GRILLO, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRILLO, Angelo

Luigi Matt

Nacque a Genova, da Nicolò e Barbara Spinola, molto probabilmente nel 1557 (l'anno è stato indicato solo di recente, con buoni argomenti, da E. Durante e A. Martellotti), forse nel mese di gennaio e fu battezzato con il nome di Vincenzo. La famiglia dei Grillo, imparentata con casate illustri come quelle dei Doria, dei Mari e dei Grimaldi, era una fra le più influenti e facoltose della città. Poco si sa della sua infanzia, se non che perse ben presto entrambi i genitori.

Il 14 sett. 1572 entrò a far parte della Congregazione cassinese dei benedettini assumendo il nome di Angelo, nel monastero di S. Caterina a Genova, da cui dovette partire non molto tempo dopo, perché non vi si esercitava il noviziato. La prima destinazione fu il monastero di San Benedetto di Polirone (odierno San Benedetto Po, presso Mantova), dove compì studi di filosofia e teologia, rimanendovi fino al 1579. A questo periodo risalgono probabilmente i primi tentativi poetici. Caratteristica della Congregazione era la mobilità richiesta ai monaci: il G. affrontò nell'arco della sua vita almeno diciannove cambiamenti di sede, e in nessun monastero rimase per più di sei anni consecutivi. Tra il 1580 e il 1585 visse a Brescia, nel monastero dei Ss. Faustino e Giovita.

Dal 1585 poesie del G. cominciarono ad apparire in raccolte miscellanee, come le Lagrime di diversi poeti volgari e latini (Vicenza, senza indicazioni di tipografia). Risale, invece, al marzo del 1584 l'inizio del suo rapporto epistolare con Torquato Tasso (in quel periodo rinchiuso nell'ospedale di S. Anna), che conobbe di persona verso la fine dell'anno. Il G. ottenne alcuni miglioramenti delle condizioni di vita del poeta, e con l'aiuto di amici e parenti (fra cui soprattutto il fratello Paolo) offrì al recluso una continua opera di conforto materiale e morale. Il Tasso, da parte sua, dedicò al G. alcuni testi, tra cui il Discorso dell'arte del dialogo, e a Paolo il dialogo Il Cataneo overo de gli idoli. Non è tuttavia da attribuire al G. il merito della liberazione del Tasso (luglio 1586), come sostennero i contemporanei e come spesso è stato ribadito anche in tempi più recenti.

Nel 1587, anno del ritorno nel suo primo monastero di S. Caterina, uscì un testo sacro del G., il Capitolo al Crocifisso nel venerdì santo, stampato in chiusura del volume di L. Tansillo Lagrime di san Pietro (Genova, G. Bartoli). Nello stesso anno fu pubblicata, per cura di G.B. Licino, l'importante raccolta Rime di diversi celebri poeti dell'età nostra (Bergamo, C. Ventura), aperta da una scelta di testi del G. (poesie d'occasione, encomiastiche, funebri e spirituali), cui recentemente sono stati attribuiti, sulla base soprattutto di convincenti riscontri testuali, anche i componimenti pubblicati nello stesso volume sotto il nome di Livio Celiano: si tratta per lo più di madrigali amorosi, che presentano numerose convergenze stilistiche con la successiva produzione sacra del G., il quale ne riutilizzerà spesso immagini e stilemi. Nel 1589 il medesimo editore stampò due volumi di Rime del G. (divise in Morali e Spirituali); a testo già edito ne vennero tuttavia aggiunte moltissime, verosimilmente di recente stesura. La raccolta fu ripubblicata dieci anni dopo (Venezia, G.B. Ciotti). Nel 1593, presso Ventura, uscì il volume collettaneo Nuova raccolta di lagrime, in cui compaiono i sonetti del G. intitolati Lagrime del penitente - ma alcuni erano già apparsi in chiusura delle Rime spirituali - che conosceranno parecchie ristampe.

Nel 1594 fu affidata al G. la reggenza del monastero di S. Giuliano d'Albaro. Da quel momento in poi mantenne la carica di abate in tutti i monasteri in cui venne destinato. Nel 1595 uscì a Genova, presso gli Eredi di C. Bartoli, la prima edizione dei Pietosi affetti (poesie di argomento sacro), l'opera cui il G. dedicò l'impegno maggiore. Ripubblicati più volte in edizioni accresciute, i Pietosi affetti troveranno l'assetto testuale definitivo solo nella stampa veneziana del 1629.

Si tratta di un corpus di circa duemila poesie, in cui predominano le forme metriche adatte a essere musicate (principalmente il madrigale, ma anche la canzonetta); l'uso di tali forme per trattare temi religiosi costituisce una grande novità, che non mancherà di influenzare la produzione sacra coeva e posteriore. Più in generale, numerose appaiono le caratteristiche - formali e di contenuto - delle poesie sacre del G., che vennero riprese dai letterati secenteschi, a cominciare da G.B. Marino, che gli deve non poco dal punto di vista retorico. Il G., infatti, può considerarsi come un antesignano del gusto barocco; i suoi testi mostrano un'oltranza stilistica - evidente soprattutto nell'uso parossistico di figure come la metafora, l'antitesi, l'ossimoro, i bisticci fonici - che li avvicinano alle più ardite realizzazioni della poesia concettista. I Pietosi affetti divennero ben presto anche uno fra i principali serbatoi cui attinsero molti dei più noti compositori dell'epoca (C. Monteverdi, G. Caccini e L. Marenzio).

Dopo un periodo passato a Subiaco, nel 1602 il G. venne destinato al monastero di S. Paolo fuori le Mura, a Roma, in cui rimase malvolentieri per cinque anni. Il 1602 vide anche la princeps del primo libro delle Lettere, riedito con qualche aggiunta due anni più tardi, e, molto accresciuto, nel 1608 (sempre a Venezia). Faranno seguito due nuove raccolte epistolari stampate rispettivamente nel 1612 (presso gli stessi tipi) e nel 1616 (Venezia, G.B. Ciotti).

L'epistolario del G., di là dalle notizie biografiche che contiene, è interessante per le questioni letterarie e linguistiche affrontate (e ne va riconosciuta la notevole varietà stilistica). Rilevanti in particolare le prese di posizione contro la pedissequa imitazione del Petrarca, di cui pure il G. è un fervido ammiratore, e contro il toscanismo arcaizzante di matrice tanto bembesca quanto cruscante, cui viene opposto un modello di lingua esemplato sull'uso della corte pontificia. Tra i destinatari delle lettere del G. si trovano molti dei principali letterati e musicisti del tempo (spiccano, oltre a quello del Tasso, i nomi di G. Chiabrera, T. Accetto, C. Monteverdi, G.V. Imperiali e G.B. Marino).

Nel 1607 uscì a Venezia un volume contenente due operette del G. di recente stesura, il Christo flagellato e le Essequie di Giesù Christo, poi più volte ristampate. Si tratta di due raccolte monografiche, composte soprattutto da madrigali, incentrate sul tema delle sofferenze di Cristo, tema destinato in maniera sempre più evidente a divenire il fulcro degli interessi poetici del G., che con il passare degli anni aveva abbandonato la poesia morale, concentrandosi esclusivamente sui componimenti sacri.

Dopo un anno passato a Padova, nel 1609 il G. ritornò a San Benedetto di Polirone. Due anni più tardi, in aprile, il capitolo generale della Congregazione cassinese lo elesse presidente (carica annuale). Al principio del 1612 decise di assegnarsi la destinazione del monastero di S. Nicolò del Lido a Venezia, in cui rimase fino al 1616, anno in cui venne eletto di nuovo presidente. Da questo momento in poi le notizie certe sulla sua vita si diradano notevolmente, venendo a mancare il supporto fornito dall'epistolario. Tra il 1617 e il 1620 resse il monastero di S. Paolo d'Argon a Bergamo, mentre nel 1621 passò al monastero di S. Giovanni Evangelista di Parma. Risale a quest'anno il suo terzo incarico presidenziale. La sede successiva fu quella di Napoli (Ss. Severino e Sossio), in cui il G. si trovava sicuramente nel 1626, anno in cui venne eletto presidente un'ultima volta.

Tornato a Parma nel 1628, presso il monastero di S. Giovanni Evangelista, vi morì alla fine di ottobre del 1629.

La fama del G. - che nel corso della sua vita fece parte di sette accademie (Addormentati di Genova, Affidati di Pavia, Giustiniani di Padova, Insensati di Perugia, Umoristi di Roma, Oziosi di Napoli e Incogniti di Venezia), e tenne contatti con numerose altre - fu molto viva presso i contemporanei, come testimonia la presenza davvero imponente di suoi testi (alcuni dei quali non editi nei libri usciti a suo nome) nelle raccolte collettanee del tempo. Si possono inoltre ricordare le lodi riservategli da T. Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso (centuria II, ragguaglio XIV), l'allestimento della Raccolta di varie poesie di diversi autori, in lode del reverendiss. padre d. A. G., stampata a Padova nel 1617, e l'orazione funebre pronunciata da A. Bruni presso l'Accademia degli Umoristi. La rinomanza del G. svanì, quasi di colpo, poco dopo la morte; cominciò allora un lunghissimo periodo di sfortuna critica, che si può dire concluso solo in anni molto recenti. Manca a tutt'oggi un'edizione delle sue opere maggiori che sostituisca le stampe secentesche: il solo canzoniere erotico è stato pubblicato recentemente (Rime, a cura di E. Durante - A. Martellotti, Bari 1994); assenti i testi del G. dalle principali antologie letterarie, con la recente eccezione dell'Antologia della poesia italiana diretta da C. Segre e C. Ossola, vol. II, Quattrocento - Settecento, a cura di G. Jori, Torino 1998, pp. 950-952, in cui sono accolti quattro madrigali dai Pietosi affetti.

Fonti e Bibl.: L. Grillo, Elogi di liguri illustri, II, Genova 1846, pp. 118-127; F. Cameroni, L'amico e liberatore di Torquato Tasso, Trieste 1874; L. Tosti, Torquato Tasso e i benedettini cassinesi, Roma 1886; A. Einstein, Abbate A. G.'s Briefe als musikgeschichtliche Quelle, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, XXIV (1911), pp. 145-157; M. Novelli, A. G. monaco e poeta. Il liberatore del Tasso, in Bergomum, XXVI (1932), pp. 260-275; Id., Il benedettino A. G. liberatore del Tasso, s.l. 1969 (alle pp. 85-123 una scelta dai Pietosi affetti, dalle Lagrime del penitente, dalle Rime e dalle Lettere); O. Besomi, Ricerche intorno alla "Lira" di G.B. Marino, Padova 1969, pp. 154-185 e passim; P. Vannucci, Un benedettino amico di Torquato Tasso, in Id., Tre italiani di ieri, s.l. 1970, pp. 5-13; T. Leccisotti, Contributi alla biografia di monaci cassinesi, I, Don A. G., in Benedictina, XVIII (1971), pp. 147-152; E. Durante - A. Martellotti, Don A. G. O.S.B. alias Livio Celiano. Poesia per musica del secolo decimosesto, Firenze 1989 (alle pp. 285-438 una prima edizione del canzoniere erotico e una scelta dai Pietosi affetti, dalle Rime e dalle Lettere); J. Basso, Le genre épistolaire en langue italienne (1538-1662). Répertoire chronologique et analytique, Roma-Nancy 1990, pp. 386-393 e passim; G. Raboni, Il madrigalista genovese Livio Celiano e il benedettino A. G.…, in Studi secenteschi, XXXII (1991), pp. 137-188; Id., A. G., in La letteratura ligure. La Repubblica aristocratica (1528-1797), I, Genova 1992, pp. 133-147; M.C. Farro, Un "libro di lettere" da riscoprire. A. G. e il suo epistolario, in Esperienze letterarie, XVIII (1993), pp. 69-81; M. Corradini, Genova e il barocco. Studi su A. G., Ansaldo Cebà, Anton Giulio Brignole Sale, Milano 1994, pp. 35-121 e passim; G. Jori, Le forme della creazione, Firenze 1995, pp. 31 s., 37-44; G. Spinelli, A. G., abate di S. Paolo d'Argon, amico e benefattore di T. Tasso, in Atti dell'Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo, LVIII (1995-96), pp. 239-247; S. Ussia, Le muse sacre, Borgomanero 1999, pp. 47-54 e passim.

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