. Dalla stessa fonte apprendiamo che Vesalio durante le dimostrazioni si serviva di ausili didattici di varia natura, come scheletri e altri preparati anatomici, facendo spesso ricorso a disegni e schemi appositamente predisposti.

È in tale prospettiva di rinnovamento dei modi della trasmissione del sapere che va inquadrata la pubblicazione delle Tabulae del 1538: sei grandi xilografie di carattere anatomo-fisiologico, realizzate in parte da Vesalio stesso e in parte dall’artista fiammingo Jan Stephan van Calcar, e destinate probabilmente a costituire l’apparato iconografico delle Institutiones di Guinther, delle quali Vesalio in quello stesso anno aveva fatto uscire dai torchi veneziani un’edizione non autorizzata (Institutionum anatomicarum). Con le Tabulae Vesalio mostra di muoversi, in larga misura, ancora dentro il perimetro dell’anatomia galenica, della quale riprodusse errori e inesattezze; ciononostante, esse rivelano come, sempre più consapevolmente, Vesalio si stesse avviando verso una ideologia scientifica che assegnava al ‘vedere’ una funzione euristica centrale.

Le discussioni bolognesi

Una tappa fondamentale nell’evoluzione del pensiero di Vesalio è rappresentata dalle discussioni bolognesi del 1540, di cui rimane il dettagliato resoconto di uno studente tedesco presente alle lezioni, Balthasar Heseler: nel corso della disputa, Vesalio contrappose alle vane elucubrazioni di Corti la supremazia dell’osservazione diretta del corpo umano, insistendo sulla maggiore affidabilità dell’esperienza sensoriale rispetto alla mera conoscenza libresca e dimostrando, sulla base di un rigido procedimento comparativo, che l’osteologia galenica era desunta dalle scimmie.

Vesalio non era certo il primo a riconoscere che in numerose occasioni Galeno si era clamorosamente sbagliato. Ora, tuttavia, il problema che si profilava appariva diverso: era tutto l’impianto dell’anatomia galenica a dover essere rivisto, in quanto si trattava di un’anatomia animale e non umana. Un grandioso progetto di rifondazione del sapere anatomico che sarebbe stato lucidamente esposto pochi anni più tardi nella prefazione della Fabrica.

La Fabrica

La profonda rimeditazione della lezione degli antichi, la mole di osservazioni compiute e l’esperienza didattica maturata consentirono a Vesalio di rompere ogni indugio e di dare pubblica visibilità all’esito delle sue ricerche, che – secondo lui – dovevano rappresentare non tanto il rinnegamento dell’insegnamento galenico quanto, piuttosto, il suo compimento. L’attenta lettura dei testi anatomici di Galeno, infatti, portò Vesalio a sostenere che questi aveva in realtà tradito il proprio programma scientifico: infatti Galeno, pur insistendo a lungo sul valore dell’esperienza manuale, sull’importanza – anche metafisica – della conoscenza anatomica e sul ruolo insostituibile della dissezione umana, era stato costretto dalla difficoltà di approvvigionamento di cadaveri a produrre un sapere basato quasi esclusivamente sulla presunta, e spesso fallace, analogia tra uomo e animale. Galeno – Vesalio ne era convinto – sarebbe stato il primo a plaudire all’istanza di rinnovamento di cui la Fabrica si faceva carico.

Fu sulla base di tali considerazioni che Vesalio introdusse fin dal frontespizio dell’opera un ulteriore elemento di discontinuità con la tradizione accademica: il maestro doveva chiudere il libro, scendere dalla cattedra e impugnare il coltello anatomico, recuperando quell’abilità manuale che i più sapienti tra gli antichi non avevano disdegnato. Accusando i propri colleghi di ripetere un sapere fondato solo sull’autorità dei testi classici e invitandoli a praticare personalmente le dissezioni, Vesalio contribuiva a demolire il vecchio rituale della dimostrazione pubblica, rigidamente regolamentato dagli statuti universitari, e rivendicava per l’anatomista un nuovo ruolo scientifico e sociale.

Ma la Fabrica non è esclusivamente un libro di parole. Le oltre trecento illustrazioni che corredano il testo furono realizzate a Venezia sotto la supervisione di Vesalio da artisti della scuola di Tiziano Vecellio, tra i quali (secondo Giorgio Vasari) il citato van Calcar, già coinvolto nella pubblicazione delle Tabulae del 1538. Al di là dello staordinario valore artistico, ben distante da quello delle precedenti esperienze di raffigurazione anatomica, le xilografie rimarcano una volta di più come per Vesalio l’evidenza visuale rappresentasse un elemento irrinunciabile per la comprensione e lo studio del corpo. Le diverse soluzioni tecniche adottate, in grado di restituire la complessa multiformità del dettaglio e dell’insieme, costituiscono uno dei più alti traguardi della xilografia rinascimentale, e conferiscono alle illustrazioni una funzionalità scientifica e cognitiva inedita: testo e immagine risultano legati da un rapporto di reciproca referenzialità, garantito dalla presenza di articolati rimandi alfabetici e numerici. Solo una lettura integrata dell’argomentazione verbale e della rappresentazione iconografica può assicurare la piena comprensione dell’opera.

Il programma editoriale di Vesalio, però, andava oltre. Quasi contemporaneamente alla Fabrica, dai torchi di Oporinus uscirono anche un compendio dell’opera (Epitome, 1543) e la sua traduzione in tedesco (Von des Menschen Cörpers Anatomey, 1543), che intendevano assicurare, attraverso una succinta sintesi della prolissa testualità dell’opera maggiore e un apparato di immagini finalizzato a restaurare visivamente l’ordine della dissezione, la più ampia circolazione del messaggio vesaliano anche presso quegli strati sociali e quegli ambienti culturali – studenti, chirurghi, curiosi – esclusi per ragioni economiche, linguistiche o professionali dall’accesso alla Fabrica.

Più che nella censura degli errori degli antichi o nelle scoperte anatomiche descritte, allora, il valore del progetto vesaliano risiede nella capacità di coniugare la sapiente gestione delle forme della comunicazione scientifica e l’introduzione di nuove tecniche didattiche con la forza innovatrice di un messaggio: l’unica fonte della conoscenza anatomica è la dissezione del corpo umano.

Le reazioni alla pubblicazione della Fabrica non mancarono: le più violente arrivarono dal vecchio maestro di Vesalio, Dubois, che accusò il suo ex allievo di follia ed empietà per il tentativo di screditare l’impianto delle acquisizioni galeniche; la risposta di Vesalio giunse nel 1546, quando venne pubblicata la citata Epistola sulla radice di china che conteneva un’amareggiata difesa contro le accuse dei galenisti. Nonostante le critiche rivolte alla Fabrica e al suo autore (J. Dubois, Vaesani cuiusdam calumniarum in Hippocratis Galenique rem anatomicam depulsio, 1551), fu subito chiaro che il modello vesaliano era destinato a rivoluzionare la pratica e il sapere anatomici: il fronte del rinnovamento si era spostato, e il galenismo umanistico, che fino a pochi anni prima aveva rappresentato l’avanguardia della disciplina, sarebbe stato rapidamente soppiantato dalle esperienze di ricerca di una generazione di anatomisti che, in virtù dell’assunto vesaliano, potevano cominciare a «guardare altrimenti» (Vons, Velut 2008, p. LIX) il corpo e la sua fabrica.

Vesalio cortigiano

La decisione di abbandonare il mondo universitario per la vita di corte è stata spesso considerata un tradimento di Vesalio verso la sua vera vocazione di ricercatore e insegnante. In realtà, la sua biografia appare rispondere a una precisa e coerente strategia di accreditamento cortigiano, perseguita con consapevole risolutezza. D’altra parte, il percorso di Vesalio fu analogo a quello di molti altri intellettuali e scienziati del tempo – come Pierandrea Mattioli, Charles de L’Écluse (Carolus Clusius), Galileo Galilei –, e non deve stupire che il prestigio sociale e i vantaggi economici derivanti dal nuovo incarico apparissero agli occhi del giovane fiammingo un riconoscimento che gli avrebbe permesso di continuare le proprie ricerche con larga disponibilità di cadaveri e ampia libertà d’indagine, sottraendolo agli odi e alle invidie dell’accademia.

In effetti Vesalio ebbe la possibilità di continuare a raccogliere materiali per una nuova edizione della Fabrica, che apparve nel 1555. In essa l’autore, grazie alle nuove esperienze autoptiche, fu in grado di introdurre sostanziali integrazioni e correzioni alle precedenti ricerche, spingendo ancora più in là il proprio allontanamento da Galeno. Non si trattò dunque di un’abdicazione, ma della limpida scelta di uno studioso consapevole che gli spazi di libertà erano meglio garantiti nell’ambito delle relazioni di dipendenza con il supremo potere politico piuttosto che all’interno delle incerte dinamiche della vita accademica.

L’eredità vesaliana, tuttavia, non sarebbe stata limitata al suo lascito scientifico: la forza della proposta intellettuale del fiammingo avrebbe agito presto anche al di fuori delle scuole, e il sapere anatomico sarebbe approdato rapidamente a ulteriori livelli di significanza, giungendo a rappresentare simbolicamente ogni sforzo – morale, religioso, politico – di autentica introspezione dell’esperienza umana.

Opere

Paraphrasis in nonum librum Rhazae medici Arabis clarissimi ad regem Almansorem, de affectuum singularum corporis partium curatione, Lovanii 1537, Basileae 1537.

Tabulae anatomicae sex, Venetiis 1538.

Institutionum anatomicarum secundum Galeni sententiam ad candidatos medicinae libri quatuor, per Joannem Guinterium Andernacum medicum. Ab Andrea Vuesalio Bruxellensi, auctiores & emendatiores redditi, Venetiis 1538.

Epistola, docens venam axillarem dextri cubiti in dolore laterali secandam: et melancholicum succum ex venae portae ramis ad sedem pertinentibus, purgari, Basileae 1539, Venetiis 1544.

De humani corporis fabrica libri septem, Basileae 1543, 15552.

Andreae Vesalii […] suorum de humani corporis fabrica librorum epitome, Basileae 1543.

Von des Menschen Cörpers Anatomey, ein kurtzer, aber vast nützer Außzug, Basileae 1543.

Epistola, rationem modumque propinandi radicis Chymae [sic] decocti, quo nuper invictissimus Carolus V imperator usus est, pertractans et praeter alia quaedam, epistolae cuiusdam ad Jacobum Sylvium sententiam recensens, veritatis ac potissimum humanae fabricae studiosis perutilem: quum qui hactenus in illa nimium Galeno creditum sit, facile commonstret, Basileae 1546, Venetiis [1546?].

Anatomicarum Gabrielis Falloppii observationum examen, Venetiis 1564.

Bibliografia

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V. Nutton, Vesalius revised: his annotations to the 1555 “Fabrica”, «Medical history», 2012, 4, pp. 415-43.

Si veda inoltre:

V. Nutton, Introduction a D. Garrison, M.H. Hast, On the fabric of the human body. An annotated translation of the 1543 and 1555 editions of Andreas Vesalius’ “De humani corporis fabrica”, Evanston (Ill.), 2003, http:// vesalius.northwestern.edu/cover.html (20 febbr. 2013).

M. Biesbrouck, Vesaliana. An updated Vesalius bibliography, 2012, http://www.andreasvesalius.be (20 febbr. 2013).

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