ALBIZZI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALBIZZI (von Allwitz), Antonio

Delio Cantimori

Nacque da Luca di Antonio il 25 nov. 1547 "in praedio paterno non procul a Florentia".

Il Constant, nel Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., I, coll. 1703-1705, accetta come luogo di nascita Venezia, secondo il Mazzuchelli; ma questo cita come propria fonte una Vita, fondata su note autografe dell'A, stesso (da cui la precedente citazione), dove si specifica anche che erano terre degli Albizzi situate presso il confine senese.

Condotto a Firenze nel 1552 per via della guerra di Siena, nel 1559 fu mandato a Venezia alla scuola di C. Sigonio, che dopo pochi mesi l'A. segui a Padova (per tre anni anche come pensionante). Dopo cinque anni di studi di logica e diritto a Padova e uno a Bologna, nel 1565 l'A. era a Firenze per le nozze di Francesco de' Medici con Giovanna d'Austria, e vi segui le .lezioni di etica di P. Vettori e di fisica di A. Segni. Dal 1566 frequehtò l'università di Pisa, dove nel 1567 fu "reggente" della locale colonia della fiorentina Accademia degli Alterati (che l'A. aveva contribuito a fondare anni prima in Firenze). Nel 1568 venne chiamato a commentare all'arciduchessa Giovanna la Retorica di Aristotele, nella recente traduzione di A. Caro. Fu fra i fondatori dell'Accademia Fiorentina, della quale fu nominato "console" nel 1574. A questo periodo risalgono scritti di argomento dantesco, canti carnasciales chi e una bella Vita di Pietro Strozzi.

Nel 1576 entrò al servizio dell'arciduca cardinale Andrea d'Asburgo, seguendolo a Roma nel 1577-79 e rimanendo poi al suo servizio in varie mansioni: prima come "camerarius aulicus", poi, dopo la nomina del cardinale (che era anche vicario amministratore degli stati ereditari di Casa d'Austria) a vescovo coadiutore di Bressanone, come governatore di Klausen e distretto (ma per breve tempo), infine con funzioni di governo (giudiziarie, ecc., ma come commissario) nella irrequieta Carniola, dove in cinque anni riportò la tranquillità e la fedeltà agli Asburgo, ricevendone al suo ritorno ad Innsbruck solenni encomi ed attestazioni. Il cardinale Andrea gli affidò anche varie legazioni: presso la corte imperiale, presso la Santa Sede, presso il granduca di Toscana, i principi di Ferrara e di Mantova. L'A. raccontava d'aver conosciuto Gregorio XIII e Clemente VIII. Pare conoscesse, oltre l'italiano il latino e il greco, il francese, lo spagnolo, il tedesco, lo slavo (lingua dei Vendi).

Nel 1585, durante un lungo e grave attacco di febbre terzana, ascoltando letture dl testi sacri fattegli da un gesuita, fu preso da crisi religiosa e si convertì al luteranesimo, ma non rese subito manifesta la sua conversione; solo dopo morto santamente il cardinale Andrea, in Roma, nell'autunno del 1600, di malaria e di strapazzi per le faticose devozioni del Giubileo (un biografo parla di conversione dell'A. ascoltando letture sacre durante la malattia del cardinale), l'A. si recò in Toscana per vendere il suo patrimonio personale (in fretta e con un certo rischio, per una denuncia), e poi rese pubblica la conversione. In questo periodo si mosse fra Augusta (dove frequentò per un notevole periodo la casa di Marco Welser, il celebre antiquario e storico italianato), Innsbruck, già sede del cardinale Andrea, e Kempten, città imperiale, allora appartenente al ducato di Sassonia, dove però si stabili definitivamente solo nel 1606 quando il nuovo imperatore Rodolfo Il costrinse tutti i luterani a lasciare il sere vizio di corte. A Kempten l'A. visse agiatamente, benvoluto per le due donazioni di 400 forni fatte a quel fondo scolastico, richiesto sovente di pareri politico-giuridici da quel senato cittadino, ma facendo vita ritirata di meditazione e di studio, dilettandosi solo di eseguire un po' di musica nei pomeriggi. La sua taciturnità e il suo riserbo fecero pensare che non volesse esser sospettato di tradire segreti di Casa d'Austria dei quali sarebbe stato depositario. Rifiutò un invito fattogli consegnare dal nunzio a Lucerna affinché tornasse al cattolicesimo: resistette anche alle esortazioni dei familiari, che erano riusciti a far sospendere una prima citazione a comparire davanti al S. Uffizio. La seconda citazione fu affissa alla porta della chiesa d'un convento nei pressi di Kempten, il 4 giugno 1626. Ma l'A. non ne venne a conoscenza, perché da tempo entrato in marasma senile. Lasciò alla città di Kempten, per le scuole, la sua biblioteca e il resto del suo patrimonio (1500 forni).

Secondo Haeberlin avrebbe tradotto in italiano opere di propaganda luterana; a lui si deve la stampa di Kempten, 1617, della Epistola de caussis decessus sui di M. A. De Dominis, che è una delle prime di quella lettera. Il suo caso aveva destato tanta attenzione, e la sua fama era tale, che gli fu anche attribuito il celebre Squittinio della libertà veneta (1612). I suoi rapporti con gli Asburgo non sono del tutto chiariti. Ha lasciato vari scritti teologici latini (alcuni poi tradotti in tedesco), dove si notano richiami al tradizionale motivo della riforma italiana, il "beneficio di Cristo"; per il resto, segue le dottrine luterane come allora insegnate in Sassonia. Si veda, per esempio, il Tractatus brems..., Campidoni 1613; Exercitationum theologicarum pars prima..., Campidoni 1616; II, 1617; e altri, divenuti subito rarissimi.

Ma l'opera principale dell'A., dedicata al cardinale Andrea, è la raccolta di genealogie di famiglie regnanti, Principum Christianorum Stemmata (I ediz. Augustae Vind. 1600), che ebbe cinque edizioni latine (ultima, Argentorati 1627) e una tedesca.

Fonti e Bibl.: Stadtarchiv, Kempten; Vita, anonima, premessa alla edizione 1627 degli Stemmata (con ritratto; presso l'Arch. della città di Kempten, ritratto a olio di U. Mauch); F. D. Raeberlin, Dissertatio historico-theologica de A.A., Gottingae 1740; G.M. Mazzuchellì, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 337-339; Chr. Gotti. Jöcher, Allg. Gelehrten Lexicon, I Leipzig 1750, coll. 212-213. La Vita di Piero Strozzi é stata pubblicata da C.G. in Vite d'uomini d'arme e d'affari del sec. XVI..., Firenze 1866 (nell'avvertenza introduttiva, la dedicatoria al cardinale Andrea).

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