LOSCHI, Antonio

Enciclopedia Italiana (1934)

LOSCHI, Antonio

Remigio Sabbadini

Letterato e diplomatico, nato verso il 1365 a Vicenza, morto ivi tra il maggio e il settembre del 1441. Tentata invano la fortuna alla corte di Napoli, entrò nella cancelleria di Antonio della Scala, allontanandosene temporaneamente per impratichirsi nelle funzioni cancelleresche presso C. Salutati a Firenze. Cadute Verona e Vicenza nell'ottobre del 1387 in potere di Gian Galeazzo Visconti, il L. si ritirò nella città nativa. Almeno dal 1390 al 1396 fu a Pavia; nel 1398 succedette a Pasquino Capelli nella direzione della cancelleria dei Visconti, ufficio che tenne fino all'aprile 1404, quando, essendosi Vicenza data a Venezia, il L. rimpatriò, e in patria rimase sino alla prima metà del 1409, salvo due brevi soggiorni a Roma: a Roma anzi il 1° gennaio 1407 fu nominato segretario apostolico; ma egli, disgustato dello scisma, si allontanò presto dalla curia. Ve lo richiamò con la funzione di scrittore apostolico il 23 settembre 1409 Alessandro V; e in curia rimase anche sotto il successore Giovanni XXIII, che l'11 febbraio 1411 lo mandò ambasciatore in Germania, il i° gennaio 1412 lo creò notaro, il successivo 25 luglio abbreviatore e l'ebbe con sé al concilio di Costanza. Quando poi il papa il 20 marzo 1415 abbandonò il concilio, il L. lo seguì e riparò a Vicenza. Martino V, l'eletto di Costanza, lo ripristinò il 12 dicembre 1418 nell'ufficio di segretario; ma egli non si mosse fino al 1422. Restituitosi in curia, vi restò fino alla morte di Martino V e poi sotto il successore Eugenio IV, che accompagnò nella fuga a Firenze: ivi nell'ottobre del 1435 ebbe il congedo definitivo e ritornò a Vicenza.

Il periodo più bello e più fecondo dell'operosità diplomatica e letteraria del L. coincide col periodo più fulgido della corte viscontea nel quindicennio 1388-1402. Alla corte di Gian Galeazzo il L. scrisse infatti le sue migliori opere: lettere e orazioni, la famosa invettiva politica contro Firenze e la maggior parte delle epistole poetiche, con le quali faceva la propaganda alla politica viscontea. Allora compose col titolo di Inquisitio un commento rettorico a undici orazioni di Cicerone; compilò una serie di controversiae sul modello di Seneca; volgarizzò le Declamationes di Quintiliano e si provò anche nella traduzione metrica d'Omero, trasse dall'Iliade l'argomento di una tragedia, l'Achilles; e dall'Odissea s'accingeva a trarre l'Ulisses, che rimase interrotta: il L. diede il primo, non spregevole esempio di tragedia mitologica, sulle orme di Seneca. Nella prosa riesce pesante; nelle 40 epistole metriche tratta l'esametro con padronanza e chiarezza.

Bibl.: G. da Schio, Sulla vita e sugli studi di A. L. vicentino, Padova 1858; id., Antonii de Luschis Achilleis, Padova 1843; id., A de Luschis Carmina, Padova 1858; L. Frati, Le epistole metriche di A. L., in Giorn. stor. letter. ital., L (1907) pp. 88-104; F. Novati, Epistolario di C. Salutati, II, p. 354; III, p. 634; IV, p. 474; R. Sabbadini, Storia e critica di testi latini, Catania 1914, pp. 21-26; id., in Nuovo Arch. ven., n. s., XXX (1915), pp. 212-15; A. Corbellini, in Bollettino Soc. pavese st. pat., XVI (1917), pp. 147-66; W. Cloetta, Beiträge zur Litteraturgesch. des Mitt. und der Renaiss., Halle 1892, II, pp. 91-147.