ANTROPOMORFI

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

ANTROPOMORFI

Gioacchino Sera

(III, p. 601).

Anatomia degli antropomorfi viventi.

La struttura anatomica degli antropomorfi è divenuta negli ultimi tempi un argomento di studio quasi completamente antropologico. La sua conoscenza è un precedente necessario per comprendere bene non solo i fatti strutturali presentati dalle diverse razze umane, ma soprattutto per comprendere i fatti presentati dall'uomo fossile, i cui reperti vanno sempre crescendo di numero e d'importanza, e quindi per penetrare alquanto le questioni più importanti intorno all'origine dell'Uomo.

Ma la moderna ricerca anatomica, non più costretta a un punto di vista strettamente filogenetico, non trascura l'interpretazione etologica e funzionale nelle strutture, anzi, prima di affermare il valore filetico di un carattere, cerca di escludere ogni altra interpretazione che possa darsene: cautela in passato non sempre osservata. A tale criterio è informata l'esposizione seguente.

Il cranio degli antropomorfi varia sensibilmente col crescere dell'età. Abbastanza simile a quello umano nelle prime età, si allontana sempre più da esso, con la maturità dell'animale. I fatti a cui è dovuta tale divergenza nell'aspetto esterno sono due: il farsi sempre più prominente dell'osso mascellare e del mandibolare (prognatismo), che crescono del resto anche fortemente in larghezza, e il prodursi di una cresta mediana sul cranio cerebrale e di una laterale, sita sulle parti superiori della squama dell'osso occipitale. Lo sviluppo di queste creste, però, dipende strettamente dallo spessore e dalla forza del muscolo temporale o crotafite, il quale si origina da buona parte della faccia laterale del cranio cerebrale e va a inserirsi sulla mandibola, di cui come è noto, costituisce uno dei più potenti motori. Si può dire perciò che la causa delle trasformazioni del cranio dell'antropomorfo è unica e consiste nello sviluppo forte dell'apparato dentario.

Il bordo alveolare del mascellare che porta i denti è a foggia di U. I canini assai forti, nel Gorilla e nell'Orango soprattutto, farebbero quasi pensare ad animali carnivori, ma in realtà essi non sono che strumenti di difesa per l'animale. In una parola si usa dire che il cranio dell'antropomorfo è un cranio bestializzato (teroidico).

È importante notare che il cranio della femmina in tutti e tre gli antropomorfi viventi presenta un minore sviluppo dell'apparato di masticazione e delle creste.

Una differenza di struttura ancora più significativa fra il cranio antropoidico e quello umano è la seguente: le ossa che possono dirsi costituire la radice della faccia, cioè il luogo dell'innesto di essa sul cranio cerebrale, non entrano nel solido, rotondeggiante più o meno, determinato dal cranio cerebrale, come avviene nell'uomo, bensì il cranio cerebrale rimane completamente esterno al cranio facciale e tangenziale al detto innesto, costituito dalla cosiddetta base del cranio. È questo un carattere affatto animalesco. In altre parole ciò viene espresso dicendo che il piegamento della base del cranio è scarso, mentre nell'uomo esso è forte.

La capacità del cranio anche nel Gorilla è molto più piccola di quella umana.

Queste sono le caratteristiche comuni e generali dei tre antropomorfi; ma essi si differensiano assai nei particolari, non soltanto per i caratteri riferiti, ma soprattutto per i caratteri della regione mediana e superiore della faccia (regione fronto-naso-lacrimale), regione che presenta differenze di struttura, dalle quali dipendono le differenze di fisionomia che riscontriamo in tutto il gruppo delle scimmie, nonché negli uomini, e che meglio si prestano a distinzioni di valore tassinomico e filetico (Sera). V. anche cranio, XI, p. 782 segg.; fisionomia, XV, p. 488 segg.

Il cranio di Orango è spesso caratterizzato da un profilo assai concavo (simognatismo). Il contorno delle orbite non è mai molto spesso, né prominente. Il cranio cerebrale è rotondeggiante, con un forame occipitale portato assai in alto. La base del cranio è la più estesa al paragone di quelle di tutti gli antropomorfi. Quando le linee temporali si uniscono sulla linea mediana a formare una cresta, questa non è mai così alta e forte, come può essere nel Gorilla. La capacità del cranio è di 320-480 cmc. La mandibola ha corpo lungo e alto, branca alta e larghissima. La prominenza della regione inferiore e mediana del frontale (rostro) è scarsa in genere, ma in misura ineguale tra le differenti forme del genere. I nasali sono triangolari, mediocremente lunghi, più larghi in basso, piani trasversalmente, leggermente concavi in direzione verticale e riuniti ad angolo perfettamente piatto. Essi sono molto ridotti, talvolta assenti. L'apofisi ascendente del mascellare è disposta frontalmente. Il setto osseo interorbitario è stretto. L'apertura nasale è larga in basso. Le orbite sono rotondeggianti (fig. 1).

Il cranio di Scimpanzé è quello che è più simile all'umano per il suo aspetto generico. La parte cerebrale non presenta creste ed è relativamente più grande, in confronto della facciale, rispetto agli altri due antropomorfi. Il contorno sopraorbitario è piuttosto spesso e forma un solo tratto orizzontale, dietro il quale è una fossa non molto marcata. Il cranio cerebrale ha forma ovoidale. La capacità media è di 400 cmc. La mandibola ha corpo di media lunghezza e altezza, e branca di larghezza e altezza medie. La prominenza del rostro è forte come la distanza interorbitaria. Nei giovani i nasali sono arcuati fra loro e le superficie adiacenti delle apofisi ascendenti sono rivolte all'esterno. A poco a poco i nasali si appiattiscono, prima nelle loro parti inferiori, poi nelle superiori, in guisa tale che nella norma laterale non fanno alcuna salienza sulla linea del profilo, il quale è presso a poco rettilineo. L'apertura orbitale è subquadrata. L'apofisi alveolare è assai alta (fig. 2).

Il cranio del Gorilla è il più bestializzato di tutti, possedendo il più forte apparato di difesa nei canini enormi e le più forti creste, evidenti talvolta anche nelle femmine. Gli archi sopraorbitali formano un tratto unico assai spesso (toro) dietro al quale si estende una fossa (retrotorale). Soprattutto nel Gorilla si constata così che il frontale cerebrale, cioè quella zona di frontale che contiene il cervello, è spostato all'indietro. La capacità arriva a 580 cmc. Il corpo della mandibola è lungo, di altezza media, la branca è assai alta e larga. La prominenza del rostro appare forte, ma è tale per fatti secondarî fra cui lo spingersi e il successivo saldarsi di espansioni dei nasali sul toro sopraorbitario, il prodursi di cavità nel detto toro (seni frontali).

La larghezza interorbitaria è molto accentuata. I due nasali insieme formano una figura a clessidra. Quasi sempre saldati (sinostotici) fra loro nell'adulto, sono reciprocamente inclinati ad angolo ottuso nella loro parte inferiore, come pizzicati fuori a livello della strettura della clessidra, ad angolo piatto nella loro parte superiore. L'apertura nasale è molto grande. Le orbite hanno forma subquadrata. La faccia è molto alta (fig. 3).

La colonna vertebrale negli antropomorfi presenta sedici o diciassette vertebre toraco-lombari, invece delle diciassette abituali nell'uomo. Keith ha indicato come l'Orango abbia quasi costantemente una vertebra di meno nella regione lombare. Ciò è anche frequente nel Gorilla, mentre lo Scimpanzé presenta presso a poco le condizioni umane. Le vertebre cervicali presentano lunghissimi processi spinosi nel Gorilla e nell'Orango, minori nello Scimpanzé. Nella regione toracica i processi trasversi delle vertebre nell'Orango sono rivolti in sensibile misura verso il dorso. Le facce articolari di ognuna delle due coppie di processi vertebrali formano fra loro un angolo meno piatto di quello che si ha nell'uomo, soprattutto nell'Orango.

La forma del corpo nelle vertebre è più larga e più bassa, soprattutto nell'Orango. La superficie anteriore (ventrale) di esso è arrotondata. Il corpo delle prime due o tre toraciche è assai largo nel Gorilla. I processi spinosi delle vertebre lombari sono fortemente diretti verso il basso (caudalmente), soprattutto nel Gorilla e nell'Orango. Essendo i processi spinosi della regione toracica anch'essi rivolti caudalmente, ne risulta la cosiddetta omoclinia, cioè l'inclinazione nello stesso senso dei detti processi.

In tutti gli antropomorfi, più o meno ottuso, esiste un promontorio cioè formazione di un angolo fra il sacro e la colonna lombare, ma del resto esso esiste, anche più distinto, in molte scimmie basse. Il sacro ha forma triangolare spiccata, forma che però s'inizia già nelle scimmie più basse ed è parallela alla riduzione della coda.

La parete posteriore del canale midollare del sacro, offre già negli antropomorfi, forte riduzione, come nella maggior parte delle razze umane.

Il numero delle costole è di tredici per il Gorilla e lo Scimpanzé, dodici per l'Orango. Più diverso è il numero delle costole sternali, cioè di quelle che direttamente (per mezzo della cosiddetta cartilagine costale) s'inseriscono sullo sterno.

Mentre nell'uomo europeo l'88% circa dei casi ha sette costole sternali, l'11% ne ha otto, nello Scimpanzé il 54% ne ha otto e il 46% sette, nel Gorilla il 28% otto, il 72% sette, l'Orango presenta il 92% con sette, l'8% con sei costole, sorpassando così la riduzione dello stesso uomo europeo.

Questo fatto, presentandosi proprio nell'Orango, l'antropomorfo meno capace di stazione eretta, e quello che comunemente è riguardato più distante dall'uomo, non può avere, come vedremo, l'interpretazione corrente, basata sulla gerarchia delle forme, cioè sul grado di evoluzione nel senso umano. Anche i segmenti costitutivi dello sterno sono diversamente numerosi: 5,4 nel Gorilla; 5,3 nello Scimpanzé; 2 negli uomini.

La forma d'insieme del torace è quella di un cono a larga base e a piccola altezza. Sembra che il torace dell'antropomorfo abbia guadagnato spazio in basso e trasversalmente, rispetto alla forma subcilindrica delle scimmie inferiori.

Tuttavia l'Orango si distacca dal Gorilla per un diametro dorso-ventrale della base alquanto più piccolo. Nello Scimpanzé la forma conica è meno evidente.

Il bacino è il segmento scheletrico in cui forse gli antropomorfi più si allontanano dagli uomini (Hartmann). In complesso si può dire che il bacino dell'antropomorfo differisce da quello umano per una specie di appiattimento generale nel senso dorso-ventrale, per cui esso acquista in altezza (diametro cefalico-caudale) e perde in profondità. In realtà si verificano nel bacino antropodico due movimenti di rotazione: uno intorno all'asse dell'ilio, per cui la parte slargata di questo osso, assai notevole, si dispone in un piano trasversale e verticale (frontale), l'altro per cui la regione della sinfisi pubica (unione dei due pubi) ruota in basso e un po' dorsalmente, rispetto a un asse trasversale che passa per le due cavità dei cotili (cavità che ricevono le teste dei femori; v. fig. 4).

La diminuzione del numero e dell'altezza delle vertebre lombari, unita all'ampliamento delle palette iliene, fa sì che il bacino, con la cresta iliaca, sia assai prossimo all'ultima costola, con la quale è talvolta unito da legamenti (Gorilla), essendo cosi abolito lo spazio che intercorre nelle scimmie basse tra bacino e torace. Le dette caratteristiche però sono massimamente marcate nell'Orango, al minimo nello Scimpanzé.

La clavicola e la scapola sono molto differenti dall'uno all'altro antropomorfo. La prima è assai lunga e massiccia nell'Orango, sempre lunga nello Scimpanzé, ma assai più debole. Mediocremente forte e piuttosto corta nel Gorilla. L'estremità sternale è assai massiccia nell'Orango. La acromiale è appiattita in tutti e tre. La curvatura sternale dell'osso è assente praticamente. Nella clavicola di Orango è assai marcata una prominenza per il muscolo deltoide.

La scapola di Scimpanzé ha una forte somiglianza con quella del Gibbone, somiglianza che consiste specialmente nel fatto che la spina ha una scarsa inclinazione sul bordo vertebrale; l'acromion e il processo coracoide sono larghi. La scapola dell'Orango ha una spina impiantata quasi verticalmente sulla lamina scapolare, mentre l'inclinazione di essa rispetto al bordo vertebrale è più prossima all'angolo retto. La fossa soprascapolare è relativamente piccola in confronto della sottoscapolare. Il Gorilla presenta una spina a scarsa inclinazione sul bordo vertebrale, ma la fossa sopraspinosa, enorme, ha un contorno vertebrale arrotondato. La scapola è assai grande (fig. 5 a, b, c).

La scapola degli antropomorfi, rispetto alla scapola primitiva del tipo mammale, dimostra una forte diminuzione del diametro di lunghezza (cioè distanza dal punto d'impianto della spina sul bordo vertebrale al centro della cavità glenoide), e aumento del diametro di larghezza (distanza dall'angolo cefalico all'angolo caudale). Anche l'uomo presenta una scapola di questo tipo, ma l'antropomorfo supera l'uomo in tale senso, essendo la lunghezza divenuta assai piccola.

L'omero è molto lungo nel Gorilla, mentre le impronte muscolari non sono molto marcate. Nell'Orango l'impronta per il muscolo deltoide è un po' rilevata, ma in genere meno che nell'uomo. L'osso è alquanto concavo anteriormente nell'Orango. In questo, inoltre, due creste ossee partono dai due condili e si prolungano sul lato interno (mediale) ed esterno (laterale) della diafisi.

Le maggiori differenze però sono nella superficie articolare inferiore. Questa nel Gorilla ha una spiccata somiglianza con quella del Gibbone. Nell'Orango e nello Scimpanzé, invece, è più simile a quella dell'uomo europeo.

Tale somiglianza consiste essenzialmente nel fatto che la circonferenza esterna della troclea p. d. è assai più piccola della interna. Nelle diverse razze umane esistono però differenze a tale proposito (Sera).

Il radio è sempre molto lungo, al massimo nell'Orango, al minimo nello Scimpanzé, ed è assai incurvato, a concavità che guarda verso l'interno. Detta concavità è massima nel Gorilla. Il margine esterno anteriore è poco evidente, e scarso è anche lo sviluppo della cresta interossea, specie nell'Orango.

L'ulna presenta in genere una curvatura sigmoide più marcata che nell'uomo europeo. Le diverse razze umane però sono assai diverse sotto questo rispetto. In complesso la diafisi è più arrotondata e non mostra formiazione di margini e facce come nell'uomo. Ciò vale soprattutto nell'Orango.

Nella mano le ossa del carpo presentano, rispetto all'uomo, differenze piuttosto sensibili: ma non è possibile entrare in particolarità. L'Orango possiede un ossicino in più degli altri due antropomorfi, il cosiddetto centrale (intermedio di Cuvier). È questa una caratteristica di primitività. L'osso, cosiddetto capitato, presenta, soprattutto nell'Orango, un forte processo palmare, dimostrabile nella forma a T della superficie di articolazione di esso con il terzo metacarpo.

La principale caratteristica del femore, oltre la sua relativa cortezza, è l'appiattimento dorso-ventrale, massimo nel Gorilla, minimo nello Scimpanzé. La linea aspra del femore non esiste, esistendo solo talvolta due rilievi distanti molti millimetri l'uno dall'altro. La diafisi in basso e lateralmente non presenta una superficie pianeggiante come nell'uomo. La superficie articolare del condilo esterno è più stretta di quella dell'interno. La superficie articolare inferiore interna è larga e poco lunga (in senso dorso-ventrale). Inoltre, contrariamente all'uomo, la superficie articolare del condilo esterno è più corta di quella dell'interno.

La tibia è corta, cortissima in Orango, concava sul suo lato esterno, con cresta poco sviluppata e ottusa, diafisi piuttosto rotondeggiante. La superficie condiloidea esterna è convessa antero-posteriormente, ma talvolta (in Orango) leggermente concava.

La struttura generale del piede nei tre antropomorfi è alquanto diversa, e diverse sono perciò le caratteristiche delle singole ossa. Il piede di Orango è innestato sulla gamba in una posizione media di più spiccata supinazione, di quello che sia negli altri due antropomorfi. In genere il piede è assai lungo, al massimo nell'Orango. Questa lunghezza però è data dal metatarso e dalle dita (metapodio), non dalle ossa del tarso. Il calcagno è stretto, alto, nella sua porzione sita dietro la faccia articolare per l'astragalo. Questa porzione è verticale nell'Orango, schiacciata dall'alto al basso e dall'interno all'esterno nel Gorilla e nello Scimpanzé. Inoltre è rivolta verso il basso e indietro nell'Orango e Gorilla. L'astragalo è lungo, in confronto di quello dell'uomo, e il collo è impiantato in corrispondenza dell'angolo anteriore-interno della troclea, specialmente nell'Orango. La troclea è in sezione verticale quadrangolare, ad angoli retti nell'Orango, schiacciata nello stesso senso del calcagno nel Gorilla e nello Scimpanzé. I metatarsali e le falangi sono incurvati nel Gorilla e soprattutto nell'Orango.

Il sistema legamentoso dimostra alcune differenze dal comportamento dell'uomo. Manca così il legamento della nuca, un forte legamento triangolare e laminare, che dalla spina della settima vertebra cervicale va ad attaccarsi alla protuberanza occipitale esterna e alla cresta mediana occipitale, mentre i cosiddetti legamenti gialli, che collegano l'uno all'altro gli archi delle vertebre, sono molto elastici.

L'articolazione della spalla mostra nello Scimpanzé un forte legamento glenoomerale superiore, cioè un legamento diviso in due parti, che dalla parte superiore del contorno della cavità glenoide va all'omero. Il legamento che unisce il processo coracoideo alla clavicola spesso non è divisibile, come nell'uomo, in due parti.

Le cavità sinoviali delle articolazioni delle ossa carpali sembrano essere, nello Scimpanzé, più largamente comunicanti fra loro.

L'articolazione dell'anca sembra dare forti differenze fra gli antropomorfi, in quanto i tre legamenti che rafforzano la capsula sono presenti e bene sviluppati nello Scimpanzé, mentre è scarsamente sviluppato e forse talvolta assente, nell'Orango, il principale di questi legamenti, l'anteriore o di Bertin. Importante è anche il fatto che nell'Orango è sempre assente un legamento che unisce la testa del femore al fondo della cavità che, nell'osso dell'anca, la riceve, cioè il legamento rotondo.

La pelle manifesta differenze di spessore piuttosto sensibili, essendo assai spessa nella regione superiore del dorso e sul collo. In un Gorilla femmina, assai giovane, il Sera osservò, nella regione cervicale, la pelle raggiungere lo spessore di 7-8 millimetri e, in corrispondenza dei processi spinosi, anche forse più. Tale enorme spessore nella regione soprastante al muscolo trapezio e alle spine cervicali, così singolarmente sviluppate, indica una funzionalità meccanica ben distinta.

Negli antropomorfi i muscoli della faccia, adibiti all'espressione della fisionomia (muscoli mimici), sono ancora piuttosto primitivi. I muscoli mimici fanno parte del gruppo più generale dei muscoli che, in anatomia, sono detti pellicciai (che hanno almeno una delle loro inserzioni sulla pelle). Sembra che i muscoli mimici provengano da due strati sovrapposti e primitivamente uniformi, su tutta la loro estensione, di cui il più superficiale, almeno, ricopriva tutto il collo e la testa e del quale il residuo più manifesto e più esteso è nell'uomo il platysma myoides, un muscolo largo, piatto e sottile, che riveste tutta la parte laterale e anteriore del collo (per ogni metà).

Rispetto ai lemuri e alle scimmie, il platisma è già ridotto negli antropomorfi. La differenziazione dei pellicciai del cranio cerebrale è discreta. Invece la regione veramente fisionomica, parte zigomatico-orbitale e parte labio-mentale, è ancora scarsamente differenziata.

Il solo triangolare (depressore dell'angolo della bocca) è già marcato. Un vero e proprio risorio (che si differenzia dal triangolare) non è presente, secondo il Loth.

In complesso il sistema muscolare è assai simile a quello dell'uomo. Esistono però alcuni caratteri, in certi muscoli, che differenziano gli antropomorfi dall'uomo e che sono perciò assai importanti, ponendoci essi sulla strada di comprendere la specifica differenziazione del tipo Antropomorfo.

Il muscolo trapezio, un muscolo largo del dorso, che ha forma di losanga, è assai sviluppato in spessore, specie sulla sua parte più prossima al capo e che s'inserisce alla clavicola. Inoltre esso prolunga in basso le sue inserzioni sulle spine delle vertebre dorsali, molto più di quello che accada in genere nelle scimmie (fig. 6).

Gli stessi fatti presso a poco presenta il grande dorsale, un altro muscolo assai largo del dorso, che negli antropomorfi è molto spesso e tende ad allargare le sue origini sulla cresta dell'ilio, mentre manca sempre l'origine dalla scapola, che è frequente nell'uomo. Questo singolare sviluppo dei due muscoli indica una loro maggiore funzionalità nel tipo antropomorfo, maggiore funzionalità di cui vedremo le ragioni (fig. 7).

Al contrario piuttosto scarsamente sviluppati sono i cosiddetti muscoli lunghi del dorso, giacenti in un piano più profondo dei precedenti, e, in particolare, il muscolo sacro-spinale. Un enorme sviluppo ha il pettorale maggiore, specie nel Gorilla e nell'Orango. Inoltre esso presenta una forte riduzione della parte che nelle forme basse prende origine dall'addome, mentre, al contrario, è bene sviluppata quasi sempre una porzione che parte dalla clavicola.

Nel braccio già antichi osservatori avevano visto la grande potenza dei muscoli flessori delle dita, in confronto degli estensori.

Il muscolo gluteo massimo, che nell'uomo è quello che produce la sporgenza delle natiche, è negli antropomorfi poco sviluppato nella sua parte superiore, esso invece dimostra una parte inferiore, che è praticamente assente nell'uomo. Questa prende origine dalla tuberosità sciatica e s'inserisce lungo tutto il femore, fino al condilo, mentre è noto che nell'uomo il gluteo massimo s'inserisce nella parte superiore del femore.

Il muscolo del polpaccio, il cosiddetto triceps surae, composto di un muscolo a due capi, il gastrocnemio, e del muscolo soleo (così chiamato per la sua forma schiacciata a foggia di sogliola) è molto meno sviluppato che nell'uomo, onde il polpaccio è poco evidente. Il muscolo soleo inoltre spesso si origina soltanto dalla fibula, segno questo del suo scarso sviluppo, soprattutto nell'Orango.

Importanti sono i risultati delle pesate dei muscoli, per quanto essi vadano presi con grande cautela. Dalle pesate praticate dal Langer e dal Fick sull'Orango, l'antropomorfo più adatto ai confronti con l'uomo per la sua specificazione puramente arborea, risulta che mentre nell'uomo adulto il peso di tutti i muscoli dell'estremità superiore sta a quello rispettivo dell'inferiore come 1 a 3 circa, la proporzione nell'Orango adulto diviene presso a poco di 1 a 1. Più interessante ancora è il fatto che il rapporto degli estensori e dei flessori nell'arto inferiore è assai diverso, dato che gli estensori intervengono fortemente nell'attitudine eretta. Nell'uomo esso è di 1 a o,58, nell'Orango è di 1 a 1,1.

Nell'apparecchio digestivo pare esistano differenze nella forma e dimensioni dei singoli segmenti e in altri caratteri fra i tre antropomorfi.

Nello Scimpanzé lo stomaco ha la forma umana, con una regione del fondo bene sviluppata, che si proietta a sinistra e in alto. Il grande asse dello stomaco è disposto più orizzontalmente che nell'uomo, ma ha una forma a U, onde il piloro viene ad essere vicino all'esofago. Nell'Orango invece la regione del fondo è meno differenziata, mentre è molto alto il corpo; aprendo la cavità, si constata che un tramezzo divide l'antro pilorico, o spazio prossimo al piloro, dalla cavità del corpo dello stomaco, nella parte più elevata della cavità, mentre nella parte più bassa le due porzioni sono comunicanti. L'antro pilorico però è assai più piccolo del restante della cavità dello stomaco.

Tuttavia l'aspetto degli organi intestinali e soprattutto dello stomaco è soggetto a grandi variazioni e forse le caratteristiche di forma esterna suddette sono fondate sinora sopra osservazioni troppo scarse. Nell'intestino tenue dello Scimpanzé sembra siano scarse le valvole conniventi, o pieghe della mucosa più o meno circolari. L'appendice vermiforme del cieco è poco lunga (10 cm.). Questa è più forte nel Gorilla, in cui invece il crasso è relativamente più breve. L'intestino in generale sembra abbia la massima lunghezza nell'Orango, essendo la lunghezza del tratto intestinale, dal piloro all'ano, in questo animale, nella proporzione di 6,13 a 1, rispetto alla lunghezza corporea.

L'appendice vermiforme è assai lunga nell'Orango e avvolta a spirale.

Riguardo agli organi glandolari annessi al tubo digerente, è degno di particolare menzione il fatto che il fegato di Gorilla presenta una divisione in quattro lobi.

La disposizione del colon è, in un caso di Gorilla osservato dal Sera, alquanto diversa da quella umana: mentre nell'uomo il colon nelle sue tre porzioni è press'a poco disposto come i tre lati di un rettangolo, a cui manchi un lato inferiormente, il colon nel Gorilla suddetto era disposto press'a poco come un triangolo a base superiore; ciò che del resto corrisponde al restringersi del tronco dell'animale in basso, nella zona d'innesto degli arti inferiori.

Interessanti sono, sotto il rispetto della topografia dei visceri, alcune disposizioni del peritoneo, per le quali occorre credere che l'intestino, e soprattutto il tenue, abbiano, nel Gorilla e nell'Orango, una posizione assai elevata nella cavità addominale, almeno allorquando lo stomaco non è eccessivamente pieno (Sera).

Degna di menzione è la presenza nell'apparato respiratorio di sacchi aerei, che sono sacchi più o meno spaziosi e pieni d'aria, comunicanti con i ventricoli del laringe e che arrivano al collo, alle parti superiori del torace, alle ascelle. Sembrano variabili col sesso e con l'età. È opportuno ricordare che l'Orango, fra gli altri caratteri numerosi di primitività, presenta i polmoni non divisi in lobi.

Ma assai più importanti sono i fatti relativi alla posizione dei limiti inferiori delle pleure. Infatti il limite delle pleure, verso l'addome, sale in alto, passando dalle scimmie inferiori alle superiori. Ora interessante è che, mentre lo Scimpanzé ha il limite anteriore sito al livello dell'8ª-6ª costola, il Gorilla e l'uomo lo hanno alla 7ª-6ª, l'Orango ha un limite ancora più elevato dell'uomo, potendo esso presentarsi alla 5ª costola.

Paralleli a questi fatti sono altri relativi alla posizione del cuore.

Ruge arrivò al risultato che la punta del cuore negli antropomorfi in confronto delle scimmie basse (Cinocefalo, Bertuccia, Cercopiteco) in primo luogo ha sofferto un forte spostamento verso sinistra e in secondo si è spostata fino all'altezza del 4° spazio intercostale. Lo Scimpanzé avrebbe la posizione più bassa; l'Orango la più alta. Gli spostamenti della punta naturalmente si collegano con quelli dell'asse del cuore, che nelle forme più primitive è parallelo alla direzione dell'asse del tronco, e raggiunge la massima obliquità nell'Orango.

Contemporaneamente a questo cambiamento il cuore diviene nella serie sempre più superficiale e il sacco che lo avvolge (pericardio) si salda al diaframma, cioè al setto muscolare che separa l'addome dal torace.

Il cervello degli antropomorfi è molto più piccolo di quello dell'uomo; ma, per ciò che riguarda la sua conformazione, e soprattutto la produzione di solchi sulla sua superficie, solchi delimitanti le cosiddette circonvoluzioni, esso può considerarsi possedere il piano stesso di struttura proprio dell'uomo, sebbene alquanto più semplice. Con ciò il cervello dell'antropomorfo è molto al disopra del cervello di gran parte delle scimmie, salvo poche eccezioni, le quali si riferiscono propriamente a due gruppi, che, per molti altri caratteri, sono prossimi agli antropomorfi, il gruppo cioè dei Gibboni e il genere Ateles, una scimmia dell'America Meridionale, che giustamente è stato detto rappresentare colà gli antropomorfi.

Il cervello del Gorilla, sebbene il più grosso, è molto inferiore in peso a quello dell'uomo. Questo pesa due volte e mezzo circa il cervello del Gorilla. Riguardo al peso relativo alla massa corporea, il cervello di Gorilla oscilla da 1/150 a 1/200 del peso dell'animale adulto, il cervello dell'uomo intorno a 1/50.

Nelle disposizioni relative agli organi dei sensi, è bene ricordare la forma e la dimensione del padiglione dell'orecchio, grandissimo e poco ripiegato nello Scimpanzé e presentante disposizioni opposte negli altri due antropomorfi.

Nell'apparato genitale singolare è il fatto che il pene è molto piccolo nel Gorilla e nell'Orango, malgrado le loro dimensioni corporee, più grande è invece nello Scimpanzé. Il pene presenta, come spesso nei mammiferi, un osso nel glande. Nell'apparato sessuale femminile le labbra maggiori, presenti nella prima età, finiscono con lo scomparire più o meno.

Molte delle caratteristiche della struttura antropoidica vengono spiegate dalle abitudini di vita degli antropomorfi e soprattutto dai modi della stazione e locomozione.

Il tratto che accomuna i tre antropomorfi e che giustifica la loro riunione in un tipo "antropoidico" è la parte notevole che prende attivamente nella locomozione l'arto anteriore, fatto questo a sua volta dipendente dall'abitato prevalentememe arboreo di queste forme. Sennonché si può osservare che l'abitato arboreo è comune a moltissime scimmie, senza che esso abbia portato alla specifica differenziazione antropoidica.

Appare perciò probabile che un altro fattore, la grandezza corporea, sia intervenuta per spostare dall'arto posteriore (come in gran parte delle scimmie) all'arto anteriore il maggior compito della locomozione (Sera).

Nella maggior parte dei Primati, infatti, la locomozione avviene prevalentemente per una spinta impressa dall'arto posteriore, anche quando essi si arrampicano sopra tronchi verticali. Ciò non ha luogo invece negli antropomorfi. Ma, come l'abitato arboreo di queste grosse scimmie è in realtà specificamente diverso per ognuna di esse, così diverso è l'uso che ciascuna fa dell'arto anteriore.

Il Gorilla può dirsi il meno arboreo di tutte. Esso inoltre, per le sue grandi dimensioni, non può praticare che le parti più basse dei tronchi degli alberi e anche quasi esclusivamente alberi di grosso fusto, che egli scala quasi soltanto per fabbricare il nido notturno alla sua famiglia. Sulla terra esso abita in luoghi dove la boscaglia è assai fitta e dove spesso perciò è obbligato a procedere in stazione semieretta.

Lo Scimpanzé pratica le parti medie dell'altezza degli alberi, non spingendosi molto in alto. Sul terreno, che egli pratica assai, vive negli spazî liberi dei boschi, dove procede in realtà ordinariamente sui quattro arti. Lo Scimpanzé però può erigere il tronco.

L'Orango è la sola forma che sia strettamente arborea, vivendo quasi esclusivamente sugli alberi, dove raggiunge spesso le più alte zone, per restarvi più tranquillo; scende raramente sul suolo, dove si muove certo non bene sui quattro arti.

Da questa condizioni di abitato e insieme dalle dimensioni dell'animale, discendono necessariamente delle diversità nel modo di arrampicamento dell'animale, che sono la ragione diretta di differenze strutturali generali e particolari.

Nessuno dei tre antropomorfi, infatti, si arrampica alla maniera umana (che del resto, nel caso del Gorilla, non sarebbe possibile per le dimensioni dei tronchi), cioè stringendo fra le cosce il tronco da scalare, mentre il piede non ha quasi parte nel meccanismo. Al contrario per tutti e tre gli antropomorfi è il piede che prende l'appoggio sul tronco da scalare, e ciò fa col suo margine interno fra l'alluce e le altre dita. Ma il Gorilla è obbligato a gettare il tronco all'indietro, sostenendolo egli per mezzo delle lunghe braccia, che uncinano il tronco da scalare, per la parte opposta a quella da cui egli ascende, e ponendo l'avambraccio e la mano in una posizione intermedia fra la supinazione e la pronazione.

Perciò il braccio non compie sull'avambraccio una flessione completa, mentre l'arto inferiore ha sempre una parte assai notevole nel sollevamento del peso del corpo enorme. L'effetto meccanico di ogni "passo" dell'arto anteriore, cioè lo spazio guadagnato sulla verticale, non è grande, malgrado la lunghezza delle braccia (fig. 8 b).

Secondo G. Sera, il meccanismo usato da alcuni selvaggi per scalare i tronchi degli alberi, valendosi di una liana o di una corda, che passano intorno al tronco, è molto simile e prova bene, d'altra parte, che in tale maniera la partecipazione dell'arto inferiore è, per lo meno, pari a quella dell'arto superiore.

Il meccanismo usato dal Gorilla è naturalmente possibile dove la resistenza al piegamento e alla rottura del tronco da scalare è fortissima. Ma un meccanismo simile sarebbe assai pericoloso là dove il tronco da scalare fosse piuttosto sottile, e quindi nelle alte zone degli alberi.

È chiaro che in questo caso l'animale deve fare maggiore assegnamento sulla resistenza verticale del tronco che non su quella al piegamento. È ciò appunto che deve fare l'Orango. L'Orango deve accostare al massimo possibile il torace e l'addome al tronco da scalare. Egli deve porre la mano che afferra il più possibile prossima alla verticale di gravità del suo corpo e può perciò nel "passo" compiere una flessione completa del braccio sull'avambraccio avendo così un massimo effetto utile dell'azione muscolare del braccio (fig. 8 a). Funzionando al contrario l'arto inferiore in una linea di azione parallela al tronco da scalare, esso sarà in condizione di appoggio per il piede assai meno favorevole che nel caso del Gorilla: quindi l'intervento dell'arto inferiore nella progressione sarà di gran lunga minore di quello superiore.

Il meccanismo d'arrampicamento dello Scimpanzé, che è del resto facile a constatare, data la frequenza di quest'animale nei giardini zoologici, è invece assai simile a quello delle scimmie inferiori e soprattutto dei Macachi. Il tronco dell'animale, cioè, che ha una posizione media press'a poco di parallelismo col tronco da scalare è tenuto distante da questo, mentre è evidente una buona partecipazione dell'arto inferiore.

Le abitudini di vita e le condizioni di stazione e di deambulazione comuni ai tre antropomorfi e quelle particolari a ognuno ci spiegano le caratteristiche anatomiche del sistema osseo e muscolare e le singolari proporzioni somatiche di essi. L'allungamento delle braccia, nei loro diversi segmenti, è la conseguenza del passaggio all'arto anteriore della maggiore partecipazione attiva alla locomozione. Con un arto più lungo l'effetto di translazione verticale consecutivo a una flessione sarà naturalmente più grande. Ed è significativo che l'arto anteriore meno lungo sia nello Scimpanzé che, abbiamo visto, è fra tutti forse il più quadrupede. Ma la flessione dell'avambraccio sul braccio deve essere realizzata meglio nell'Orango, e meno bene nel Gorilla. Abbiamo una prova di ciò nella lunghezza dell'omero del Gorilla. Tale lunghezza sarebbe una condizione meccanica poco favorevole, se l'animale eseguisse veramente nell'arrampicamento, d'abitudine, flessione completa, e richiederebbe un enorme consumo di energia muscolare.

La regione del tronco nell'antropomorfo ci presenta uno dei più singolari esempî d'adattamento alle condizioni di vita (Sera).

Essendo l'arto anteriore l'elemento più attivo della locomozione, s'intende bene come la sua funzionalità sia facilitata, allorquando il centro di gravità del tronco sia portato verso la testa, cioè allorquando la massa dei visceri sia portata il più alto possibile (Sera).

La riduzione del torace in altezza non è che un'espressione di detto processo, per cui i visceri vengono portati in alto, ma s'intende bene che detta riduzione in altezza non potrebbe sorpassare certi limiti. Inoltre, il tronco dell'antropomorfo deve soddisfare anche a un'altra condizione, quella di non avere un addome molto prominente, e ciò per evitare urti contro i tronchi da scalare, urti che nel caso del Gorilla e dell'Orango potrebbero essere frequenti. Poiché il collocamento dei visceri ha un limite verso l'alto ed è impedito verso l'innanzi, deve avere luogo in buona misura trasversalmente. Ed ecco la ragione del forte sviluppo delle regioni inferiori del torace in larghezza, della posizione frontale e della larghezza delle palette dell'ilio, che dà al tronco dell'antropomorfo la sua figura così caratteristica e diversa dalla umana. È ancora una conseguenza della collocazione elevata dei visceri la piccola distanza fra la paletta e le ultime costole. In tal guisa vengono a essere impediti spostamenti dei visceri verso dietro (Sera).

S'intende bene che questa elevata collocazione dei visceri è tanto più necessaria in animali che, per la loro dieta vegetale (fitofaga), devono ingurgitare enormi quantità di cibo, che aggraverebbero il peso del tronco (Sera).

Riduzione quindi dell'altezza del torace e dell'addome, o, per dir meglio, della sezione lombare dell'addome, sono fenomeni antropoidici ben manifesti. A G. Sera pare dubbia invece l'asserita riduzione dell'arto inferiore o, per dir meglio, esso non pare a lui caratteristica che dell'Orango; il Gorilla, al contrario, possiede un arto inferiore muscoloso e possente e lo Scimpanzé un arto posteriore press'a poco normale. Già si è accennato alla ragione principale dello scarso sviluppo dell'arto inferiore dell'Orango, che ha fatto da taluno considerare questa forma, con scarso senso naturalistico, come un essere degenerato.

L'elevata posizione dei visceri addominali negli antropomorfil condiziona le trasformazioni che si verificano nella topografia dei visceri toracici, secondo il Sera, e cioè la posizione suborizzontale del cuore, le aderenze del pericardio col diaframma, l'emigrazione dei limiti delle pleure: esse sono tutte conseguenze di quella tendenza a portarsi verso l'alto dei visceri addominali, che è una manifesta conseguenza meccanica dell'intervento forte dell'arto anteriore in flessione nel meccanismo locomotorio.

Tali fatti, nella più comune interpretazione, sono attribuiti alla stazione eretta, ma essi sono proprio presentati al massimo grado, cioè in misura maggiore che nell'uomo stesso, dall'Orango, l'antropomorfo meno capace di stazione eretta. Anche un altro fatto di forma generale, l'aspetto del torace, compresso dal dorso al ventre, è una conseguenza meccanica del tipo di arrampicamento.

Ma non meno che le forme e le proporzioni generali, ricevono una soddisfacente spiegazione dalla diversità di meccanica stazionale e locomotoria le disposizioni regionali delle ossa e dei muscoli. La lunghezza del "passo" verticale, nel meccanismo locomotorio, risulterà non soltanto dal grado della flessione dell'avambraccio sul braccio, ma anche dall'oscillazione che il moncone della spalla compie sul torace; essendo esso portato in alto a braccio esteso, portato in basso, rispetto al torace, ad arto flesso. Ora, è evidente che in questa attività il muscolo trapezio e il grande dorsale all'indietro, il grande pettorale all'innanzi, hanno una grande parte. Da ciò la ragione del loro forte sviluppo nell'antropomorfo. Ma questi muscoli, per la loro posizione e per i loro attacchi, devono avere un'azione dinamica che tende a portare all'interno il moncone della spalla, tale azione risultando in una compressione del torace, dannosa al meccanismo della respirazione, e poco utile all'oscillazione verticale della spalla stessa.

A tale azione fa energico contrasto la clavicola, e questa è la ragione del suo massimo sviluppo nell'Orango, ove il "passo" verticale è il più ampio. La forte diminuzione della lunghezza (larghezza nell'uomo) della scapola è dovuta alla posizione diversa e più prossima alla frontalità, che essa assume nell'antropomorfo, per la posizione abituale delle braccia. Anche questo perciò è un carattere che non ha niente a che fare con la stazione eretta, contrariamente a quanto finora si è pensato.

Il peso del corpo attaccato alle braccia tenderebbe a portare il moncone della spalla verso l'innanzi (ventralmente). A ciò deve fare opposizione il muscolo trapezio, il quale trova nella lunghezza delle apofisi spinose delle vertebre cervicali un punto d'appoggio sito più all'indietro t. he nell'uomo, onde migliora il suo momento meccanico per un'azione in senso dorsoventrale (come si desume dalla fig. 9).

Molti osservatori sono stati colpiti dalla rigidità del tronco degli antropomorfi, potendosi osservare che l'agilità dei loro movimenti e l'apparenza di abilità e di scioltezza dipendono più dagli arti che dal tronco. Orbene, la disposizione embricata, cioè rivolta nello stesso senso caudale dei processi spinosi (omoclinia) è certo una disposizione che garantisce tale rigidità del tronco, almeno limitando il movimento d'estensione. Ciò spiega perché i muscoli lunghi estensori del dorso siano scarsamente sviluppati. Non è qui possibile addentrarsi a spiegare le differenze della troclea omerale, il che imporrebbe l'esame di troppi particolari; basterà accennare che la curvatura forte del radio e dell'ulna, onde risulta un forte spazio interosseo, accenna forse alla grande prestazione dei flessori dell'avambraccio nella flessione, onde vengono ad essere compresse le estremità delle due ossa. L'appiattimento femorale, che costituisce una divergenza notevole dalla condizione generale dei mammiferi, dipende, secondo il Sera, dall'abbandono della locomozione quadrupede in senso stretto. La posizione semieretta che deve forzatamente prendere l'antropomorfo sul suolo, a ragione della lunghezza esorbitante dell'arto anteriore, diminuisce, se non abolisce addirittura, la funzione dei muscoli ischiofemorali (adduttori dell'uomo), che è la principale forza propulsiva nel quadrupede, azione a sua volta connessa con la disposizione suborizzontale di detti muscoli, che fa sì che la loro contrazione agisca nella linea di locomozione del corpo. Questi muscoli nell'antropomorfo divengono subverticali e non agiscono più sul femore in direzione verticale alla diafisi, ma tangenziale, onde una loro minore influenza plastica sulla forma del femore. Tanto è vero ciò, che lo Scimpanzé, il quale conserva meglio la locomozione quadrupede, ha il femore meno appiattito. Anche l'innesto del piede di Orango, in posizione di più spiccata supinazione, è in dipendenza del modo di azione dell'arto inferiore cui abbiamo accennato.

Assai importanti sono le disposizioni dell'apparato legamentoso dell'articolazione dell'anca nell'Orango. L'assenza del legamento rotondo dimostra una libertà di movimenti nell'arto inferiore assai più grande di quello che non sia persino negli altri antropomorfi. La scarsa disposizione alla stazione sul suolo è anche dimostrata dallo scarso sviluppo del legamento di Bertin, il quale ha una forte importanza per la stazione eretta nell'uomo.

Molto importante è la forma speciale del gluteo massimo negli antropomorfi. Esso, nei suoi rapporti, nella sua posizione, per il suo sviluppo, si dimostra essere il vero muscolo della stazione sopra i due arti inferiori, che nell'antropomorfo viene accompagnata da un certo grado di flessione del ginocchio. La disposizione di detto muscolo costituisce una disposizione automatica che impedisce, grazie a un'inclinazione del tronco all'innanzi, l'aumento della flessione del ginocchio, che il peso del corpo produrrebbe (fig. 10).

Abbiamo visto che molte delle caratteristiche che avvicinano l'uomo agli antropomorfi (riduzione del torace, posizione obliqua del cuore, torace compresso dal dorso al ventre) sono in realtà negli antropomorfi fatti di adattamento arboreo in forme a grandi dimensioni e non sono affatto in relazione con la capacità di stazione eretta sul suolo, come si era finora preteso: essendo pronunciate al massimo appunto nell'Orango, che è l'antropomorfo meno capace di stazione eretta.

Questa conclusione è di grande importanza, per meglio renderci conto dei rapporti fra l'uomo e gli antropomorfi.

Se alle caratteristiche di valore meccanico, che differenziano i tre antropomorfi, si aggiungono le altre di valore diverso, che qua e là si sono viste, bisogna concludere che le tre forme presentano, nonostante le somiglianze generali, delle note di specifica differenziazione così marcate, che tengono queste forme abbastanza separate l'una dall'altra. Somiglianze maggiori sembrano intercedere fra lo Scimpanzé e il Gorilla, ma non tanto grandi; molto distante dall'uno e dall'altro è l'Orango, che manifesta, dall'una parte, molti segni di primitività, dall'altra, segni di una differenziazione singolare.

Bibl.: L'anatomia degli antropomorfi è trattata in un grandissimo numero di memorie. Non abbiamo alcuna opera di sintesi recente e soddisfacente. Si consulterà tuttavia con profitto: A. Keith, An Introduction to the study of Anthropoid Apes, in Natural Science, 1896 (con bibl.); W. L. H. Duckworth, Morphology and Anthropology, 2ª ed., I, Cambridge 1915; C. F. Sonntag, The morphology and evolution of the Apes and Man, Londra 1924 (con bibl.).

Per i rapporti fra la struttura generale antropoidica, nonché alcune caratteristiche regionali da una parte e la meccanica della stazione e locomozione dall'altra, v.: G. L. Sera, Sopra alcune caratteristiche morfologiche differenziali di valore statico-meccanico nella colonna vertebrale e nel bacino dei Primati, ecc., in Giornale per la Morfologia dell'Uomo e dei Primati, IV (1926-27); id., La dipendenza della struttura generale anatomica dalle condizioni di vita degli antropomorfi, in Natura, XXI (1930).

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