DE PUTTI, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DE PUTTI (Di Putti), Angelo

Franco Barbieri-Francesca Lodi

Fondamentali ricerche documentarie della Toniato (1964), mentre comprovano l'origine padovana di questo scultore - il che permette di distinguerlo dalla fitta schiera dei valsoldani, presenti a Vicenza tra '600 e '700 e genericamente indicati quali Pozzo, Dal Pozzo, De Puteo, De Putti -, garantiscono la sua entrata nella fraglia vicentina dei muratori e lapicidi l'8 nov. 1699. In precedenza, il 27 sett. 1699, il D., "del signor Fran.co da Padova", aveva sposato, in S.Faustino di Vicenza, Apollonia Lucia, figlia di Angelo Marinali, lo scultore presso la cui bottega vicentina in piazza dell'Isola egli dovette compiere il suo tirocinio (Toniato, 1964): parrebbe, quindi, presumibile fissare al 1675-80 la data di nascita del De Putti. Dei suoi cinque figli, nessuno seguì le orme paterne, ma negli atti di battesimo (Saccardo, 1981, pp. 258 s.) si registrano come padrini esponenti della nobiltà vicentina, segno del prestigio raggiunto dallo scultore.

In merito, si avverta che il Gio.Batta De Putti, citato dai registri parrocchiali di S. Paolo nel 1744-45, ritenuto dalla Toniato figlio del D., risulta invece figlio di Antonio (Saccardo, p. 259); non sappiamo che mestiere facesse ed è tutto estraneo ad Angelo De Putti.

Nel 1705 il D. risulta gastaldo della fraglia, proprio quando vi entravano gli scultori Giovanni Maria Calvi di Giovanni, Carlo di Pietro Cavaliere e Lorenzo Mattielli, cognato, a sua volta, del D., che, fino a tale anno, sappiamo (Toniato, 1964) abitante nella parrocchia di S. Faustino; nel 1707 però (Saccardo, 1981, p. 261) ne è appurata la presenza in quella di S. Paolo. Dopo tale data si perdono le tracce del D. nel Vicentino, né è stato rinvenuto il suo testamento. Nel 1715, comunque, scolpiva le statue della Colonna della peste a Sankt Veit presso Klagenfurt e il monumento funebre per il cardinale G. De Goessen nella chiesa di St. Nikolaus a Strassburg, sempre in Carinzia. Nel 1725 dovrebbe cadere la sua attività ferrarese, ma la fonte (Cittadella, 1864, p. 665) della datazione è piuttosto generica, e lascia adito a legittimi dubbi. Di conseguenza potrebbe accreditarsi l'ipotesi di un definitivo trasferimento del D., nei suoi ultimi anni, in terra austriaca: dove sarebbe poi morto, al pari del Mattielli.

È plausibile che una effettiva attività autonoma del D. inizi dopo la scomparsa (28 luglio 1702) del maestro e suocero Angelo Marinali. Del 1703 sono le due statue in pietra, firmate, nella parrocchiale di Villaverla (Vicenza), tradizionalmente identificate quali S. Gaetano da Thiene e S. Teresa d'Avila, provenienti, con ogni probabilità (Saccardo, 1981, pp. 257 ss.), dallo sconsacrato oratorio vicentino del Crocefisso o dei servi; ivi, infatti, il Baldarini (1779) rilevava la presenza di due statue del D., che identificava in un S. Giuseppe e una Vergine addolorata.

La diversa interpretazione iconografica potrebbe spiegarsi con un errore del Baldarini, viste le analogie tra s. Giuseppe e s. Gaetano e, soprattutto, considerando che la figura femminile di Villaverla, con il cuore in rilievo sul petto, non è rivestita della tunica carmelitana e in atteggiamento di dolore più che di estasi, tanto da poter davvero apparire come una Vergine addolorata. D'altronde, l'alta qualità di queste due statue firmate induce a separarle dalle altre, anonime, raccolte nella medesima chiesa, provenienti da edifici sacri vicentini soppressi in seguito alle leggi napoleoniche, che invece il Semenzato (1966, p. 104) amerebbe riferire, in blocco, al De Putti.

Sempre nel 1703, stando alla scritta vista in loco dal Faccioli (1804) "sub statuis", il D. lavorò in villa Chiericati Milan, a Soella di Sandrigo (Vicenza). Comunemente, sono qui assegnate al D. le figure di Paride, Venere, Giove, Giunone, Minerva, in pietra, sul cornicione: per il Cevese (1971, pp. 573 s.), eseguite con la collaborazione di Marco Aviani, fratello del più noto pittore Francesco, pure attivo nella villa. Tuttavia, da una puntuale registrazione (Trissino, Valerio della Carniola..., cc. 75-78), apprendiamo che a Soella l'Aviani fu pagato per le statue "al n° di 5" e il D., semmai, per due gruppi scultorei. Sotto di questi, presumibilmente sui pilastri dei cancelli d'ingresso, ed oggi perduti, con Ercole e Anteo, Ulisse e Polifemo, è, d'altronde, più plausibile corressero le parole riportate dal Faccioli: "Angeli marinali zenerus angelus putti fecit 1703". Ancora nel 1703 (Arnaldo I Arnaldi Tornieri, Memorie...) il D. ebbe l'incarico per le statue della Fortezza e della Prudenza nel palazzo di Marcantonio Grimani a Fiesso d'Artico (Venezia): opere disperse nella sciagurata distruzione dell'edificio (cfr. M. Muraro, Ville della provincia di Venezia, in Le ville venete, Treviso 1953, pp. 109 s.).

Di nuovo il tema della Fortezza, sotto le sembianze di Ercole con le spoglie del leone nemeo, e della Prudenza, una figura femminile segnata alla base "Angeli putti opus", ritorna nelle due statue in pietra sui pilastri del cancello del cortile di palazzo Capra Querini verso il parco, a Vicenza. Se la Fortezza appare "forse eccessivamente enfatizzata" in certi suoi "effetti marcatamente teatrali" (Barbieri, 1970), si impone la nitida bellezza della Prudenza, che staglia la sua raffinata eleganza sul cupo sfondo degli alberi ed ha ai suoi piedi un putto con uno specchio: attributo specifico, posto che "non può il prudente regolar le sue attioni, se i propri suoi diffetti non conosce, e corregge" (C. Ripa, Iconologia, Venezia 1645, p. 509). Prossimi alla grandiosità dell'Ercole Querini sono da considerarsi l'Ercole con Cerbero e la Figura virile, non meglio precisabile, in pietra, oggi sui pilastri del cancello di villa Acton, "La Pietra", a Firenze: firmate e tuttora inedite, giungono dal Veneto, tramite acquisto del padre dell'attuale proprietario, sir Harold Acton, che vivamente ringraziamo per la comunicazione. Ancora sulla base di affinità con le statue Querini, vengono assegnate al D. (Barbieri, 1973, pp. 5 s.; 1975, p. 90) le quattro Fatiche di Ercole, eseguite per villa Leoni Montanari, alla "Madonnetta" di Arzignano, circa il 1704, in occasione di radicali interventi al vasto complesso edilizio: e certo queste opere, in pietra, staccano decisamente, sui pilastri dei due cancelli principali, per livello stilistico, dalle altre numerose della villa, da ritenersi legate piuttosto alla più corrente maniera delle ricordate maestranze valsoldane attive in quei decenni nel Vicentino.

Secondo il Someda de Marco (1965, pp. 244-248), spetterebbero al D. i due giganteschi Ercole e Caco, in piazza Contarena a Udine, in origine nel distrutto palazzo Torriani: l'ipotesi, senza appoggio alcuno di documenti, oltre che da supposti richiami all'Ercole Querini, sarebbe solo confortata dalla presenza udinese di quei Marinali dalla cui officina il D., in fondo, proveniva. Un problema particolare è poi presentato dall'apparato decorativo (cinque statue sugli acroteri, due bassorilievi nell'attico, mascheroni, cartigli, metope e stemma civico) della facciata della Biblioteca Bertoliana vecchia, nella vicentina contrà del Monte: architettura di Francesco Muttoni (1703). L'insieme, sulla scorta dell'Ongaro (1909, pp. 78 s.), è comunemente (Magagnato, 1956, p. 85; Toniato, 1964, p. 154; Semenzato, 1966, pp. 37, 104) riferito al D.: quantunque il Baldarini (I, 1779, p. 93) parli, in merito, di "opere del Peracca" e anche l'Arslan (1956) faccia riferimento "ad uno dei Peracca", attivi nel non lontano palazzo Leoni Montanari. Ciò porterebbe ad interpretare le iniziali "A. P.F.", marcate qui sui bassorilievi, come sigla di un Andrea Peracca, tanto più che il D. risulta attento a segnare per esteso i suoi lavori, evidentemente preoccupato già lui stesso di possibili equivoci. Nell'incertezza, rimane indicativo soprattutto il confronto con il paliotto, in marmo dell'altar maggiore della arcipretale di Sandrigo, eretto nel 1706. La Cena in Emmaus, qui spiritosamente firmata dal D. sull'insegna della porta della locanda, è senza dubbio una delle cose più raffinate dello scultore, che vi si mostra spigliato narratore e abilissimo tecnico, capace di ricavare dalla materia preziosi effetti squisitamente pittorici. Al paragone, nei bassorilievi della Bertoliana è facile avvertire una maggior grevità delle figure, quasi a mala pena costrette entro i rispettivi riquadri. L'altar maggiore di Sandrigo è, a sua volta, fiancheggiato da figure in pietra: David e Mosè, almeno seguendo l'identificazione consueta, sebbene non del tutto persuasiva; comunque, la statua di destra è firmata. I due austeri vegliardi - dalla testa mossa ed ariosa quello di sinistra, chiuso in quasi rocciosa solitudine quello di destra meditabondo - hanno una loro innegabile forza espressiva e manifestano, pur sulla scia di un discorso che risente del non eliminabile modello marinalesco, una indubbia nota di autentica, originale personalità: donde un livello più alto di quello delle statue della Bertoliana.

Del 1715 sono le citate figure di Santi, di Maria e la Ss. Trinità sulla Colonna della peste a Sankt Veit in Carinzia (cfr. Thieme-Becker; Ginhart, 1956) e il monumento funebre per il card. G. De Goessen, nella chiesa di St. Nikolaus a Strassburg, sempre in Carinzia, finora trascurato dalla critica storico artistica, ma di altissima qualità.

Fonti ferraresi (Barotti, 1770, p. 39; Fiorentini, 1903; Medri, 1958 e 1963) concordano nell'assegnare ad un De Putti, senza alcuna precisazione cronologica e dichiarando di origine trevisana, il terzo altare di destra nella cattedrale di Ferrara, ivi portato dalla soppressa chiesa cittadina di S. Caterina: reca sul timpano (Medri) un nembo di nubi con due serafini e il simbolo della Trinità. Le stesse fonti riferiscono al medesimo De Putti i santi Ambrogio, Agostino, Carlo Borromeo e Antonio da Padova, in nicchie sulla facciata della chiesa ferrarese di S. Carlo. Se l'accenno ad una eventuale provenienza trevisana dello scultore solleva qualche difficoltà - ma può trattarsi di un comprensibile errore di prospettiva - va, d'altro canto, riconosciuto che questo gruppo di opere a Ferrara, e specie quelle di S. Carlo, denunciano non poche affinità con le opere sicure, a cominciare dai Profeti di Sandrigo: il che ne giustificherebbe l'accoglimento (Toniato, 1964, p. 155; Semenzato, 1966, pp. 37, 104) nel regesto del De Putti.

Il D., pur temperando la tensione drammatica e l'affocato empito chiaroscurale di Orazio Marinali e avvicinandosi, semmai, ai più pacati e, talvolta, più conformisti modi di Angelo Marinali, emerge con una sua autonoma fisionomia, che gli consente di rivestire un ruolo non indifferente nel percorso della scultura a Vicenza ai primi decenni del '700. E sarà da rimarcare, nonostante la sua nascita nella città euganea, lo stacco deciso che separa l'artista, in quest'ottica, dagli esiti pressoché contemporanei del padovano Antonio Bonazza.

Fonti e Bibl.: Vicenza, Bibl. Bertoliana, Mss. Gonz. 27.6.24 (2109): G. Maccà, Abbecedario pittorico [XVIII-XIX sec.], sub voce; 26.4.6 (18) (3128):Arnaldo I Arnaldi Tornieri, Mem. della vita del signor conte Ortensio Zago [XVIII-XIX sec.], p. 16; Ibid., Mss. 26.5.5 (1950): L. Trissino, Artisti vicentini [prima metà XIX sec.], sub voce; G.10-3.4 (3159): Id., Valerio dalla Corniola ossia Valerio Belli. Andrea Palladio. Vincenzo Scamozzi [prima metà XIX sec.], cc-75-78; G.6.10.1-11, G-5.9.5-16: G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza [XIX sec.], IX (3395), sub voce; C. Barotti, Pitture e scolture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici, e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 39, 101; P. Baldarini, in Descrizione delle architetture pitture e scolture di Vicenza, I, Vicenza 1779, p. 93; G. T. Faccioli, Musaeum lapidarium Vicentinum, III, Vicenza 1804, p. 174; G. Maccà, Storia del territorio vicentino, II, 2, Caldogno 1812, pp. 50 s., 329; L. N. Cittadella, Notizie relative a Ferrara, Ferrara 1864, p. 665; L. Fiorentini, Nuova guida-ricordo della città di Ferrara, Ferrara s.d. [1903], p. 38; L. Ongaro, Il Monte di pietà di Vicenza, Vicenza 1909, pp. 78 s.; F. Mistrorigo, L'arte a Sandrigo, in Sandrigo e il suo nuovo tempio, Sandrigo 1939, p. 49; L. Magagnato, I"taiapiera" in Vicenza, in Prima mostra della pietra di Vicenza, Venezia 1952, p. 24; E. Arslan, Vicenza, I, Le chiese, Roma 1956, p. 179; F. Barbieri-R. Cevese-L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1956, pp. 85, 155, 190; K. Ginhart, Die Stadt St. Veit an der Glan in Kärnten, Sankt Veit 1956, pp. 12 s.; E. Bénézit, Dict. critique et documentaire..., VII, Paris 1957, p. 57; G. Medri, La scultura a Ferrara, Rovigo 1958, pp. 145 s.; F. Barbieri, Il giardino delle statue, in Vicenza, IV (1962), I, pp. 30 ss.; G. Medri, Il volto di Ferrara nella cerchia antica, Rovigo 1963, p. 114; P. Toniato, La scuola dei Marinali: G. Cassetti e A. D., in Arte veneta, XVIII (1964), pp. 154-57; C. Someda de Marco, I giganti di piazza Contarena a Udine, in Avanti cul brun, XXXII (1965), pp. 244-48; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 37 s., 104 s.; L. Puppi, Nuovi documenti sui Marinali, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXXV (1967), p.204; F. Barbieri, in Pietra di Vicenza, Vicenza 1970, pp.96 s.; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, II, Milano 1971, pp. 573 s.; F. Barbieri, Una villa dei Leoni-Montanari alla "Madonnetta" di Arzignano. Due documenti sui Borella, in Valle del Chiampo. Antologia 1973, Arzignano 1973, pp. 5 s.; Id., Sculture della Valle del Chiampo, Vicenza 1975, pp. XIV, 90; G. Pendin, Villaverla. Episodi storici e fatti artistici, Vicenza 1977, pp. 41 s.; A. Mezzetti-E. Mattaliano, Indice ragionato delle "Vite de' pittori e scultori ferraresi" di Gerolamo Baruffaldi, II, Ferrara 1981, p. 32; M. Saccardo, Notizie d'arte e di artisti vicentini, Vicenza 1981, pp. 113, 256-59, 261, 353; F. Barbieri, Vicenza città di palazzi, Vicenza 1987, p. 138; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, p. 471 (sub voce Putti, Angelo dei).

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