RANIERI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

RANIERI, Antonio

Francesca Brancaleoni

RANIERI, Antonio. – Primo di dieci figli, nacque a Napoli l’8 settembre 1806 da Francesco, funzionario nell’amministrazione delle poste borboniche, e da Maria Luisa Conzo.

Con la guida di precettori privati acquisì un’ampia formazione apprendendo le materie umanistiche, le lingue straniere, la matematica e la fisica.

Fin dai primi anni Venti, Ranieri nutrì aspirazioni liberali che condivise con studiosi appartenenti al cenacolo di Basilio Puoti, del quale fu discepolo, pur distanziandosi dai dettami linguistici della scuola purista. Sospettato di appartenere alla carboneria, probabilmente a causa delle frequentazioni con i greci rifugiati a Napoli e con persone implicate nella rivoluzione del 1820, lasciò la sua città natale nel 1827 con l’autorizzazione paterna, dietro consiglio del governo, per proseguire gli studi e non compromettere la famiglia con le sue idee politiche. Soggiornò inizialmente a Roma e divenne compagno di viaggio di Carlo Troya, esule da Napoli e suo primo maestro in materia di storiografia.

A eccezione di salotti come quello di Margherita Fabbri d’Altemps, con la quale Ranieri fu in rapporti intellettuali e amichevoli, l’ambiente culturale romano, fermo al classicismo, era estraneo alle nuove istanze italiane ed europee. Con esse Ranieri venne a contatto nel 1828, quando si trasferì a Firenze, città aperta e tollerante con i rifugiati politici. Vi frequentò, fra gli altri, Giuseppe Ricciardi, Pietro Colletta, Pietro Giordani, Giovan Pietro Vieusseux e Alessandro Poerio, tramite il quale conobbe Giacomo Leopardi.

Assieme a Troya, soggiornò brevemente a Bologna nell’autunno del 1828, approfondendo gli studi filologici con la guida di Giuseppe Mezzofanti.

Nel 1829, in occasione della morte della madre, gli fu negato il passaporto per rientrare a Napoli a causa delle sue posizioni politiche. Insoddisfatto del clima creatosi dopo la Restaurazione, nel 1830 si trasferì a Parigi, dove incontrò numerosi esponenti dell’ambiente politico e culturale, quali il generale La Fayette e Antoine Destutt de Tracy, seguendo anche corsi universitari umanistici e scientifici.

Si recò poi in Germania, Belgio, Inghilterra e Svizzera e, nel settembre del 1830, fece ritorno a Firenze, dove rincontrò Leopardi con il quale intraprese un sodalizio destinato a durare, tra dissensi e pettegolezzi, fino alla morte di quest’ultimo, legando indissolubilmente l’immagine di Ranieri alla memoria e alla fama del poeta. I due sodali affrontarono gravi difficoltà economiche, ma mentre Leopardi poté contare su un modesto mensile familiare, Ranieri nel luglio del 1831 si vide interrompere i finanziamenti paterni.

Dopo i soggiorni a Roma e a Firenze per seguire la sua amante, l’attrice Maddalena Pelzet, nell’autunno del 1832, da solo, Ranieri dovette recarsi a Napoli, dietro insistenze del padre che, visto il permesso di rientro concesso dal governo agli esuli, lo aveva richiamato più volte. Tornato a Firenze nella primavera del 1833, ritrovò Leopardi e tramite lui incontrò Fanny Targioni Tozzetti, alla quale fu molto vicino fin oltre gli anni Cinquanta.

Nell’ottobre del 1833, dopo una breve sosta a Roma, Ranieri si trasferì con Leopardi a Napoli, spinto unicamente da esigenze economiche. Oltre ai difficili rapporti con il padre, non trovò buona accoglienza nell’ambiente partenopeo, per la discussa convivenza con Leopardi e l’anticonformismo del pensiero di quest’ultimo. Da allora fino alla maturità, Ranieri, ormai dotato di cultura di respiro europeo, manifestò la sua aspirazione a lasciare Napoli, confermata, fra l’altro, dalla corrispondenza con Carlo Luciano Bonaparte e con Louis de Sinner, ai quali chiese più volte appoggio per trasferirsi a Roma o a Parigi. Ma, tranne brevi soggiorni, da Napoli non si spostò più e, in virtù delle sue numerose conoscenze, divenne un interlocutore privilegiato in ambito nazionale e internazionale, come documentato dal suo prezioso epistolario.

A Napoli si concentrò sull’attività storiografica e letteraria, favorita dal sodalizio con Leopardi e vicina al pensiero del poeta, anche se scelse generi estranei all’opera leopardiana, affermando così la propria autonomia.

In materia di storia, si distaccò dai principi neoguelfi e dal metodo erudito-documentario di Troya, per abbracciare posizioni di orientamento neoghibellino. Ne risultò la Storia del Regno di Napoli (Napoli 1835), parte iniziale del trattato Della storia d’Italia dal quinto al nono secolo ossia da Teodosio a Carlomagno (Bruxelles 1841), in cui il fallimento dell’unificazione nazionale italiana fu attribuito all’azione del papato per il consolidamento del proprio potere temporale. Oltre a richiamarsi alla storiografia di Pietro Giannone, Ranieri risentì profondamente della lezione vichiana.

Contemporaneamente alla Storia del Regno, Ranieri dette alle stampe la prima parte del romanzo Ginevra o l’orfana della Nunziata (Napoli 1836), che rivelò gli abusi perpetrati presso l’istituto assistenziale della Nunziata, offrendo una testimonianza delle ingiustizie subite dalla plebe napoletana e accusando così le istituzioni borboniche.

L’opera, generalmente indicata come il primo romanzo sociale italiano e considerata una lontana anticipazione del verismo, fu composta con chiari intenti di denuncia sociopolitica, basata sul realismo documentario. Non a caso, Ranieri indicò come propria fonte di ispirazione il saggio Di varie società e instituzioni di beneficienza della città di Londra (Lugano 1828) di Giovanni Arrivabene, politico mantovano esule in Inghilterra, attraverso il quale, nel 1830, venne a contatto con gli istituti assistenziali londinesi.

Le opere degli anni Trenta, per l’anticlericalismo, il sentimento nazional-patriottico e gli attacchi alle istituzioni in esse contenuti, causarono a Ranieri ripetuti interventi della censura borbonica. Nel 1836 i fascicoli già editi della Storia del Regno di Napoli e la prima parte di Ginevra o l’orfana della Nunziata furono sequestrati, mentre nel 1841 Ranieri riuscì a pubblicare la Storia d’Italia a Napoli, indicando però un falso luogo di stampa (Bruxelles).

Per difendersi dall’epidemia di colera, nel 1836 Ranieri si trasferì con Leopardi a Torre del Greco, nella casa di campagna della famiglia Ferrigni. Il 14 giugno 1837, fatto ritorno a Napoli, Leopardi morì per idropisia. Assieme alla propria sorella Paolina, Ranieri lo assistette fino alla fine e ne sottrasse le spoglie alla fossa comune, facendolo seppellire presso la chiesa di S. Vitale a Fuorigrotta.

Sentendosi subito investito del compito di raccogliere e pubblicare la produzione leopardiana, in rivalità con Pietro Giordani, Ranieri si accordò con l’editore Felice Le Monnier, grazie all’interessamento di Vieusseux, e ottenne di curare la pubblicazione delle Opere di Giacomo Leopardi (Firenze 1845), due volumi contenenti Canti, Operette morali e Pensieri, a cui premise la sua Notizia intorno agli scritti, alla vita ed ai costumi di Giacomo Leopardi.

Con la morte del poeta, Ranieri accantonò l’attività letteraria per coltivare interessi scientifici, come attestato dal suo coinvolgimento nel primo e nel settimo congresso degli scienziati italiani (svoltisi rispettivamente a Pisa nel 1839 e a Napoli nel 1845), e per intraprendere la professione di avvocato, pur non avendo la laurea, allora non necessaria nel Regno delle Due Sicilie.

Eludendo la censura attraverso la pubblicazione in Svizzera, riuscì a far stampare interamente Ginevra o l’orfana della Nunziata (Capolago 1839). Oltre all’ostilità dei gesuiti, il romanzo provocò le reazioni dei ministri Francesco Saverio Del Carretto e Niccolò Santangelo, fratello del capo dell’amministrazione della Nunziata, che valsero a Ranieri una carcerazione di quarantacinque giorni. Fu rilasciato per ordine del re Ferdinando II che, per intercessione del presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Ceva Grimaldi, avverso a Santangelo, assegnò cinquantamila ducati in più alla Nunziata e all’Albergo dei poveri.

Le vicende censorie e gli atteggiamenti polemici causarono a Ranieri un evidente isolamento rispetto alla società napoletana. D’altra parte, nel ventennio successivo alla detenzione egli si tenne lontano dalle vicende politiche del Regno, impegnato negli studi e nella carriera forense, culminata con la nomina ad avvocato delle amministrazioni finanziarie del governo presso i tribunali di Napoli (1846). Pubblicò Frate Rocco ovvero Piccoli frammenti morali (Napoli 1842), serie di racconti etici destinati ai fanciulli e i Prolegomeni di una introduzione allo studio della scienza storica (Firenze 1844), in cui riformulò le sue tesi sulla morale e sulla scienza storica, passando a una riflessione più ottimistica sul progresso e sulla felicità del genere umano.

Nel 1860 si riavvicinò alla politica figurando tra i patrioti che si recarono a Salerno per invitare Giuseppe Garibaldi a entrare a Napoli e tra i notabili che a Grottammare chiesero a Vittorio Emanuele II di occupare il Regno borbonico a nome delle popolazioni napoletane. Nel 1861 venne eletto deputato del sesto collegio di Napoli e, confermato fino alla XIV legislatura, sedette al centrosinistra accanto a Francesco Guerrazzi, con il quale ebbe affinità politica e letteraria.

Dopo avere ottenuto nel 1860 la cattedra di storia presso l’Università di Napoli, si dedicò agli studi, curando la pubblicazione delle sue Opere (I-III, Milano 1862-1864), e alle attività accademiche, culminate nel 1862 nella nomina a professore onorario titolare. Quello stesso anno rifiutò la carica di senatore, poi conferitagli nell’autunno del 1882.

A quarant’anni dalla scomparsa di Leopardi, dette alle stampe l’opera che consacrò la sua fama fino ai nostri giorni, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi (Napoli 1880), memoriale seguito da aspre polemiche per l’autocelebrazione dell’autore, la sovrabbondanza di particolari sfavorevoli alla memoria del poeta e l’assenza di riflessioni sulla sua grandezza intellettuale. Tuttavia, per quanto impreciso e inopportuno in alcune descrizioni, offrì una testimonianza delle vicende biografiche dei due sodali.

Ormai ottuagenario, Ranieri prese a scrivere le sue memorie, Le notti di un eremita, pubblicate nel 1994 assieme a un altro inedito, lo Zibaldone scientifico e letterario, quarantuno pensieri di vario argomento, ispirati all’omonima opera leopardiana (Ranieri inedito. Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli 1994).

Morì celibe a Napoli il 4 gennaio 1888.

Fonti e Bibl.: Napoli, Biblioteca nazionale, Carte Ranieri. Inoltre: F. Chieco, A. R., Bari 1864; A. De Gubernatis, Ricordi biografici, Firenze 1872, pp. 229-239; Nuovi documenti intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi, a cura di G. Piergili, Firenze 1892; F. D’Ovidio, Leopardi e R., in Nuova Antologia, 1897, vol. 68, pp. 55-72; F. Ridella, Una sventura postuma di Giacomo Leopardi, Torino 1897, ad ind.; F.P. Luiso, R. e Leopardi, Firenze 1899; G. Taormina, R. e Leopardi, Milano 1899; F. Carugno, Nuovi documenti per la biografia di A. R., Torino-Napoli 1904; D. Bianchi, La Ginevra di A. R., in La Rassegna bibliografica della letteratura italiana, XXXII (1924), 1, pp. 15-26; G. Doria, A. R. e i Toscani, in Pègaso, I (1929), 8, pp. 156-173; F. Moroncini, Il Leopardi ed il R., Fanny e Lenina, ibid., IV (1932), 8, pp. 181-195; Id., Il retroscena e il supplemento del libro del R. sul “Sodalizio”, in Nuova Antologia, 1933, vol. 366, pp. 384-416; R. Ciampini, A. R. e le prime edizioni di Leopardi, ibid., 1949, vol. 445, pp. 299-305; M. Sacco, A. R. e la sua Ginevra tra romanticismo e verismo, in Filologia e letteratura, XV (1969), 3, pp. 298-344; G. Cattaneo, Introduzione, in A. Ranieri, Sette anni di sodalizio con G. Leopardi, Milano 1979, pp. 5-23; E. Villa, La “Ginevra”, un romanzo di vita, in A. Ranieri, Ginevra o l’orfana della Nunziata, Genova 1981, pp. I-XVIII; R. Reim, Ginevra o le sventure del feuilleton, in A. Ranieri, Ginevra o l’orfana della Nunziata, a cura di R. Reim, Roma 1986, pp. 9-14; N. Borsellino, Il socialismo della Ginestra, Poggibonsi 1988, pp. 80-88; C. Dionisotti, Leopardi e R., in Id., Appunti sui moderni, Bologna 1988, pp. 180-209; E. Giordano, Leopardi e R., in Humanitas e poesia. Studi in onore di Gioacchino Paparelli, a cura di L. Reina, I, Salerno 1988, pp. 233-254; Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli 1989, pp. 77-126; E. Benucci, Per un profilo di Aspasia, in La Rassegna della letteratura italiana, XCIX (1995), 3, pp. 136-162; P. Girolami, La seduzione del pensiero. Sullo “Zibaldone” di A. R., ibid., CI (1997), 2-3, pp. 76-94; Giacomo Leopardi. Da Recanati a Napoli (catal.), a cura di F. Cacciapuoti - M. Rascaglia, Napoli 1998, ad ind.; T. Romano, Storia di una rete. Famiglia, professione e politica nel carteggio di A. R. (1855-1865), tesi di dottorato, Dipartimento di discipline storiche, Università degli studi di Napoli, a.a. 2004-05; V. Guarracino, Un nome venerato e caro. La vera storia di A. R. oltre il mito del sodalizio con Leopardi, Montichiari 2010; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia. camera.it/deputato/antonio-ranieri-18060908#nav (24 maggio 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce(06 ottobre 2022).

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