BRUNI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRUNI, Antonio

Claudio Mutini

Nacque a Manduria il 15 dic. 1593 da Giulio Cesare, originario di Asti, e da Isabella Pasanisi. Dopo i primi studi in patria (sembra abbia avuto come maestro tal Matteo Del Prete), si trasferì a Napoli, ove fu benevolmente accolto da Giambattista Manzo, che lo invitava ad assistere alle sedute degli Oziosi. Si suppose che a Napoli avesse intrapreso studi di giurisprudenza: più certo è che egli cominciò per tempo a comporre versi, forse per sollecitazione dello stesso Manzo, data la precocità della sua prima raccolta poetica, La selva di Parnaso, stampata a Venezia nel 1616 sotto la diretta sorveglianza dell'autore.

L'esordio del B. avvenne all'insegna del trionfante concettismo. Divisa in due parti (di cui la prima contenente soltanto sonetti e la seconda i madrigali, le canzoni, le stanze, i panegirici, gli scherzi), la raccolta accoglie un vasto repertorio di artifici retorici che non dispiacquero allo stesso Marino. Ancora nel 1623 l'autore dell'Adone ricorderà alcune liriche della Selva di Parnaso come degne di essere recitate, insieme con un canto della Strage degli Inwcenti, al cospetto dei conservatori di Roma, in Campidoglio.La fortuna del libro valse al B. non pochi riconoscimenti: primo fra tutti la nomina ad arciprete nella nativa Manduria (nel 1615 aveva abbracciato lo stato ecclesiastico), carica che il B. preferì cedere per trasferirsi a Roma. Qui si incontrò col Marino nel 1623. Da una sua lettera al B. risulta che il poeta pugliese era in questo periodo in cattive condizioni di salute: continuava tuttavia a comporre versi, e il Marino lo esortava a non affaticarsi ricordando all'amico l'elevato livello cui era già pervenuto nella pubblica stima.

Sul finire dell'anno dové compiere un viaggio a Napoli, ed ecco il Marino impartire al B. consigli sugli svaghi poetici nella nuova dimora ("Potrà per suo esercizio passarsene talora a visitar il sepolcro di Virgilio, dopo che avrà contemplato quello del nostro Sannazaro, perché quelle ceneri sono atte a infondere nobilissimi spiriti di poesia a chi degli scritti dell'uno e dell'altro è così devoto come è V. S."), mentre briga presso Alessandro d'Este per trovare al fratello del poeta, Francesco, una onorevole sistemazione a Roma.

Nel 1624 il B. fa ritorno a Roma, mentre il Marino si trasferisce a Napoli, donde ragguaglia il B; sulle sedute degli Oziosi, di cui era stato eletto principe.

Il motivo di maggiore interesse nella corrispondenza fra il B. e il Marino è costituito in questo momento dalle polemiche intorno all'Adone, cheera stato affidato per la correzione e la censura al cardinale Pio di Savoia. Il giudizio del B. sul poema sembra che fosse in un primo tempo senza riserve, ma in seguito dové cambiare ed egli si trovò a far parte della fronda che si era formata anche tra i più intimi del Marino. Prevalsero infine la "candidezza d'animo" del B. o forse la volontà del Marino di conservare a Roma un amico fidato che potesse informarlo delle impressioni che provocava il poema nei censori moralisticamente più agguerriti.

Nel 1625 il B. fu chiamato a Urbino da Francesco Maria Della Rovere e nominato segretario. Se si considera che a Roma egli già prestava un analogo servizio e che era sua ferma intenzione non rinunciare ad alcuno dei due incarichi, si comprende l'ironia del Marino che indirizza al B. una gustosa lettera scherzando sulla infaticabilità del destinatario: "Presuppongo bene che avrà degli aiutanti, e che l'aprirsi a lei un largo campo di mostrare al mondo il suo valore è cosa assai conforme alle sue virtù; pure desidero aver più distinto ragguaglio di ciò che passa, ed intanto mi rallegro seco che magni a due ganasse, senza sospetto di biasimo, ma con sua propria loda e riputazione...".

Per Francesco Maria Della Rovere il B. compose La Ghirlanda, poemetto in sestine pubblicato a Roma nel 1625. Vi campeggia - termine iperbolico di una storia che rievoca i fasti imperiali di Roma - il duca di Urbino, circondato dai poeti che onorano la corte roveresca, armato di severo zelo religioso contro gli eretici, raffinato raccoglitore di opere d'arte.

Al Marino piacque particolarmente il poetico elogio del duca e ne scriveva al B. in questi termini: "Io ho letta la parte inviatami con mio grandissimo gusto, e per dirne il mio senso, se le corrisponderà il resto (e si può dal sereno dell'alba far certo argomento della tranquillità del meriggio) la stimo composizione assai bella, poiché nel suo stile fioriscono le grazie, il concetto è nobile, la dicitura peregrina, i pensieri nuovi, e si vede ch'ella non imita quei pittori frustapennelli che attendono a copiar le favole antiche, ma le piace filosofar con nuove e capricciose fantasie per non essere nel numero della plebe de' poeti".

Quel che vi è di più schematico, e di più scontato, nell'imitazione del Marino rivive nell'opera più fortunata del B., le Epistole eroiche, edite a Milano nel 1626 e più volte ristampate nella prima metà del secolo.

Tipicamente marinistica è la contaminazione, entro la cornice ovidiana, di molteplici fonti latine e volgari, tali da suggerire l'impressione di una rara e brillante sintesi letteraria. Così, per citare solo alcune tra le più fortunate epistole incluse nella raccolta, il racconto di Tacito sembra essere la principale fonte dell'epistola di Seneca a Nerone, Virgilio ha ispirato quella di Turno a Lavinia, Ariosto è presente nell'epistola di Fiordispina a Bradamante, di Olimpia a Bireno, di Armida a Rinaldo, il Tasso, ricordato dal B. nella Ghirlanda, ispira l'epistola di Tancredi a Clorinda, mentre in quella di Venere ad Adone influì direttamente il Marino. Molte epistole sono esemplate su modelli della bassa latinità, ma, a parte i prestiti che riguardano singoli episodi, in tutte è presente quella lezione di "asianesimo" che il modernismo dei marinisti assumeva come cifra fondamentale da contrapporre al precario equilibrio della retorica classicistica: ciò che all'opera del B. fruttò la stima e l'ammirazione non soltanto del Marino, ma di tutti gli esponenti più in vista del mondo letterario del tempo, da Nicola Villani a Claudio Achillini, dal Preti al Barbazza, allo Stigliani.

A pochi anni di distanza dalle Epistole eroiche uscirono Le tre Grazie (Roma 1630), raccolta di rime divise per argomenti (le amorose sono affidate alla tutela di Aglaia, le eroiche a quella di Talia, le sacre e morali a quella di Eufrosine), in cui l'autore volle far rifluire alcune liriche già pubblicate nella Selva di Parnaso.

Èstato notato, soprattutto nelle Eroiche, un più genuino ritorno del B. al Petrarca delle poesie civili: ciò non toglie che i suoi modelli prediletti restino il Tasso (di cui commemora la morte in un sonetto che fu tra i più letti e ammirati) e naturalmente il Marino, il quale già nel 1624 lodava la canzone per Emanuele Filiberto di Savoia, raccolta poi nella silloge col titolo La visione. Laraccolta poetica, dedicata a Marino Caracciolo, valse al B. l'iscrizione all'Accademia napoletana degli Oziosi, mentre riconoscimenti ed elogi gli venivano dagli Umoristi di Roma, dagli Insensati di Perugia, dai Caliginosi di Ancona. Giambattista Manzo e il Tassoni si esprimevano in termini così elogiativi che non trovano riscontro se non nelle lodi riservate al Marino.

Ancora nel Settecento, superato il disprezzo arcadico per la poesia secentesca, l'elogio del B. figura nei repertori del Quadrio, del Crescimbeni, del Mazzuchelli, e sono le liriche più fortunate delle Tre Grazie che costituiscono la base per il giudizio sul Bruni.

Durante il servizio presso il duca di Urbino il B. dové compiere viaggi inerenti al proprio ufficio a Firenze, a Pesaro, a Perugia. Roma di nuovo lo accolse, negli ultimi anni, sotto la protezione di Urbano VIII. Morì il 23 sett. 1635, avendo progettato un poema sulle Metamorfosi, varie tragedie (L'Annibale,Il re Dario)e drammi pastorali.

Fonti e Bibl.: Poesie del B. si leggono nella antologia dei Lirici marinisti, a cura di B. Croce, Bari 1910, ad Indicem; enel volume ded. a Marino e marinisti, a cura di G. G. Ferrero, Napoli-Milano 1954, ad Indicem. Per i rapporti con l'autore dell'Adone v. G. B. Marino, Lettere, a cura di M. Guglielminetti, Torino 1966, ad Indicem. Per la biografia vedi G. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, II, Milano 1741, p. 295;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittorid'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2180 ss.;G. Gigli, Scrittori manduriani, Lecce 1888, pp. 75 ss.;M. R. Filieri, A.B. poeta marinista leccese, Lecce 1919; I. Giampaglia, Studio critico su A. B., Roma 1921; A.Belloni, Il Seicento, Milano s.d., ad Indicem; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1963, pp. 83, 290; F. Croce, Tre momenti del baroccoletter.ital., Firenze 1966, ad Indicem.

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