BERNACCHI, Antonio Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERNACCHI, Antonio Maria

Raoul Meloncelli

Nacque a Bologna il 23 giugno 1685 daAngelo e Maria Maddalena Rossi. Rivelando una singolare tendenza alla musicalità, iniziò prestissimo l'attività di cantante, forse nelle chiese di Bologna.

S'ignora, comunque, chi lo avesse istruito per primo nel canto. L'Heriot riferisce che si esibì per la prima volta nel 1701 alla corte dell'elettore palatino e che continuò poi a cantare in Germania, recandosi tra l'altro a Mannheim; secondo il Grove, l'elettore del Palatinato Giovanni Guglielmo cercò di assicurarsi i suoi servizi per la corte di Düsseldorf. In seguito il B. si recò alla corte imperiale di Vienna, e soltanto al suo ritomo in patria ebbe luogo il suo esordio sulle scene italiane: nella stagione di carnevale 1709, infatti, il B. cantò al Teatro S. Angelo di Venezia nell'opera Arato in Sparta di G. M., Ruggeri. L'indicazione di "virtuoso di S. M. Cesarea ", apposta accanto al suo nome in quest'opera, testimonia i suoi rapporti con le corti straniere.

Sebbene non si abbia alcuna notizia precisa dell'anno in cui il B. entrò a far parte della celebre scuola di canto di G. A. Pistocchi a Bologna, si può supporre, da alcune informazioni d'un suo allievo, G. B. Mancini, che questo avvenisse prima del 1709 (e che forse nello stesso periodo fosse scolaro per il contrappunto di G. A. Riccieri). Le sue doti canore non dovevano essere eccezionali, ed egli stesso doveva essere consapevole dei suoi difetti tanto da indursi, anche dietro suggerimento di amici, a studiare con il Pistocchi. Il suo studio fu così assiduo e completo da fargli abbandonare volontariamente ogni altra attività, sia pubblica sia privata, fino a quando, trasformate le sue manchevolezze in autentici pregi per "l'assistenza d'un tanto Maestro ", non si rese padrone di una tecnica e di un'arte raffinate.

Nel 1710 il B. cantò ancora a Venezia nel Teatro S. Cassiano, dove s'esibì nel Tamerlano di F. Gasparini e nel Tiranno eroe di T. Albinoni; il 31maggio dello stesso anno, tornato a Bologna, cantò al Teatro Malvezzi nel Più fedele tra i vassalli (libretto di F. Silvani), musicato da diversi, e in Faramondo (24 giugno), su poesia di A. Zeno e musica di autori diversi. Nel giugno 1711partecipò, insieme con il Pistocchi, alle solenni manifestazioni artistiche svoltesi a Novara per la traslazione delle reliquie di s. Gaudenzio. L'anno seguente (15 agosto) al Teatro Marsigli-Rossi di Bologna fu tra gli interpreti della Fede tradita e vendicata,musica di G. M. Orlandini e F. Gasparini su testo di F. Silvani. Il 28 ott. 1713, sempre a Bologna, cantò al Teatro Formagliari in Carlo re d'Alemagna del Gasparini e dell'Oriandini, ottenendovi "grande applauso ". L'anno successivo replicò la stessa opera al Teatro ducale di Parma con esito tanto felice. che il principe di Parma, Antonio Famese, lo nominò suo "virtuoso ". Nel 1716si recò per la prima volta in Inghilterra, e il 10 marzo cantò a Londra in una ripresa del Pirro e Demetrio di A. Scarlatti. Apparve poi il 18 aprile nel Clearte di anonimo e il 5 genn. 1717, al Teatro Haymarket di Londra, sostenne nel Rinaldo di G. F. Haendel il ruolo di Goffredo, che fino a quel momento era stato sempre interpretato da donne; il 16 febbr. 1717 fu Dardanio nell'Amadigi di Gaula di Haendel, sostituendo Diana Vico.

A proposito della sua partecipazione artistica sui teatri inglesi, il Burney scrive che la scialba stagione lirica dell'Opera House del 1716-17 fu risollevata soltanto dalle interpretazioni del B.,il quale, più che per la voce, fu ammirato per la grande abilità tecnica. La sua permanenza in Inghilterra durò però solo un anno: nel 1717,deluso dalla fredda accoglienza del pubblico inglese, tornò in Italia, dove era considerato il migliore "sopranista" del tempo.

Al rientro in patria il B. iniziò anche quella che diverrà in seguito la sua attività più importante, l'insegnamento del canto, dando lezioni a Faustina Bordoni, cui permise di portare le sue doti naturali alla perfezione. Dal 1717 al 1724 apparve per lo più sui teatri veneziani, condividendo spesso il successo con la sua allieva Faustina, in opere di T. Albinoni, di C. F. Pollarolo, di M. A. Bononcini, di M. Gasparini e di G. M. Orlandini. Di particolare importanza furono, in quegli anni, le sue interpretazioni del Vespasiano di G. Pallavicini (dato in onore dell'esule pretendente al trono d'Inghilterra, Giacomo III Stuart) nella stagione autunnale del 1718 al Teatro del Sole in Pesaro, e dell'Ambleto diG. Vignati, B. Baglioni e G. Cozzi, in prima esecuzione al Teatro Ducale di Milano il 27 ag. 1719. Nel 1720 fu alla corte di Monaco, "virtuoso della Serenissima Casa di Baviera", e dal 12 ottobre di quell'anno, dopo il grande successo riportato nell'interpretazione del Lucio Vero di A. Zeno musicato da P. Torri, vi operò fino al 1727, pur con numerose interruzioni per recarsi a cantare a Roma (nella prima esecuzione della Griselda di A. Scarlatti al Teatro Capranica, gennaio 1721), a Venezia (autunno 1721, id. 1722, carnevale 1722-23), a Bologna (maggio 1722), ancora a Venezia (autunno 1723, carnevale 1723-24) e infine a Torino (carnevale 1726-27). Nel 1727 tornò a Bologna e il 2 giugno cantò al Teatro Malvezzi insieme con Carlo Broschi, detto il Farinelli, nella Fedeltà coronata ossia l'Antigone dell'Orlandini, testo di B. Pasqualigo.

In questa occasione il Farinelli, più giovane dei B., espresse dubbi sull'abilità del rivale, il quale gli propose una pubblica esecuzione. I due cantanti si cimentarono in un duetto di J. A. Hasse: mentre il Farinelli volle esibirsi in una elaborata cadenza, il B., nell'aria che seguì, ne imitò alla perfezione le fioriture, eseguendole con maggior grazia e agilità e aggiungendovi personali virtuosismi. Lo stesso avversario riconobbe la sua superiorità e lo pregò di accoglierlo come allievo. La vittoria fu celebrata anche con un sonetto, di anonimo, in dialetto bolognese: In favore del musico Bernacchi e contro il Farinello.

Nei primi mesi del 1729 il B. si recò a Napoli, dove, secondo una lettera del 2marzo di F. M. Zambeccari al fratello (citata da H. Heriot), il cardinale M. F. d'Althan, allora viceré di Napoli, gli chiese di restare per un altro anno. Ma poiché non venne accettata la sua richiesta, dell'allontanamento dei rivale G. Carestini, il B. ruppe il contratto stipulato con l'impresario A. Carasale e abbandonò immediatamente Napoli per recarsi dapprima a Milano, poi a Parma. dove, nella stagione di primavera 1729- con la Bordoni e il Farinelli - cantò al Teatro Ducale nel Lucio Papirio dittatore di G. Giacomelli. Frattanto Haendel, venuto in Italia per ingaggiare cantanti, aveva scritturato (forse a Napoli) il B., convincendolo a seguirlo in Inghilterra in compagnia della Meringhi, di Annamaria Strada, di Annibale Pio Fabri, di Francesca Bertolli e di altri: con la loro arte virtuosistica, essi contribuirono in parte al sorgere di un nuovo stile haendeliano nel campo del melodramma. La prima opera scritta da Haendel per la compagnia italiana del King's Theatre all'Haymarket fu Lotario, su testo arrangiato dall'Adelaide di A. Salvi. L'opera fu rappresentata il 2dicembre con scarso successo; tuttavia, la prima aria cantata dal B. - che ne era il protagonista -, "Rammentati cor mio", rivelò la maestria dell'esecutore che, per idea dello stesso Haendel, fu lasciato senza accompagnamento strumentale, affinché la sua voce non molto forte non fosse sommersa dall'orchestra. Anche l'aria "Vedrò più liete ", composta per le possibilità canore del B., ne mise in rilievo il gusto e la sensibilità.

Sull'attività inglese del B. restano varie testimonianze: sul Daily Journal del 2 Iuglio 1729 fu giudicato il miglior cantante italiano e il giudizio fu ribadito in una lettera di Jean-Jacques Zamboni al conte Ernst Christoph Manteuffel; P. A. Rolli lo definì "cantante eccezionale ". Contrariamente a questi giudizi, critiche erano mosse da un'altra contemporanea, Mary Pendarves, in due lettere, del 29 novembre e del 6 dic. 1729, alla sorella Ann Granville: sosteneva che la sua voce non era dolce come quella del Senesino (Francesco Bernardi) e la sua figura non molto piacevole, perché grasso come "un frate spagnolo ", e che, inoltre, pur essendo un buon cantante, non aveva saputo incontrare il gusto del pubblico inglese.

Il 24 febbr. 1730 fu rappresentata La Partenope diS. Stampiglia, musica di Haendel, e il B. riuscì felicemente nelle arie composte per la sua voce, ormai divenuta di contralto. Alla Partenope seguì l'Ormisda, su testo di A. Zeno, musicata forse da B. Cordans insieme con altri compositori, più volte replicata sotto la direzione dello stesso Haendel (dal 4 aprile al 14 maggio 1730). Fu poi di nuovo rappresentata il 19 maggio l'opera Tolomeo re d'Egitto, già composta da Haendel nel 1728.

Sempre nello stesso anno 1730 il B. sostenne il ruolo di Berengario nell'Adelaide di un certo Boccardi di Torino, opera di Haendel eseguita, forse nel giugno, al Teatro Haymarket in onore dell'elettore Carlo Alberto di Baviera, che fu l'ultima in. cui si esibì il B. durante il suo soggiorno in Inghilterra. Non avendo riscosso il successo che sperava, egli preferì tornare a Bologna, dove era grandemente stimato e giudicato "il miglior cantante d'Italia ". Quivi il 17 ag. 1731 partecipò con il Farinelli ad una "nobile accademia di suono e canto" nella casa del principe senatore Riario (Ricci), e nello stesso anno, ancora con il Farinelli, al Teatro Malvezzi cantò nel Farnace di A. M. Lucchini, musicato da G. Porta.

Nell'autunno 1731 tornò a Venezia e al Teatro S. Giovanni Grisostomo eseguì Scipione il Giovane di L. A. Predieri; nella stagione di carnevale 1732 vi cantò nell'Epaminonda delGiacomelli e nel Demetrio di Hasse. Tre anni dopo (1735) fece la sua ultima apparizione su questo teatro nel Demofoonte di Metastasio, musica di G. M. Schiassi, e nella Clemenza di Tito,ancora del Metastasio, musicata da L. Leo. Nel dicembre 1735 fu al Teatro Rangoni di Modena per rappresentarvi Semiramide riconosciuta del Metastasio, musica di anonimo, e nel 1736 Demetrio e Artaserse diHasse. Furono queste le sue ultime esecuzioni pubbliche, se si eccettuano alcuni concerti per lo più privati e qualche occasionale ripresa di opere famose, sempre in rappresentazioni a carattere prevalentemente privato. Abbandonate le scene, il B. istituì una vera e propria scuola per diffondere il nuovo stile e la tecnica che egli stesso aveva creato e perfezionato, divenendo in breve famoso in tutta Italia. Dice Heriot che fu merito del Pistocchi, del B. e di N. Porpora se l'arte del canto raggiunse nel Settecento la sua perfezione.

Il B. partecipò anche attivamente alla vita artistica dell'Accademia Filarmonica di Bologna, nel cui ordine dei maestri era stato iscritto fin dal 12 giugno 1722. Nel 1748-49 vi tenne la carica di principe, e si rivolse al papa Benedetto XIV perché concedesse all'Accademia bolognese gli stessi benefici e privilegi elargiti alla Congregazione romana di S. Cecilia. La sua richiesta fu soddisfatta con un breve del 22 apr. 1749.

Nel 1748 il B. aveva anche diretto le accademie di musica religiosa che si eseguivano nella chiesa di S. Giovanni in Monte a Bologna. Legatosi da profonda amicizia a padre G. B. Martini durante quegli anni, sembra che il B. avesse indotto l'illustre francescano a intraprendere la grande Storia della musica, il cui primo tomo fu pubblicato un anno dopo la sua morte. Fu amico anche del Metastasio: a testimonianza della loro amicizia restano due lettere da questo inviate il 21 genn. 1753 e il 15 nov. 1755 da Vienna. In esse si deplora la decadenza della musica determinata dagli abusi degli interpreti, che imitano "non più le passioni e la favella degli uomini, ma il cometto da posta, la chioccia che ha fatto l'uovo, i ribrezzi della quartana…". Il B. godette anche la stima di alcuni illustri musicisti, fra i quali si ricordano L. Vinci, che scrisse arie e duetti appositamente per lui, e F. Feo.

Il B. morì a Bologna il 16 marzo 1756.

Egli fu forse il più moderno e in un certo senso il più rivoluzionario maestro del suo tempo, ma fu anche responsabile di quegli eccessi virtuosistici che, come i gorgheggi e i trilli, diverranno poi l'arma segreta delle "prime donne" nel teatro melodrammatico dei secoli successivi. Al gorgheggio il B. conferì "una forma più sviluppata e più analoga al carattere della musica strumentale" (Frati). Si è già accennato alla sua personalità sconcertante e alla diversità delle reazioni suscitate dal suo virtuosismo. Comunque egli dovette, negli ultimi anni della sua carriera, modificare e perfezionare il suo stile, rivelando "il gusto più squisito e il sentimento più vibrante che si fossero fino allora ammirati sulle scene liriche" (Celletti). Come maestro di canto fu di eccezionale valore e dalla sua scuola uscirono allievi come Antonio Raaf, Giovanni Tedeschi, G. B. Mancini, Tommaso Guarducci; Carlo Carlani, per non citare che i più famosi. Nobile e generoso di carattere, il B. incoraggiò molti giovani compositori e musicisti. Compositore egli stesso, ha lasciato alcune testimonianze di questa sua secondaria attività nella Biblioteca del Conservatorio di Bologna: un Kyrie e il principio di un Gloria in excelsis Deo in re maggiore a cinque voci, concertati con ripieni, violini e trombe, e Iustus ut palma, graduale in la a cinque voci con strumenti, del 1749.

Bibl.: G. B. Mancini, Pensieri e riflessioni pratiche sopra il Canto figurato, Vienna 1774, pp. 14 s.; F. M. Rudhart, Geschichte der Oper am Hofe zu München. I. Die Italienische Oper von 1654-1787, Freising 1865, pp. 101, 103, 105, 108, 111, 113 s.; P. Breggi, Serie degli spettacoli dati al Teatro Regio,Torino 1872, p. 11; A. Gandini, Cronistoria dei Teatri di Modena, I, Modena 1873, p. 97; F. Florimo, La scuola music. di Napoli e i suoi conservatori, IV, Napoli 1881, pp. 23, 25; P. E. Ferrari, Spettacoli drammaticomusicali e coreografici in Parma…, Parma 1884, pp. 30, 32, 72 ss.; Carteggio ined. del Padre G. B. Martini…, I, Bologna 1888, pp. 305, 319 ss.; C. Ricci, I Teatri di Bologna nei secc. XVII e XVIII, Bologna 1888, passim (v. Indice, p. 718); L. Busi, Il Padre G. B. Martini…, I, Bologna 1891, pp. 141, 180; G. Gaspari, Cat. della Bibl. dei Liceo music. di Bologna, II, Bologna 1892, pp. 41, 520; III, ibid. 1893, p. 346; IV, ibid. 1905, pp. 208 s.; T. Wiel, I teatri music. veneziani del Settecento,Venezia 1897, passim (v. Indice,p. 558); L. Frati, Metastasio e Farinelli, in Riv. music. Ital.,XX(1913), pp. 4 ss.; Id., A. B. e la sua scuola di canto, ibid., XXIX(1922), pp. 473-485; F. Algarotti, Saggio sopra l'opera in musica, in G. F. Malipiero, I Profeti di Babilonia, Milano 1924, p. 235; V. Fedeli, Le cappelle music. di Novara dal sec. XVI a' primordi dell'Ottocento, in Istituz. e monum. dell'arte music. italiana, III, Milano 1933, pp. 29, 33; Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, pp. 772 s., 784 s., 805 s., 1065 s.; R. Celletti, I Preziosi mostri, in La Scala, Riv. dell'opera, 15 luglio 1951, p. 27; O. E. Deutsch, Handel. A documentary biography, London 1955, passim (v. Indice, p.898); H. Heriot, The castrati in opera, London 1956, pp. 39, 87-91, 93, 97, 174; Ch. Burney, A general histonv of music. From the earliest ages to the present period (1789), New York 1957, passim (v. Indice, p. 1058); [Ch. Burney], An eighteenth. Century musical Tour…, London-New York 1959, I, p. 153; II, pp. 106, 115; N. Flower, G. F. Handel. His personality and his times,London 1959, pp. 180, 199, 204; G. Abraham, Handel. A Symposium, London 1963, pp. 42-45; H. Bolongaro-Crevenna, L'Arpa festante. Die München Oper 1651-1825, München 1963, pp. 61, 156, 226; J. Hawkins, A general history of the science and practice in music, II, New York 1963. pp. 868, 877; P. M. Young, Handel, London 1965, pp. 45-47, 216; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 675; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, I, Graz 1959, pp. 466 s.; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 346 s.; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 248.

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