GREPPI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GREPPI, Antonio

Carlo Vallauri

Nacque da Ulisse e da Maddalena Rebuschini ad Angera, nel Varesotto, il 26 giugno 1884.

Il G. si formò nell'ambito di una tradizione familiare sensibile ai valori civici e patriottici: di particolare spessore fu la figura del nonno Giuseppe Rebuschini, garibaldino. Vicino sin da giovane all'impegno, umano ancor prima che politico, del socialismo riformista - cui l'aveva introdotto U.G. Mondolfo, suo insegnante di storia al liceo Berchet di Milano frequentato dal 1911 -, il G. avrebbe ispirato la sua visione della vita a un pacifismo tolstoiano non disgiunto dall'influenza delle correnti positiviste.

Nel 1913, volontario per un anno nel Savoia cavalleria, restò impressionato dall'impiego del suo reparto intervenuto in servizio d'ordine pubblico per disperdere una dimostrazione di lavoratori. Nel 1914 si iscrisse a giurisprudenza all'Università di Pavia e, in giugno, s'impegnò nelle elezioni comunali di Milano in sostegno della lista socialista, vittoriosa con l'elezione a sindaco di E. Caldara, il quale rimase per lui esempio significativo di amministratore operoso.

Nell'agosto dello stesso anno l'invasione del Belgio da parte della Germania generò nel G. un'avversione profonda all'uso della forza nei conflitti internazionali; partecipò, quindi, ai dibattiti tra i socialisti milanesi circa l'intervento. Dopo la dichiarazione di guerra all'Austria da parte dell'Italia, nel 1915, rispose alla chiamata alle armi e fu inviato come sergente al fronte, dapprima sull'Isonzo, volontario in una batteria di bombardieri, poi, nell'inverno 1916, assegnato alla cavalleria; nel 1917 fu ferito nella zona del Pasubio. Durante un breve soggiorno in ospedale sposò Bianca Mazzoni, conosciuta sin da ragazzo.

Il G. aveva seguito con interesse le iniziative pacifiste dei socialisti europei ed era al fronte quando E. Cacciaguerra, direttore di un giornale d'ispirazione cristianosociale, L'Azione di Cesena, lo invitò a collaborare: a tal fine ebbe contatti con P. Mazzolari e G. Donati, di cui condivise le posizioni fondate sul principio di salvare sul momento, con la guerra, i popoli d'Europa per risolvere in seguito, con la pace, i problemi di giustizia sociale. In questo periodo ebbe anche modo di ascoltare a Schio una conferenza di G. Salvemini, concordando con lui nel ritenere la guerra in corso un conflitto di civiltà. Dopo Caporetto fu con i socialisti che affermavano di "ritrovare la patria" sul Grappa, e combatté sul Montello e sul Piave.

Congedato al termine della guerra, tornò ad Angera e si iscrisse al partito socialista (sezione di Varese). Nel 1919 si laureò con una tesi su "Pregi e difetti del parlamentarismo", argomento di scottante attualità tra i socialisti, divisi tra i sostenitori della rivoluzione russa e i fautori di una evoluzione graduale, attraverso le istituzioni democratiche, linea quest'ultima dal G. caldeggiata, in costante comunione di intenti e di lavoro politico con F. Turati e Anna Kuliscioff.

Il G. si dedicava con interesse anche alla letteratura e un suo racconto vinse nel '19 il premio per la pace indetto dalla Rivista internazionale, diretta da T. Moneta. Mentre s'avviava alla professione forense, fu attivo nell'Università proletaria e tra gli Amici dell'arte (come direttore del periodico Popolo e arte) e si dedicò a scrivere per il teatro, pubblicando la sua prima commedia, Buio (cfr. Teatro, I). Nelle elezioni amministrative del 1920 si presentò candidato nel Comune di Angera e fu eletto sindaco, trovandosi presto coinvolto nella bufera scatenata dai fascisti. In seguito ai disordini successivi alla marcia su Roma, si dimise per protesta, pur potendo godere della benevolenza personale mostrata nei suoi confronti in quanto ex combattente. Nelle settimane precedenti aveva seguito G. Matteotti, Turati e C. Treves nel nuovo Partito socialista unitario, costituito in polemica con i massimalisti, e, in rappresentanza dei giovani, entrò nella direzione, assumendo la responsabilità del loro organo La Libertà!

Tra il 1923 e il 1925 si impegnò attivamente in difesa della democrazia contro il fascismo, trovando consonanza in G. Faravelli, C. Rosselli, G. Saragat, con i quali si incontrò più volte, promuovendo numerose iniziative. Subito dopo il rapimento di Matteotti rifiutò la difesa di uno degli aggressori. In quelle tumultuose settimane fu poi oggetto di violenze personali, partecipando attivamente alla denuncia delle responsabilità di Mussolini, in linea con i maggiori esponenti dell'opposizione, da G. Amendola a C. Sforza e P. Gobetti; a Berna commemorò Matteotti.

Negli anni del fascismo il G. riuscì a esercitare comunque la professione forense, guadagnandosi la fama di "avvocato dei poveri". Vennero anche rappresentati alcuni suoi testi teatrali (tra i quali, a Bologna nel 1926, Il miracolo, compagnia sperimentale F. Mari).

Tali lavori, come del resto i successivi, sono principalmente improntati alla ricerca del significato etico comunque presente nel comportamento degli esseri umani e nelle piccole vicende dell'esistenza quotidiana; di fatto il G. rifiutava il concetto di apoliticità della cultura e, come il suo amico e sodale V. Brocchi, intese, almeno entro certi limiti, professare il socialismo attraverso la letteratura.

Quando in Italia venne proibita ogni libera attività politica e giornalistica e soppresso il quotidiano socialista La Giustizia, cui collaborava, il G. cercò, comunque, di mantenere vive le ragioni della democrazia mediante iniziative politico-culturali e mantenendo i collegamenti con esponenti antifascisti di diverso indirizzo.

Nel 1930 incontrò a Milano il belga J. Moulin, animatore in Francia di centri democratici, e, sin dall'inizio degli anni Trenta, stabilì contatti con i militanti di Giustizia e libertà e con il gruppo cattolico dei neoguelfi. Nel 1934-35 si raccordò con R. Morandi, che aveva costituito a Milano il Centro socialista interno per una ripresa dell'azione politica in Italia, e, nel 1936, con il Gruppo rosso (A. Sassu, R. De Grada, A. Malagugini), dimostrandosi sensibile alle esigenze rinnovatrici espresse dalla nuova generazione di militanti socialisti.

Malgrado le difficoltà provocate dalla maggiore vigilanza della polizia, in concomitanza con la guerra d'Etiopia intensificò la sua attività e quando, nei primi mesi del 1937, vennero arrestati Morandi e altri dirigenti del Centro socialista interno - di cui E. Colorni aveva assunto la responsabilità - egli si trovò a rivestire un ruolo di primo piano nel movimento clandestino.

Nel 1938, in previsione della visita di Hitler in Italia, venne arrestato e dovette restare in carcere otto mesi, accusato di "complicità con organizzazioni antifasciste all'estero". Prosciolto dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato - come egli stesso scrisse, anche a seguito di un intervento di Mussolini -, rimase sottoposto a vigilanza speciale; ciò non interruppe la sua attività antifascista.

Nel 1939 denunciò la violazione del diritto dei popoli compiuta da Hitler con l'invasione della Polonia e le propensioni belliciste di Mussolini; intensificò, con Faravelli, l'azione di collegamento tra antifascisti in Lombardia; dopo Stalingrado, nel 1942 e nei primi mesi del 1943, si impegnò, insieme con G. Romita, F. Santi e R. Veratti, per estendere la rete clandestina socialista.

Dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943) partecipò a Milano, in rappresentanza dei socialisti, alla definizione di un documento per l'unità dei partiti democratici; nei giorni successivi all'8 settembre, quando apparve chiara l'impossibilità di resistere ai Tedeschi, si rifugiò nei dintorni di Vanzago. A fine dicembre varcò il confine svizzero e passò un periodo in un campo di internamento, mantenendo i collegamenti con S. Pertini e il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI). Nell'agosto 1944 il figlio Mario, partigiano, morì in un'imboscata tesagli a Milano. Nell'inverno rientrò in Italia per prendere parte attiva al movimento militare di Resistenza: fu assegnato alla VIII brigata "Matteotti", con la quale, a fine aprile 1945, nei giorni dell'insurrezione, partecipò a un'azione contro una colonna blindata tedesca in ritirata nella zona di Domodossola. Chiamato a Milano appena liberata dai partigiani, venne designato dal CLNAI alla carica di sindaco, riconosciuto nei giorni successivi anche dal comando militare angloamericano.

Assunte le sue funzioni, sventò, alla Breda, l'esecuzione, senza regolare processo, di alcuni accusati di collaborazionismo a favore dei Tedeschi e dette ordine di rimuovere da piazzale Loreto e di trasportare al cimitero i cadaveri di Mussolini e degli altri gerarchi fucilati.

Insediato al municipio, dedicò da quel momento tutto il suo impegno al fine di far risorgere la città dalle rovine, sollecitando il valore della concordia quale via da seguire ed esempio per tutti i cittadini.

Sua prima cura fu quella di assicurare alla popolazione, colpita dalla guerra, gli approvvigionamenti fondamentali, il funzionamento degli ospedali e dei servizi per l'energia, i trasporti. Intervenne affinché i tribunali straordinari fossero presieduti da ufficiali superiori e da magistrati onde garantire a tutti un giusto processo. Costituì nel nome di Matteotti - di cui tenne la prima commemorazione pubblica - un fondo per l'assistenza alle persone più danneggiate dagli eventi bellici. Si adoperò per la sistemazione di quanti fossero rimasti privi di abitazione e per la ricostruzione del teatro alla Scala, distrutto dai bombardamenti aerei.

Nell'ambito del partito socialista fu tra i promotori della corrente di critica sociale e della ripresa dell'omonima rivista. Costituito il primo governo De Gasperi, concordò con il ministro dell'Interno G. Romita l'inclusione di Milano fra le grandi città in cui le elezioni comunali si svolsero nell'aprile 1946, prima del referendum istituzionale e del voto per la Costituente: la lista socialista ottenne in questa occasione il più alto numero di voti, superando la Democrazia cristiana e il Partito comunista italiano, e il G. venne confermato sindaco dal voto popolare. In giugno fu eletto membro della Costituente nel collegio di Milano, con oltre 24.000 preferenze, ma in settembre si dimise per mantenere il suo impegno prioritario al Comune, ove rimase sindaco fino alle elezioni del 1951.

Oltre a provvedere alle primarie necessità, fu tra i sostenitori della nascita del Piccolo Teatro di P. Grassi e G. Strehler, destinato a divenire uno dei più importanti complessi di prosa in Europa. Intervenne nella delicata questione del "prestito Parini", emesso dal Comune nel periodo dell'occupazione, disconosciuto dal CLNAI con decisione fatta propria anche dall'amministrazione comunale ma poi, su indicazione di C. Merzagora, revocata per non farne gravare il peso sui milanesi meno abbienti che avevano ritenuto di sottoscriverlo.

Sempre nel 1946, dopo la sostituzione, da parte del ministro dell'Interno M. Scelba, del prefetto E. Troilo, già comandante della brigata partigiana "Maiella", con un funzionario di carriera, il G. si dimise per solidarietà con il disagio manifestato da gran parte della cittadinanza e con l'occupazione della prefettura a opera dei partigiani; tuttavia, una volta che il ministro gli ebbe dato atto del valore del suo gesto, d'intesa con la giunta, riprese il suo posto. Avviò, quindi, le procedure per un nuovo piano regolatore.

In questo ambito riuscì a far costruire dagli enti pubblici un rilevante numero di case popolari e contemporaneamente facilitò la ripresa dell'edilizia privata: in pochi anni vennero costruiti, o ricostruiti, circa 100.000 vani; furono ripristinati gli edifici scolastici e venne fissata la sistemazione della nuova sede per l'Università. Inoltre, fu municipalizzato il servizio per il gas, rinforzato il servizio dei trasporti pubblici, specie interurbano, mentre si riavviava il lavoro nelle fabbriche.

Nel gennaio 1947 la scissione socialista lo vide aderire al Partito socialista dei lavoratori italiani accanto a Saragat e a Mondolfo.

La scissione socialista lo aveva profondamente amareggiato ed egli, come risulta dalla sua corrispondenza privata con P. Nenni, tentò in ogni modo di ricomporre la frattura.

Nel 1953 si staccò dai socialdemocratici per partecipare al Movimento di unità popolare (con F. Parri, P. Calamandrei e T. Codignola), di cui fu candidato capolista a Milano; nel 1954 rientrò nel Partito socialista italiano.

Coerente nella sua testimonianza di cristiano "in terra marxista" in quegli anni collaborò con la rivista dei cristianosociali Adesso, diretta da Mazzolari; nel 1955 Morandi si consigliò con lui prima di lanciare al congresso socialista la proposta del "dialogo con i cattolici", destinata ad avere grande ripercussione in concomitanza con il richiamo alla coesistenza pacifica nella politica internazionale.

Nel 1958 venne eletto a Milano per la Camera e nel collegio di Varese per il Senato, optando per Montecitorio, e fu quindi riconfermato alla Camera nel 1963.

In assemblea intervenne principalmente nelle discussioni sui bilanci dei dicasteri finanziari, dell'Interno e della Giustizia (sostenne l'abolizione dell'ergastolo, la rieducazione dei carcerati e l'amnistia ai condannati per reati politici), nonché del nuovo ministero del Turismo e dello Spettacolo, proponendo la revisione della legge sulla censura cinematografica e teatrale. Nella commissione Interni si impegnò in favore dei connazionali profughi e delle vittime della guerra, dell'abolizione delle norme limitatrici del cambio di residenza, per la tutela degli autori e delle opere dell'ingegno, per il riordinamento delle materie comunali, l'istituzione della polizia femminile, la nuova regolamentazione del settore del tempo libero, nonché per nuove norme relative al trattamento economico e previdenziale del clero.

Il G. aveva continuato in questi anni a coltivare i suoi interessi artistici e a scrivere in particolare per il teatro; suoi testi furono rappresentati da compagnie di livello in Italia e in America Latina, messi in onda alla radio e spesso pubblicati, nonché positivamente recensiti da critici quali, fra gli altri, R. Simoni e M. Praga; ciò gli consentì di mantenere rapporti costanti con il mondo artistico, cui molto teneva; fu, tra l'altro, presidente del Sindacato nazionale autori drammatici.

Fra i suoi lavori drammatici si ricordano in particolare: Il piccolo piange, 1928 (rappresentato da Tatiana Pavlova, R. Cialente ed Evi Maltagliati); La rosa, 1928 (rappresentato da V. Talli); L'avvocato, 1931; I ragazzi, 1932; Domani, 1934; Barbara, 1936; La donna di tutti, 1936; Signorina Candida, 1937; L'avvocato dei poveri, 1939; L'isola, 1946; La corona, 1946; Qualcuno in grigioverde, 1949; Michele Arzalà, 1951; Passeggeri, 1951 (premio Città di Bologna; musicato da G.C. Sonzogno su libretto di Ciro Fontana); Valperga, 1953; Quel matto di Kroll, 1957 (premio Rosso di San Secondo, Lentini); La tromba degli angeli, 1957; Il messaggio, 1963; La consegna, 1967; La vita con te, 1967; La camicia di Nesso, 1968; Caravelle, 1970; La vera vita di Bernardo Zen, 1975; La giustizia e la libertà, 1978; scrisse anche commedie in vernacolo lombardo (La tiranna, El coeur in pas e I saresett). I suoi testi sono stati raccolti nei volumi editi a Milano da Ceschina: Teatro, I (1925-35) - II (1935-45), 1964; III (1945-55), 1966; IV (1955-65), 1969.

Tra le opere di narrativa e saggistica edite, tutte pubblicate a Milano salvo diversa indicazione: Infanzia sul lago, 1936; Notti sul Carso, 1937; Vita e passione d'avvocato, 1939; Storie, 1942; Commemorazione fatta al teatro Lirico l'8 dicembre 1945, in E. Gonzales - A. Greppi, In memoria di E. Caldara, s.d. [1945?]; I poveri fanno la storia, 1948; Il bravo ragazzo, 1951; Risorgeva Milano, 1953; Mio figlio, in Il secondo Risorgimento d'Italia, Roma 1955 (premio Bari 1957); La coscienza in pace(50 anni di socialismo), 1963; Gli anni del silenzio e del coraggio, 1963; Lunga lettera a Bianca, 1967; scrisse inoltre testi per bambini, tra i quali il romanzo L'araba fenice, 1954.

Il G. morì a Milano il 22 ott. 1982.

Fonti e Bibl.: Roma, Fondazione Nenni, Archivio P. Nenni, Carteggio P. Nenni - A. Greppi, b 27, f. 1436; C. Vallauri, in Indice degliautori italiani contemporanei, in Ridotto, VII (1957), n. 4; Storia delsocialismo italiano, Roma 1981, IV (in partic.: B. Tobia, I socialisti nell'emigrazione dalla Concentrazione antifascista ai fronti popolari 1926-1934, p. 153; L. Rapone, L'età dei fronti popolari e la guerra 1934-1943, pp. 248, 326, 405); V (in partic.: E. Di Nolfo - G. Muzzi, La ricostituzione del PSI. Resistenza, Repubblica, Costituente 1943-1948, pp. 11, 188, 207, 210; P. Amato, Gli anni del frontismo 1948-1955, pp. 334, 339, 341); F. Livorsi, Turati. Cinquant'anni di socialismo in Italia, Milano 1982, p. 435; G. Ricci, A. G., in Diritto criminale e criminologia, 1986, n. 4; Il partito socialista nella Resistenza. I documenti e la stampa clandestina (1943-45), a cura di S. Neri Serneri, Pisa 1988, p. 370; S. Di Scala, Da Nenni a Craxi. Il socialismo italiano visto dagli USA, Milano 1991, ad ind.; Z. Ciuffoletti - M. Degl'Innocenti - G. Sabbatucci, Storia del PSI. Dal dopoguerra ad oggi, Milano-Bari 1992, pp. 57, 68 s., 81, 192; G. Tassani, A. G., in Il Parlamento italiano 1861-1988, XVII, Milano 1991, pp. 97 s.

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