ANDRÌA di Anfusu

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANDRÌA di Anfusu (de Anfusio)

Giuseppe Coniglio

Nacque a Messina, non si sa in quale anno; ma, poiché ebbe l'investitura di notaio il 14 febbr. 1365 e non si era ancora ritirato dalla vita pubblica nel 1416, si può supporre che la data della sua nascita si aggiri intorno al 1340. Qualche altra notizia si ha solo per gli anni che vanno dal 1405 al 1416, per i quali ci soccorrono alcuni documenti. In questo periodo A. si stabilisce a Lentini; e qui, in un territorio che amministrativamente faceva parte dei possedimenti della Camera reginale, lo troviamo nel 1408 a fare il giudice. Con la sua lealtà e la sua devozione si meritò la fiducia della regina Bianca, che gli affidò diversi incarichi e lo ammise, con privilegio del 12 dic. 1413, nel numero dei suoi familiares et domestici. Nel 1416 doveva essere già abbastanza avanti negli anni; da allora, però, non si hanno più notizie di lui e ignota rimane la data della sua morte.

Il documento più antico è la lettera con cui si notifica agli ufficiali del regno di Sicilia l'investitura notarile di A. con giurisdizione in tutta l'isola. La Zitello sostiene che la notifica sia senza data e che debba essere riportata all'aprile-giugno 1414. Nel registro dove è trascritta la lettera porta invece la stessa data di altra che la precede (Catania, 14 febbr., 3a indizione), mentre l'intero fascicolo di cui essa fa parte contiene esclusivamente atti di Federico IV di Sicilia, sotto il cui regno (1355-1377) la 3a indizione, ovviamente greca, cadde una volta dal settembre 1364 all'agosto 1365.

Il secondo documento, in ordine di tempo, è un atto rogato dallo stesso A. nel dicembre 1405: è conservato in regesto in una cronaca cinquecentesca del monastero di S. Nicolò l'Arena di Catania e riguarda un lascito a questo monastero di quattro salme di terra nel Lentinese da parte di un certo Francesco de Piscitello. Il privilegio del 12 dic. 1413 è stato già citato. Segue, con la data del 2 apr. 1414, una lettera della regina Bianca, che affida ad A. l'istruzione e l'esecuzione di un processo; in un'altra lettera inviata in pari data al capitano di Lentini si comunica e si conferma questa decisione. Il 13 giugno dello stesso anno la sovrana ordina che sia pagato con sollecitudine ad A. il prezzo di due salme di frumento. Un anno dopo, infine, il 3 marzo, Bianca scrive da Olit in Navarra al suo luogotenente in Sicilia, disponendo che giudice a fianco del capitano in carica di Lentini e dell'eventuale sostituto non possa essere altri che A.; il luogotenente riporta questa disposizione in una lettera del 2 giugno 1416.

A. è però più noto, nonostante la modesta qualità dei suoi versi, come poeta. Di lui ci è rimasto un poemetto di cinquantun terzine, che descrive, in un volgare siciliano intriso di parole latineggianti e di toscanismi, le varie terrificanti fasi dell'eruzione etnea del 9 nov. 1048. Le ultime terzine contengono una dedica alla regina Bianca, di cui tessono anche l'elogio per la coraggiosa decisione di non abbandonare in quel momento Catania. La data di composizione è compresa tra la fine dell'eruzione (25 nov. 1408 circa) e la morte di re Martino (25 luglio 1409), al quale come vivo e regnante in Sicilia è fatto riferimento. Di qui l'importanza del poemetto che, per il tipo d'episodio narrato e per le formule caratteristiche alle quali si attiene (invocazione iniziale a Dio, dedica, nome e notizie dell'autore), costituisce l'esempio più antico che si abbia nell'isola di poesia narrativa in forma di "storia". A. mostra di aver avuto presenti i modelli toscani del genere e di conoscere, d'altra parte, Dante e Ovidio: ma la sua preferenza segna appunto la presa di coscienza d'una corrente di gusto, che avrà più avanti durevoli sviluppi nella letteratura popolare siciliana.

Il poemetto fu pubblicato per la prima volta con diversi errori di lettura da A. Paz y Melia, Una poesia siciliana de 1412, in Homenaje ofrecido a R. Menéndez Pidal, III,Madrid 1925, pp. 99-102; venne poi riedito criticamente da F. Zitello, Il canto di Andrìa di Anfusu sull'eruzione dell'Etna del 1408. Studio critico, Palermo 1936 (v. S. Debenedetti, in Giorn. stor. d. letter. ital., CIX[1937], pp. 284-86); da G. B. Palma, con una nota storico-letteraria di C. Naselli, Un poemetto in onore della regina Bianca su una eruzione etnea, testo siciliano del sec. XV con illustrazioni, in Arch. stor. per la Sicilia, I(1935 [ma 1937]), pp. 135-173; da G. Cusimano, in Poesie siciliane dei secoli XIV e XV, I, Palermo 1951, pp. 41-46. Una ristampa parziale del testo secondo l'ediz. Zitello è nella crestomazia di C. Guerrieri-Crocetti, La Magna Curia, Milano 1947, pp. 535-39 (vv. 43-72, 121-147).

Fonti e Bibl.: Per le fonti, come per la ricostruzione della biografia di A. e per l'illustrazione storico-letteraria del poemetto, v. i citati lavori della Zitello e della Naselli, che pubblicano, la prima sei documenti, la seconda tre di questi stessi documenti, tutti rintracciati nell'Archivio di Stato di Palermo; la Naselli dà in più il regesto dell'atto del dic. 1405, di cui si trova notizia nel Chronicon Monasterii S. Nicolai di D. Bartolomeo Taverna (Archivio di Stato di Catania, Fondo Benedettino, ms. 6, f. 50). La stessa Naselli ha poi curato con notizie non sempre precise la voce relativa ad A. nel Repertorio storico-critico dei testi in antico siciliano dei secoli XIV e XV a cura di E. Li Gotti, Palermo 1949, pp. 36 s. (con bibliografia).

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