ANIMALI

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ANIMALI

J.P. Roux

Nell'iconologia e nell'iconografia dell'arte medievale gli a. rivestono un'importanza fondamentale, in un repertorio di straordinaria ricchezza cui va ascritta in primo luogo, verosimilmente, una valenza simbolico-magica. Al di là di una generica comprensione del fenomeno, per l'individuazione del significato attribuito ai diversi generi e tipi di a. rappresentati e delle molteplici varianti di volta in volta riscontrabili una questione fondamentale è costituita dall'interpretazione delle complesse associazioni in cui le figure di a. compaiono di norma coinvolte.

Nell'arte dell'Occidente medievale l'uso di raffigurare a., considerati prevalentemente in chiave simbolica e/o allegorica, è assai precoce, risalendo i più antichi esempi ai primissimi secoli del cristianesimo. Proprio per la loro funzione eminentemente allusiva, la scelta dei soggetti da rappresentare e la relativa interpretazione sono strettamente condizionate dai testi sacri e dai successivi commenti, una disamina dei quali può risultare particolarmente utile alla comprensione delle immagini da essi derivate.

L'importanza degli a. e il loro ruolo sono determinati, sia nel mondo occidentale sia in quello bizantino, essenzialmente dalla Sacra Scrittura. Dall'Antico Testamento si ricavano due generi distinti di classificazione degli animali. In Gn. 1, 20-25 sono divisi a seconda del comportamento e dell'habitat naturale, ma più interessante appare, per il peso determinante che ebbe nelle rappresentazioni artistiche, la suddivisione in a. puri e impuri che è presentata in Lv. 11 e Dt. 14, 3-20 su base moralistica prima ancora che igienica: fra gli a. impuri, di cui si vieta di cibarsi e di utilizzare le carni per sacrifici, sono compresi, tra gli altri, i ruminanti privi di unghia fessa - come il cammello, il coniglio e la lepre -, il maiale, i rettili, gli uccelli rapaci, lo struzzo e il pipistrello.

Nel Nuovo Testamento - in cui la distinzione tra a. puri e a. impuri viene abolita (At. 10, 10-16), mantenendosi però una valenza negativa, in chiave demoniaca, per alcuni a., quale il serpente che indusse al peccato i progenitori - assumono particolare rilievo l'agnello e la colomba, che, insieme al pesce, giocano un ruolo di importanza affatto eccezionale nel simbolismo dell'arte cristiana (Tertulliano, De baptismo, I; PL, I, col. 1197).

Oltre alla Sacra Scrittura, ebbe un ruolo determinante per la genesi dell'iconografia degli a. nell'arte medievale il Physiologus, trattato di storia naturale moralizzata composto in greco, probabilmente alla fine del sec. 2°, da un ebreo di Alessandria convertito al cristianesimo. Noto in più varianti e in traduzioni latine, il trattato conobbe una notevole diffusione: i vari bestiari latini e più tardi quelli francesi, inglesi, tedeschi sono stati tratti liberamente da quest'opera. Per quanto concerne le conoscenze scientifiche del mondo animale, esercitarono una forte autorità le omelie sulla Genesi di Padri della Chiesa come Basilio di Cesarea o Ambrogio (PL, XIV, col. 123 ss.); in pieno sec. 5° si collocano le Formulae spiritualis intelligentiae del vescovo di Lione Eucherio (m. 450 ca.), ove il capitolo De animantibus tratta delle concordanze fra la natura degli a. e la Sacra Scrittura (PL, L, col. 727 ss.), mentre ai secc. 6°-7° risale l'opera forse più significativa per la storia naturale dell'Alto Medioevo: le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, il cui libro XII, De animantibus, è dedicato appunto al mondo animale (PL, LXXXII, col. 423 ss.). Ancora nel sec. 9° il De Universo di Rabano Mauro indica chiaramente quanto la letteratura medievale sull'argomento sia stata influenzata dal Physiologus (PL, CXI, col. 15 ss.). A parte i 'bestiari d'amore', come quello di Riccardo di Fournival, che si distinguono per il particolare tipo di contenuto, nel corso del Duecento vanno in primo luogo ricordate le opere di quegli autori che più estesamente si occuparono di storia naturale in genere, e anche in particolare degli a., come Tommaso di Cantimpré (ca. 1186-1263), Vincenzo di Beauvais (1190 ca.-1264), Alberto Magno (ca. 1200-1280) e Brunetto Latini (1220-1299).

Le scelte iconografiche dell'arte paleocristiana sono determinate da una visione cristologica e cristocentrica che condiziona anche l'iconografia degli a. (Testini, 1985); le immagini di a. più ricorrenti - come il pesce, l'agnello, il pavone, il leone, il ceto che divora Giona e ancora la colomba, il serpente, il basilisco-drago - testimoniano sia il nuovo significato simbolico che tali a. sono chiamati a esprimere, sia la dimensione essenzialmente popolare dell'espressione figurativa in cui si trovano utilizzati. Nel suo significato spirituale, il simbolismo animalistico della prima età cristiana determinò e in parte condizionò i modi di rappresentazione artistica degli a. per tutto il Medioevo, fino all'età moderna. Tuttavia, tra la fine del sec. 4° e gli inizi del 5°, specie nei mosaici degli edifici religiosi, è possibile riscontrare qualche cambiamento rispetto alle formulazioni più antiche. Un accento speciale viene posto sull'idea del trionfo, come per es. nel programma decorativo absidale delle basiliche paoliniane di Fondi e di Cimitile, presso Nola, dove l'agnello-Cristo occupava, sotto la croce trionfale, un posto centrale, conferendo alla scena paradisiaca valore escatologico (Belting Ihm, 1960); ma identica valenza simbolica è raggiunta anche a Ravenna nel mosaico absidale di S. Apollinare in Classe (ca. 549), mentre, sempre a Ravenna, nel mosaico del mausoleo di Galla Placidia (prima metà del sec. 5°) il Buon Pastore si trasforma in un re trionfante che, circondato da agnelli, accarezza quello a lui più caro, simbolo dell'uomo penitente.

Simboli antichissimi degli evangelisti sono i quattro agnelli accanto all'Agnus Dei. Tra la fine del sec. 4° e gli inizi del successivo cominciano peraltro ad apparire, come loro immagini simboliche, anche i quattro esseri alati menzionati dalla Sacra Scrittura (Ez. 1, 5; Ap. 4, 6), come testimoniano, nel mosaico di S. Pudenziana a Roma, le raffigurazioni alate dell'uomo (Matteo), del leone (Marco), del toro (Luca) e dell'aquila (Giovanni); le ultime due si trovano anche nel mosaico della cappella di S. Matrona nella chiesa parrocchiale di San Prisco, presso Santa Maria Capua Vetere, dove la lunetta di sinistra presenta una sorta di variante della Etimasia: fra il toro alato e l'aquila si trova il trono celeste con il rotulus (simbolo del lógos) e sopra il trono la colomba dello Spirito Santo.Fra le composizioni a carattere trionfale dei secc. 5°-6° compare l'immagine del Cristo-imperatore in abito militare: con la sua arma, la croce, egli campeggia vittorioso sulle potenze del male, così come si legge in Sal. 90: "Super aspidem et basiliscum ambulabis et conculcabis leonem et draconem" (Cassiodoro, Exp. in Ps. 90, 13; PL, LXX, col. 654); in tal modo viene per es. rappresentato nel mosaico della cappella arcivescovile di Ravenna. Nella stessa città si conserva un'altra immagine del Cristo trionfante: si tratta in questo caso di una singolare rappresentazione del Giudizio finale, in cui Cristo-giudice è intento a separare gli agnelli dai capri (Ravenna, mosaico di S. Apollinare Nuovo). Numerosissime sono le rappresentazioni di a. anche nella scultura ravennate del 5° e 6° secolo. Il sarcofago di Isacio, a S. Vitale, presenta due pavoni ai lati di un clipeo contenente il cristogramma, mentre sullo sfondo due palme alludono al paradiso; l'ambone del duomo (sec. 6°) è decorato con una serie di riquadri contenenti agnelli, pavoni, cervi, colombe, anatre, pesci, a rappresentare le diverse specie animali create da Dio. Pavoni, cervi, buoi e orsi si trovano effigiati del resto anche nella cattedra eburnea di Massimiano (Ravenna, Mus. Arcivescovile), opera della metà ca. del 6° secolo.

Nella decorazione architettonica, tra la fine del sec. 8° e il principio del 9° si svilupparono le forme proprie degli stili animalistici germanici (v. Animalistici, Stili): del perdurare di tale tradizione è testimone per es. il frammento di fregio conservato a Müstair (chiesa di S. Giovanni, Mus. lapidario) con l'effigie di un drago.

Nei dittici in avorio e nelle coperte dei manoscritti liturgici è frequente il tema del Cristo trionfante sull'aspide, il leone, il basilisco e il drago. Per le rappresentazioni animalistiche di questo periodo, tuttavia, gli spunti più interessanti sono forniti dalla produzione miniaturistica. Nelle illustrazioni dei codici liturgici sono presenti in molteplici varianti i simboli dei quattro evangelisti: notevole per la forte stilizzazione degli emblemi è per es. la miniatura contenuta nell'Evangeliario di Treviri (Domschatz, 61, del 730 ca.). Per il tema iconografico della Fonte della vita, attorno alla quale si raccolgono gli a., è invece da ricordare la miniatura dell'Evangeliario di Godescalco (Parigi, BN, nouv. acq. lat. 1203, c. 3v) in cui sono raffigurati tredici uccelli, di dieci specie diverse, e un cervo; mentre per le rappresentazioni zoomorfiche, oltre che per una storia delle scienze naturali, sono da citare i codici carolingi a carattere scientifico o profano e tra essi in particolare le copie di un trattato astronomicocomputistico illustrate da scene di vita quotidiana, come l'aratro trainato dal bue o la macellazione del maiale (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 387; Monza, Bibl. Capitolare, F.9.136; Roma, BAV, lat. 645), il codice contenente l'opera di Arato, con illustrazioni dello zodiaco (Leida, Bibl. der Rijksuniv., Voss. lat. Q 79), e infine il Physiologus illustrato conservato a Berna (Bürgerbibl., 318, dell'830 ca.).

Le raffigurazioni animalistiche altomedievali offrono in Italia un panorama relativamente vario, in cui confluiscono e si mescolano le più diverse correnti. In Italia settentrionale si verificarono fenomeni di sincretismo fra la tradizione classica e gli stili animalistici germanici, con influssi di provenienza orientale; ma l'iconografia attinse per lo più al repertorio paleocristiano. Nel c.d. pluteo di Sigualdo, databile fra il 762 e il 776 (Cividale, Mus. Cristiano e Tesoro del Duomo), le protomi assai stilizzate degli a. simboli degli evangelisti sono inserite in medaglioni a intrecci viminei, mentre in basso figurano uccelli e grifoni affrontati con al centro l'albero della vita. Lo stile di questa lastra è stato posto a confronto con quello delle immagini di un Physiologus conservato a Milano (Bibl. Ambrosiana, E.16 sup.; Muratova, 1980).

L'iconografia paleocristiana ricorre anche in un capolavoro di realismo quale il pavone tra rigogliosi racemi di vite conservato a Brescia (Civ. Mus. Cristiano, sec. 8°). Una resa così naturalistica costituisce tuttavia un'eccezione nella produzione artistica non solo dell'Italia settentrionale, ma anche dell'Italia centrale, dove la maggior parte delle immagini con pavoni affrontati mostra forme di stilizzazione, più o meno accentuate. È quanto appare a Roma, per es., nell'altare di S. Maria del Priorato o nei plutei di S. Maria in Cosmedin e di S. Maria in Trastevere. Analoghe stilizzazioni si ritrovano in una lastra conservata a Subiaco (monastero di S. Scolastica), dove sono raffigurati l'unicorno e il cervo con l'albero della vita, come anche nel rilievo della cattedrale di Civita Castellana con una caccia al cinghiale e nei capitelli della cripta di S. Bartolomeo all'Isola, a Roma, ornati da aquile con strane ali stilizzate e da serpenti. Intorno al sec. 10° e durante tutto il sec. 11°, nel Veneto e lungo le coste orientali italiane forme classiche si coniugarono a motivi di provenienza orientale, come mostrano, fra i tanti, un rilievo con grifoni affrontati a Venezia (basilica di S. Marco) e un frammento con due pavoni e un capriolo conservato a Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz).

Tendenze analoghe si riflettono anche in opere coeve pertinenti all'Italia meridionale, come per es. la transenna dell'oratorio di S. Aspreno a Napoli o i rilievi di Sorrento (Mus. Correale di Terranova) con cavalli alati e uccelli.

Nel sec. 11°, con l'affermarsi dell'arte romanica, le antiche rappresentazioni naturalistiche di a. conoscono una nuova imponente fioritura, soprattutto nella scultura delle cattedrali. Nella gran messe di documenti artistici che di quest'epoca si è conservata esistono alcuni esempi più significativi o di frequente ricorrenti particolarmente atti a indicare a premessa le matrici spirituali e formali che determinarono le varie scelte tipologiche. Indagando i fondamenti dell'espressione artistica, si deve tener presente che il sentimento religioso, permeante di sé tutta la civiltà romanica, si concretizza in una sorta di tensione fra la terra e il mondo ultraterreno, fra il regno dei demoni e quello di Cristo. In tal senso gli a. raffigurati nelle opere del sec. 11° e della prima metà del successivo non vanno intesi come immagini di intenti realistici, come tali attinte dalla conoscenza della natura, con valore quindi quasi di raffigurazioni a carattere scientifico; essi si presentano piuttosto in veste simbolica a impersonare esseri o entità sovrannaturali. Tralasciando in questa sede un'analisi delle forme di rappresentazione del demonio, connotato di volta in volta da fattezze semiumane o semianimali, quello che più interessa puntualizzare è il valore in genere delle immagini zoomorfiche quali simboli del bene e del male. Va inoltre riscontrato e sottolineato, pur nella varietà delle forme e nella quantità dei soggetti bizzarri e fantastici, il persistere di elementi derivati dagli stili animalistici altomedievali, così come il perdurare di correnti artistiche di provenienza orientale. Per es. uno dei temi più diffusi nell'arte romanica è quello del combattimento fra animali (come la lotta fra due grifoni e un orso nel rilievo della pieve di San Casciano a Settimo, Pisa, o il leone che attacca un grifone sulla facciata del S. Pietro di Spoleto), che peraltro assume un significato assai differente dalle analoghe figurazioni di età altomedievale, in quanto ora si tratta di simboli della eterna lotta fra la luce e le tenebre, fra il bene e il male. È interessante notare a questo proposito che nella maggior parte dei casi gli a. trionfatori sono dei rapaci.

Molto frequenti, per quanto concerne i carnivori, sono le raffigurazioni del leone e del grifone, per i volatili, dell'aquila, per i rettili, del serpente, ma anche del basilisco e, mutuato nelle forme da quest'ultimo, del drago. Singolari sono poi le composizioni che mostrano associate figure umane e a. demoniaci: famoso è il motivo, noto con termine francese e di fatto molto diffuso in Francia, della femme aux serpents, in cui compare appunto una donna circondata da serpenti (un esempio si trova nel portale della chiesa abbaziale di Charlieu); ma è diffusa anche la versione dello stesso tema con figura maschile, secondo una tipologia che richiama l'Aion mitraico, come mostra, per es., il rilievo del pulpito del duomo di S. Pietro a Sessa Aurunca (Caserta), dove sulla testa dell'uomo figura anche un'aquila trionfatrice. Il candelabro pasquale in marmo della basilica di S. Paolo f.l.m. a Roma mostra invece una donna in abiti regali che abbraccia due leoni, uno dei quali antropocefalo, secondo un genere compositivo d'influsso orientale.

Altro tema diffuso è quello dell'uomo - talvolta Sansone - che lotta con gli a.: nel rilievo conservato a Lucca (Mus. Naz. di Villa Guinigi), classicheggiante anche nella resa stilistica, la composizione è esemplata sull'antico tema della lotta di Ercole contro il leone. Si possono trovare immagini in cui la figura umana soccombente è sottomessa al leone, come per es. nel rilievo della cattedrale di Jaca in Spagna, o viceversa immagini in cui leoni mansueti compaiono accucciati, con figure femminili sedute sul dorso, come su un capitello della Porte Miégeville nel Saint-Sernin di Tolosa o nella Puerta de las Platerías a Santiago de Compostela. Altri rilievi (come per es. nella chiesa abbaziale di Souillac) mostrano grifoni nell'atto di attaccare vuoi un uomo vuoi anche una donna. Un capitello del duomo di Monreale presenta invece l'immagine di un uomo che uccide un toro, tema noto già in diversi rilievi mitraici dell'Italia e, più in generale, dell'Occidente europeo. Un influsso orientale manifestano le raffigurazioni di due grandi pavoni sovrastanti l'uno la testa di un uomo fra due arpie, l'altro una lepre beccata da uccelli, in una transenna della chiesa di S. Salvatore de Birecto ad Atrani (Salerno).

Molto più raramente compaiono come a. trionfatori gli erbivori: un cervo che divora un serpente è rappresentato per es. sulla facciata del S. Pietro di Spoleto, in una composizione che trova dei precedenti già in epoca paleobizantina, come testimonia l'analoga figurazione del mosaico del Grande Palazzo di Costantinopoli. Fra gli erbivori, naturalmente, compare spesso l'agnello che, in quanto simbolo di Cristo, ha posizione preferenziale rispetto a tutti gli altri a. (Reichenau, chiesa abbaziale).

Sui pulpiti delle cattedrali si trovano, per ragioni ovvie, soprattutto le immagini degli a. simboli degli evangelisti.

Nelle raffigurazioni della creazione degli a. (come per es. nei rilievi del S. Zeno di Verona) il carattere narrativo della scena fornì spesso agli artisti l'occasione per una resa più naturalistica delle sembianze e del moto degli animali. Lo stesso può dirsi per gli episodi del Nuovo Testamento, quali la Natività e l'Adorazione dei Magi, ma anche per le immagini di a. figuranti in rappresentazioni di santi - come per es. s. Eustachio cacciatore - o in storie relative alla loro vita. Il repertorio figurativo romanico comprende inoltre a. rappresentati all'interno di scene d'ambiente rurale; fra le tante possono essere ricordate il pastore con il suo gregge nella pieve di San Casciano a Settimo, l'aratro trainato dal bue nel S. Pietro di Spoleto, l'uccellagione raffigurata sul coperchio di un sarcofago conservato a Verona (Mus. di Castelvecchio, Civ. Mus. d'Arte), oltre a quelle effigiate sui portali della basilica di S. Marco a Venezia. Non sono rare anche le scene umoristiche attinte dalle favole, come quella della volpe rappresentata nel duomo di Parma o quella del lupo e della gru che compare in numerosi rilievi in area tedesca, per es. nelle cattedrali di Friburgo in Brisgovia, di Münster e di Reichenhall.

Per la statuaria sono esempi insigni il cavallo scolpito in monumenti celebrativi (come per es. nel monumento equestre a Oldrado da Tresseno nel broletto di Milano), gli elefanti ispirati all'arte musulmana che il maestro Romualdo eseguì per la cattedra episcopale del duomo di Canosa o il leone bronzeo di Brunswick, di dimensioni maggiori del vero, commissionato da Enrico il Leone, duca di Baviera, nel 1166. Si conservano numerosi piccoli acquamanili in bronzo a forma di leone, simboleggianti con ogni probabilità le forze demoniache sottomesse al potere della Chiesa, come, per es., a Hildesheim (Diözesanmus. mit Domschatzkammer), Londra (Vict. and Alb. Mus.) o Minden (Schatzkammer).

Per quanto concerne sia la miniatura sia la pittura a carattere monumentale, possono distinguersi tre principali temi figurativi in cui gli a. rivestono un ruolo determinante: la Creazione degli a. o l'Imposizione a essi del nome da parte di Adamo, l'Arca di Noè e infine l'Apocalisse. Grande diffusione conobbero in particolare le immagini relative a quest'ultima scena, rappresentata per es. nel grande ciclo di affreschi della chiesa abbaziale di Saint-Savin-sur-Gartempe, ma soprattutto nei numerosi manoscritti contenenti il commento all'Apocalisse di Beato di Liebana. Fra questi, il codice conservato a Manchester (John Rylands Lib., 8) presenta a c. 191r una singolare immagine del Cristo giudice accompagnato dalle anime dei martiri, simbolicamente raffigurate come volatili delle più svariate specie. Così pure a c. 188r è l'angelo dell'Apocalisse a chiamare a sé una moltitudine di uccelli: un'immagine, quest'ultima, che compare in un altro codice di Beato conservato a Londra (BL, Add. Ms 11695, c. 197r).

Come per la scultura, il repertorio pittorico romanico comprende anche una vasta serie di immagini di a. selvatici (per es. nelle pitture di Santa Maria de Taüll) o anche domestici (come nel Panteón de los Reyes a León); i cavalli sono rappresentati in genere in scene di battaglia, come nell'antica chiesa dei Templari a Cressac-sur-Charente, nel S. Evasio di Casale Monferrato (Alessandria) o nella cripta della basilica di Aquileia; altrettanto diffuse sono poi le raffigurazioni di a. esotici, come i cammelli, che compaiono nei mosaici della cupola della Genesi nella basilica di S. Marco a Venezia, o gli elefanti, raffigurati in S. Maria in Foro Claudio a Ventaroli (Caserta), ma anche immagini attinte dai racconti fiabeschi, come per es. negli affreschi della Johanniskirche di Pürgg (Austria) in cui compaiono in lotta contro topi gatti dotati di armature.

L'ordine cistercense segnò, com'è noto, l'avvio di un profondo processo di revisione delle forme espressive maturate nel repertorio figurativo romanico e pose le premesse per l'affermazione del nuovo linguaggio gotico. Il celebre passo con cui Bernardo stigmatizzò il fantasmagorico quanto caotico mondo della figurazione romanica (Apologia ad Guillelmum; Assunto, 1963, p. 152) può dare misura di come il richiamo all'ordine, al ristabilimento degli equilibri, fosse, per il santo, il primo passo necessario da cui muovere per una nuova concezione dell'arte. Lo spirito che animò le forme della rappresentazione animalistica in età gotica e fino al Tardo Medioevo va appunto inteso come opposizione alla confusione ingenerata nella conoscenza del reale dalla fantasia romanica, verso un recupero della unità e della semplicità, così come si evince da un passo di un altro cistercense, Alano di Lilla (ca. 1120-1203), teologo e naturalista: "Dum ab uno non recedit, / alteratur unitas. / Dum in unum se concedit, / unitur alteritas. / In diversum idem cedit. / In idem diversitas. / Suum tamen non excedit / limitem simplicitas" (De incarnatione Christi Rhytmus prelegans-Arithmetica, Rhetorica; Assunto, 1963, p. 168).

A proposito di s. Francesco Bonaventura da Bagnoregio afferma: "Consideratione quoque primae originis omnium abundantiore pietate repletus, creaturas quantumlibet parvas fratris vel sororis appellabat nominibus" (Legenda s. Francisci, VIII, 6). Il diffondersi di una concezione del mondo terreno come espressione del creato e non più come dominio della materia informe si accompagna, a partire dal sec. 13°, almeno in campo artistico, a un rinnovato interesse per la natura. In relazione all'affermarsi di questa nuova concezione si attuò naturalmente un mutamento anche del tipo di fauna rappresentata; scomparvero gradatamente i mostri fantastici dell'arte romanica (confinati ormai, con valore di motivo decorativo, nei gocciolatoi delle grondaie) e prevalsero invece gli a. domestici, specialmente nelle scene della Natività, come in quella della cattedrale di Chartres (1230 ca.), con il bue e l'asino caratterizzati in modo assai naturalistico, o in quella scolpita qualche decennio più tardi da Nicola Pisano sul pulpito del battistero di Pisa (1260 ca.). In quest'ultima, sotto la figura giacente di Maria, si articola un gruppo di a. composto da tre montoni e tre capre: nelle figure dei montoni un realismo del tutto nuovo si coglie nella resa del vello, mentre nelle capre il medesimo risultato è ottenuto dalla trattazione, per così dire, personalizzata di ciascuno dei tre animali. Nel pulpito del duomo di Siena, sempre di Nicola, compaiono anche immagini di cammelli, sempre connotate realisticamente. Nello sviluppo dell'arte dei Pisano, dalle opere di Nicola a quelle del figlio Giovanni, si può seguire da vicino il progressivo emanciparsi delle forme gotiche dagli stereotipi della produzione precedente verso immagini sempre più attente e aderenti al vero. Così, per es., sul rilievo della Natività del pulpito che Giovanni portò a compimento nel 1301 per la chiesa di S. Andrea a Pistoia, nel pastore sulla destra, accompagnato dal cane, come nelle greggi, tratteggiate con finezza nelle loro caratteristiche salienti, l'immagine appare quasi tratta dal vero. Nel pulpito della cattedrale di Pisa, eseguito da Giovanni fra il 1302 e il 1310, il tema è ulteriormente approfondito e, accanto a quella del gregge, si fa spazio un'attenta e acuta osservazione dei cani da pastore, ritratti l'uno con il proprio cucciolo, l'altro con lo sguardo puntato verso Gesù bambino, il terzo accovacciato nel sonno. La ricerca di verosimiglianza che caratterizza la scultura gotica si coglie in modo particolare nelle raffigurazioni del cavallo, soprattutto per quanto concerne la resa del movimento. In Germania un notevole realismo si raggiunse, per es., in due celebri statue equestri, quella del duomo di Bamberga, eseguita fra il 1225 e il 1237, e quella del Mercato Vecchio di Magdeburgo del 1245-1250 circa. In Italia risale al sec. 13° il gruppo con S. Martino a cavallo che dona il mantello al povero nel duomo di Lucca, in cui è evidente il recupero di forme classiche. Si può poi ricordare, al termine del su accennato processo evolutivo e a testimonianza di una piena acquisizione di mezzi espressivi, il monumento a Bernabò Visconti, eseguito da Bonino da Campione fra il 1350 e il 1358 (Milano, Castello Sforzesco, Civ. Raccolte di Arte Antica). Due decenni più tardi due artisti ungheresi, Martino e Giorgio, originari di Kolozsvár (rumeno Cluj-Napoca), eseguirono il gruppo scultoreo del S. Giorgio a cavallo che uccide il drago, attualmente conservato nella Národni Gal. di Praga, ove il cavallo rampante è ritratto fedelmente nelle forme e dimensioni caratteristiche dei cavalli di razza ungherese.

Per quanto riguarda le raffigurazioni degli a. simboli regali per antonomasia, l'aquila e il leone, sono celebri le aquile scolpite da Giovanni Pisano per i suoi pulpiti, realizzate in forme assai meno stilizzate di quelle presenti nella produzione scultorea di Nicola. Nel simbolo dell'evangelista Marco del pulpito di Pistoia, ma in particolare nei leoni stilofori del pulpito di Pisa, il realismo dell'arte di Giovanni raggiunge uno dei più alti vertici: pieno di forza espressiva è il leone che morde il puledro e tratteggiata con acuto spirito d'osservazione la leonessa che ghermisce un coniglio con i suoi piccoli. Si trovano peraltro anche esempi duecenteschi in cui il leone conserva la valenza di a. demoniaco, come per es. sulla lastra tombale dell'arcivescovo Sigfrido III di Epstein, nel duomo di Magonza (dopo il 1249), in cui il dignitario ecclesiastico è effigiato nell'atto di calpestare un leone e un drago.Tra le opere più significative dal punto di vista della rappresentazione di a. si collocano in Italia i mosaici della basilica di S. Marco a Venezia, in particolare quelli della Creazione degli a. e del Diluvio universale. A parte questi soggetti più consueti, nel corso dei secc. 13° e 14° ebbero grande diffusione in Italia soprattutto le scene ispirate a episodi della vita di s. Francesco, come la Predica agli uccelli.

Particolarmente numerose sono le raffigurazioni animalistiche nelle arti minori, a partire dalle vetrate delle cattedrali gotiche in Francia e in Inghilterra, ma soprattutto nelle miniature, di carattere sia profano sia religioso. Come nella pittura monumentale, così anche nella miniatura i soggetti più ricorrenti sono la Creazione degli a. e le immagini di uccelli, a illustrazione del relativo celebre episodio della vita di s. Francesco (Klingender, 1971, pp. 407-411, figg. 239-242).

Per la storia delle rappresentazioni zoomorfiche nell'arte medievale hanno un'importanza fondamentale, come si è già detto, i codici contenenti il De Universo di Rabano Mauro e i manoscritti miniati dei vari bestiari che compendiavano, riunendoli, capitoli del Physiologus ed estratti dalle Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Può essere interessante in questo contesto un raffronto fra le immagini di a. che compaiono nei bestiari e quelle contenute nei codici scientifici dello pseudo Apuleio e di Sesto Placito (Grape-Albers, 1977). Nel codice di Rabano Mauro a Montecassino (Bibl., 132), miniato in età romanica, possono essere individuati alcuni schemi figurativi che costituirono in seguito una sorta di prototipo per l'illustrazione dei bestiari. In questi ultimi compaiono raffigurati anche a. fantastici, come il calandrus, ma vi si trovano principalmente immagini di a. reali, in alcuni casi tratteggiate in modo schematico, in altri invece con un'acuta e vivace resa dei moti o dei comportamenti: è il caso per es. della scena del ratto di un cucciolo di tigre (o di pantera) da parte di un cacciatore a cavallo, raffigurata con notevole realismo in tre codici "fratelli' conservati a Leningrado (Saltykov-Ščedrin, Lat. Q. v.V.1, c. 36r), a New York (Pierp. Morgan Lib., M. 81, c. 35r) e a Londra (BL, Royal 12.C.XIX, c. 28r). Da un confronto tra le immagini dei manoscritti contenenti il Liber medicinae ex animalibus di Sesto Placito e quelle dei bestiari, fra il sec. 11° e il 14°, si può facilmente constatare che, dal punto di vista dell'osservazione della natura, fino al Duecento non esistono differenze significative fra i due generi perché in realtà in entrambi i casi i miniatori seguirono, con qualche variante, gli stessi comuni modelli antichi. Basta considerare, per es., le immagini degli elefanti riprodotte nei bestiari (Druce, 1919, tavv. V-VI) e quelle eseguite per il Liber Medicinae (Grape-Albers, 1977, figg. 64-65, 70-73) o la scena del gatto che ghermisce un topo, a c. 51r del Bestiario di Oxford (Bodl. Lib., Bodl. 764). In tutt'altra ottica si pongono invece le due miniature che contengono, ritratta dal vero, l'immagine dell'elefante africano inviato da Luigi il Santo a Enrico III d'Inghilterra nell'anno 1255 (Cambridge, C.C.C., 16, c. 4r; Londra, BL, Cott. Nero D. I, c. 161v, quest'ultima anche con uno studio della proboscide).Massimo vertice della resa figurativa degli a. nel Duecento, specialmente per quanto riguarda le immagini degli uccelli migratori in volo, è la copia miniata del De arte venandi cum avibus di Federico II eseguita per il figlio Manfredi (Roma, BAV, Pal. lat. 1071). Per i prototipi di queste splendide miniature si è fatto riferimento sia all'ambito bizantino sia all'ambito musulmano.Il famoso taccuino di modelli di Villard de Honnecourt (Parigi, BN, fr. 19093), risalente alla prima metà del sec. 13°, contiene, fra le altre, immagini relativamente fedeli di uccelli (cigni, pappagalli) e di artropodi (per la rappresentazione di a. in libri di modelli va ricordato anche il codice conservato a Vienna, Öst. Nat. Bibl., 507).

Un'attenzione propriamente naturalistica per la rappresentazione di a. si osserva nei centri e nelle aree variamente indicati come elaboratori precoci di valori sviluppati in età tardogotica.

Un interesse per gli a. e in particolare per l'avifauna si riscontra anzitutto nella pittura e miniatura inglese. Si possono citare all'inizio del sec. 13° le favole relative ad a. inserite nella serie degli affreschi della sala capitolare di Sigena in Spagna (oggi conservati in frammenti al Mus. d'Art de Catalunya di Barcellona): per es. la leggenda della generazione dell'oca cirripede o bernacla, ammesso che questi affreschi si debbano ad artisti inglesi (Oakeshott, 1972). Nel corso del sec. 13° un intenso gusto per rappresentazioni di uccelli e, in diversi casi, di altri animali arricchisce la decorazione marginale di manoscritti di contenuto liturgico prodotti in Inghilterra. Tra i più suggestivi si possono citare l'Apocalisse Abingdon della metà del sec. 13° (Londra, BL, Add. Ms 42555), il Salterio di Alfonso, ante 1284 (Londra, BL, Add. Ms 24686), il Salterio della regina Maria dell'inizio del Trecento (Londra, BL, Royal 2.B.VII), il Salterio Ormesby del primo quarto del sec. 14° (Oxford, Bodl. Lib., Douce 366), sino alle rappresentazioni di uccelli degne di atlanti di storia naturale che si trovano nei margini del Messale Sherborne (p. 363) del 1400 ca. (Alnwick, Castle, Bibl.).

Un simile sviluppo di interessi propriamente naturalistici fu certamente in stretto rapporto con quanto si verificava contemporaneamente in Italia. Piuttosto che in Giotto, di cui pure Vasari racconta che sarebbe stato scoperto da Cimabue mentre disegnava dal vero le pecore a cui stava badando, raffigurazioni di a. naturalisticamente convincenti si trovano nell'opera di Simone Martini, in particolare nella famosa allegoria all'inizio del manoscritto con opere di Virgilio appartenuto al Petrarca (Milano, Bibl. Ambrosiana, S.P.10. 27, c. 1v). Da Simone derivano certamente le dimensioni pi'u specificatamente naturalistiche e animalistiche di alcuni affreschi che decorano il Palazzo dei Papi ad Avignone dove gli a. sono rappresentati realisticamente nel loro habitat naturale.

Dalla metà del Trecento l'area principale di recupero di valori naturalistici in rapporto al mondo animale e vegetale fu la Lombardia, con alcuni artisti noti e con i suoi principali centri di produzione miniatoria a Milano e Pavia. Indicative in questo senso sono le raffigurazioni di a. nel ciclo di Storie della vita della Vergine dipinto da Giovanni da Milano nella cappella Rinuccini in Santa Croce a Firenze. Soprattutto in Lombardia l'intenzionalità naturalistica emerge allo stato puro nel campo della miniatura e del disegno.Accanto alle testimonianze documentarie già segnalate (Pächt, 1950), si deve ricordare la vasta produzione di carattere medico e pseudo-scientifico che trova le espressioni pi'u note nei c.d. tacuina sanitatis. Spicca nell'ambiente lombardo del secondo Trecento la personalità di Giovannino de Grassi, cui sono stati attribuiti con sicurezza (Cadei, 1970) i disegni di a. esotici, di cavalli e cani, di un orso e di piccola fauna europea dei primi otto fogli del taccuino di disegni conservato a Bergamo (Bibl. Civ. A. Mai, Delta, VII, 14, ora Cassaf. 1.21). All'artista e ai suoi collaboratori si devono superbi inserti animalistici nelle bordure dell'Offiziolo Visconti (Firenze, Bibl. Naz., B.R. 397), nei fascicoli iniziali dell'Offiziolo Landau-Finaly (Firenze, Bibl. Naz., Landau-Finaly 22; Cadei, 1984) e nelle raffigurazioni di a. della Historia Plantarum di Roma (Casanat., 459; Cadei, 1985). Tra i miniatori lombardi va ricordato ancora almeno Pietro da Pavia, che profuse figure di a. nei margini di un manoscritto della Naturalis Historia di Plinio del 1380 ca. (Milano, Bibl. Ambrosiana, E.24 inf.). Uno dei pi'u singolari manoscritti con rappresentazioni di a. della metà del Trecento ca., certamente dell'Italia settentrionale, di cui è nota la provenienza da Genova e non meglio precisabile il luogo di esecuzione, è il Tractatus de Vitiis Septem (Londra, BL, Add. Ms 27695 e 28841, Egert. 3127 e 3781), che reca nei margini rappresentazioni di uccelli, singoli o in stormo, di insetti e di altri invertebrati.Va infine ricordato il taccuino di disegni conservato a Cambridge (Magdalene College, Pepys 1916), con quattro fogli recanti disegni di uccelli simili, ma probabilmente anteriori a quelli contenuti in un fascicolo del taccuino di Bergamo che oggi non si riconosce pi'u a Giovannino de Grassi e si tende a datare dopo il 1400. Il taccuino Pepys viene datato generalmente entro l'ultimo decennio del sec. 14°, mentre la provenienza è discussa: si è pensato in particolare alla Boemia o alla Lombardia.

Area bizantina

Numerosi bassorilievi in marmo bizantini, databili fra il sec. 8° e il 12°, presentano raffigurazioni di a.: si tratta di composizioni a carattere simbolico comprendenti per es. pavoni affrontati con al centro il cantaro (Torcello, cattedrale, pluteo dell'iconostasi, sec. 11°; Venezia, S. Marco, sec. 12°) o l'albero della vita fra due leoni (per es. Atene, chiesa di S. Eleuterio, sec. 10°-11°). Altri pezzi presentano a. predatori nell'atto di colpire la vittima, come il leone che sbrana una gazzella (Atene, Byzantine Mus., sec. 10°), uccelli rapaci che divorano un serpente (Atene, S. Eleuterio, sec. 10°-11°) o scene di lotta fra a., come in un rilievo conservato a Parigi (Louvre) con ben cinque a., due carnivori, due uccelli rapaci e un erbivoro.

Per quanto concerne gli avori, il c.d. avorio Barberini, del sec. 6°, conservato a Parigi (Louvre), presenta un imperatore a cavallo ai cui piedi si raccolgono in atto di omaggio i popoli barbari, accompagnati dai loro a. caratteristici: il leone, la tigre, l'elefante indiano; su una placchetta copto-bizantina (Milano, Castello Sforzesco, Civ. Raccolte di Arte Applicata), sempre del sec. 6°, il grande martire degli egiziani, s. Menna, è rappresentato nella sua tradizionale iconografia, con ai lati due cammelli accovacciati. Fra il sec. 9° e il 10° vennero lavorati a Costantinopoli corni eburnei con scene tratte dagli spettacoli allestiti negli ippodromi o con a. simbolici, come il grifone (per es. il c.d. corno di Lehel dello Jász Múz. di Jászberény, Ungheria). Un ricco repertorio animalistico è presente anche sulle cassette eburnee bizantine risalenti ai secc. 10° e 11°: sul cofanetto di Troyes (Trésor de la Cathédrale) il lato anteriore è decorato con una caccia al cinghiale, il lato posteriore presenta due cavalieri in lotta con un leone; nei fianchi invece è rappresentato un uccello esotico - la fenice - probabilmente mutuato nelle forme da tessuti lavorati in Cina, dove questo volatile è noto con il nome di fâng huang. Questo particolare tipo di uccello ritorna ancora insieme all'aquila, al pappagallo e alla faraona sulla parte posteriore di un trittico bizantino (Roma, BAV, Mus. Sacro).

Dal sec. 5° all'8° la rappresentazione realistica o simbolica degli a. acquistò un particolare valore per l'iconografia dei mosaici pavimentali. Il famoso mosaico del Grande Palazzo di Costantinopoli contiene raffigurazioni di a. domestici (fra essi anche il cammello), di a. esotici come l'elefante africano e quello indiano, di fiere e ancora di gazzelle, scimmie, ecc.; ma vi compaiono anche rappresentazioni di a. fantastici, come il grifone-tigre, combattimenti di belve - del leone con l'elefante, dei leopardi con la gazzella, della leonessa con l'onagro - e di volatili, con valore forse simbolico, come nel caso dell'aquila che attacca il serpente e di quest'ultimo divorato dal cervo: una scena analoga ritorna in un contesto cristiano quale un mosaico di Apamea (Siria) e in altri mosaici pavimentali del Vicino Oriente.

Nei pavimenti a mosaico delle chiese, che conservano la maggior parte delle figurazioni animalistiche note dell'arte protobizantina, ritornano in genere i consueti motivi dei pavoni affrontati ai lati del cantaro (battistero di Butrinto, in Albania; basilica di al-Mouassat, in Tunisia) o dell'uccello in gabbia (basilica giustinianea di Sabratha, in Libia; sinagoga di Maòn, in Israele). Di derivazione classica, il tema di Orfeo è noto nelle varianti di Adamo con gli a. (Michaelion di Ḥūarte, in Siria), di Orfeo-Cristo nel famoso mosaico proveniente da Gerusalemme (Istanbul, Arkeoloji Müz.) e di Orfeo-Davide nella sinagoga di Gaza.

Piuttosto che per la rappresentazione di a. domestici o in stato di quiete, i mosaici siro-palestinesi mostrano una spiccata predilezione per le scene di caccia, come testimonia il mosaico pavimentale della basilica di Mosè a Siyagha, sul monte Nebo (Giordania); oltre alle scene di caccia, compaiono qui anche una scena pastorale e una raffigurazione con uomini che conducono a. esotici (uno struzzo, una zebra e una sorta di giraffa rappresentata come un cammello maculato). Un cacciatore, che munito di fionda insegue un cinghiale, è effigiato nel mosaico pavimentale della chiesa del prete Giovanni a Khirbat al-Mukhayyat, sempre sul monte Nebo (nella stessa scena compare in alto anche un pesce). Rappresentazioni di quadrupedi si trovano sia nel mosaico della sinagoga di Gaza - ove figurano fra gli altri una zebra con ai lati due giraffe, una leonessa che allatta il suo cucciolo, una pantera che insegue un asino selvatico - sia nel mosaico dell'ambulacro del martyrium di Seleucia, presso Antiochia (del 500 ca.), in cui figurano anche varie specie di uccelli. Oltre a fornire utili indicazioni per la storia dell'arte, queste opere offrono un interessante panorama sul tipo di fauna nota nelle regioni del Vicino Oriente ca. 1500 anni fa. Fra i mosaici protobizantini che privilegiano le raffigurazioni di uccelli si possono ricordare quelli rinvenuti nel nartece di una chiesa a Delfi (Grecia) e ad Antakya (Hatay Müz.), un mosaico, fra quelli databili a dopo il 500, con un leone che digrigna i denti circondato da una quarantina di uccelli; a Gerusalemme, il mosaico rinvenuto nei pressi della porta di Damasco e quello, d'età giustinianea, della chiesa II di Sabratha; infine il mosaico della chiesa della Moltiplicazione di al-Tabgha, presso il lago di Tiberiade, dove con un'attenta osservazione dell'habitat naturale è rappresentata una palude, o forse una scena nilotica, con le varie specie di uccelli acquatici caratteristiche delle regioni meridionali del Mediterraneo.

Scomparse le opere musive costantinopolitane dell'epoca iconoclasta, ne restano alcune descrizioni in fonti letterarie: secondo la Vita s. Stephanis iunioris (PG, C, col. 1120), per es., l'imperatore Costantino V (741-775) fece sostituire nella chiesa delle Blacherne a Costantinopoli le scene di soggetto evangelico con immagini di uccelli fra i rami e altri animali.

Le miniature che presentano figurazioni di a. possono essere suddivise in due generi, a seconda della natura dei trattati di cui esse costituiscono il corredo illustrativo.Un primo gruppo comprende miniature con rappresentazioni di a. per manoscritti a carattere scientifico di origine classica. Il secondo libro del De materia medica di Dioscoride prende in esame un gran numero di specie animali; purtroppo la più antica copia illustrata di questo trattato, risalente al sec. 6° (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Med. gr. 1), è pervenuta priva del libro II, che si conserva tuttavia in redazioni più tarde dell'opera, quali il manoscritto di New York (Pierp. Morgan Lib., M.652), del sec. 10°, e la copia vaticana (Roma, BAV, Chigi F.VII.159), del sec. 15°, probabilmente esemplata su un prototipo illustrato in epoca comnena, oggi perduto. Nei codici menzionati le immagini relative ai vari a. sono ordinate alfabeticamente. Il codice viennese contiene ancora una parafrasi ornitologica, con illustrazioni raffiguranti vari tipi di volatili inserite a commentare il testo e una tavola a parte (c. 484v) con ventiquattro uccelli entro riquadri (una variante di queste stesse illustrazioni, prive però del testo, si conserva nel citato manoscritto vaticano). Immagini di a. velenosi, serpenti, scorpioni, ecc., sono presenti in copie dei Theriaca di Nicandro (Parigi, BN, Suppl. gr. 247) e della parafrasi a questo testo di Eutecnio, unita al trattato di Dioscoride (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Med. gr. 1; New York, Pierp. Morgan Lib., M. 652). Fra le immagini che accompagnano testi didattici d'origine ellenistico-romana, sono di particolare interesse quelle contenute nel c.d. codice di Bessarione: a commento dei Cynegetica dello pseudo-Oppiano (Oppiano di Apamea) vi compaiono raffigurazioni di a. domestici, scene di caccia e a. in lotta (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, gr. Z 479). Degno di menzione è ancora un codice di Hippiatrica (Parigi, BN, gr. 2244) con immagini di cavalli affetti da malattie e scene illustranti i metodi di cura; piuttosto mediocre nella resa naturalistica dei soggetti, l'opera, risalente al sec. 14°, è probabilmente da attribuirsi a un miniatore dell'Italia meridionale.Un secondo gruppo comprende manoscritti a carattere scientifico d'ambito cristiano. Il codice più noto era senza dubbio costituito dal Physiologus conservato nella Scuola Evangelica di Smirne, andato purtroppo perduto in un incendio nel 1921. Le illustrazioni, opera del sec. 12°, comprendevano sia immagini di a. reali, tra cui una scena assai naturalistica di lotta con l'icneumone e il serpente, sia immagini di a. fantastici come la formica-leone, la sirena, l'unicorno. Miniature con a. esotici compaiono nei manoscritti illustrati contenenti la Topographia Christiana di Cosma Indicopleuste, quali il codice conservato a Firenze (Laur., Plut. 9.28) e quello del monastero di S. Caterina sul monte Sinai (Bibl., 1186), risalenti entrambi all'11° secolo. Naturalmente anche fra le miniature dei codici liturgici bizantini ricorrono spesso rappresentazioni di a., soprattutto a illustrazione delle tavole dei Canoni (per es. Parigi, BN, gr. 64) o nelle scene bibliche relative alla creazione degli a. e dell'imposizione a questi del nome da parte di Adamo - come mostrava la miniatura (c. 12v) dell'Ottateuco di Smirne (Scuola Evangelica, perduto anch'esso nell'incendio del 1921) - o ancora nei salteri, a raffigurare Davide fra i leoni e il pastore con le greggi (Salterio Chludov, Mosca, Gosudarstvennyj Istoritscheskij Muz., Add. gr.129, c. 147v, dell'830 ca.; Parigi, BN, gr. 139, c. 1v).Nei tessuti, in particolare in quelli copti dei secc. 6°-8°, compaiono dapprima scene di caccia al leone e immagini stilizzate di animali. Fra il sec. 8° e il 12° nei tessuti bizantini si fa invece preponderante, soprattutto nel caso di soggetti venatori, l'influsso persiano, come testimoniano numerosi frammenti conservati nelle più importanti collezioni europee. Ricorrente è anche il motivo di Daniele - o di un domatore - fra i leoni (Sens, Trésor de la Cathédrale), nonché una variante dello stesso tema con Sansone al posto di Daniele (Londra, Vict. and Alb. Mus.). In altri casi sono rappresentati a. araldici come il leone (l'esemplare, oggi distrutto, di Siegburg e quello di Maastricht, basilica di S. Servazio, cappella del Tesoro), il grifone (Auxerre, chiesa di Saint-Eusèbe, sudario di s. Germano), l'elefante indiano (Aquisgrana, Domschatzkammer), il gallo (Roma, BAV, Mus. Sacro).

L'enorme diffusione di motivi animalistici nell'oreficeria bizantina non consente di enumerare se non alcuni esemplari fra i più significativi, quali, per es., l'aquila in oro filigranato e granulato proveniente dalla Scania (Stoccolma, Statens historiska mus.) e la placca di bronzo con agemine in oro e argento conservata a Parigi (Louvre). Le indagini archeologiche nei Balcani e in Ungheria hanno consentito di riportare alla luce orecchini in oro con pavoni, colombe o fagiani affrontati ai lati del cantaro o dell'albero della vita; prodotti bizantini o d'arte locale in oro e smalto cloisonné sono stati rinvenuti anche nei territori dell'antica Russia.In Russia, durante il Medioevo, le immagini di a. simbolici esercitarono un notevole influsso sull'iconografia di opere di scultura. In particolare nei territori del principato di Vladimir-Suzdal, fra i secc. 11° e 13°, l'arte animalistica mostra un sincretismo di correnti provenienti da Bisanzio, dall'Iran, dalle steppe, unite a elementi di tradizione autoctona. Fra i monumenti più importanti si possono ricordare i cicli di sculture che ornano all'esterno la cattedrale di S. Demetrio a Vladimir (1193-1197): sulla facciata principale è rappresentato l'Orfeo-Davide-Cristo intento a suonare, circondato da una moltitudine di a. disposti in serie come su un tappeto orientale; tra uccelli, leoni, grifoni, ecc. sono inserite anche scene con combattimenti di animali. A Suzdal, nella cattedrale della Natività della Vergine, la decorazione è caratterizzata dalla presenza di leoni la cui coda si trasforma nel motivo fitomorfico della palma; questa forma di stilizzazione, nota anche in esempi magiari del sec. 9°-10°, è di origine iranica. Anche le porte bronzee dell'edificio presentano, più o meno stilizzate, numerose effigi di animali.Nella scultura monumentale dei paesi caucasici si assiste a un analogo fenomeno di sincretismo: elementi derivati da una cultura locale si fondono con altri di influsso bizantino e orientale. Esemplificativi della scultura georgiana possono essere considerati i rilievi (sec. 7°) della facciata della chiesa di Sioni ad Ateni, con una scena di caccia e la lotta di Sansone con il leone, i capitelli con ornamentazione zoomorfica nella cattedrale dei Bagratidi a Kutaissi (sec. 11°) e, d'ispirazione classica, il grifone rappresentato sulla facciata occidentale della cattedrale di Samtavisi. In Armenia, la chiesa della Santa Croce di Alt῾amar conserva notevoli esempi di sculture con temi iconografici dedicati al mondo animale; nella ricchissima decorazione si distinguono a. fra viticci, combattimenti di orsi, uccelli e, in particolare, un tipo di fenice di origine cinese che testimonia il ruolo determinante svolto, nell'accoglienza di nuove formule, dal traffico e dagli scambi culturali lungo la via della seta.

Per quanto concerne la pittura monumentale in Russia, nel Medioevo gli affreschi della cattedrale di Santa Sofia a Kiev conservano la rappresentazione di una caccia all'orso. Altre immagini di a. si trovano nei manoscritti liturgici, come per es. nel Salterio di Kiev del 1397 (Leningrado, Saltykov-Ščedrin, 1252.F.VI).

Sempre in Russia ancora più diffuse sono le composizioni con a. nell'oreficeria, fra il 7° e il 13° secolo. Di derivazione pagana sono gli oggetti in argento a forma di a. della c.d. cultura di Martinovca, mentre nella produzione più tarda, dei secc. 12°-13°, prevalgono motivi d'origine bizantina, come negli orecchini in smalto decorato con uccelli o nell'esemplare di bracciale in argento, con uccelli e grifoni-basilischi, proveniente da Kiev (Mosca, Gosurdarstvennyj Istoritscheskij Muz.) e nel diadema con Alessandro Magno e grifoni (Kiev, Istoritscheskij Muz.). Numerose immagini di a. sono diffuse anche nelle arti minori delle regioni del Caucaso.

Per la miniatura sono da ricordare il manoscritto georgiano a carattere astrologico, databile al 1188 e conservato a Tbilisi (Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Acc. di Scienze, A 65), in cui gli a. simboli dello zodiaco mostrano un chiaro influsso islamico. Della miniatura armena non si conosce purtroppo la produzione a carattere profano; i codici liturgici sono però corredati da molte scene tratte dalla vita quotidiana in cui compaiono spesso raffigurazioni di a. domestici. Come nella scultura, anche nella miniatura si riscontra peraltro una mescolanza di motivi bizantini e orientali, soprattutto cinesi, oltre a temi di tradizione locale: di questo complesso intrecciarsi di correnti è testimone la produzione del maestro Thoros Roslin e dei suoi seguaci (Erevan, Matenadaran, 9422 e 979, Čašoc di Hethum II del 1286), nelle cui miniature è frequente la rappresentazione della caccia al cervo o al leone.

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KádárIslam

La civiltà islamica, nonostante la tendenza all'astrazione, si è servita abbastanza liberamente di figure di a. - talora guidate da principi di estrema stilizzazione, talora del tutto libere - rivelando un acuto senso di osservazione e arrivando anche a proporre figure a tutto tondo o ad altorilievo.Fino alla metà del sec. 9° il repertorio restò quello dell'antichit'a classica e di quella iranica, con figure prevalentemente antropomorfe piuttosto che zoomorfe. I c.d. castelli arabi del deserto, in Siria, in Giordania, in Palestina e in Libano, hanno conservato immagini scolpite o dipinte di gazzelle, onagri, montoni, cammelli, scimmie, orsi e uccelli. A. reali o immaginari, grifoni, belve alate o con la coda di pavone, leoni e tori, si trovano affrontati, ai due lati di un calice o di un albero, nella facciata del palazzo di Mshattá del 740 ca. (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz). In questo periodo entrarono tra l'altro a far parte del repertorio iconografico, e vi restarono a lungo, l'antichissimo tema della belva che atterra la preda (mosaico pavimentale di Khirbat al-Mafjar, 742-743) e quello dei leoni che sostengono il seggio del sovrano.Intorno all'850, a Samarra (Iraq) l'arte abbaside promosse un profondo rinnovamento iconografico. Nelle opere da essa prodotte sono evidenti le influenze stilistiche iraniche, mentre la tematica sembra provenire da più lontano ed è molto difficile non collegarla con i mercenari turchi centroasiatici dei califfi abbasidi e dei loro grandi vassalli. Ben poco è purtroppo superstite della produzione irachena: rilievi con cammelli in marcia e teste di uccelli stilizzate a 'taglio obliquo', simili al motivo a palmetta, erano noti a Nīshāpūr e nell'Egitto tulunide e trovano un'eco anche in opere armene, quali le decorazioni della chiesa di Alt῾amar (Turchia). Così pure nella riproduzione in pietra del dipinto con il 'toro selvaggio domato' dei palazzi di Samarra, oggi scomparsi, sarebbe sbagliato vedere il sacrificio mitraico piuttosto che l'antico rito turco di iniziazione degli adolescenti.

Lo stesso magnifico vigore si espresse in Egitto e in Spagna, nei secc. 10° e 11°, in una serie di sculture in bronzo di grandi dimensioni che possono raggiungere il metro di altezza, come il grifone di Pisa (Mus. dell'Opera della Primaziale Pisana), figure di cervi (Córdova, Mus. Arqueológico Prov.; Napoli, Mus. e Gall. Naz. di Capodimonte), acquamanili in forma di pavoni e di galli (Parigi, Louvre; Cagliari, Pinacoteca Naz.), leoni e falconi. Dopo le vasche da abluzione di Madīnat al-Zahrā', del sec. 10° (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), o di Marrakech (madrasa di Ben Yussef), di datazione incerta, decorate con a. - in alcuni casi rapaci con cerve tra gli artigli, oppure orlature con motivi di uccelli e di pesci -, le ultime manifestazioni si trovano nei tessuti di seta dell'Andalusia (secc. 12° e 13°) e nel celebre patio dei Leoni dell'Alhambra, a Granada, della fine del 14° secolo.

Almeno fino dal sec. 10° in Oriente prevalgono, in uno stile molto raffinato e con accenni veristici, i motivi del falconiere, dell'uomo con la gazzella sulle spalle, della sfinge, del liocorno che insegue l'elefante, della lepre, della belva in movimento, del sole sul dorso del leone, futuri emblemi 'parlanti' dell'Iran. Il tema più apprezzato è senza dubbio quello del combattimento tra a., rivivificato per il tramite dell'arte delle steppe: il predatore, belva o rapace, afferra alla gola o sulla groppa la selvaggina, dando forma così al mito, conservatosi nonostante l'Islam, dell'unione sessuale dei progenitori zoomorfi, come indicano bene i testi turchi successivi e le tradizioni popolari vive ancora oggi. Tutto questo venne rapidamente inglobato nel contesto islamico sino a trionfare negli avori di Córdova (pisside con il nome di al-Mughīra, Parigi, Louvre, 968).Nel sec. 11° la fondazione dell'impero turco ghaznavide nel territorio corrispondente all'attuale Afghanistan e le invasioni dei Selgiuqidi rinforzarono l'influenza dell'arte delle steppe. A Ghaznī e a Lashkarī Bāzār sono state ritrovate piastrelle di ceramica e lastre di marmo, databili tra il 1050 e il 1150, in cui le raffigurazioni di a. dimostrano un grande senso plastico che contrasta con l'aspetto goffo e l'inespressività delle figure umane: elefanti, cavalieri aggrediti da un leone, pavoni, sfingi, quadrupedi di diverso tipo, uccelli dalla testa umana coronata compaiono uniti ad alcuni elementi formali e/o particolari stilistici nuovi che divennero rapidamente caratteristici, come la coda a forma di esse o ripiegata lungo il dorso, la zampa anteriore sollevata in posizione di attacco o 'in preghiera' e la mezzaluna che sottolinea l'attaccatura delle ali.

Il sec. 13° e la prima metà del 14° videro la piena fioritura di quest'arte. Dall'Egitto all'Iran orientale, al Caucaso un grande numero di monumenti, compresa anche qualche moschea (come la Grande moschea di Divriği in Turchia, del 1228), venne adornato con rilievi in stucco o in pietra. Vi compare tutta la fauna, con una attenzione particolare per alcune specie: i dragoni, simboli cosmici, contornano gli archi (come nella porta del Talismano a Baghdad, del 1221, oggi scomparsa, nella cittadella di Aleppo, nel Khān di Mossul in Iraq, del 1239, o nella moschea del Sultan Han di Kayseri, in Turchia, del 1236) oppure sostengono l'albero della vita, sulla sommità del quale poggia una grande aquila (madrasa Çifte Minareli a Erzurum in Turchia, della fine del sec. 13°). I rapaci monocefali o bicefali, il cui motivo ha origine in Cina, indicati a volte come 'imperiali' (al-Sulṭānī), troneggiano sulle porte e sulle torri della città. Le belve, attribuite tutte forse troppo semplicemente al mamelucco Baybars (1260-1277), sono preferite soprattutto nell'ornamentazione dei ponti; è possibile inoltre trovare fiere e rapaci che abbattono la preda (Grande moschea di Diyarbakır, 1179-1185). In tale fioritura, l'arte del Dāghistān (Kubacī), nel Nord del Caucaso, si distingue per eccezionale ricchezza e maestria, in oltre cento rilievi, conservati per la maggior parte nei musei sovietici.

Un uso ancora più esteso di rappresentazioni di a. si ebbe da parte degli artigiani che in Anatolia e in Iran producevano, in forma di stelle e croci, le ceramiche mīnā᾽ī, caratteristiche per la loro cottura a bassa temperatura e per le miniature che le ornano. Si producevano piatti, vasi e vassoi incrostati d'oro e d'argento, notevoli anche per la documentazione della vita comune (c.d. battistero di S. Luigi, Louvre). Fu in questo periodo che in Egitto vennero prodotte le placchette di legno e d'avorio in cui il repertorio zoomorfo spicca su un fondo di intrecci vegetali fini e precisi, datate in genere dall'11° al 13° secolo.

La scuola di miniatura detta 'araba' o di Baghdad, in piena fioritura verso il 1220, illustrò le traduzioni delle favole dell'indiano Bidpay (Kalīla wa Dimna) con scene non prive di ingenuità e di affascinante brio (Parigi, BN, arab. 3465, ca. 1200-1220). Anche se in seguito il grande artista iracheno al-Wāsitī non se ne allontanò del tutto (cammelli presenti nelle Maqāmāt di al-Harīrī, Baghdad, 1237; Parigi, BN, arab. 5847) e se Bidpay era ancora illustrato nel sec. 14° con lo stesso spirito del secolo precedente (Oxford, Bodl. Lib., Pococke 400, ca. 1354), di norma le figure di a. non costituirono, peraltro, un soggetto molto diffuso in pittura. A partire dalla metà del Trecento i soggetti faunistici scompaiono, in generale, dall'arte islamica; del resto, salvo in qualche regione ed eccezion fatta per la miniatura, non venne più realizzato alcun tipo di scena naturalistica.

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