PAGLIA, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAGLIA, Antonio

Stefano L'Occaso

PAGLIA, Antonio. – Nacque da Francesco, pittore e scrittore, probabimente a Brescia e probabilmente nel 1680 (Boselli, 1964, p. 124); fu battezzato col nome di Carlo Antonio, raramente usato.

La sua formazione avvenne certamente con il padre, il cui stile ricalca nelle opere giovanili, sì da rendere talvolta indistinguibili le due mani o da far supporre una stretta collaborazione. Particolare importanza rivestono in questa fase la piccola Madonna col cardellino della chiesa di Lepreno di Serina, nel Bergamasco, datata 1704 e assegnata ad Antonio da Pagnoni (1979, p. 219), e soprattutto il S. Gaetano da Thiene che risana un paralitico, in S. Gaetano a Brescia, firmato e datato 1705 (Anelli, 1983, p. 108). Di questi anni sono la pala in S. Biagio a Rivoltella di Desenzano (Beschi, 2002), la pala dell’oratorio di S. Francesco a Basse di Sotto, presso Calvagese della Riviera (Guerrini, 2001), e due tele di soggetto antoniano, a Gazzolo di Lumezzane (1710) e in S. Maria in Calchera a Brescia. Antonio interpreta il magistero paterno con una superficie pittorica più densa e smaltata; così avviene anche nel Martirio di s. Giacomo della parrocchiale di Ospitaletto, firmato e datato 1711, e nell’Immacolata nella sagrestia della parrocchiale di Rovato, firmata (datata al 1712 da Anelli, 1985, p. 78).

Giovanni Battista Carboni (1775-76, p. 14) afferma che «duopo la morte del Padre si portò a Venezia alla scola di Bastian Ricci, e si faceua conto de suoi avertimenti li piaceua al somo la sua maniera, che quando ritornò in Brescia portò seco alcuni Modelli del d° Ricci per auer sempre soto alli ochi il suo carattere, e si fece assai familiare con il Cav° Mombelli quale li aueua preso grande affetto e da questo ebbe molte instruzioni». Non è impossibile che lo spostamento nella Serenissima presso Sebastiano Ricci, il quale sarebbe partito nel 1711 per l’Inghilterra e tornato a Venezia solo nel 1716, sia avvenuto già entro il 1711 (Anelli, 1994, p. 176); meno probabilmente verso il 1720 (Carminati, 1990, p. 815). Paglia dovrebbe essere rientrato in patria comunque entro il 1718, data del S. Giacomo condotto in giudizio, firmato, nella parrocchiale di Ospitaletto, che mostra un avvenuto mutamento di stile.

Carboni (1775-76, p. 15) afferma anche che Antonio si «diletò d’immitare le pitture antiche e speialmente quelle delli Bassani», il che sembra confermato dall’esistenza di un paio di copie riferitegli (Anelli, 1996, p. 51), e che da «Santo Calegari Scultore imparò a modelare le figure in creta, quali le vestiva di tela e formava l’istoria intiera, che copiandola al lume formava nelle sue opere una gran massa di Chiaro, e scuro» (Carboni, 1775-76, pp. 14 s., cfr. Mongiello, 2012); il pittore potrebbe aver appreso dallo scultore anche l’utilizzo di panneggi frastagliati, con ombre fonde e vibranti, che caratterizzano il suo stile dal 1730 circa.

Gli anni Venti furono il periodo più felice per la produzione dell’artista, il quale schiarì la sua tavolozza raggiungendo una stesura ampia, liquida e luminosa, che trova buoni termini di confronto con la coeva pittura di Simone Brentana. Non a caso è attribuita a quest’ultimo una Madonna con il Bambino, conservata presso la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (L’Occaso, 2013, p. 62), da restituire al bresciano. Nel terzo decennio si collocano tele di alta qualità: in S. Maria delle Grazie a Brescia, nella sala dei canonici del duomo Nuovo, a Cogozzo di Bedizzole (1723); e inoltre una tela già sull’esterno di via Musei 1 e ora apparentemente dispersa (attribuita al padre da P. Ferrari in La città dispersa ..., Botticino 1985, pp. 92-96), la pala della chiesa dell’Ascensione di Volciano (1725), il Battesimo di s. Giustina a Capriolo (che Stradiotti, 1993, p. 155, data al 1720-25),il S. Giovanni Evangelista in S. Maria della Carità a Brescia (1726; Stradiotti, 1981, p. 162) e la Madonna con i ss. Carlo Borromeo, Antonio abate e Antonio di Padova della parrocchiale di Mura di Savallo, databile entro il 1726 e firmata con il nome di battesimo per esteso, in ossequio ai santi raffigurati (Loda, 1995, pp. 85 s.).

Tra gli altri scambi attributivi risolti a favore di Paglia, si devono ricordare almeno due opere già assegnate a padre Andrea Pozzo e a Giacomo Ceruti: rispettivamente il Transito di s. Giuseppe un tempo nella collezione Heim di Londra (Loda, 2002) e la Maddalena penitente nella collezione del Credito Bergamasco (Creberg) di Bergamo (Anelli, 1996, p. 285 nota 75). Lo scambio con Ceruti avvenne anche per due ovali con Ritratti di gentiluomini (non identificati) della Pinacoteca Tosio Martinengo (inv. 1530 e 1531), resi a Paglia da Guerrini (1998, pp. 40 s.).

Tra il 1727 e il 1735, a più riprese, Paglia fu impegnato nella decorazione di S. Maria Maggiore a Chiari, uno dei suoi maggiori complessi pittorici (Fusari, 2010, pp. 78-83). Questo ciclo di tele, destinate alle cappelle di S. Bartolomeo, S. Francesco e dell’Angelo Custode, ben esemplifica il passaggio dalle tinte brillanti e opalescenti del terzo decennio a un ispessimento delle ombre e a tonalità calde.

Nel 1731 poté anche studiare e ammirare una tela raffigurante i Ss. Francesco da Paola e Scolastica in adorazione della Trinità, del parmense Clemente Ruta, destinata alla chiesa di Cazzago (Bonetti, 1744, p. 77), ma la sua pittura prese con determinazione altre strade, forse anche grazie alla conoscenza delle opere che Giovanbattista Pittoni inviava nel Bresciano dalla Serenissima. Il periodo è scandito da una ricca sequenza di pale firmate e datate: il S. Luca che dipinge la Vergine in S. Luca a Brescia e la Madonna col Bambino e i ss. Rocco, Bartolomeo e Giuseppe a Comero di Casto (entrambe del 1730), le pale della parrocchiale di Rovato (1731), di Mura e di Cremignane d’Iseo (1732), il Transito di s. Giuseppe nel santuario della Madonna della Ceriola (1733), la pala di Comero di Casto (1735), la Deposizione nella chiesa della Disciplina di Gambara (1735), la pala dell’Annunziata di Borno (1738). A questa fase dovrebbero appartenere la Crocifissione in S. Giovanni Evangelista a Barbarano di Salò, un’Immacolata in S. Maria degli Angeli a Brescia e il S. Pasquale Baylon in S. Bernardino da Siena a Caravaggio (Pacia, 2001).

Attorno al 1740 la fantasia dell’artista andò scemando e le sue opere divennero spesso ripetitive. La stessa Madonna col Bambino compare per esempio con minime varianti nelle pale di S. Maria Assunta a Rovato, di S. Matteo ad Angone di Darfo, di S. Giacomo a Carcina di Villa Carcina (1736), della chiesa di Sorbara di Asola (1740, su committenza Tosio; Pellegrini Galasi, 1988, p. 50), della chiesa di Belprato di Pertica Alta (1740). Eppure il pittore, raccogliendo i frutti di una fortunata vita professionale, ottenne prestigiosi incarichi, tra cui la partecipazione nel 1741, con quattro tele, alla decorazione di S. Zeno in Foro, a fianco degli esponenti più avanzati del barocchetto a Brescia, Francesco Monti e Giuseppe Tortelli. Nello stesso anno dipinse la Trinità e santi per la parrocchiale di Magno di Gardone Val Trompia e nel 1743 una teletta per S. Croce a Brescia, ma oggi nel convento della Visitazione a Costalunga di Brescia. Nel 1745 (Loda, 1995, p. 84) dipinse alcuni affreschi in S. Maria dei Miracoli, perduti a causa dei bombardamenti del 1945 ma dei quali esistono riproduzioni fotografiche (limitatamente alla Fuga in Egitto, Riposo dalla fuga, Madonna con il Bambino in gloria e Transito di s. Giuseppe) nell’Archivio della Soprintendenza per i beni paesaggistici e architettonici di Brescia. La sua produzione di murali – perduti anche quelli in S. Pietro Martire – sembra curiosamente legata alla fase tarda della sua attività e si può giudicare sul ciclo di affreschi (raffiguranti Evangelisti, Virtù e altri soggetti di devozione) nella sagrestia della parrocchiale di Ospitaletto (Anelli, 1994).

Le «Scene di Antonio Palia» adoperate nel 1746 per la rappresentazione di Alessandro nell’Indie, su musiche di Pietro Pellegrini (M.T.R. Barezzani, L’opera in musica, in La musica a Brescia nel Settecento, Brescia 1981, p. 48 n. 119), furono probabilmente opera del reggiano Giuseppe Antonio Paglia, piuttosto che del bresciano.

La proposta di Ragghianti (1963) di riferire a Paglia un discreto nucleo di disegni, alcuni dei quali presso l’Accademia Carrara di Bergamo o il Museo Fantoni di Rovetta, è stata smentita da Ruggeri che ha reso tali fogli a Francesco Paglia (U. Ruggeri, Disegni lombardi settecenteschi dell’Accademia Carrara di Bergamo, Bergamo 1975, p. 9); in quell’eterogeneo corpus grafico, occorre tuttavia rilevare la speculare rispondenza tra l’inv. 1214 della Carrara e le tele di Bedizzole, Roncadelle e S. Vigilio, assegnate al giovane Antonio (1705 circa; Guerrini, 1998, p. 52), mentre l’inv. 307 della Carrara pare rispondere proprio al fare maturo di Paglia (per la cui attività grafica si veda anche Loda, 2002, p. 211).

Si conosce una stampa incisa a bulino da Francesco Zucchi su disegno di paglia raffigurante i Ss. Faustino e Giovita (Sinistri, 1977). È inoltre attestata un’occasionale attività di restauro di Antonio, che intervenne nel 1744 sull’Abramo e Melchisedec del Moretto in S. Clemente a Brescia (Begni Redona, 1993).

Morì a Brescia il 9 febbraio 1747, «assassinato da un perfido suo domestico» (Fenaroli, 1877, p. 192).

In parte diverso è il percorso artistico di Angelo, fratello minore di Antonio, nato probabilmente a Brescia nel 1681 (Boselli, 1964, p. 124) e battezzato Michel’Angelo. Manca nella sua opera una netta periodizzazione di stile; il suo fare risulta abbastanza uniforme e più legato ai modi del padre, ma non per limitati orizzonti o qualità, tanto che in anni recenti è stato messo a confronto con la pittura di Ceruti (Guerrini, 1998, p. 40). Non mancarono inoltre contatti con fra Galgario, dal quale Angelo fu anche ritratto (Tassi, 1793), in un quadro perduto. La bella Adorazione dei pastori di Ospedaletto è probabilmente databile entro il 1720 (Anelli, 1994, p. 66), ma le prime opere firmate risalgono al 1728: le pale in S. Siro a Castel Mella e in S. Sebastiano a Lumezzane. Nel 1730 dipinse l’Immacolata per la parrocchiale di Adrara San Martino, nel Bergamasco, dove lasciò anche altre opere: in Adrara una Morte di s. Martino (1733), a Telgate alcuni affreschi, coperti nel 1891 da Luigi Galizzi. Del 1730 circa potrebbe essere l’Assunta sull’altare maggiore della parrocchiale di Vobarno, sulla quale in seguito lo stesso Angelo intervenne ampliandone il formato; nel 1732 firmò una pala per S. Giorgio a Bovegno, nel 1734 un’Immacolata in collezione privata a Castegnato, nel 1738 l’Immacolata nell’Istituto delle Ancelle della Carità a Brescia e il S. Giovanni Nepomuceno in S. Rocco a Rovato. Nel medesimo anno dipinse figure in una perduta Prospettiva del quadraturista Giovan Battista Zaist in casa Zola a Brescia (Maccarinelli, 1747-51, p. 126).

Le opere di Angelo si diffusero in un territorio sostanzialmente analogo a quello del fratello e simile è la tipologia: per lo più pale d’altare. Nella chiesa di S. Zeno in Foro, dipinse nel 1746 la pala del Sacro Cuore, oggi a S. Vigilio di Concesio (Guerrini, 1998, p. 44), ma rimane in S. Zeno la cimasa di un altare con pala del clarense Tortelli. Nella parrocchiale di Casaloldo, sita nell’antica Commenda di Asola, è di Angelo un S. Antonio di Padova e quattro sante, già erroneamente riferito ad Antonio (In viaggio, 2000, p. 29) e databile al principio del quinto decennio, in coincidenza con la tela di Dosso di Marmentino (1742). Per Bedizzole consegnò una pala nel 1740, in S. Rocco, e una nel 1742, in S. Tommaso; dello stesso anno è il Martirio di s. Pietro di Virle Treponti di Rezzato; del 1743 una seconda pala per Virle; del 1745 è l’Apostolado di Castegnato; al 1749 si data la pala ora in S. Angelo a Brescia, forse in collaborazione con suo figlio Giuseppe, anch’egli pittore, nato nel 1720 e morto nel 1752 (Boselli, 1964, p. 125); potrebbe essere a quattro mani anche il Martirio di s. Lorenzo di Angolo Terme. Tra le ultime opere di Angelo si annoverano la pala di Pontevico (1751), il S. Giovanni da Copertino in S. Francesco a Brescia (1757) e i Misteri del Rosario a Demo di Berzo Demo (1759). A Brescia, restaurò una Natività di Vincenzo Foppa in S. Nicola e intervenne su una pala (I ss. Carlo Borromeo e Agostino) di Grazio Cossali in S. Croce (Carboni, 1760, pp. 65, 81). Secondo fonti coeve Angelo «nel fare di picciole figure riuscì eccellente», ma con l’avanzare dell’età dovette abbandonare la professione; nel 1761 viveva in patria, «privo però di vista da alcuni anni» (Magrini, 1994, p. 298).

Morì a Brescia il 13 aprile 1763 (Boselli, 1964, p. 125).

Fonti e Bibl.: F. Paglia, Il giardino della pittura, II (1692-1712), a cura di C. Boselli, in Commentari dell’Ateneo di Bresciaper l’anno 1958, Brescia 1960, pp. 104, 106, 133; G. Bonetti, Memorie istoriche di Cazzago (1744), a cura di E. Ravelli, Brescia 1983, pp. 77, 105; F. Maccarinelli, Le glorie di Brescia (1747-51), a cura di C. Boselli, in Supplemento ai Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1959, Brescia 1959, ad ind.; G.B. Carboni, Le pitture e sculture di Brescia..., Brescia 1760, ad ind.; Id., Notizie istoriche delli pittori... (1775-76), a cura di C. Boselli, in Supplemento ai Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1962, Brescia 1962, pp. 14-16; F.M. Tassi, Vite de’ pittori, scultori e architetti bergamaschi (Bergamo 1793), a cura di F. Mazzini, II, Milano 1969-70, p. 66; S. Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1877, pp. 191-193; A. Pinetti, Inventario di oggetti d’arte d’Italia..., Roma 1931, pp. 126 s., 438 s., 479; La pittura a Brescia nel Seicento e Settecento(catal.), a cura di E. Calabi, Brescia 1935, pp. 59-61; Antichi disegni e stampe dell’Accademia Carrara di Bergamo (catal.), a cura di C.L. Ragghianti, Bergamo 1963, p. 17; C. Boselli, La validità della cronologia..., in Arte lombarda, IX (1964), 2, pp. 124 s.; B. Passamani, La pittura dei secoli XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, La dominazione veneta, Brescia 1964, p. 631; I quadri delle collezioni Lechi…, a cura di F. Lechi, Firenze 1968, ad ind.; T. Sinistri, Brescia nelle stampe, Brescia 1977, p. 82 n. 113; L. Pagnoni, Chiese parrocchiali bergamasche, Bergamo 1979, pp. 46, 219, 373, 413; M.T.R. Barezzani, L’opera in musica, in La musica a Brescia nel Settecento, Brescia 1981, p. 48 n. 119; R. Stradiotti, in Brescia pittorica 1700-1760... (catal.), a cura di B. Passamani, Brescia 1981, pp. 161-165; L. Anelli, in Le chiese di Manerbio..., Brescia 1983, pp. 108-110; Id., Le opere d’arte del Seminario diocesano di Brescia, Brescia 1985, pp. 78-80; M. Pellegrini Galasi, S. Giovanni Crisostomo ad Asola, in S. Giovanni Crisostomo, Asola 1988, p. 50; M. Carminati, P., A., in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1990, pp. 815 s.; R. Stradiotti, La presenza dei pittori Paglia..., in Cultura, arte ed artisti in Franciacorta. Atti del Convegno..., Brescia… 1991, a cura di G. Brentegani - C. Stella, Brescia 1993, pp. 154-157; P.V. Begni Redona, Pitture e sculture in S. Clemente, in La chiesa e il convento domenicano di S. Clemente in Brescia, Brescia 1993, p. 170 n. 61; L. Anelli, in Il patrimonio artistico di Ospitaletto, a cura di L. Anelli, Brescia 1994, pp. 66-68, 106-109, 174-177, 190-197; M. Magrini, Giunte all’Abecedeario pittorico... compilate dal conte Giacomo Carrara, in Saggi e memorie di storia dell’arte, XIX, 1994, pp. 293, 298; A. Loda, Restituzioni ad A. P., in Civiltà bresciana, IV (1995), pp. 83-88; L. Anelli, Pietro Bellotti, Brescia 1996, ad ind.; S. Guerrini, in La pittura del Settecento in Valtrompia (catal.), a cura di C. Sabatti, Brescia 1998, pp. 40-46, 224, 278-287; A. Loda, ibid., pp. 26, 70-72, 182; L. Anelli, Francesco e Angelo Paglia ad Asola, in Studi di storia dell’arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer, Milano 1999, pp. 343-347; In viaggio tra chiese e oratori campestri..., a cura di C. Bocchi - O. Catulini, Mantova 2000, p. 15; S. Guerrini, Le chiese di Calvagese della Riviera, Gussago 2001, p. 166; A. Pacia, Restauri a Caravaggio, Bergamo 2001, pp. 101-103; L. Beschi, Rivoltella, Brescia 2002, pp. 41, 49 s., 68; L. Anelli, in Dal Moretto al Ceruti (catal., Sabbio Chiese), a cura di C. Sabatti, Brescia 2002, pp. 176-179; A. Loda, ibid., pp. 208-211; M.S. Matti, Note a margine della «Breve cronistoria» di don Salvetti, parroco di Demo, in Brixia sacra, X (2005), 3/4, pp. 469 n. 14, 471 n. 24; M. Valotti, La pittura del ’700, in Valtrompia nell’arte, a cura di C. Sabatti, Roccafranca 2006, pp. 266-269, 277-279; F. Fisogni, La pittura dei Paglia, in Duemila anni di pittura a Brescia, a cura di C. Bertelli, II, Brescia 2007, pp. 391-394; G. Fusari, La chiesa di S. Maria Maggiore in Chiari, Rudiano 2010, ad ind.; P. Mongiello, Visitazione di Salò…, Salò 2012, p. 99; V. Volta, Chiese di Valsabbia, Roccafranca 2012, p. 77; S. L’Occaso, Pittura del Sei e Settecento nell’Asolano…, in Civiltà mantovana, 135 (2013), pp. 60-62; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, p. 142.

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