PROCLEMER, Anna Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PROCLEMER, Anna Maria

Samantha Marenzi

PROCLEMER, Anna Maria. – Nacque a Trento il 30 maggio 1923 da Gino, ingegnere, e da Emma Bianca Cattani. Trascorse un’infanzia solitaria durante la quale si dedicò a diverse discipline sportive. Fu dopo il trasferimento a Roma che iniziò a coltivare un interesse sempre maggiore verso la letteratura, la musica e il cinema. Il primo avvicinamento al teatro avvenne grazie all’amicizia della madre con i De Filippo, di cui Anna vedeva gli spettacoli da dietro le quinte.

Nel 1941 si iscrisse all’Università di Roma (lettere e filosofia) e partecipò a un provino del Teatro del GUF (Gruppo Universitario Fascista) presentando un frammento dello Zio Vania di Anton Čechov. Ammessa nella compagnia del teatro universitario, debuttò nel novembre del 1941 in Nostra Dea di Massimo Bontempelli. Nel marzo del 1942 conquistò gli elogi della critica come protagonista di Minnie la candida, sempre di Bontempelli, con la regia di Ruggero Jacobbi. Molto apprezzata da Silvio d’Amico, l’interpretazione la impose come rivelazione del teatro italiano e le valse un contratto con la Lux Film per alcune pellicole dove apparve come Anna Vivaldi, essendo Proclemer un nome troppo esterofilo per le istituzioni dell’Italia fascista.

Fu al teatro studentesco che conobbe lo scrittore siciliano Vitaliano Brancati, che si innamorò di lei.

Negli anni successivi si dedicò alla sua formazione professionale e intellettuale. Nel 1942-43 fu primattrice, in alternanza con Neda Naldi, del Teatro delle Arti, la compagnia di Anton Giulio Bragaglia. Con loro partì in una tournée che avrebbe ricordato come il suo apprendistato, e trovò una guida nell’amico e collega Gerardo Guerrieri, compagno di letture e frequentazioni negli anni della guerra e dell’occupazione tedesca. Insieme impararono il russo con Raissa Naldi, mentre Anna Proclemer studiava anche danza con Raja Garosci e approfondiva la passione per l’arte e la letteratura. Dopo la liberazione recitò in Santa Uliva, una sacra rappresentazione nel cortile dell’Università con la regia di Gualtiero Tumiati.

Nel 1945, a Catania per le riprese del film Malìa di Giuseppe Amato (dal testo di Luigi Capuana), riprese i legami con Brancati, che sposò a Roma il 22 luglio 1946. Il 6 maggio del 1947 nacque la loro unica figlia, Antonia. Durante la gravidanza lavorò come doppiatrice.

Tornò sulle scene nel settembre del 1947 con ruoli in diverse commedie, evitando impegni prolungati e tentando faticosamente di conciliare il lavoro con la famiglia. Nel 1948 fu diretta da Giorgio Strehler nel Gabbiano di Čechov, l’anno successivo iniziò a collaborare con Orazio Costa, che considerò come il suo primo vero maestro. Diretta da lui si misurò con i versi alfieriani di Mirra, per i quali al talento era necessario aggiungere la tecnica. Il debutto, ad Asti nel maggio del 1949, accese gli entusiasmi della critica, in particolare di d’Amico. Con Costa interpretò in quegli anni Le allegre comari di Windsor e La dodicesima notte di William Shakespeare (1949), Venezia salva di Bontempelli (1949), Intermezzo di Jean Giraudoux (1951) e Le colonne della società di Henrik Ibsen (1951). Sempre nel 1951, recitò in L’amore dei quattro colonnelli, un testo di Peter Ustinov di cui aveva curato (e poi pubblicato insieme al marito su Sipario, VII (1952), 72) la traduzione dal russo. Brancati in quegli anni pubblicò Il bell’Antonio, firmò diverse sceneggiature cinematografiche, tra cui quella di Viaggio in Italia di Roberto Rossellini con una parte per sua moglie, e scrisse La governante, commedia bandita dalla censura che Proclemer poté portare in scena solo negli anni Sessanta.

Nel maggio del 1951 partì per Londra incaricata da Arturo Tofanelli, direttore di Tempo illustrato, di scrivere alcuni articoli sul teatro inglese. Ripeté l’esperienza l’anno successivo, anche con l’intenzione di recitare sui palcoscenici londinesi. In quei mesi rifiutò la proposta di Paolo Grassi, che la voleva primattrice al Piccolo di Milano, per entrare nel nascente Teatro d’Arte italiano, la compagnia diretta da Vittorio Gassman e Luigi Squarzina, di cui fu primadonna dal 1952 al 1955. Fu per lei il vero passaggio al professionismo. Debuttarono con Amleto (prima versione integrale in Italia) al teatro Valle di Roma nel novembre del 1952, con Proclemer nella parte di Ofelia, mentre nella ripresa del 1954 interpretò la regina Gertrude. Squarzina la diresse nel suo Tre quarti di luna, in Leonora di Ferruccio Troiani, in La fuggitiva di Ugo Betti, nel Prometeo incatenato; Vito Pandolfi firmò le regie dell’Aminta del Tasso e di Torquato Tasso di Goethe; Gassman (di cui fu assistente alla regia per I persiani di Eschilo) quelle di Kean di Dumas padre e Sartre, dell’Edipo Re e del Sangue verde di Silvio Giovannetti.

Durante la seconda stagione con il Teatro d’Arte, nell’autunno del 1953, Proclemer lasciò la famiglia per dedicarsi completamente al teatro. Un anno dopo, Brancati morì in seguito a un intervento chirurgico in una clinica torinese, dove Anna lo aveva accompagnato. Nel 1955 apparve il romanzo incompiuto Paolo il caldo, nel cui primo capitolo Brancati evocava il loro incontro. Nel 1978 Proclemer pubblicò le loro Lettere da un matrimonio.

Chiusa l’esperienza con Gassman, Proclemer accettò la proposta dell’impresario Lucio Ardenzi di una tournée in Sudamerica con una compagnia composta da attori di teatro e nuove celebrità della televisione, tra cui Giorgio Albertazzi. Fu l’inizio di un lungo e fecondo sodalizio artistico, oltre che di un legame sentimentale. Dopo il trionfo della tournée, Ardenzi li coinvolse in una stagione per quattro primi attori, con Renzo Ricci ed Eva Magni. Proclemer fu protagonista della Ragazza di campagna di Clifford Odets, che costituì un grande successo e l’inizio della fase più matura della sua carriera. Nel 1956 nacque la compagnia Proclemer-Albertazzi, di impianto tradizionale, ma attenta ai cambiamenti del teatro contemporaneo, che per quasi quindici anni propose un repertorio eterogeneo, caratterizzato dalle novità, ma con sapienti incursioni nei classici, e conquistò una grande popolarità. Tra le tante interpretazioni di Anna Proclemer ebbero molto successo La figlia di Jorio di Gabriele D’Annunzio (1957) e Anna dei miracoli di William Gibson (1960), entrambe con la regia di Squarzina, l’Amleto diretto da Franco Zeffirelli (1963), La governante di Brancati, che finalmente Proclemer portò in scena nel 1965 con la regia di un esordiente Giuseppe Patroni Griffi, e che interpretò in un riuscitissimo adattamento televisivo del 1978 diretto da Albertazzi. I successi in televisione scorsero paralleli a quelli teatrali: L’idiota di Dostoevskij (1959), La donna del mare di Ibse n (1961), Agamennone di Alfieri (1968), Maria Stuarda di Schiller (1968), e i cavalli di battaglia Anna dei miracoli (1968) e La ragazza di campagna (1962). Per la RAI Proclemer condusse anche un varietà e una rubrica radiofonica.

Sensibile ai gusti del pubblico, intenzionata ad avvicinare platee sempre più vaste a un teatro considerato colto, la compagnia seppe conciliare le aspettative di critica e spettatori. Si sciolse dopo una tournée nell’Est europeo nel 1968, ma i due attori non smisero comunque di collaborare.

Nel 1970 Proclemer affermò la sua autonomia con Questo amore così fragile così disperato, composto dagli atti unici Ritratto di madonna di Tennessee Williams, Il piacere degli addii di Jules Renard e La voce umana di Jean Cocteau (regia di Davide Montemurri), nei quali rivelò una sensibilità inedita. Nello stesso anno recitò accanto alla figlia in Quattro giochi in una stanza di Pierre Barillet e Jean Pierre Grédy, con la regia di Albertazzi, autore in quegli anni di Pilato sempre, dove in molti riconobbero le tracce dei difficili rapporti interpersonali tra gli attori (1972, regia di Ruggero Rimini). Sempre di Albertazzi fu la regia del monologo La signorina Margherita di Roberto Athayde (Festival di Spoleto, 1975), del quale scrisse Cesare Garboli: «Anna Proclemer è bravissima. La chiave della sua interpretazione gira […] intorno ad una intelligente scelta di ‘perbenismo’ impettito, piccolo-borghese, facile a impermalirsi, sapientemente scolastico senza mai sfidare apertamente la caricatura» (Il mondo, 10 luglio 1975). In altre occasioni furono elogiate le sue interpretazioni misurate, i suoi personaggi «commossi senza essere doloristici» (E. Flaiano, L’Europeo, 9 febbraio 1964), che trovarono maturità nel sodalizio artistico con Albertazzi.

Nonostante l’instabilità del loro legame sentimentale, i due si trasferirono in una grande casa a Colle Romano, che coronava il sogno dell’attrice di vivere circondata dagli animali. Anna lasciò la villa, separandosi da Albertazzi, solo nel 1980.

Dopo l’insuccesso dei Balconi di Jean Genet (regia di Strehler, 1976), o di lavori stilisticamente incerti come Antonio e Cleopatra (regia di Roberto Guicciardini, 1977), Proclemer, in cerca di cambiamenti e di un produttore, si affidò di nuovo ad Ardenzi. Sono gli anni di La lupa di Verga (1979), La miliardaria di George Bernard Shaw (1980), e Le piccole volpi di Lillian Hellman (1982), e dell’esordio da regista, con Come prima, meglio di prima di Luigi Pirandello (1983). Negli anni Ottanta e Novanta fu un’attrice instancabile, con nuove produzioni e riprese del repertorio, e l’intensa attività dei recital: letture da Dante, Shakespeare, Brancati, e i rappresentativi Anna dei poeti e Anna dei pianoforti. Nel 2005 Luca Ronconi riunì la coppia Albertazzi-Proclemer firmando la regia di Diario privato di Paul Léautaud, al teatro Argentina di Roma.

Nel 1995 iniziò la donazione dei suoi materiali all’Archivio contemporaneo del Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux di Firenze, ora raccolti nel Fondo Anna Proclemer, comprensivo di carteggi, copioni, diari, fotografie, ritagli di stampa, programmi di sala.

Nel 2006 cominciò a curare un sito autobiografico ricco di racconti e documenti, un prodotto senza «data di scadenza. Vale a dire – vi si legge – che quando l’attrice ‘tirerà il calzino’ […] resterà qui», a conservarne la memoria.

Morì a Roma il 25 aprile 2013, circa un mese prima del suo novantesimo compleanno.

Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio contemporaneo del Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, Fondo Anna Proclemer; Roma, Archivio storico dell’Istituto Luce; Archivio RAI Teche; A. Proclemer - V. Brancati, Lettere da un matrimonio, Milano 1978; G. Albertazzi, Un perdente di successo, Milano 1988; sito autobiografico www. annaproclemer.it.

A. P.: vita e teatro (catal.), a cura di L. Scarlini, Firenze 1998; L. Melosi, Profili di donne, Roma 2001, pp. 137-144; P./Albertazzi, a cura di G. Nelinti, Roma s.d.

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