ARA PACIS Augustae

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ARA PACIS Augustae

G. Pietrangeli
R. Bianchi Bandinelli
C. Pietrangeli
R. Bianchi Bandinelli

L'Ara Pacis fu eretta dal Senato, come ricorda lo stesso Augusto nelle Res Gestae (ii, 37 ss.), per celebrare il felice ritorno dell'imperatore dalla Gallia e dalla Spagna e la pacificazione dell'Impero; ivi, in memoria dell'evento, i magistrati, i sacerdoti e le vestali avrebbero dovuto compiere un sacrificio annuale commemorativo. L'A. P., sorta in Roma nel Campo Marzio lungo il percorso della via Lata, fu fondata il 4 luglio del 13 a. C. (C.I.L., i, 2, p. 320) e dedicata il 30 gennaio del 9 a. C. Dopo l'età di Augusto, è riprodotta in monete di Nerone e di Domiziano, ma non ne appare più traccia nelle fonti letterarie ed epigrafiche.

Nel 1568, sotto il palazzo Peretti-Fiano-Almagià, tra il Corso e la Piazza di 5. Lorenzo in Lucina, vennero scoperte le prime lastre del recinto esterno del monumento: alcune furono inviate ai Medici a Firenze (i rovesci delle stesse lastre rimasero a Villa Medici); una restò nel palazzo Peretti (ed entrò nel Museo Vaticano nel '700): una altra passò in proprietà Aldobrandini e successivamente al Louvre. Nel 1859, in occasione di lavori nel palazzo si trovarono altre parti della decorazione figurata che furono in seguito acquistate dallo Stato italiano. I frammenti dell'A. P. andarono per lungo tempo confusi con altri, raccolti anch'essi a Villa Medici, e non pertinenti. Il primo riconoscimento dei rilievi dell'A. P. si deve a F. von Duhn (1879) e la prima ricostruzione grafica, che le successive indagini hanno confermato e completato, fu proposta da E. Petersen (1894). Nel 1903 si tentò uno scavo sistematico e fu rilevato il monumento recuperandone altri avanzi; nel 1937-38 fu infine compiuto lo scavo definitivo che permise l'estrazione di tutti i resti che si trovavano ancora sotto il palazzo, compresa l'ara propriamente detta. Successivamente presso il Mausoleo di Augusto (con decisione e realizzazione che non è stata esente da critiche) sotto la direzione di G. Moretti, si ricostruì il complesso riunendo tutti i frammenti in proprietà dello Stato.

L'A. P. consta di due parti distinte; l'ara propriamente detta e il suo recinto esterno. L'ara occupava quasi tutta la superficie interna del monumento: essa è stata attualmente ricostruita coi frammenti originali completati mediante calchi con elementi desunti dallo scavo. Su una base formata da tre gradini sorgeva uno zoccolo, un tempo adorno di rilievi; su questo è collocato un podio che girava su tre lati, mentre nel quarto si addentrava la scala che conduceva alla mensa dell'altare. Intorno al podio correva, sia all'interno che all'esterno, un fregio di piccole figure isolate su un fondo piatto, di ispirazione classica, di cui è conservata circa la terza parte e che si riferisce probabilmente al sacrifizio celebrato in occasione della cerimonia del 13 a. C. Nella parete di fondo doveva trovarsi la scena centrale del fregio verso cui si dirigeva, da due lati, la processione. Nel lato sinistro, l'unico conservato, sono rappresentati all'interno le Vestali e all'esterno il corteo delle vittime accompagnate dai vittimarî. Sulle due fiancate dell'ara poggiavano i pulvini formati da doppie spirali contigue terminanti alle estremità in leoni alati.

L'altare era racchiuso da un recinto marmoreo riccamente adorno, di pianta quasi quadrata (m 11,63 × 10,62), sul quale si aprivano due porte. Sia all'interno, sia all'esterno, il recinto era diviso in due parti; all'esterno, in alto, erano rappresentate scene mitologiche e la processione in occasione della constitutio dell'ara; in basso si svolgeva un intreccio di rigogliose spirali di acanto partenti con rigida simmetria da un cespo centrale, ma tutte animate da uccelli, insetti e piccoli rettili colti con squisito senso naturalistico. Evidente è in questo fregio l'analogia con le opere d'arte toreutica.

Nell'interno, in alto, corre un fregio a festoni di fiori e frutti sorretti da bucranî nei quali è parimenti da notare la accurata osservazione della realtà di natura, riprodotta plasticamente con sapiente senso decorativo; in basso è una serie di paraste che sembrano imitare una transenna in legno. Si è voluto vedere questa decorazione ispirata da quella del recinto provvisorio eretto in occasione della cerimonia cui i rilievi si riferiscono. I pannelli ai lati della fronte E del monumento rappresentano figurazioni simboliche: la dea Roma (di cui rimangono scarsi frammenti) e la idilliaca rappresentazione della Tellus che tiene due fanciulli sulle ginocchia, ha il grembo colmo di frutti ed è fiancheggiata da due Aurae.

I pannelli sul lato O contengono scene relative alle origini di Roma: a sinistra, il Lupercale (quasi completamente distrutto); a destra, il sacrificio di Enea ai Penati, pervaso di intimo senso religioso. Lungo i fianchi si svolge la processione della constitutio alla quale partecipano membri della casa imperiale, sacerdoti, magistrati e popolo. Precede nel lato S, dopo una lacuna, un gruppo di littori; seguono Augusto, capite velato, fiancheggiato da due personaggi togati, poi i tre flamines maiores e quello del Divus Iulius, un sacenator, Agrippa come pontefice (per altri Lepido), il piccolo C. Cesare, Livia (o Giulia), Tiberio, Antonia Minore, Druso Maggiore, il piccolo Germanico; infine la famiglia degli Enobarbi (Cn. Domizio Enobarbo, Antonia maggiore, Domizia e L. Domizio Enobarbo). Alcune di queste identificazioni sono discusse. Nel lato N, assai meno conservato dell'altro (infatti le teste delle figure sono quasi tutte di restauro), continua la processione alla quale partecipano anche il Senato, preceduto dai littori, e il popolo romano.

(G. Pietrangeli)

L'A. P. è monumento tipico per la cultura del suo tempo; essa è legata come concezione e come struttura alla tradizione italica, ma il linguaggio nel quale la concezione si esprime è strettamente legato alla tradizione artistica ellenistica, e di lingua greca dovettero essere i suoi autori. Italica è la struttura dell'ara con recinto; romana la commistione di soggetti mitici con soggetti storici presi dalla realtà contemporanea, avendo in ciò precedenti in monumenti come la cosiddetta Ara di Domizio Enobarbo e altre modeste are del I sec. a. C. Non greca è la disposizione, priva di logica tettonica, del fregio di figure al disopra di uno zoccolo decorato a motivi vegetali: ma la si ritrova fin dal VI sec. a. C. nella decorazione pittorica delle tombe etrusche (Tarquinia, Tomba dei Tori) così come nello stesso ambiente si ha la zoccolatura divisa in elementi verticali alternanti luce e ombra, o colori chiari e scuri, come, nell'A. P., la vediamo plasticamente espressa al disotto delle ghirlande (confronta specialmente le lastre ceretane). Se dunque una concezione strutturale italicoromana si riveste di forme ellenistiche, queste, d'altra parte, coerentemente con la cultura del tempo, non sono affatto unitarie, ma, anzi, quanto mai eclettiche. L'elemento stilisticamente più perfetto e omogeneo è dato, nell'A. P., dal fregio a girali di acanto che forma la zoccolatura esterna del monumento. Forse la sua composizione originaria si può riscontrare, nel modo più genuino, nella lastra dell'angolo S-E. Una serie di esatti confronti permette (secondo Th. Kraus) di localizzare con sicurezza la tradizione artistica di questo motivo, nella sua particolare variante, nell'ambiente dell'arte di Pergamo. Ma (ed è caratteristico per la tendenza retrospettiva, classicistica, del tempo) non si ritrovano, quei motivi, nella decorazione pergamena della fine del I sec., cioè contemporanea, bensì in quella della massima fioritura pergamena, alla metà del II sec. a. C.

Se il fregio a grandi figure, con la processione, è tipicamente legato al gusto neo-attico, velato di tendenze italiche, e nel non concedere nessuno spazio al disopra delle teste delle figure mostra di volersi attenere a una tradizione classica, non pertanto si insinuano anche in esso le suggestioni spaziali connaturate alla tradizione ellenistica nelle sue manifestazioni più raffinate (si veda, per esempio, la testa femminile veduta di fronte nel fondo, all'inizio della lastra del lato O). Questo senso della spazialità, espresso con sottile raffinatezza tecnica, circola nei fregi d'acanto (con effetti che si riscontrano, per esempio, assai simili nella situla d'argento del tesoro di Hildesheim), schiacciando il rilievo, in alcuni punti, fino ad annullarlo ed esprimendo alcuni minuti particolari addirittura con incisioni "negative" sul fondo; esso agita gli svolazzi dei nastri che reggono i festoni; e le patere, che oggi vediamo stagliarsi sul fondo neutro, dovettero in origine apparire appese da nastri espressi soltanto in pittura, così come si sono conservati nella decorazione parietale della villa di P. Fannius Sinistor a Boscoreale (v.). Ma nei rilievi dei lati brevi che ci sono conservati meglio, quello della Tellus e quello di Enea che sacrifica ai Penati, il senso dello spazio si espande in pieno, creando, nel secondo dei soggetti citati, una prospettiva paesistica, col piccolo tempietto in alto sulla roccia e l'albero, di schietta intenzione pittorica, che ricollega questo rilievo a quelli già Grimani (Vienna, museo) che ornarono una fontana e che sono tra le manifestazioni più schiette della scultura a effetti pittorici tipica per una corrente della tarda arte ellenistica.

Per tutti questi caratteri l'A. P. è monumento di grande importanza, non soltanto storica, ma artistica, documentando nel modo più completo e tipico l'eclettismo dell'ambiente romano, nel quale ancora non si erano decantati i vari ingredienti che nella cultura romana agivano contemporaneamente, anche se, proprio per questo carattere eclettico, l'A. P. non può dirsi monumento di altissima espressione artistica. Dal punto di vista formale non v'è dubbio che le espressioni più felici sono raggiunte nei festoni dell'interno e nell'ornato di acanto della zoccolatura esterna, la cui armonia si accentua nella coerenza e rispondenza simmetrica dello svolgimento delle forme ornamentali in organico svolgimento del moto da esse indicato, con una esecuzione di una nitidezza cristallina e di una perfezione tecnica raramente raggiunte più tardi nella stessa scultura antica.

Si è pensato di attribuire le varie lastre dell'A. P. a maestri diversi. In questo, come in altri casi, la distinzione puramente catalogatrice non ha vera sostanza critica e storica, chiara essendo la ispirazione direttrice di una mente educata al gusto ellenistico, probabilmente pergameno, che si è adattata alle esigenze di struttura e di contenuto del committente romano. Una mano e una mente diversa devono riconoscersi nei rilievi dell'altare vero e proprio, i cui rilievi a piccole figure nitidamente staccate dal fondo sono trattate con una sfaccettatura luministica della superficie, che ricorre in altre opere ornamentali romane, di età repubblicana, e sembra giovarsi da un lato di una tecnica più propria alla pietra calcarea (travertino) che al marmo lunense, dall'altro prender spunti dalla toreutica, sia nelle forme particolari che nella disposizione dei fregi.

(R. Bianchi Bandinelli)

Bibl: E. v. Duhn, in Annali d. Inst. di Corrisp. Archeol., 1879-81, p. 314 ss.; Monumenti d. Inst., IX, tav. 34 ss.; E. Peterson, in Röm. Mitt., IX, 1894, p. 171 ss.; A.P. Augustae, Vienna 1902; J. Sieveking, in Oesterr. Jahresh., X, 1907, p. 175 ss.; A. Pasqui, in Studi Romani, I, 1913, p. 283 ss.; G. E. Rizzo, in Capitolium, I, 1926, p. 457 ss.; G. Monaco, in Bullett. Commiss. Archeol. Comunale, LXII, 1934, p. 17 ss. (con tavola delle attribuzioni dei personaggi nei fregi della processione); M. Pallottino, Boll. d'Arte, XXXII, 1938, p. 162 ss.; G. Lugli, I Monumenti antichi di Roma e suburbio, III, Roma 1938, p. 168 ss.; G. Monaco, in Bollett. d. Inst. Naz. di Archeol. e St. d. Arte, 1933, p. 58 ss. (bibliografia completa); H. Riemann, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, c. 2082 s., s. v. Pacis Ara Augusti; G. Moretti, A.P. Augustae, Roma 1948; J. S. Ryberg, in Memoirs Am. Acad., 1949, p. 79 ss.; Th. Kraus, Die Ranken d. A. P., Berlino 1953.

(C. Pietrangeli - R. Bianchi Bandinelli)