ANTONIO Farnese, duca di Parma e Piacenza

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANTONIO Farnese, duca di Parma e Piacenza

Elvira Gencarelli

Nato a Parma il 26 nov. 1679, terzogenito di Ranuccio II e di Maria d'Este, fu educato alla scuola dei gesuiti dove acquistò una modesta cultura. A diciotto anni il fratello Francesco Maria gli fece compiere un lungo viaggio attraverso l'Italia e l'Europa, viaggio che lo mise a contatto con la migliore società europea. Tornato in patria nel 1700, A., tenuto, lontano da ogni forma di attività politica, condusse una vita oziosa da scapolo. La questione del suo matrimonio, che portava con sé la soluzione del problema della successione dei Farnese, cominciò ad essere agitata molto tempo prima della morte del fratello. Nel 1719 l'Austria premeva sul duca Francesco, sia con mezzi diplomatici sia con l'occupazione militare del ducato, per fargli accettare il matrimonio di A. con la principessa Sobieskj. Ma tale pressione riuscì inutile di fronte alla fortissima influenza che sulla politica della casa Farnese esercitava allora la Spagna, decisamente contraria al matrimonio di A., che avrebbe seriamente pregiudicato la successione dei figli della regina Elisabetta. Soltanto dopo la morte di Francesco Maria (26 febbr. 1727) A., cambiando politica nei riguardi della Spagna, dichiarò all'Austria di essere disposto a prendere moglie. E nel giugno 1727 si concluse il matrimonio, a lungo progettato, di A. con Enrichetta d'Este, terzogenita del duca Rinaldo di Modena; matrimonio su cui la corte di Vienna, che aveva acquistato ogni ingerenza alla corte di Parma, faceva grande assegnamento, nella speranza che un eventuale figlio e discendente di A. avrebbe tolto all'Infante di Spagna la successione dei ducati italiani. Durante il breve periodo in cui regnò, l'ultimo dei Farnese non fu in grado, per le sue scarse capacità politiche, di occuparsi dell'amministrazione dello stato e di porre qualche riparo all'enorme deficit finanziario; i sudditi erano gravati da tasse dissanguatrici, mentre la corte continuava a indebitarsi con i banchieri genovesi. L'unica traccia che resta del suo governo è il rinnovo di una grida, nel 1728, per promuovere le arti della seta, della cera e del miele.

A. morì a Parma quasi improvvisamente il 20 genn. 1731; stando a ciò che l'abate Giacobazzi riferisce nelle Memorie,si sospettò che la stessa corte di Vienna lo avesse fatto avvelenare. Nel testamento rogato poco tempo prima di morire, il 19 gennaio, A., dopo aver dichiarato suo erede universale il "ventre pregnante" della moglie Enrichetta, stabiliva che, mancando un crede, la successione sarebbe toccata alla prole maschile della regina Elisabetta Farnese. Ma l'agitazione suscitata da questo testamento nell'ambiente diplomatico europeo durò poco: constatata la falsa gravidanza della vedova, Carlo di Borbone occupò il ducato.

Bibl.: L. A. Muratori, Annali d'Italia, XII Roma 1754, pp. 194, 224; R. Galluzzi, Istoia del granducato di Toscana, V, Firenze 1781, pp. 79, 108; E. Robiony, Gli ultimi de' Medici e la successione al Granducato di Toscana, Firenze 1905, pp. 194 s., 208 s., 247-261; H. Bédarida, Parme dans la politique française au XVIII siècle, Paris 1930, pp. 23 s.; G. Drei, I Farnese, Roma 1954, pp. 270-279, 280-285, 288.

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