ALDINI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALDINI, Antonio

Enzo Piscitelli

Nacque a Bologna il27 dic. 1755 da Giuseppe e da Caterina Galvani, sorella di Luigi. Laureatosi in utroque iure nel 1773, l'anno appresso fu nominato, presso l'università di Bologna, lettore di diritto naturale e delle genti, poi di diritto civile, e dal 1786 di diritto pubblico. Divenuto, intanto, coadiutore di I. Magnani nella carica di "difensore dei rei", assunse nel 1796 la difesa di G. De Rolandis e dei compagni di L. Zamboni, dopo il fallito tentativo giacobino. Guadagnatasi, in tale occasione, grande popolarità, se ne giovò all'arrivo dei Francesi, nel giugno del 1796, per assumere una posizione politica preminente. Poco dopo, infatti, il senato provvisorio bolognese lo inviò a Parigi insieme con L. V. Salvioli, G. Conti e S. Bologna, per perorare presso il Direttorio la causa dell'unione delle province occupate dai Francesi: ma il Direttorio non si mostrò favorevole. Tornato in patria, l'A. partecipò al congresso delle città e dei territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio nell'ex capitale estense e, subito dopo, venne nominato presidente del primo congresso della Confederazione cispadana, tenuto egualmente a Modena (ottobre 1796), ove fece prevalere il principio di un'unione federale su quello municipalistico. A Bologna, eletto deputato, presiedette i comizi elettorali riuniti nella chiesa di S. Petronio, nel corso dei quali, il 4 dic. 1796, fu approvata la costituzione democratica bolognese. L'A. ebbe pure una parte di rilievo al secondo congresso cispadano di Reggio e di Modena (dicembre 1796-marzo 1797), riunitosi per sostituire alla confederazione una repubblica unitaria, nella quale fosse compresa anche la Lombardia. Fautore, insieme con N. Fava e G. B. Gavazzi, dell'immediata fusione della Cispadana con la Cisalpina per la creazione di uno stato nazionale, quando tale programma parve accantonato rimase qualche tempo in disparte dalla vita pubblica: vi si riaflicciò allorché le Legazioni vennero riunite anch'esse, dopo Reggio, Modena, ecc., alla Cisalpina (luglio 1797). Infatti, fu chiamato dal Bonaparte a far parte dei comitati riuniti di questa, e poi del Corpo legislativo nel Consiglio dei seniori, assumendo, nello stesso tempo, il difficile incarico di commissario ordinatore dei paesi della Valtellina aggregati alla Repubblica. Nel febbraio 1798, eletto presidente dei seniori, si oppose alla ratifica del trattato di alleanza proposto dalla Francia alla Cisalpina, e fu perciò costretto a lasciare nuovamente la vita politica. La reaziqne del 1799 non lo molestò. Rioccupata l'Italia settentrionale dal Bonaparte nel 1800, e risorta la Cisalpina, l'A. fu nominato membro della Commissione straordinaria di governo. Nel 1801 fu, insieme con il Serbelloni, inviato straordinario a Parigi, dove già si trovavano il Marescalchi e il Melzi, per trattare con il Primo Console il ritiro delle truppe francesi dal territorio cisalpino e l'approvazione di un progetto di costituzione. Si recò poi alla Consulta di Lione, dove ebbe la presidenza della seconda sezione, incaricata degli affari bolognesi e romagnoli.

Nel corso dell'elezione del presidente della Repubblica italiana, il nome dell'A. fu votato al secondo scrutinio dalla maggioranza dei membri della commissione incaricata della designazione.

Rifiutata la presidenza, divenne membro del Corpo legislativo, di cui fu la personalità di maggior rilievo: ma nel 1803, in seguito a un contrasto personale con il Melzi, l'A. fu destituito dal suo posto. Si ritirò allora di nuovo, per qualche tempo, a vita privata. Ma, creatosi nel marzo 1805 il Regno d'Italia, dopo aver ricoperto altre cariche minori, l'A. fu segretario di stato residente a Parigi, e questo ufficio ricoprì sino alla fine del Regno.

In tale qualità, legato di amicizia con Napoleone e interprete degli ordini dell'imperatore, divenne suo ascoltato consigliere per le cose d'Italia, molto contribuendo alla formazione e allo sviluppo dei nuovi e più moderni ordinamenti giuridici e amministrativi. Inoltre, non abbandonando la sua primitiva idea di uno stato nazionale quanto più possibile esteso nella penisola, si batté per l'unione delle Marche, e poi di Roma e dell'Umbria, al Regno italico.

Nel 1814, caduto Napoleone, l'A. si recò, insieme col Berni degli Antoni, a difendere gli interessi di Bologna al congresso di Vienna, tentando invano d'impedire la restituzione della città al dominio pontificio, e presentando, nel maggio 1815, al Metternich, un progetto di governo autonomo per le Legazioni.

Ritiratosi dapprima a Milano e rientrato poi a Bologna, l'A. visse l'ultimo penodo della sua vita in disparte, amministrando l'ampio patrimonio immobiliare che si era da tempo costituito. Benché tenuto in sospetto dal governo austriaco e da quello pontificio, quest'ultimo gli conferì l'incarico di dottore aggregato al collegio legale dell'università di Bologna e quello di membro della commissione dei lavori del Reno, dei quali in passato si era già interessato. Morì a Pavia il 30 sert. 1826.

Fonti e Bibl.: U. Da Como, I comizi nazionali in Lione per la costituzione della Repubblica italiana, I, Bologna 1934, pp.56-60, 171-173, 190-192, 217-218, e passim; II, 1, ibid. 1935, pp. 31-32, 99-100, 113-117, e passim; II, 2, ibid. 1935, pp.557-558, e passim; III, 1, ibid. 1938, pp. 6-8, 38-39, 56-57, 66-69, e passim; III, 2, ibid. 1940, pp. 4-5; G. Cencetti, Inventario delle carte Aldini  [nell'Archivio di Stato di Bologna], Bologna 1935; A. Zanolini, A. A. ed i suoi tempi, voll. 2, Firenze 1864-1867; T. Casini, I deputati al congresso cispadano (1796-1797) in Riv. stor. del Risorgimento ital., II (1897), pp.144-147; Id., Di alcuni cooperaroni italiani di Napoleone I, in Ritratti e studi moderni, Milano-Roma-Napoli 1914, passim; L. Rava, Il cittadino A. A. espulso dal Senato della Cisalpina, in Nuova Antologia, LXI (1926), pp. 121-139; G. Cencetti, Le tre legazioni, A. A. e il Congresso di Vienna, in Bologna, XIII (1935), pp. 17-28; M. Petrocchi, La Restaurazione, il cardinale Consalvi e la riforma del 1816, Firenze 1941, pp. 93-94 e passim; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, I, Milano 1958, pp. 295-299 e passim.

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