Angina

Universo del Corpo (1999)

Angina

Attilio Maseri
Tommaso Sanna

Angina (dal latino angina, derivato dal greco ἀγχόνη, "angoscia", e ravvicinato per etimologia popolare ad angere, "stringere") è la denominazione generica dei processi morbosi a carico del palato molle, dell'ugola e delle tonsille, caratterizzati da dolore, senso di costrizione alle fauci e difficoltà nella deglutizione. La locuzione angina pectoris indica invece un particolare tipo di dolore toracico di qualità costrittiva. Spesso, per metonimia, si parla di angina riferendosi all'ischemia cardiaca, una condizione di discrepanza tra l'apporto di sangue ossigenato al muscolo cardiaco e le richieste per il suo adeguato funzionamento, che rappresenta il fattore eziologico più frequente di angina. Le più comuni cause non cardiache di dolore di tipo anginoso sono rappresentate da spasmo esofageo, ernia iatale e patologie neuromuscolari della parete toracica.

Cenni di fisiopatologia

L'apporto di sangue al cuore è garantito dalle arterie coronarie che originano dall'arteria aorta e, dopo un breve decorso sulla superficie esterna del cuore, si ramificano nello spessore del miocardio. Il fabbisogno di sangue del cuore è principalmente dipendente dalla frequenza cardiaca e dalla pressione arteriosa. La discrepanza tra apporto e fabbisogno di ossigeno che è alla base dell'ischemia cardiaca può insorgere per due cause: aumento del fabbisogno (senza proporzionale aumento dell'apporto) o riduzione dell'apporto (a fabbisogno costante). Durante lo sforzo fisico il fabbisogno cardiaco di sangue ossigenato e ricco di sostanze nutritive (glucosio e acidi grassi) aumenta; in condizioni di normalità, l'apporto di sangue necessario per soddisfare l'aumentato fabbisogno si incrementa in modo perfettamente proporzionale alla domanda metabolica. Invece, in presenza di un ostacolo al flusso di sangue nelle arterie coronarie non vi è adeguamento dell'apporto di sangue all'aumento della richiesta e, di conseguenza, si sviluppa una discrepanza che determina l'ischemia. L'ostacolo al flusso coronarico può essere causato da meccanismi diversi, permanenti o transitori e reversibili. Gli ostacoli permanenti sono rappresentati da restringimenti delle arterie coronarie prodotti tipicamente da una placca aterosclerotica che ne riduce il calibro (v. arteriosclerosi); gli ostacoli transitori, dalla contrazione involontaria della muscolatura liscia che circonda le arterie coronarie o dalla formazione di un trombo, eventi che determinano una riduzione critica ma reversibile del calibro del vaso. Frequentemente questi meccanismi operano in combinazione tra loro. In presenza di ischemia, la ridotta disponibilità di ossigeno e di sostanze nutritive altera il metabolismo delle cellule cardiache compromettendo i meccanismi di contrazione e rilasciamento che regolano il funzionamento del muscolo cardiaco, alterando l'attività elettrica delle cellule miocardiche e causando il rilascio di sostanze (principalmente adenosina) capaci di stimolare le terminazioni nervose presenti nel miocardio. La stimolazione di queste terminazioni nervose dà origine a un impulso elettrico che raggiunge il midollo spinale, da dove viene proiettato al cervello determinando la sensazione di dolore caratteristica dell'ischemia cardiaca.

Aspetti clinici

Il dolore anginoso, nella sua forma più tipica, viene avvertito come costrittivo; tuttavia, talvolta può essere descritto come oppressivo o urente e sovente solo come un semplice fastidio. In genere insorge in sede retrosternale o epigastrica, si irradia a livello delle braccia (più comunemente, ma non esclusivamente, a livello del braccio sinistro), del giugulo e della mandibola; può essere associato a difficoltà respiratoria, sudorazione fredda, palpitazioni e senso di angoscia. La diversa combinazione di fattori precipitanti e allevianti, la durata delle crisi e soprattutto l'andamento dei disturbi nel tempo, consentono di distinguere due fondamentali forme di angina: l'angina cronica stabile e l'angina instabile, che hanno non solo una diversa composizione dei meccanismi causali, ma anche implicazioni prognostiche molto differenti.

a) Angina stabile. Nell'angina stabile i sintomi rimangono costanti nel tempo; tipicamente, per ogni paziente si rileva un'intensità di sforzo fisico oltre la quale il sintomo insorge in maniera riproducibile: è la cosiddetta angina cronica stabile a soglia fissa, causata principalmente da un ostacolo fisso al flusso coronarico rappresentato da una placca aterosclerotica. In alcuni pazienti l'angina può insorgere per sforzi di entità variabile: il sintomo può comparire dopo che il soggetto ha salito tre rampe di scale oppure anche dopo solo una rampa. Tale forma di angina prende il nome di angina cronica stabile a soglia variabile; il meccanismo dell'ostruzione al circolo coronarico in questi pazienti è rappresentato dalla combinazione di un ostacolo fisso, ovvero una placca aterosclerotica, e un ostacolo dinamico rappresentato dalla variabile costrizione involontaria della muscolatura liscia presente nella parete delle arterie coronarie. Nell'angina cronica stabile l'interruzione dello sforzo e il riposo determinano in genere la risoluzione della crisi in pochi minuti.

b) Angina instabile. Nell'angina instabile i disturbi sono di recente insorgenza o di recente aggravamento e nell'arco di tempo di qualche giorno si accentuano progressivamente con episodi di dolore sempre più frequenti, più lunghi e a insorgenza 'capricciosa'; tipicamente il dolore anginoso insorge per sforzi che precedentemente erano ben tollerati, a riposo, di notte, con crisi che divengono sempre più intense e prolungate. L'angina instabile necessita di intervento medico immediato perché comporta un rischio di infarto miocardico acuto. I meccanismi più frequentemente responsabili dell'ostacolo al flusso coronarico nell'angina instabile sono la formazione di un trombo e la costrizione della muscolatura liscia delle arterie coronarie. Un particolare tipo di angina instabile è rappresentato dall'angina variante, nella quale le crisi di dolore anginoso sono causate dallo spasmo della muscolatura liscia delle arterie coronarie, di solito in corrispondenza di una placca aterosclerotica, che interrompe il flusso coronarico. Le crisi di angina variante tipicamente insorgono di notte o nelle prime ore del mattino e talvolta si associano a palpitazioni.

Prognosi

La prognosi dell'angina è molto diversa nella forma stabile o instabile. Nell'angina cronica stabile, la prognosi è legata innanzi tutto al meccanismo causale. Quando la causa dell'angina è la presenza di lesioni aterosclerotiche nelle arterie coronarie la prognosi a breve termine è buona e quella a lungo termine è legata all'età del paziente, alla funzione contrattile del cuore, alla severità, alla sede e al numero delle placche aterosclerotiche presenti nelle arterie coronarie, al livello di sforzo fisico al quale compare ischemia e ai fattori di rischio coronarico. La prognosi è buona nel paziente giovane, con una normale funzione contrattile del cuore e comparsa di ischemia miocardica solo per sforzi intensi; è meno buona nel paziente anziano, con una ridotta funzione contrattile del cuore e comparsa di ischemia miocardica per sforzi lievi. Il 2 o 3% dei pazienti ritenuti a prognosi buona possono sviluppare un infarto e al contrario ben oltre il 50% dei pazienti ritenuti a prognosi severa diventano stabili o asintomatici senza sviluppare infarto.

La prognosi sia a breve sia a lungo termine è ottima quando la causa non è rappresentata da lesioni aterosclerotiche evidenziabili alla coronarografia. In questo caso si parla di 'sindrome X', dove la lettera X è stata proposta proprio per indicare l'incompleta comprensione dei meccanismi causali di questa condizione. La prognosi a breve termine dell'angina instabile è legata alla frequenza e alla durata dei dolori anginosi, all'estensione dell'area del cuore colpita da ischemia, alla tendenza a sviluppare alterazioni della ritmicità del battito cardiaco (aritmie) durante le crisi, alla risposta alla terapia, all'età del paziente, alla funzione contrattile del cuore, e all'entità dei segni di infiammazione rilevabili. La prognosi è buona quando le crisi sono rare, durano poco, colpiscono un'area limitata del cuore, non si associano ad aritmie, rispondono prontamente alla terapia, il paziente è giovane, la funzione contrattile del cuore è buona e si osservano bassi livelli degli indicatori di infiammazione.

La prognosi è invece riservata quando le crisi sono frequenti, prolungate, colpiscono un'estesa area del cuore, si associano ad aritmie, sono resistenti alla terapia, il paziente è anziano, la funzione contrattile del cuore è ridotta e si osservano elevati livelli di indicatori di infiammazione. Dopo tre mesi dalla risoluzione dell'angina instabile, la prognosi a lungo termine diviene sovrapponibile a quella dell'angina cronica stabile.

Valutazione strumentale

La valutazione strumentale dei pazienti affetti da angina è finalizzata a indagare l'origine cardiaca o non cardiaca del dolore e, accertata l'origine cardiaca, a verificare le cause e la gravità dell'ischemia e delle sue conseguenze sul funzionamento del cuore, cioè sull'attività di contrazione-rilasciamento e sull'attività elettrica delle cellule cardiache.

L'elettrocardiogramma può identificare un'alterazione dell'attività elettrica del cuore, causata dall'ischemia. Le alterazioni più caratteristiche dell'elettrocardiogramma durante ischemia cardiaca sono la depressione (nell'angina stabile e nell'angina instabile) o l'elevazione del tratto ST (nell'angina instabile severa e, tipicamente, nell'angina variante) e le variazioni di morfologia dell'onda T. Queste alterazioni possono essere osservate sia durante le crisi spontanee di ischemia cardiaca sia durante quelle indotte da alcuni test utilizzati per valutare le condizioni dei pazienti affetti da angina. Fra questi il primo è il test da sforzo, durante il quale il paziente cammina su un tapis roulant o pedala su una cyclette mentre il medico controlla continuamente l'elettrocardiogramma e la pressione arteriosa. Qualora esistano delle ostruzioni delle arterie coronariche, il flusso coronarico non potrà aumentare in modo proporzionale allo sforzo e, raggiunta una determinata soglia, si svilupperà una condizione di ischemia cardiaca con comparsa di angina e modificazioni dell'elettrocardiogramma. Si deve segnalare che talvolta può comparire anche una sola delle manifestazioni di ischemia, ovvero vi possono essere tipi di angina senza modificazioni elettrocardiografiche o modificazioni elettrocardiografiche senza angina; ciò può creare problemi interpretativi di competenza specialistica.

Il carico di lavoro al quale compaiono le manifestazioni di ischemia cardiaca può dare un'indicazione approssimativa dell'entità degli ostacoli presenti all'interno delle arterie coronarie, ma esistono situazioni in cui si assiste a una dissociazione tra questi due elementi, ovvero gravi ostacoli alle arterie coronarie in assenza di manifestazioni anginose o elettrocardiografiche oppure comparsa di manifestazioni anginose o elettrocardiografiche in assenza di significativi ostacoli alla circolazione coronarica per ostruzioni transitorie e reversibili. Con l'elettrocardiogramma dinamico secondo Holter, una registrazione protratta per 24 ore ed eseguita generalmente durante le attività abituali del paziente, si indaga il rapporto tra sintomi lamentati e comparsa di alterazioni elettrocardiografiche o si rilevano fasi di ischemia senza dolore ovvero di modificazioni dell'elettrocardiogramma diagnostiche di ischemia miocardica in assenza di sintomi.

La scintigrafia miocardica perfusionale da sforzo oppure durante stimolazione farmacologica (per es. con dipiridamolo) si avvale dell'impiego di piccole quantità di traccianti radioattivi (per es. Tallio201) che, iniettati per via endovenosa, si mescolano al sangue. Mediante la gammacamera, che rileva le radiazioni emesse dal tracciante, è possibile ricostruire delle immagini che dimostrano la distribuzione del sangue nelle pareti del cuore sia in condizioni di sforzo (o alternativamente di stimolo farmacologico) sia a riposo (o in assenza di stimolo farmacologico). In presenza di un ostacolo al flusso coronarico, sarà possibile rilevare delle zone del cuore raggiunte da una normale quantità di tracciante a riposo e da una quantità ridotta durante lo sforzo.L'ecocardiogramma da sforzo o con stimolo farmacologico permette di valutare gli effetti prodotti dall'ischemia cardiaca sull'attività di contrazione-rilasciamento del cuore. Nel caso dell'ecocardiogramma da sforzo, l'ischemia cardiaca è provocata dall'attività fisica, mentre nel caso dell'ecocardiogramma sotto stimolo farmacologico (per es. con dipiridamolo o dobutamina), essa è indotta, nei soggetti predisposti, dall'azione di questi farmaci.

La coronarografia permette di visualizzare il calibro delle arterie coronarie nei pazienti affetti da angina. Una sostanza che appare opaca ai raggi X (mezzo di contrasto) viene iniettata nelle arterie coronarie mediante particolari cateteri introdotti attraverso un'arteria della gamba o del braccio in anestesia locale. Eseguendo una cineradiografia del cuore durante tale iniezione, è possibile visualizzare l'intero sistema delle arterie coronarie e identificare eventuali restringimenti presenti al loro interno.

Quando l'ostacolo al flusso coronarico è prodotto dalla costrizione della muscolatura liscia presente nella parete delle arterie coronarie, può essere impiegato a scopo diagnostico un test provocativo con alcune sostanze, come per es. l'ergonovina, capaci di precipitare, nei soggetti predisposti, la costrizione anche serrata della muscolatura liscia delle arterie coronarie, determinando quello che viene definito uno spasmo coronarico.

Terapia

La terapia dell'attacco acuto di angina causata da ischemia cardiaca è rappresentata dall'assunzione di farmaci appartenenti alla classe dei nitrati. Tali farmaci vengono assunti per via sublinguale in forma di perle, compresse o spray. Generalmente l'angina di origine cardiaca scompare entro 1-5 minuti dall'assunzione di nitrati per via sublinguale.La terapia dei pazienti affetti da angina, al di fuori degli attacchi acuti, persegue due finalità: prevenzione dei sintomi, ovvero miglioramento sia della qualità della vita sia della prognosi, ovvero prevenzione dell'infarto e prolungamento della sopravvivenza. È da rilevare che trattamenti efficaci per il miglioramento della prognosi possono non avere un significativo impatto sul controllo dei sintomi e viceversa. Le opzioni terapeutiche disponibili per il trattamento dei pazienti affetti da angina sono di quattro tipi: modificazioni dello stile di vita (controllo della dieta, astensione dal fumo, attività fisica appropriata per le condizioni del paziente, rimozione di stress fisici o psicologici), riduzione dei fattori di rischio coronarico (con trattamento farmacologico di eventuali patologie associate, come alterazioni del metabolismo lipidico - per es. ipercolesterolemia -, diabete, ipertensione), terapia farmacologica, procedure di cardiologia interventistica (per es., angioplastica e posizionamento di stent coronarico) o chirurgiche.

I farmaci attualmente più impiegati sono gli antiaggreganti (per es. l'acido acetilsalicilico), i betabloccanti, i calcioantagonisti e i nitrati: gli antiaggreganti riducono la probabilità di trombosi coronarica, che è la principale causa di infarto miocardico; i betabloccanti riducono il fabbisogno di ossigeno del cuore e prevengono alcune complicazioni causate dall'ischemia miocardica (alterazioni del ritmo cardiaco); i calcioantagonisti e i nitrati, oltre a ridurre con meccanismi diversi il fabbisogno di ossigeno del cuore, impediscono la vasocostrizione delle arterie coronarie.

Le principali procedure di cardiologia interventistica sono finalizzate alla dilatazione dei restringimenti presenti nelle arterie coronarie. L'angioplastica coronarica viene eseguita mediante dei cateteri simili a quelli utilizzati per la coronarografia, inseriti da un'arteria della gamba o del braccio: essi sono muniti a un'estremità di un palloncino, che viene posizionato all'interno delle arterie coronarie, in corrispondenza della placca causa del restringimento, e poi gonfiato a elevata pressione, consentendo la dilatazione del tratto. In alcuni casi è indicato integrare la procedura con il posizionamento di uno stent coronarico, che consiste in una struttura metallica di forma cilindrica e delle dimensioni di pochi millimetri, realizzata a spirale o a maglie di varia foggia, che viene posizionata nel corso di un'angioplastica e rimane permanentemente all'interno dell'arteria coronaria dilatata al fine di mantenerla pervia.Il by-pass aortocoronarico è intervento chirurgico impiegato per attuare una rivascolarizzazione miocardica mediante il posizionamento di condotti che consentono al sangue di giungere nelle arterie coronarie superando i tratti stenotici. Tali condotti sono vene o arterie del paziente: le vene vengono prelevate dalle gambe, mentre le arterie sono generalmente, ma non esclusivamente, costituite dall'arteria mammaria interna, che decorre nella parete toracica, adeguatamente preparata. I condotti vengono poi collegati alle arterie coronarie oltre i restringimenti in esse presenti, consentendo così al sangue di raggiungere il cuore 'saltando' gli ostacoli rappresentati dalle placche aterosclerotiche.

Bibliografia

e. braunwald, Heart disease, Philadelphia, Saunders, 19873.

Goodman and Gilman's The pharmacological basis of therapeutics, ed. A. Goodman Gilman et al., New York, Macmillan, 19857 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 19928).

a. maseri, Ischemic heart disease, Edinburgh, Churchill Livingstone, 1995.

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