ARABIA SAUDITA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Arabia Saudita

Anna Bordoni
Silvia Moretti
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Geografia umana ed economica

di Anna Bordoni

Stato dell'Asia sud-occidentale, interamente compreso nella penisola arabica. Il tasso di natalità si mantiene elevato, anche se in leggera diminuzione (dal 35‰ del 1995 al 29,6‰ del 2005); di conseguenza la popolazione continua a crescere a un ritmo sostenuto (con una media annua del 2,7% nel periodo 2000-2005). Nel periodo 2000-2005 la speranza di vita alla nascita aveva raggiunto i 74 anni, contro i 61 del 1980. Sempre alto il numero dei lavoratori stranieri, provenienti soprattutto dai Paesi del Medio e dell'Estremo Oriente; ma la tendenza è verso una progressiva utilizzazione della forza lavoro autoctona, anche perché l'elevata percentuale di popolazione con meno di 15 anni di età (37% nel 2005) spinge ogni anno sul mercato del lavoro circa 100.000 giovani, e il tasso di disoccupazione ha raggiunto ormai il 13% dei maschi in età attiva.

Oltre l'87% della popolazione è considerata urbana, e vive concentrata nell'agglomerazione della capitale Riyāḍ (4.087.150 ab. nel 2004), nelle altre città (Gedda 2.801.480, La Mecca 1.294.100, Medina 918.890, Dammān 744.320, ecc.) e nelle oasi.

Il settimo piano quinquennale, varato dal governo nell'agosto 2000 allo scopo di rafforzare e rendere stabile e costante la crescita dell'economia, si è basato su due assi fondamentali, vale a dire massimo ricorso alla forza lavoro locale e privatizzazione di alcuni settori di attività. Tale strategia implica da un lato una diversificazione radicale della struttura produttiva, dall'altro il ricorso a capitali esterni per finanziarla. La situazione dei primi anni del 21° sec. vede tuttavia ancora prevalere su ogni altra attività l'estrazione di petrolio (453.906.200 t nel 2004), di cui il Paese continua a essere il maggiore produttore mondiale, il che gli permette di giocare un ruolo determinante all'interno dell'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries). Buona la produzione di gas naturale (60.060 milioni di m3 nel 2003), settore nel quale si sono avuti notevoli investimenti stranieri, concretizzati dalla firma di contratti di grande importanza con il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Francia per la ricerca di gas su una zona di 200.000 km2 nel Sud del Paese, nonché di altri per la ricerca e la produzione con la Russia, con la Cina e, con un consorzio europeo guidato da Italia e Spagna. Per quanto riguarda gli altri settori produttivi, l'agricoltura occupa un posto marginale, ma, grazie ai notevoli investimenti fatti dal governo, sono aumentate le aree coltivabili, e l'A.S. è divenuta autosufficiente in molti comparti alimentari. L'industria manifatturiera rimane debole, e per lo più legata al settore petrolifero (nel 2003 contribuiva per appena il 10,1% alla formazione del PIL, occupando il 7,6% della manodopera totale). Sono invece sensibilmente cresciuti i servizi, con un incremento medio annuo che tra il 1990 e il 2003 è stato di circa il 4,5%, mentre il loro contributo alla formazione del PIL era del 40,8%, con il 74,4% della forza lavoro occupata. Nel 2003 si è registrato un attivo di oltre 59,4 miliardi di dollari nella bilancia commerciale e di 28 in quella dei pagamenti.

Gli Stati Uniti rimangono il principale fornitore delle importazioni (14,5% del totale) e il maggiore mercato delle esportazioni (18,7%), malgrado sia avvenuto un sensibile cambiamento nella politica estera del regno, e nonostante i rapporti tra Riyāḍÿe Washington si siano via via sensibilmente deteriorati.

Storia

di Silvia Moretti

Alle soglie del terzo millennio, sul futuro dell'A. S. e sulla stabilità politica del regime dei Sa̔ūd pesavano molte incognite. Dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti era improvvisamente mutato il ruolo internazionale del regime saudita, che non poteva più essere considerato il principale alleato arabo moderato dell'Occidente come imposto per decenni dalla diplomazia statunitense. L'A. S. era diventata infatti un Paese in bilico tra la necessità di non compromettere i suoi rapporti con l'Occidente, rischiando di apparire come il principale finanziatore della rete terroristica di al-Qā̔ida, e le contrastanti spinte politiche all'interno, di matrice riformista da un lato e rigidamente dottrinaria dall'altro. Il Paese, inoltre, aveva subito nella regione smacchi sempre più gravi: prima la sconfitta del governo dei Ṭālibān in Afghānistān, regime amico dell'A. S. e contraltare dell'Irān sciita degli āyatollāh; poi, dopo la caduta di Ṣ. Ḥusayn (2003), la crescente rilevanza assunta dalla comunità sciita irachena, che preoccupava molto il regime, timoroso di possibili rivendicazioni degli sciiti sauditi nelle province orientali del Paese, ricche di petrolio, dove questi costituivano la maggioranza.

In A. S. l'antioccidentalismo, di antica matrice religiosa ma con forti collusioni con il più recente terrorismo ǧihādista, era cresciuto parallelamente e quasi celato dal tumultuoso processo di modernizzazione tecnologica, e di certo anche a causa delle scelte filostatunitensi della casa regnante in due momenti decisivi: la prima guerra del Golfo (1991), e l'operazione Enduring freedom (2001), in Afghānistān. Proprio in occasione di quest'ultima campagna (lanciata dal presidente statunitense G.W. Bush contro i campi di addestramento di al-Qā̔ida, ma rapidamente divenuta una guerra contro lo stesso regime dei Ṭālibān), dopo un iniziale tentennamento l'A. S., pur essendo tra i pochissimi Paesi ad aver riconosciuto il governo dei ṭālibān (insieme con Emirati Arabi Uniti e Pakistan), si schierò al fianco degli Stati Uniti, rifiutando però l'uso delle proprie basi aeree per il lancio dei bombardamenti e limitandosi a fornire appoggio logistico. Ma i tradizionali rapporti di amicizia tra i due Paesi apparivano ormai incrinati: diversi elementi (la nazionalità saudita di U. ibn Lādin e di molti degli attentatori dell'11 settembre, i sospetti sui legami tra lo stesso Ibn Lādin e il capo dei servizi segreti sauditi, peraltro rimosso dal suo incarico pochi giorni prima degli attentati, i tentennamenti della monarchia nella lotta al terrorismo) imponevano agli Stati Uniti un cambio di strategia politica, che maturò in concomitanza con la seconda guerra del Golfo, in ̔Irāq, e che vide, dopo la conclusione di quest'ultima, un generale riassetto delle forze armate statunitensi nella regione. Ancora una volta, infatti, la scelta del regime saudita di schierarsi a fianco degli Stati Uniti aveva dato adito a nuove polemiche per la presenza sul suolo sacro dell'A. S. di eserciti 'infedeli'. Alla fine del conflitto le forze militari statunitensi abbandonavano il Paese e si trasferivano nel Qatar, mentre cresceva il numero delle loro basi aeree in ̔Irāq.

Tra il 2003 e il 2004 il regno fu vittima di un'ondata di attentati, che si aprì il 12 maggio con le autobombe scoppiate in tre complessi residenziali per stranieri di Riyāḍ (35 vittime). Dopo l'attentato il potente ministro degli Interni, il principe Nā̓if (in precedenza accusato dagli Stati Uniti di aver finanziato Ibn Lādin per dirottarne l'azione fuori dall'A. S.) manifestò la volontà del regime di colpire i responsabili, presunti membri di al-Qā̔ida. L'8 novembre un nuovo attentato suicida contro un quartiere alla periferia della capitale provocò 17 morti, e nel 2004 (aprile e maggio) altri attentati nella capitale e nelle città di Yanbu e al-Khubar provocarono la morte di molti cittadini stranieri. Era ormai scontro aperto tra il terrorismo di matrice islamica e la dinastia saudita, considerata dai terroristi indegna di guidare il Paese simbolo dell'Islam, e delegittimata dalle critiche rigoriste dell'apparato religioso saudita, contrario all'occidentalizzazione dei costumi, ai rapporti di dipendenza con gli Stati Uniti e alla corruzione delle famiglie principesche (oltre 10.000 persone, ma c'è chi sostiene siano molte di più, che spendono senza controllo più di un terzo delle entrate nazionali). La campagna terroristica costituiva anche una seria minaccia per le caute riforme avviate nel Paese, e anzi bloccava il dialogo tra il regime, i dissidenti liberali e la minoranza sciita che si era aperto tra il gennaio e il marzo 2003 con la presentazione di due distinte petizioni al principe ereditario ̔Abd-Allāh, di fatto reggente dal 1995. Schiacciata dall'ondata terroristica, l'iniziale apertura mostrata da ̔Abd-Allāh, non ebbe seguito, se non per provvedimenti marginali: venne deciso l'allargamento a 120 membri del Consiglio consultivo di nomina regia (introdotto da re Fahd all'inizio degli anni Novanta del 20° sec.), al quale venne inoltre concessa la possibilità di proporre nuove leggi senza previa autorizzazione regia; ma cadde nel vuoto la discussione intorno alle proposte avanzate dai riformisti (libere elezioni, autonomia del sistema giudiziario, riconoscimento dei diritti delle donne). Sul fronte dei diritti civili, dopo l'emissione dei primi documenti d'identità per le donne (dicembre 2001), precedentemente registrate sui documenti dei padri oppure dei mariti, nulla cambiò, e alle donne venne negata la partecipazione al voto in occasione delle prime consultazioni elettorali nella storia del regno saudita, quelle municipali, che si svolsero in tre tornate nel febbraio, marzo e aprile 2005. Dopo averle più volte rinviate, ̔Abd-Allāh, le aveva infatti concesse, ma non per questo avviò un ridimensionamento del potere assoluto della monarchia. L'inesistenza di partiti politici, la non eleggibilità di metà dei seggi, il potere di veto sugli eletti da parte del governo e la scarsissima autonomia dei consigli municipali depotenziarono la portata della consultazione, peraltro disertata dalla popolazione.

A pochi mesi dal voto, con la morte del re (ag. 2005) saliva al trono ̔Abd-Allāh (82 anni), il quale si era impegnato a ricucire le relazioni con gli Stati Uniti (con i quali peraltro erano rimasti inalterati i tradizionali rapporti economici) e si era fatto promotore nel 2002 di un piano di pace tra Israele e i Palestinesi. L'ottantenne principe Sultān, al centro di un potente clan che includeva anche il ministro Nā̓if venne nominato erede al trono.

bibliografia

M. al-Rasheed, A history of Saudi Arabia, Cambridge 2002 (trad. it. Milano 2004); P. Ménoret, L'énigme saoudienne. Les Saoudiens et le monde, 1744-2003, Paris 2003 (trad. it. Sull'orlo del vulcano. Il caso Arabia Saudita, Milano 2004); M. Yamani, Cradle of Islam. The Hijaz and the quest for an Arabian identity, London 2004.

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