ANSCARICI

Enciclopedia Italiana (1929)

ANSCARICI

Arturo Segre

. Casa marchionale di Ivrea, franca di origine, sorta alla fine del sec. IX. Quando Guido, marchese di Spoleto, nell'888 fece ritorno in Italia, dopo il vano tentativo di salire sul trono franco, aveva tra i suoi fedeli Anscario, non fratello, ma "diletto consigliere", come è detto nei diplomi emanati in seguito. Il 21 febbraio 891, Guido, incoronato imperatore a Roma e da circa due anni re d'Italia, per la prima volta chiama Anscario marchese: fu quindi in quel torno di tempo che questi ebbe l'alta dignità, sebbene non sia improbabile che l'abbia posseduta dal giorno in cui Berengario, vinto sulla Trebbia, fu ricacciato nella sua marca del Friuli. Anscario ebbe i comitati occidentali della regione subalpina settentrionale, nella zona d'Ivrea, e con essi il comitato di Torino tolto a Suppone, fedele di Berengario. Essi costituirono per lui e pei suoi discendenti la cosiddetta marca d'Ivrea, barriera contro le eventuali minacce del regno franco di Oriente, o, come fu detto comunemente, regno di Germania. Nell'894, infatti, quando il carolingio re Arnolfo scese in Italia per rivendicare a sé la corona reale, volle abbattere Anscario e corse l'Italia superiore devastando le città che resistevano. Tra le altre regioni, nell'895 corse la marca d'Ivrea, cercando Anscario che, dice Liutprando, si rifugiò nelle caverne e sfuggì alla morte, finché Arnolfo, stanco dell'inseguimento, attraverso la Borgogna fece ritorno in Germania.

Morto Guido (dopo il novembre 894), Anscario, che Guido ancora l'11 luglio 892 chiamava "strenuissimo marchese", perseverò nella fedeltà a Lamberto, figlio, collega e successore di Guido; e Lamberto il 26 luglio 896, in diploma dato a Marengo, lo designa "marchese e conte". Morto Lamberto (898), Berengario ricuperò il trono italico ed accolse in grazia Anscario. Infatti, nel diploma dato a Reggio il 1° dicembre 898 a favore del monastero di S. Cristina presso Corteleona, egli dichiara di accedere per intercessione, fra gli altri, di Anscario "illustre marchese e sommo consigliere". Questi morì poco dopo, ché il 21 aprile 902, in diploma emanato da Vercelli, Lodovico di Provenza, re ed imperatore, fa una donazione ad istanza di Adalberto, figlio quondam Anscherii.

Adalberto, figlio di Anscario, fu dunque il secondo marchese d'Ivrea, e, come si è visto, non appena Lodovico scese a disputare la corona italica a Berengario I, si schierò dalla parte sua dopo avere contribuito ad attirarlo nella penisola. Ma quando, nel 905, precipitò la fortuna di Lodovico, Adalberto cercò di riguadagnare l'amicizia di Berengario. Allora, probabilmente, egli sposò Gisla, figlia del re, dalla quale ebbe Berengario, il futuro re d'Italia. Rimasto vedovo, passò a seconde nozze con Ermengarda, figlia del marchese Adalberto di Toscana; e tale unione lo ricacciò nell'orbita dei nemici di Berengario I, anche quando il nuovo suocero fu morto. Nel 921, egli contribuì alla calata di Rodolfo II, re di Borgogna; nell'attesa, tentò col marchese Odelrico, conte del palazzo, e con Giselberto, conte di Bergamo, una sollevazione. Ma Berengario I, aiutato da bande di Ungheri, lo vinse: Odelrico rimase ucciso, Giselberto fu catturato e Adalberto solo mediante un sotterfugio evitò la prigionia e forse la morte. Ciò gli permise di collaborare in seguito al trionfo di Rodolfo II; ma egli non sopravvisse di molto a Berengario I (assassinato nel 924).

Adalberto lasciò buon ricordo di sé a Torino, dove nel 906 ospitò i frati della Novalesa, che fuggivano le incursioni dei Saraceni di Frassineto, devastatori del loro monastero. Egli lasciò a suo successore nella marca eporediese il figlio Berengario; oltre a questo, lasciò un altro figlio, avuto da Ermengarda, Anscario II. Entrambi, dopo l'avvento di Ugo di Provenza sul trono italico (926), furono causa di vive inquietudini pel nuovo sovrano, che, fratello uterino di Ermengarda, era zio di Anscario II. Ugo, dopo il vano tentativo di stabilirsi a Roma e di cingere la corona imperiale, nel 936 volle allontanare Anscario II da Ivrea, temendone lo spirito feroce e bellicoso, e lo investì della marca di Spoleto e Camerino; ma gli sollevò contro nel tempo stesso il burgundo Sarlione, che in battaglia, nel 940, uccise Anscario e gli succedette nella marca. Ma se Ugo aveva così potuto sbarazzarsi di Anscario II non altrettanto poté fare di Berengario. Dopo varie vicende, Ugo dovette rinunziare al regno; Berengario rimase sommo consigliere del re Lotario, e poi, il 15 dicembre 950, a Pavia, cinse egli stesso la corona d'Italia insieme col primogenito suo Adalberto (v. berengario 11).

Ma la fortuna degli Anscarici, che pareva così saldamente stabilita, rovinò proprio con Berengario. Dopo che questi fu confinato in Baviera (963), rimasero i figli Adalberto e Guido. Quest'ultimo cadde in battaglia il 25 giugno 965; il primo, vinto, dovette riparare nell'Italia meridionale e poi a Costantinopoli. Di lui rimase un figlio, Ottone Guglielmo, che ebbe vasti feudi nel regno di Borgogna sotto i re Corrado e Rodolfo III, e nel quale eruditi e storici vollero riconoscere il leggendario Beroldo, padre di Umberto Biancamano, capostipite della dinastia sabauda.

Bibl.: Liutprando, vesc. di Cremona, Opera omnia, in Script. rerum Germ., Hannover 1897; Widukind, Rerum gestarum saxomicarum libri tres, ed. K. A. Kehr, in Mon. Germaniae hist., Hannover e Lipsia 1904; L. Schiaparelli, I diplomi di Berengario I, Roma 1903; id., I diplomi di Guido e di Lamberto, ivi 1906; id., I diplomi italiani di Lodovico VII e di Rodolfo II, ivi 1910; id., I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, ivi 1924; A. Hofmeister, Markgrafen und Markgrafschaften im italischen Königreich in der Zeit von Karl dem Grossen bis auf Otto dem Grossen, in Mitteil. des Instituts für österr. Geschichtsforschung, VII, fasc. 2°, Vienna 1906; R. Poupardin, Le royaume de Provence, 888-1038, Parigi 1907; S. Pivano, Stato e Chiesa da Berengario I ad Arduino (888-1015), Torino 1908; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, ii, Gotha 1911.

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