Arangio-Ruiz, Capograssi, Paradisi e Ungari

Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Storia e Politica (2013)

Arangio-Ruiz, Capograssi, Paradisi e Ungari

Aurelio Cernigliaro

Nel contesto culturale in cui si trovò a operare Calasso si stagliano altre autorevoli figure di spicco tra cui è indispensabile ricordare Vincenzo Arangio-Ruiz, Giuseppe Capograssi, Bruno Paradisi e Paolo Ungari.

In particolare, Vincenzo Arangio-Ruiz (Napoli 1884-Roma 1964), figlio di Clementina Cavicchia e di Gaetano, docente di diritto costituzionale all’Università di Modena, in quella stessa università si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, dove nel 1904 si laureò con Carlo Fadda. Nel 1907 ottenne la libera docenza a Napoli, nel 1909 fu straordinario a Perugia e l’anno successivo a Cagliari. Chiamato a Messina nel 1912, nel 1914 conseguì l’ordinariato; nel 1918 fu a Modena, nel 1921 approdò a Napoli, da dove si allontanò dal 1929 al 1940 per insegnare diritto romano all’Università del Cairo (vi sarebbe ritornato dal 1947 al 1954) e dove, ripresa la cattedra romanistica dopo la Liberazione, dal 1943 al 1945 fu preside di facoltà. Nel 1947 fu, infine, chiamato a insegnare istituzioni di diritto romano all’Università di Roma, ove nel 1959 venne nominato professore emerito. Linceo, dal 1952 fu presidente dell’Accademia, e dal 1961 presidente della neonata Società italiana di storia del diritto. Firmatario del Manifesto degli intellettuali antifascisti e legato a Benedetto Croce, fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Badoglio (1944), della Pubblica Istruzione nel secondo ministero Bonomi (1944-45) e nel ministero Parri (1945). Personalità di assoluto spicco nella giusantichistica italiana, ebbe piena padronanza del metodo filologico che gli consentiva di coniugare la dimensione giuridica con tutte le altre esperienze dell’antichità classica, mediante una sensibilità storica cauta nel far ricorso a categorie moderne per ricostruire il sistema giuridico romano. Oltre i due manuali di Istituzioni di diritto romano e di Storia del diritto romano, esemplari per chiarezza e funzionalità didattica, la produzione saggistica di Arangio-Ruiz si collocò su tutto l’arco della giusantichistica classica, con una particolare attenzione alle Tabulae Herculanenses e al Gaio ‘veronese’.

Giuseppe Capograssi (Sulmona 1889-Roma 1956), nato da nobile famiglia, si formò invece a Roma ove si laureò nel 1911 con una tesi su Lo Stato e la storia, in cui emergevano le problematiche dominanti la sua futura attività di studioso: le interrelazioni fra individuo, società e Stato. Insegnò a Sassari, Macerata – ove fu anche rettore –, Padova, Roma, Napoli per un decennio e definitivamente a Roma. Tra i fondatori dell’Unione giuristi cattolici italiani, di cui fu primo presidente, collaborò alla redazione del Codice di Camaldoli. Socio corrispondente dei Lincei, per nomina presidenziale il 15 dicembre 1955 giurò come giudice della Corte costituzionale, ma morì il giorno stesso della seduta inaugurale. Il suo pensiero, trovando ispirazione in Maurice Blondel e Antonio Rosmini-Serbati, si ricollega al ‘personalismo cattolico’ di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier. La sua ‘dottrina dell’esperienza giuridica’, avendo come punto focale la ‘persona’ e insieme la centralità della volontà del soggetto agente, come s’imprime nell’azione stessa, superando il campo della tecnica giuridica, si rivolge alla vera fonte di espressione giuridica e di vita, in una visione organica e totale del reale, ossia a Dio. Con straordinaria chiarezza della parola e profondità di analisi, la filosofia di Capograssi si dispiega in opere ormai classiche: Saggio sullo Stato (1918), Analisi dell’esperienza comune (1930), Studi sull’esperienza giuridica (1932), Il problema della scienza del diritto (1937), Introduzione alla vita etica (1953). Postumi i Pensieri a Giulia (3 voll., 1978-1981), scritti su foglietti dati alla futura moglie, Giulia Ravaglia.

Anche la formazione di Bruno Paradisi (Roma 1909-ivi 2000) avvenne nella capitale dove si laureò in giurisprudenza sotto la guida di Carlo Calisse, insegnando poi storia del diritto italiano nelle università di Bari, Siena, Napoli e Roma. Promotore e fondatore nel 1961 della Società italiana di storia del diritto, ne fu segretario e presidente. Accademico dei Lincei, diresse l’Enciclopedia giuridica edita dall’Istituto della Enciclopedia Italiana. Con una ben marcata connotazione metodologica, seguendo la lezione dello storicismo neoidealista, approfondì la dottrina e gli istituti giuridici posti in relazione con il contesto politico e sociale. Tre sono i preminenti campi scientifici dominati da Paradisi: istituti giuridici e diritto internazionale (Massaricium ius, 1937; Storia del diritto internazionale nel Medio Evo, 1940; Il problema storico del diritto internazionale, 1944; Civitas maxima, 1973), fonti giuridiche medievali (Storia del diritto italiano, 6 voll., 1951-1969), questioni metodologiche e analisi dei pregressi indirizzi storiografici (saggi raccolti in Apologia della storia giuridica, 1973).

Ancora all’Università di Roma si laureò, nel 1957, in giurisprudenza Paolo Ungari (Milano 1933-Roma 1999), poi ordinario di storia del diritto italiano presso la facoltà di Scienze politiche della LUISS Guido Carli di Roma, di cui fu anche preside dal 1986 al 1992, direttore dell’Istituto di studi storico-politici, componente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco e presidente della Commissione per i diritti umani della Presidenza del Consiglio durante il governo Craxi. Le cause del drammatico decesso di Ungari a seguito della caduta nella tromba dell’ascensore in un palazzo di Roma, pur dopo l’archiviazione della Procura della Repubblica, restano ancora non del tutto chiare. Tra le sue opere da ricordare: Alfredo Rocco e l’ideologia giuridica del fascismo (1963), Il diritto di famiglia in Italia dalle costituzioni giacobine al Codice civile del 1942 (1967, nuova ed. Storia del diritto di famiglia in Italia, 1796-1975, a cura di F. Sofia, 2002), L’età del Codice civile (1967), Studi sulla storia della magistratura, 1848-1968 (1968), Per la storia dell’idea di codice (1972).

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