ANTIFONARIO

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTIFONARIO (lat. antiphonarium, antiphonale, antiphonarius liber; fr. antiphonaire; sp. antifonario o antifonal; ted. Gesangbuch; ingl. antiphonary)

Cuniberto Mohlberg
Adelmo DAMERINI

La parola significa per sé stessa soltanto "raccolta di antifone"; ma con questo nome si chiama oggi nella liturgia romana quel libro, per la liturgia corale, che contiene i canti per l'officium chori. Si distingue talvolta l'Antiphonarium diurnale o vesperale coi canti delle ore diurne (prima, terza, sesta, nona, vespro e compieta), con o senza laudi, dall'Antiphonarium nocturnale coi canti per l'officio notturno (mattutino e laudi). Accanto a questo Antiphonarium officii vi è un Antiphonarium missae con le antifone e i brani di canto per la Messa.

Anticamente, le melodie si tramandavano a memoria, e i fogli che il cantore teneva in mano recavano soltanto i testi, ai quali egli aggiungeva la melodia. Questo, per lo meno, risulta da testimonianze antiche (come quella di Vittore di Vita, che narra di un cantore il quale, durante l'invasione vandala, colpito alla gola da una freccia, cadente de manu codice, mortuus postea cecidit ipse; Patrol. lat., LVIII, col. 197) e da un papiro del Fayyūm, nella collezione dell'arciduca Ranieri (cfr. A. Harnack, Geschichte der altchristl. Literatur, I, Lipsia 1893, p. 467), che contiene frammenti di antiche liturgie in greco.

Il nome "antifonario" fu usato da Giovanni Diacono, nella sua biografia di S. Gregorio Magno (II, 6; in Patrol. lat., LXXV, col. 90), e poi dagli altri scrittori del Medioevo, a indicare appunto il corpus di tutte le melodie liturgiche della Chiesa, attribuito generalmente a S. Gregorio Magno. Su questa attribuzione si è molto discusso in tempi recenti: qualche studioso, come F. A. Gevaert, sollevò dei dubbî intorno all'attività liturgica e musicale di Gregorio I, ritenendo possibile uno scambio di lui con Gregorio II o III. Gli argomenti del Gevaert furono ribattuti principalmente dal benedettino G. Morin, in base a numerose testimonianze antiche, esattamente interpretate. Risultò da tali discussioni che Gregorio non fu tanto autore quanto raccoglitore di canti liturgici. Gli studî eseguiti dal P. Batiffol (Histoire du bréviaire romain, Parigi 1893, p. 350) e dal Callewaert (De origine cantus gregoriani, in Ephemerides liturgicae, XL, 1926, pp. 97 segg. e 161 segg.) su tale argomento considerano troppo poco il significato classico e medievale della parola cantus, trascurando anche il fatto che di un predecessore di Gregorio, Bonifazio, si parla a proposito del canto religioso (cfr. C. Mohlberg, Gregor der Grosse und der Kirchengesang, in Ephemerides liturgicae, XLI, 1927, p. 221 segg.). Ciò concorda con le parole usate da Giovanni Diacono (antiphonarius cento) che alludono appunto ad una "raccolta" di canti religiosi, in cui le antifone occupavano la maggior parte.

Nella tradizione manoscritta, i numerosi antifonari conservati dal sec. X in poi sono dati nell'antica notazione musicale (neumi). Molto anteriori sono i testi di antifonarî senza note. Che però una notazione neumatica esistesse anche in Occidente prima di S. Gregorio, potrebbero indurre a crederlo gli argomenti che il benedettino P. Amelli presentò al congresso tenuto ad Arezzo nel settembre del 1882, fondandosi su un passo di S. Prospero (De gloria sanctorum) e su un manoscritto della Laurenziana di Firenze, attribuito al sec. V e contenente un frammento di notazione neumatica (cfr. E. Ruelle, Le Congrès européen d'Arezzo pour l'étude et l'amélioration du chant liturgique. Compterendu non officiel, p. 24).

L'antifonario autentico menzionato da Giovanni Diacono, e che pare fosse tenuto legato con catene d'oro all'altare di S. Pietro nel Cantorium, è perduto: che cosa esso contenesse è questione discussa: probabilmente vi erano raccolte tutte le melodie liturgiche disposte secondo l'ordine delle festività dell'anno e senza distinguere i canti della messa da quelli delle ore canoniche e del vesperale. Già nel sec. IX Amalario di Metz (De ordine antiphonarii, in Patrol. lat., CV, col. 1245) c'informa che l'antifonario era scisso in tre parti: nel graduale (che nei più antichi documenti vien chiamato cantatorium), nel responsoriale e nell'antifonario propriamente detto, conosciuto qua e là sotto il nome di liber officínalis o anche di capitolare. Non vi erano inclusi i canti dell'ordinarium Missae, non essendo essi in origine affidati a cantori; ma bensì il Temporale - ora chiamato Proprium de tempore - e il Sanctorale - oggi detto Proprium de sanctis, la disgiunzione essendo avvenuta nel sec. XII. Non v'era ancor compreso il Commune sanctorum, ché soltanto dal sec. XII ll ritorno frequente dei medesimi canti e dei medesimi testi condusse alla formazione del Commune sanctorum, in cui ciascuna classe di santi, apostoli, martiri, confessori, ecc., ebbe i suoi proprî canti.

Se l'autentico antifonario di S. Gregorio ci è ignoto, sono tuttavia noti alcuni manoscritti importantissimi che, collazionati fra loro, ce ne dànno una sicura idea. Il più antico sembra essere stato l'Antifonario del monastero di S. Cornelio di Compiègne, che fu una delle copie autentiche inviate da papa Adriano I a Carlo Magno. Esso scomparve durante la Rivoluzione francese, ma era stato pubblicato dai Maurini. Anche il manoscritto 359 di San Gallo, del sec. IX-X, fu ritenuto da qualcuno, come il Lambillotte che lo pubblicò (Antiphonaire de saint Grégoire..., copie authentique de l'autographe écrit vers 790, Bruxelles 1851), addirittura lo stesso esemplare portato, come si sa, dal cantore Romano della cappella papale all'abbazia di S. Gallo, intorno al 790. Ma una filiazione cosl diretta dall'esemplare dell'antifonario esistente in Roma sembra da escludersi. Altri antifonarî antichi sono l'antifonario sassone del sec. VIII, nel Museo britannico; quello di Montecassino; l'Antiphonarium vetus, nella Biblioteca nazionale di Parigi e l'altro importantissimo Antiphonale missarum Sancti Gregorii della stessa abbazia di S. Gallo (codice 339), della seconda metà del sec. X. Nel 1847 il Danjou scopriva nella biblioteca della facoltà di medicina di Montpellier un antifonario o graduale del sec. X-XI, da lui creduto un autentico rappresentante del gregoriano. Il codice, che proviene verisimilmente da Toul, presenta una particolarità singolare ed importante per la soluzione di varî problemi: è scritto in notazione bilingue, cioè su due linee sovrapposte, una in neumi, l'altra in lettere. È diviso non secondo l'ordine del tempo e delle feste, come l'Antiphonale di S. Gallo, ma in sei parti: introiti e comunioni, alleluja, tratti, graduali, offertorî, antifone e responsorî di processioni; ciò che ha indotto i benedettini di Solesmes a considerarlo più un tonale della messa che un antiphonale Missarum.

L'antifonario pubblicato dal Pamelius a Bruges nel 1571 (Liturgicon eccl. lat., II, pp. 62-176) può, nel suo nucleo, essere attribuito al sec. VII. Il suo diretto modello manoscritto proviene dall'abbazia di S. Pietro al Mont-Blandin presso Gand e si trova presentemente a Bruxelles (Bibl. royale, nn. 363-10127-144: cfr. C. Mohlberg e A. Baumstark, Die älteste erreichbare Gestalt des Liber sacramentorum Romanae Ecclesiae, 1927, p. 49 segg.).

Un antifonario del rito milanese (ambrosiano) si trova nel Museo britannico (Add. 34, 209); è del sec. XI o XII. Frammenti di un antifonario gallicano sono stati pubblicati da G. Morin (in Revue bénédictine, XXII, 1905, p. 329 segg.). La storia dell'antifonario franco risale sino a Museo (morto nel 461; cfr. Gennadio, De vir. ill., 80) e a Claudiano Mamerto, che redassero liturgie, il primo per Marsiglia, il secondo per Vienna. Un antifonario di Lione ci è reso noto da Amalario (Patrol. lat., CIV, col. 328 segg.) ed uno di Tours dalla cronaca di Fontenelle (Gesta abbat. Fontan., 15; in Monum. Germ. Histor., Script., II, p. 290). Per la liturgia celtica bisogna citare l'antifonario di Bangor degli anni 680-691, ora nella Biblioteca ambrosiana di Milano, dove è stato portato da Bobbio (C. 5 inf.; ed. E. Warren, per la Henry Bradshaw Soc., Londra 1895). Sono infine da ricordare i frammenti forse ancora più antichi del manoscritto F. IV, 1, della biblioteca di Torino, d'origine irlandese, commentati da F. W. Maver (in Nachrichten der königl. Gesellschaft der Wissenschaften di Monaco, Phil.-hist. Kl., 1903, p. 163 segg.).

L'unico antifonario mozarabico completo pervenutoci si trova nel tesoro della cattedrale di León (Spagna) ed è copia, eseguita nel 1066, di un originale risalente probabilmente alla seconda metà del sec. VII (M. Férotin, Le liber mozarabicus Sacramentorum, in Monumenta Eccl. lit., VI, 1912, p. 913 segg.). Quasi pari per valore è l'antifonario di Millan (ora a Madrid, Acad. de hist., n. 30; Férotin, op. cit., p. 893 segg.).

Per la storia dell'antifonario nel Medioevo sono significativi gl'invii di antifonari sotto Stefano III (768-772) a Pipino; sotto Adriano I (772-795) a Carlo il Grosso; sotto Gregorio IV (827-844) all'abate Wala di Corbie. Ma il canto romano, appunto per la sua grande diffusione e sebbene fiorissero scuole importanti come quelle di Fulda, di S. Gallo, di Magonza, di Treviri, di Reichenau, di Hersfeld, ecc., ben presto cominciò ad alterarsi in seguito ad aggiunte particolari. Onde i tentativi di Ucbaldo, Ermanno Contratto ed altri per rimuovere ulteriori irregolarità con l'uso di segni di più facile comprensione. Finalmente Guido d'Arezzo, che aveva introdotto il sistema delle quattro linee, costituenti il rigo musicale, presentò nel 1026 al papa Giovanni XIX l'antifonario scritto di propria mano. Ma la corruzione del gregoriano continuò nel processo dei tempi per varie cause, e nonostante la bolla Docta Sanctorum di papa Giovanni XXII, del 1323. Pio V ordinò, dopo il concilio di Trento, una revisione dell'antifonario. Il suo successore, Gregorio XIII, incaricò il Palestrina e Annibale Zoilo, con breve del 25 ottobre 1577 (cfr. A. Cametti, Palestrina, p. 196 segg.), di "purgare, correggere e riformare" i libri gregoriani, antifonario, graduale e salterio. Il Palestrina si era riservata la parte domenicale del graduale (Proprium de tempore), lo Zoilo l'altra parte (Proprium sanctorum) e l'antifonario. Da testimonianze di persona intima del Palestrina (forse il copista Pettorini) si sa che il Palestrina aveva quasi del tutto compiuto il lavoro; ma né il Graduale né gli altri libri vennero alla luce, a causa della forte spesa e della mancanza di tipi adatti. Intanto il bolognese Guidetti pubblicava, nel 1582, il Directorium chori, nel 1586 il Cantus eccl. Passionis D. N. J. C., nel 1587 il Cantus eccl. Officii maioris, e nel 1588 le Praefationes in cantu firmo.

Questi volumi erano stati preceduti da un antifonario stampato a Venezia da P. Liechtenstein di Colonia nel 1579-1580. Nel 1599 fu pubblicata ad Anversa, dai Plantin, la celebre edizione del Graduale; sotto Paolo V, nel 1614, comparve la grande edizione medicea, che qualche anno fa ha dato luogo a larga discussione, e nella quale, secondo l'opinione più accreditata, sembra debba escludersi ormai qualunque partecipazione del Palestrina (cfr. M. Brenet, Palestrina, 5ª ed., Parigi 1919, p. 117 segg.). Dopo questa edizione non venne più fatta un'edizione completa e con carattere ufficiale dei libri corali prima di Pio IX. Questi nominò una commissione, la quale, non tenendo conto delle ultime ricerche archeologiche nel campo degli studî gregoriani, prendendo a base or la stessa edizione medicea or quelle di Venezia del 1585, di Anversa del 1611 e quella del Guidetti del 1582, compilò il Graduale e l'Antifonario, pubblicati a Ratisbona nel 1873 e nel 1878; nel 1886 si pose termine al lavoro con la pubblicazione del Caeremoniale episcoporum. L'edizione ratisbonese fu messa da parte solo quando i metodi critici ed archeologici dei benedettini di Solesmes trionfarono, fino ad ottenere da Leone XIII un incoraggiamento ufficiale (breve Nos quidem del 17 maggio 1901). Pio X poi deliberò di preparare la nuova edizione dei libri corali (Motu-proprio del 25 aprile 1904): ne fu affidata la preparazione ai benedettini di Solesmes, sotto la sorveglianza di una commissione presieduta dall'abate G. Pothier. Vennero pubblicati nel 1908 il Graduale, nel 1911 il Cantorinus Romanus e nel 1913 l'Antiphonarium; e ciò costituisce la cosiddetta edizione vaticana, oggi universalmente in uso.

Edizioni di antichi antifonarî diedero, dopo il Pamelio, il Tommasi (Antiqui libri missarum romanae ecclesiae, 1691, ed. Vezzosi, V, Roma 1750, pp. 1-296); D. Giorgi (De liturgia rom. pontificis, III, Roma 1743, pp. 441-530); M. Gerbert (Monumenta vet. lit. allemannicae, Roma 1777, I, pp. 362-400). La prima edizione di un Antiphonarium officii fu fatta in Roma nel 1686 dal Tommasi (Responsoralia et antiphonaria). Eccellenti edizioni moderne di antifonarî e graduali offre la collezione Paléographie musicale, pubblicata (dal 1889) dai benedettini di Solesmes. (V. tavv. CXXIII e CXXIV).

Bibl.: Oltre le opere citate nel corpo dell'articolo, si veda: Clodet, De la réstauration du chant liturgique, Plancy (Pas de Calais) 1852; F. I. Fétis, Histoire de la musique, III, iv, Parigi 1874; P. Guéranger, Institutions liturgiques, Parigi-Bruxelles 1878, 2ª ed. 1885, I e tavole, al vol. IV; Th. Nisard, Études sur la restauration du chant grégorien au XIXe siècle, 1856; G. M. Tommasi, Responsoriale et Antiphonarium Rom. Ecclesiae, in Opera omnia, IV, Roma 1749, pp. 1-360; H. Leclercq, in Dict. d'archéol. chrét. et de liturgie, I, ii, s. v.; P. Cagin, Un mot sur l'antiphonale missarum, Solesmes 1890; A. Gastoué, Les origines du chant romain; l'Antiphonaire Grégorien, Parigi 1907; M. Varin, Des altérations de la liturgie grégorienne en France avant le XIIIe siècle, in Mémoires de l'Acad. des Inscr., i, ii (1852), pp. 581 segg., 617; E. Bishop, A letter of Abbas Helisactes, in Liturgica historica, Londra 1918, p. 333 segg.; sull'ornamentazione degli antifonarî antichi v. D. Giorgi, Lit. rom. Pont., Roma 1731-43, p. CXLI segg.

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