JANIGRO, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

JANIGRO, Antonio

Ennio Speranza

Nacque a Milano il 21 genn. 1918 da Nicola, originario del Molise, e da Maria Cavo, ligure.

Lo J. crebbe in un ambiente musicale "ma tragico" (cfr. intervista rilasciata a O. Bossini, in Testimonianze, pp. n.n.): il padre, pianista di notevole talento, aveva perduto l'uso del braccio sinistro a causa di una ferita provocata da un cecchino durante la prima guerra mondiale; la madre era una violinista professionista. Dopo aver iniziato lo studio del pianoforte, il giovanissimo J. passò al violoncello all'età di otto anni, seguendo le orme del nonno, avvocato e violoncellista dilettante.

Lo J. ricevette le prime lezioni di violoncello da G. Berti alla Scuola musicale di Milano, ma i progressi furono tali da consentirgli nel 1927, dopo meno di un anno, l'ingresso nella classe di G. Crepas presso il conservatorio G. Verdi. Grazie agli sforzi del padre, riuscì a farsi ascoltare dal celebre violoncellista Pablo Casals, di passaggio a Milano, il quale lo indirizzò a Parigi da D. Alexanian, che insegnava all'École normale de musique nella classe di violoncello di Casals stesso. Nel 1934, dopo avere completato gli studi al conservatorio, lo J. si trasferì nella capitale francese. Qui, oltre a seguire i corsi, entrò in contatto con musicisti quali A. Cortot, P. Dukas, Nadia Boulanger, J. Thibaud, I. Stravinskij, G. Enescu, A. Roussel, B. Martinu, J. Salmon. In particolare, strinse amicizia con i coetanei Ginette Neveu, e D. Lipatti. Con questo ebbe un felice sodalizio artistico che s'interromperà solo con la prematura scomparsa del Lipatti, avvenuta nel 1950.

Diplomatosi nel 1937, lo J. intraprese una regolare attività concertistica.

Gli esordi ci vengono raccontati dallo stesso J. con una certa dose di umoristico disincanto: "Dopo il diploma, mi sentivo a terra perché non avevo niente e per di più Alexanian non ci ha mai aiutati per avere un concerto. Il primo concerto che ho avuto in Francia […] è andato così. Ero su una terza classe di legno, tornavo a Parigi da Milano; verso le quattro del mattino mi alzo, tiro fuori il violoncello, metto la sordina e comincio un pochino a studiare. A un certo momento viene un signore e mi dice "Ma lei suona molto bene. Guardi, io organizzo dei concerti ad Auxerre, se lei vuole io la prendo subito per un concerto". Questo è stato il mio debutto da professionista" (ibid., pp. n.n.).

Nel 1939, mentre si trovava in Croazia in vacanza con la madre, gli venne offerta la cattedra di violoncello del conservatorio di Zagabria. Lo J. accettò e tenne l'incarico sino al 1953, risiedendo stabilmente a Zagabria. Al termine della guerra, riprese l'attività concertistica con ritrovata lena, compiendo diverse tournées in Europa e Sudamerica, suonando sia sotto la direzione dei maggiori direttori d'orchestra dell'epoca, sia in duo o in trio con interpreti quali P. Badura-Skoda, D. Lipatti, C. Zecchi, J. Demus, E. Bagnoli, A. Ciccolini. Arrivarono quindi le prime incisioni, accolte dal pubblico e dalla critica con grande interesse: nell'arco di un decennio lo J. divenne uno dei violoncellisti più apprezzati della sua generazione.

Considerato da Casals un vero e proprio talento e un magnifico strumentista, lo J., anche per la sua fortunata attività a Zagabria, fu da molti creduto musicista iugoslavo. Ma il suo viaggiare senza sosta e la sua curiosità ne hanno fatto un cittadino del mondo in senso pieno: "proprio dal connubio delle sue radici con una cultura internazionale derivava il suo modo di suonare e di agire nella musica: asciutto e sobrio, ma pronto ad accendersi, anche nel discorrere e giudicare; aperto alle seduzioni del suono, ma disposto a subordinare l'effetto momentaneo al rigore dello stile e al senso dell'architettura complessiva. In linea con la sua personalità culturale era l'ampiezza del suo repertorio: contribuì come pochi alla diffusione della musica barocca nei primi decenni della sua rinnovata fortuna, ma il Novecento non mancava mai nei suoi programmi e tenne a battesimo molte prime esecuzioni di Ligeti, Penderecki, Roussel" (G. Pestelli, ibid., pp. n.n.).

Nel 1953 sposò Neda Cihlar, figlia dello scrittore croato M. Nehajev, dalla quale ebbe due figli, Nicole e Damir; alla fine dello stesso anno fondò il complesso da camera I Solisti di Zagabria, il cui debutto avvenne il 5 genn. 1954 a Bjelovar, presso Zagabria. La formazione, composta principalmente da dodici archi solisti, grazie alla qualità e allo smalto delle interpretazioni, si ritagliò un sempre più stabile spazio presso le istituzioni concertistiche europee, mentre lo J. cominciò a essere conosciuto e apprezzato anche come direttore d'orchestra, tanto da essere chiamato, nel 1959, a sostituire F. Fricsay alla testa dell'orchestra della radio RIAS di Berlino per una serie di concerti nella Repubblica federale di Germania e a Berlino.

L'attività discografica raggiunse in quegli anni un notevole peso, nella duplice veste di solista e direttore: si contano decine di registrazioni tra cui quella, storica, per la RCA, del Don Quixote di R. Strauss con la Chicago Symphony Orchestra diretta da F. Reiner e, in seguito, un cospicuo numero di incisioni compiute alla guida dei Solisti di Zagabria per etichette come Westminster e Vanguard.

Per dieci anni, sino al 1964, lo J. diresse anche l'Orchestra sinfonica e quella da camera di Radio Zagabria. L'anno seguente si trasferì con la famiglia a Milano, dove divenne direttore stabile dell'Orchestra dell'Angelicum, carica che mantenne sino al 1967 per poi accettare, quasi contemporaneamente all'abbandono della direzione dei Solisti di Zagabria, la conduzione dell'Orchestra da camera della radio della Saar, incarico che tenne sino al 1971. Nonostante problemi di salute (nel 1967, mentre era direttore ospite della Chicago Symphony Orchestra, venne colto da un infarto, per cui dovette diradare la direzione delle grandi orchestre sinfoniche), continuò a collaborare con importanti istituzioni: l'Orchestra da camera di Belgrado, la Camerata accademica di Salisburgo, l'Orchestra della RAI di Torino. Il rapporto con quest'ultima culminò nella fondazione del Complesso d'archi della RAI di Torino.

Lo J. morì a Milano il 1° maggio 1989.

Infaticabile e disponibile, sino all'ultimo non abbandonò l'attività didattica, insegnando nei conservatori di Düsseldorf (1965-74) e Stoccarda (1974-88), e svolgendo numerosi corsi di perfezionamento in tutto il mondo, tra i quali quelli tenuti a Salisburgo (1972-73) e Torino (1979-81). Con lui si sono formati strumentisti di fama internazionale come E. Dindo, M. Brunello, Th. Demenga, M. Flaskman, J. Berger, A. Meneses, G. Sollima e molti altri.

Fonti e Bibl.: A. J. Testimonianze, Torino 1990, pp. n.n. (programma di sala del concerto presso l'Auditorium della RAI di Torino); B. Gavoty, A. J., Geneva 1962; Otto violoncelli per A. J., Milano 1999 (programma di sala della Società del quartetto di Milano); U. Bracher, A. J. Musiker mit Leib und Seele, Berlin 1999; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 1980), IX, p. 496; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 744.

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