ANTENATI DI CRISTO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ANTENATI DI CRISTO

Y. Zalouska

Le fonti bibliche relative alla rappresentazione degli a. di Cristo si trovano in Mt. 1, 1-17 e Lc. 3, 23-28. Il carattere regale della prima genealogia, la struttura fondata sul simbolismo numerico, così come la posizione all'inizio del Nuovo Testamento hanno garantito a questo tema iconografico un successo duraturo nell'arte medievale e in particolare nell'illustrazione dei manoscritti.Le immagini degli a. di Cristo compaiono principalmente nella decorazione dei vangeli: infatti, senza contare le genealogie bibliche disposte in medaglioni nella miniatura spagnola e il Compendium historiae in genealogia Christi di Pietro di Poitiers (1130 ca.-1205), su ca. cinquanta manoscritti nei quali ricorre la raffigurazione, ben trentasette sono libri dei vangeli e due sono evangeliari.Un vangelo della scuola palatina di Carlo Magno (Abbeville, Bibl. Mun., 4, c. 18) fornisce il più antico e ben caratterizzato esempio di rappresentazione degli a. di Cristo nell'iniziale del Liber generationis. I personaggi raffigurati non sono Abramo, Davide e Gioacchino (Bloch, 1959, 1963; Schnitzler, 1964; Heimann, 1965; Bloch, Schnitzler, 1970), ma piuttosto Abramo, Davide e Cristo, in relazione diretta con le parole introduttive "Liber generationis Iesu Christi filii David filii Abraham" (Mt. 1, 1). Il tema di Cristo discendente da Davide e Abramo è presente anche in altri manoscritti occidentali e bizantini, reso con i tre personaggi oppure, come in questo caso, soltanto con le figure di Abramo e Davide. Un esempio del primo tipo appare nella c. 23 di un manoscritto della Francia settentrionale (Boulogne-sur-Mer, Bibl. Mun., 14) del secondo quarto del sec. 12°, mentre la c. 4 di un codice del secondo quarto del sec. 11°, conservato a Parigi (BN, lat. 275) e proveniente forse da Magonza, può essere considerata come il caso più rappresentativo della seconda variante.Ordinando gli a. in tre gruppi di quattordici generazioni (Mt. 1, 17) attorno al Cristo seduto in trono in una mandorla, il Codex Aureus di Lorsch, anch'esso della scuola palatina (Alba Iulia, Bibl. Batthyaneum, R. II.I), mostra che, fin dall'inizio, nella miniatura occidentale il tema della genealogia poteva essere reso secondo diverse iconografie.Nei codici compaiono anche altri tipi di raffigurazioni, come per es. alcune gallerie degli a. di Cristo, in riferimento alle parole di Mt. 1, 2-16, che presentano su diverse pagine figure a mezzo busto o sedute (per es. Cracovia, Muz. Narodowe, Bibl. Czartoryski, 1207, c. 11r). In tre esempi ricorre come prima immagine della serie il tema di Gesù figlio di Davide e di Abramo. È il caso di un codice di Boulogne-sur-Mer (Bibl. Mun., 11) datato intorno al 1000, proveniente dall'abbazia di Saint-Bertin a Saint-Omer, dove il re Davide compare due volte, all'inizio della genealogia (c. 10) e al posto che gli spetta secondo l'ordine cronologico (c. 11), nonché del citato manoscritto di Cracovia, forse miniato nella Germania meridionale nell'ultimo quarto del sec. 11°, dove la serie si apre (c. 8) con l'unicum di re Davide che tiene sulle ginocchia Gesù bambino, mentre nella c. 17v di un manoscritto renano di Aschaffenburg, del 1260 ca., la genealogia è preceduta da una rappresentazione di Abramo e Davide, in piedi sotto la mano di Dio che ricorda le promesse messianiche di cui essi erano depositari (Gn. 22, 18; Sal. 131, 11). In un manoscritto di Dublino (Trinity College, 53) del secondo quarto del sec. 12°, proveniente forse da Winchcombe, ricorre invece il riferimento alla benedizione dei dodici patriarchi (Gn. 48, 9-10), che spiega il senso dell'iniziale dedicata agli a. di Cristo (c. 7v), nella quale Gioacchino, ultimo re della dinastia, consegna la sua corona a Cristo.Per sottolineare singoli aspetti della genealogia si operava a volte una selezione tra gli a. di Cristo; per es. nella c. 7v di un manoscritto di Parigi (BN, lat. 11961) si afferma la regalità della Vergine raffigurandola assisa in trono fra i più importanti re di Giuda; lo stesso concetto di regalità è messo in risalto anche nell'albero di Abramo dei Vangeli di Enrico il Leone del terzo quarto del sec. 12°, quantunque gli a. di Cristo siano stati scelti in questo caso nei tre gruppi definiti dall'evangelista.Oltre che fra le statue-colonna e nelle gallerie dei re delle cattedrali francesi, a partire dalla seconda metà del sec. 12° gli a. di Cristo furono sovente rappresentati nell'arte monumentale, a volte con riferimento a entrambe le fonti genealogiche. Per Caviness (1977) queste serie miste sono l'espressione di una ideologia monastica poco interessata a valorizzare l'elemento 'regale' della genealogia secondo Matteo. La più monumentale di tali gallerie di a. di Cristo è nelle vetrate della cattedrale di Canterbury (fine del sec. 12°), dove un unico artista eseguì ottantasei 'ritratti', ovvero la serie completa di Luca, partendo da Dio e terminando con la Vergine, con alcune figure riprese da Matteo. Gli affreschi della sala capitolare di Sigena in Spagna (1200 ca., distrutta nel 1936-1939), una parte dei quali è conservata a Barcellona (Mus. d'Art de Catalunya), rappresentano settanta a. di Cristo a mezzo busto scelti nelle due genealogie. Quelli corrispondenti alla genealogia di Matteo, ventotto figure, hanno la particolarità di essere rappresentati ciascuno due volte: prima come figli in braccio ai loro padri, poi come padri che presentano a loro volta i propri figli. L'immagine, poco comune, ritorna nelle due coeve bibbie di Pamplona (Amiens, Bibl. Mun., 108; Amburgo, Coll. Oettingen-Wallerstein, 1, 2, lat. 4°, 15; Bucher, 1970), in cui i padri sono raffigurati seduti.Una serie completa di sculture, questa volta secondo il testo di Matteo, si dispiega sulla tribuna di S. Maria di Vezzolano presso Asti (fine del sec. 12°); ritratti a mezzobusto ornavano un tempo anche la navata della chiesa della Natività a Betlemme; nel duomo di Monreale in Sicilia (fine del sec. 12°) i busti degli a. di Cristo secondo il testo di Matteo sono preceduti, per influsso della liturgia bizantina, da Melchisedec, Enoch e Noè. In una composizione altamente simbolica di una vetrata della cattedrale di Ratisbona (1220 ca.-1230), la parte centrale, che rappresenta l'albero di Iesse, è circondata da trentacinque a. di Cristo che tengono una corda per illustrare la metafora della pesca del Leviatano (Gb. 40, 20-21); il tema è legato all'esegesi della genealogia secondo Matteo, a partire da Gregorio Magno (un altro esempio è nello Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg). Sul soffitto dipinto di St. Michael a Hildesheim (sec. 13°), invece, secondo il testo di Luca, gli a. di Cristo inquadrano la parte centrale che rappresenta un albero di Iesse.L'abbondanza e la ricchezza dell'iconografia degli a. di Cristo si esaurisce in Occidente verso la metà del 13° secolo. Diversa è la situazione in Oriente, dove, dopo i mosaici della Kariye Cami a Costantinopoli (sec. 14°), una descrizione molto dettagliata del tema degli a. di Cristo appare nel manuale per il pittore di Dionisio da Furn'a (sec. 18°), mentre la miniatura armena ne prolunga la tradizione illustrativa fino al 17° secolo.

Bibl.:

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Letteratura critica. - R. Ligtenberg, De Genealogie van Christus in de beeldende Kunst der Middeleeuwen, voornamelijk van bet Westen [La genealogia di Cristo nelle arti figurative del Medioevo, con particolare riguardo all'Occidente], Oudheidkundig Jaarboek, Bulletin van den nederl. Oudheidkundigen 9, 1929, pp. 1-54; G. Swarzenski, Aus dem Kunstkreis Heinrichs des Löwen, Städel-Jahrbuch 7-8, 1932, pp. 241-397: 262-267; A. Watson, The Early Iconography of the Tree of Jesse, Oxford-London 1934; H. Swarzenski, Die lateinischen illuminierten Handschriften des XIII. Jahrhunderts in den Ländern an Rhein, Main und Donau, 2 voll., Berlin 1936, pp. 101-103; R. M. Walker, Illustrations to the Priscillian Prologues in the Gospel Manuscripts of the Carolingian Ada School, ArtB 30, 1948, pp. 1-10; A. Boeckler, Formgeschichtliche Studien zur Ada-Gruppe, ABA, n.s., 42, 1956, pp. 16-20; P. Bloch, Die beiden Reichenauer Evangeliare im Kölner Domschatz, KölDb 16-17, 1959, pp. 9-40: 12-15; id., Nachwirkungen des Alten Bundes in der christlichen Kunst, in Monumenta Judaica 2000 Jahre Geschichte und Kultur der Juden am Rhein, Handbuch, Köln 1963, pp. 737-772: 737-739; M. L. Thérel, Comment la patrologie peut éclairer l'archéologie. A propos de l'Arbre de Jessé et des statues-colonnes de Saint-Denis, CahCM 6, 1963, pp. 145-158; H. Schnitzler, Das Kuppelmosaik der Aachener Pfalzkapelle, Aachener Kunstblätter 29, 1964, pp. 17-44: n. 27; A. Heimann, A Twelfth-Century Manuscript from Winchcombe and its Illustrations, JWCI 28, 1965, pp. 86-109: 87-93; G. Schiller, Ikonographie der christlichen Kunst, I, Gütersloh 1966, pp. 12-15; P. A. Underwood, The Kariye Djami, New York 1966: I, pp. 49-59; II, tavv. 42-64, 66-84; P. Bloch, H. Schnitzler, Die ottonische Kölner Malerschule, II, Düsseldorf 1970, p. 112; F. Bucher, The Pamplona Bibles, New York 1970; W. Oakeshott, Sigena. Romanesque Paintings in Spain and the Winchester Bible Artists, London 1972, pp. 17, 101-104, figg. 73-126; S. Der Nersessian, Armenian Manuscripts in the Walters Art Gallery, Baltimore 1973, pp. 25-27; S. Tsuji, The Headpiece Miniatures and Genealogy Pictures in Paris Gr. 74, DOP 29, 1975, pp. 165-203; M. H. Caviness, The Early Stained Glass of Canterbury Cathedral, circa 1175-1220, Princeton 1977, pp. 101-115; id., The Windows of Christ Cathedral Canterbury, in CVMAe. Great Britain, II, London 1981, pp. 8-10, 17-62; H. Schüren-Von Witzleben, Zur Chronologie der mittelalterlichen Farbverglasung des Regensburger Domes, ZKw 36, 1982, pp. 3-27: 5-7.Y. Zalouska