CICCARONE, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

CICCARONE, Antonio

Antonio Graniti

Nacque a Vasto (Chieti) il 7 ott. 1909 da Francesco e da Rosa Marcantonio, in una famiglia di antiche e nobili tradizioni culturali e civiche.

Il nonno Silvio (1821-1897) fu protagonista dei moti risorgimentali meridionali e prodittatore di Garibaldi in Abruzzo- dopo l'unità d'Italia rinunciò all'elezione pariamentare a favore di Silvio Spaventa, di cui divenne grande elettore. Il padre fu deputato al Parlamento dal igo4 al 1919 per il collegio di Vasto ed ebbe incarichi di responsabilità alla Pubblica Istruzione; a lui principalmente si deve l'istituzione in Italia dei licei scientifici.

Il C. iniziò gli studi a Roma e li continuò a Napoli, ove conseguì la maturità classica; si laureò in scienze agrarie a Bologna nel 1933. Durante gli studi e dopo la laurea diresse l'azienda agraria della famiglia, acquisendo l'esperienza pratica e il senso della realtà agricola che tanto gli gioyaropo in seguito. Rinunciò tuttavia a, questa promettente attività professionale, per recarsi per due anni, dal 1935, a Palermo con una modesta borsa di studio, all'istituto botanico di quell'università, diretto da L. Montemartini, dal quale fu introdotto agli studi micologici e fitopatologici. Nel 1938, dopo un breve periodo passato nella Stazione sperimentale di olivicoltura di Pescara, l'incertezza della sua posizione e soprattutto il suo spirito avventuroso lo spinsero ad accettare l'incarico di orgarrizzare i servizi fitopatologici dell'Africa Orientale Italiana.

Fitopatologo del Centro sperimentale agrario ad Addis Abeba, organizzò la sezione di patologia vegetale, poi distrutta durante la guerra, condusse studi ed osservazioni sulle malattie dei cereali e di altre colture agrarie ed esplorò dal punto. di vista micologico e fitopatologico il territorio etiopico (Primo contributo alla conoscenza dei micromiceti dell'Africa Orientale Italiana, in Annali del Centro sperim. agr. e zootecn. dell'AOI, I [1940], pp. 1-47).

Nel 1940 la sua attività scientifica fu interrotta dalla guerra. Ufficiale di artiglieria di montagna, partecipò a fatti d'arme che gli valsero la croce al merito. Catturato dai guerriglieri abissini nel 1941, fuggì con uno stratagemma e, raggiunte le colonne inglesi, fu internato nei campi di prigionia del Kenya per tre anni.

Nel 1944, dopo l'armistizio, poté tornare alla ricerca fitopatologica negli Scott Agricultural Laboratories del Dipartimento di.agricoltura del Kenya, a Nairobi, ove condusse studi su fitopatie nuove per quella regione (come in Bacterial Canker of Tomatoes in Kenya, in The East African Agricultura Journ., XII [1946], pp. 26-29; Monochaetia Canker of Cupressus in Kenya, in Empire Forestry Rev., XXVI [1946], pp. 289-290).

Rimpatriato nel 1946, passò un anno a Firenze, presso l'Istituto agronomico per l'Oltremare, dove riordinò ed elaborò ciò che era riuscito a salvare del suo primo periodo di lavoro in Africa (Il problema delle ruggini dei grani in Etiopia. Tre anni di osservazioni (1938, 1939, 1940), in Riv. di agricoltura subtr. e trop., XLI [947], pp. 169-194, 248-261; Monochaetia unicornis (C. et E.) Sacc., agente patogeno di un grave cancro dei cipressi. Dati morfologici e biologici, in Annali di sperimentazione agraria, n.s., III [1949], pp. 489-546). Nel 1947 accettò l'invito del governo venezuelano di cooperare all'organizzazione dei servizi fitopatologici del Venezuela e dirigere la sezione di micologia del Centro de investigaciones agronomicas a Maracay. Svolse anche i corsi di patologia vegetale nell'università centrale dei Venezuela, a Caracas.

Qui organizzò i laboratori della sezione, costituì, riordinandolo, l'erbario micologico dei Centro, avviò alla ricerca giovani studiosi, raccolse e studiò un'ingente quantità di materiale fitopatologico, chiarì l'eziologia di importanti fitopatie e il modo di combatterle (Osservazioni sulle epifizie di Phytophthora infestans (Mont.) de Bary nel Valle de Aragua, Venezuela, in Riv. di agr. subtr. e trop., XLIII [1949], pp. 22-28).

La sua permanenza in Venezuela, dove ritornò alcune volte in seguito per collaborare agli studi micologici ivi condotti, non fu ulteriormente prolungata perché fu destinato, quale aiuto direttore, alla Stazione sperimentale di patologia vegetale di Roma.

Era stata, questa, una delle prime stazioni sperimentali agrarie italiane (di cui fu primo direttore G. Cuboni). Il gruppo di giovani studiosi che, nel dopoguerra, si era raccolto intorno agli allievi di L. Petri, trovò nel C. una guida sicura e un, maestro capace di rinnovare ed ampliare gli studi fitopatologici. In quello stesso periodo il C. insegnò patologia vegetale nell'università di Roma.

Intanto, nuovi centri di studio erano sorti nelle facoltà di agraria di nuova istituzione, specie nel Mezzogiorno e nelle isole. Al C. questo richiamo meridionalistico non poteva sfuggire. Nel 1951 e 1952, nell'università di Sassari tenne i corsi di patologia vegetale e organizzò l'omonimo istituto. Alla fine del 1952, vinto il concorso a cattedra, fu nominato professore di ruolo nell'università di Catania, della cui facoltà di agraria divenne preside.

Nell'arco di cinque anni, superando enormi difficoltà, costituì la nuova sede della facoltà e attrezzò un moderno istituto di patologia vegetale. Alla sua scuola si formarono numerosi giovani fitopatologi. Con un'ingente messe di osservazioni sulla condizione sanitaria delle principali colture agrarie meridionali e lo studio delle fitopatie in rapporto all'ambiente, constatò che gran parte delle conoscenze sulla biologia degli agenti fitopatogeni acquisite in altre regioni non potevano essere estese al Mezzogiorno.

In quegli anni, trascorse anche periodi di studio presso università straniere (in California e in Brasile). Nel 1957 si trasferì all'università di Bari, dove rimase fino alla morte. Ancora una volta, fondò, potenziò e diresse l'istituto di patologia vegetale e fu per molti anni preside della facoltà di agraria, che dotò di nuove strutture, aziende agrarie e di un nuovo corso di laurea.

A Bari l'opera dei C. nell'organizzare e dirigere la ricerca fitopatologica fu straordinariamente fertile. In venticinque anni il suo istituto divenne un centro di studi tra i più moderni e importanti dei Mediterraneo; ad esso si aggiunsero due istituti e un centro del Consiglio nazionale delle ricerche, da lui promossi.

Dal 1975 al 1980 fu presidente dell'Istituto sperimentale per la patologia vegetale di Roma, alla cui riorganizzazione egli contribuì sostanzialmente. Per otto anni, dal 1964 al 1972, fu membro, e nel secondo quadriennio presidente, del comitato di consulenza per le scienze agrarie dei Consiglio nazionale delle ricerche, nel quale diede nuovo impulso alle ricerche agrarie in genere e fitopatologiche in particolare. Durante la sua presidenza furono istituiti, soprattutto nel Mezzogiorno, numerosi laboratori e centri di studio.

Nel 1973 fondò l'Associazione fitopatologica italiana, di cui fu il primo presidente: Né meno importante fu il contributo da lui dato, per i problemi dell'area mediterranea e delle zone calde in genere, ad organizzazioni internazionali (FAO, OCDE, ISPP) operanti nel campo della sanità e della protezione delle piante. Fu membro del consiglio dell'Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (OEPP) e uno dei principali promotori dell'istituzione, a Bari e a Montpellier, in Francia, del Centro internazionale di studi superiori agronomici mediterranei.

Per stimolare la cooperazione tra i diversi paesi dei Mediterraneo negli studi sulle malattie delle piante, nel 1960 egli fondò con G. Goidanich la rivista internazionale Phytopathologia mediterranea e continuò la sua azione con la fondazione, nel 1964, dell'Unione fitopatologica mediterranea, di cui fu il primo presidente.

Il C. morì a Napoli il 13 maggio 1982.

Il contributo scientifico del C. nel campo della micologia e in molti rami della patologia vegetale è documentato da oltre centottanta pubblicazioni sue e da quelle, oltre un migliaio, dei suoi allievi e collaboratori, il cui lavoro personalmente guidò e incoraggiò.

Egli era fondamentalmente un micologo con interessi sistematici: a lui si debbono la scoperta di molte specie nuove di funghi fitopatogeni, revisioni e rielaborazioni di alcuni generi e di circa quaranta specie o entità subspecifiche fungine, segnalazioni nuove di funghi in territori e ambienti diversi, studi ecologici ed epidemiologici, ricerche sull'effetto del clima sulla vegetazione e sui parassiti. Essendo però uno studioso applicato, cercò di dare risposte ai problemi fitopatologici che gli si presentavano nei diversi ambienti agricoli in cui si trovò ad operare, in ciò svolgendo spesso un lavoro pionieristico. Preziosi, spesso risolutivi, furono gli apporti di studio da lui dati alla conoscenza dei patogeni e delle malattie dell'olivo, dei mandorlo, della vite, degli agrumi, del pomodoro e della patata, dei cereali, nonché di varie malattie di piante forestali e tropicali (cipresso, cacao, caffè, banano, cotone, piretro).

Il C. fu uno dei maggiori e più completi fitopatologi europei del tempo, capace di sintesi e di originali aperture. Egli impostò e organicamente sviluppò una patologia delle colture agrarie meridionali, che allargò a dimensioni mediterranee. Con le sue ricerche, osservazioni e intuizioni, con senso realistico dei problemi agricoli e del territorio, egli incise profondamente, molto innovando, nelle applicazioni, spesso in contrasto con la tradizione basata su dati incerti o acquisiti in regioni ecologiche diverse.

Oltre gli scritti già citati, si ricordano: Morfologia di Neobarclaya natalensis Syd. Considerazioni sul genere Neobarclaya Sacc. e segregazione di: Uniseta, nuovo genere di Melanconiali, in Nuovo Giornale bot. ital., n. s., LIV (1947), pp. 697-712; Considerazioni biologiche e sistematiche sull'agente della "lebbra" delle olive, recentemente osservata nel leccese, in Boll. della Staz. di patol. veg., s. 3, V (1947), pp. 143-165; Alterazioni da freddo e da rogna sugli ulivi, esemplificate dai danni osservati in alcune zone pugliesi negli anni 1949-1950, ibid., VI (1948), pp. 141-174; Nota preliminare sulle osservazioni attualmente in corso intorno ad alcuni avvizzimenti del pomodoro, con qualche cenno sull'azione concomitante di un eriofide: Vasates destructor (K), in Boll. della Staz. di patol. veg., s.3, VII (1949), pp. 131-157; Segnalazione di Delacroixa coronata (Cost.) Sacc. e P. Syd., in La Ricerca scient., XX (1950), pp. 474-477; Two Species of Pythium Recorded for Venezuela, in Plant Disease Reporter, XXXV (1951), p. 387; La "nebbia" del carciofo (Cynara scolymus L.) e del cardo (Cynara cardunculus L.), in Boll. della Staz. di patol. veg., s. 3, XI (1953), pp. 163-204; New Records of Tomato Diseases in Italy, in FAO Plant Protection Bull., III (1954), pp. 11- 12; Gli aspetti fitopatologici della coltura del pomodoro in Italia, in Genetica agr., VI (1956), pp. 303-340; Aspetti del freddo nel Mezzogiorno, in Italia agric., XCIV (1957), pp.647-658, Degenerazione infettiva della vite, nomatodi e fumigazione dei suolo, ibid., XCVI (1959), pp. 143-46; La disinfestazione chimica del terreno, in I Georgofili, s. 7, VI (1959), pp. 247-265; A antracnose maculada da amendoeira (Prunus amygdalus Batch.), causada por Sphaceloma siculum n. sp., in Arquivios do Inst. biológico, XXVI (1959), pp. 11-16; Elsinoë oleae n. sp. novo parasita da oliveira (Olea europaea L.), ibid., pp. 17-22; Malattie, in Olive da tavola, a cura di E. Baldini e F. Scaramuzzi, Bologna 1963, pp. 241-270; Descrizione di Hyalodendron amygdali n. sp., in Annales de l'Inst. phytopath. Benaki, n. s., VI (1964), pp. 27-36; Le malattie del mandorlo e orientamenti per il futuro, in Agricoltura, XVI (1967), n. 4, pp. 75-82; La difesa antiparassitaria delle colture protette: parassiti vegetali, in Italia agric., CV (1968), pp. 1089-1125; Attuali cognizioni intorno a Botrytis cinerea Pers. sulla vite, in Atti dell'Accademia ital. della vite e del vino, XXII (1970), pp. 3-33; Il fungo del "Mal secco" degli Agrumi, in Phytopathologia mediterr., X (1971), pp. 68-75; Studies on a Species of Monosporascus Isolated from Triticum, in Mycopathologia, LXVI (1978), pp. 147-171; La septoriosi della patata, in Phytopath. mediterr., XVII (1978), pp.81-89; Some Aspects of Mediterranean Plant Pathology, ibid., XXI (1982), pp. 43-49.

Fonti e Bibl.: A. Graniti, A. C. 1909-1982, in Università di Bari, Annali della facoltà di agraria, XXXII (1981-82), pp. X-XVIII (ed anche in Rivista di biologia, LXXVI [1983], pp. 107-122); G. L. Ercolani, Pubblicazioni del prof. A. C., ibid., pp. XXIX-XXXIX (elenco completo delle opere).

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