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ARATORE

di Vincenzo Ussani - Enciclopedia Italiana (1929)
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ARATORE (Arator)

Vincenzo Ussani

Secondo le Variae di Cassiodoro (Atalarico, 8, 12) era originario della Liguria, nella larga accezione che questo vocabolo aveva in quell'età, e figliuolo di un padre egregie litteris eruditus. Rimasto orfano in giovanissima età, di lui si prese cura Lorenzo Litta, salito all'episcopato di Milano circa il 500 e morto il 26 luglio del 513. Sicché la data della sua nascita dovrebbe cadere verso il 490. Fu scolaro a Milano di Ennodio allora prete e poi vescovo di Pavia (Ennodio, Dict. 12, praef.), e poi di Deuterio (Ennodio, Dict. 9). Posteriori particolari della sua vita si attingono alle Epistole con le quali egli manda il suo poema su gli Atti degli Apostoli a Floriano (l'abate di Romainmôtier? cfr. E. Muret, in Nuovi Studi Medievali, I, p. 211 segg.), a papa Vigilio, a Partenio. Con questo Partenio, nipote di Ennodio, lo vediamo in amichevoli relazioni a Ravenna, dove sotto la sua guida egli ci dice di aver letto Cesare e i poeti pagani e anche i cristiani, tra i quali gl'inni di S. Ambrogio e Decenzio (così il testo: Decentius, onde l'Ebert suppose Dracontius, il Manitius Sedulius) e Sidonio. Aratore leggeva a sua volta proprî versi di materia mitologica; ma dal suo consigliere gli venne l'esortazione a volgersi piuttosto alla poesia sacra. Poi i due si divisero. Aratore professò l'avvocatura; e la sua fama d' eloquenza gli valse la scelta a oratore dell'ambasceria dalmatica inviata a Teodorico nel 526. Sotto Atalarico egli fu Comes domesticorum, indi Comes privatorum. Poi, ritratosi dal mondo, sotto papa Vigilio (537-555) era subdiacono a Roma, dove lo riprese la vocazione poetica, cosicché, dopo tentativi di un rifacimento dei Salmi o del Genesi, pose mano alla rielaborazione poetica degli Atti degli Apostoli, offerta al Papa il 6 aprile 544.

L'opera è intitolata nei codici Historia apostolica, dagli editori dopo l'Arntzen De actibus apostolorum: è in due libri, dei quali il primo conta 1076 esametri dattilici, 1250 il secondo. L'autore vi segue a passo a passo la narrazione apostolica alternis modis (Epist ad Vigil., v. 21 segg.): cioè prima letteralmente, poi allegoricamente; e, abbreviando la prima esposizione, la letterale, dà sviluppo alla seconda, l'allegorica, ciò che costituisce la sua originalità di fronte agli antecessori Iuvenco e Sedulio, i quali però egli non cita, mentre a giustificazione della forma poetica adduce la composizione originariamente metrica del Salterio, dei libri di Geremia e di Giobbe, secondo le teorie di S. Girolamo. Nell'allegoria v'è uno straordinario abuso della simbolica dei numeri secondo una tendenza che è pure geronimiana, sebbene non estranea a quell'età e perfino alla legislazione giustinianea: le etimologie tradirebbero l'ignoranza dell'Ebraico, se non mostrassero la smania, anche questa geronimiana, di etimologizzare quanto si può. Gli Atti degli Apostoli, finiscono, come si sa, in certo modo, in tronco. A. ha aggiunto al suo poema una chiusa di suo, col martirio di Pietro e Paolo. Come Agostino e Prudenzio, A. ritiene che i due abbiano subito il martirio lo stesso giorno, ma a distanza di un anno.

L'espressione ricercata ricorda i poeti classici, che Aratore aveva letto con Partenio; la prosodia non è impeccabile; la metrica monotona per il susseguirsi di esametri con le medesime cesure. Ma in complesso egli è dei migliori scrittori del suo tempo, e ben si spiega l'ammirazione per lui del Medioevo cristiano e allegorizzante.

Opere: I manoscritti sono numerosi: i più antichi i Parigini 9347 e 18555 del sec. IX e 17905 del sec. X. Delle edizioni la prima è senza indicazione di luogo e di anno; la seconda apparve a Milano nel 1469. ll titolo di De actibus Apostolorum appare, cvme dicemmo, la prima volta in H.I. Arntzen (Zutphen 1769, edizione riprodotta nella Patr. Lat. del Migne, LXVIII). L'ultima edizione straniera è quella del Hübner (Neisse 1853), italiana quella di L. Perugi (Venezia 1909, ristampata a Roma 1911). Manca un'edizione veramente critica.

Bibl.: Caratteristiche dell'autore si hanno nelle opere generali di A. Ebert (Allgemeine Geschichte der Literatur des Mittelalters, 2ª ediz., 1889, p. 413), di M. Manitius (Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, Monaco 1911, p. 162 segg.) e di M. Schanz (Geschichte der römischen Literatur, IV, ii, Monaco 1920, p. 391 segg.). In italiano si possono leggere le pagine che lo riguardano nell'opuscolo di Achille Beltrami, Gli scrittori latini della Liguria medievale, Genova 1923.

Vedi anche
Magno Felice Ennòdio Ennòdio, Magno Felice (lat. Magnus Felix Ennodius). - Poeta e retore latino cristiano, nato in Gallia, forse ad Arles, nel 473 (o 474), morto nel 521 a Pavia, dove fu vescovo dal 513. Per le traversie subìte a Costantinopoli, dove era stato mandato presso l'imperatore Atanasio per ottenere l'adesione ...
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  • Aratóre
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    Poeta latino del 6º sec. d. C. Professò l'avvocatura ed ebbe cariche sotto Atalarico, quindi si ritirò dal mondo e fu suddiacono. Rielaborò gli Atti degli Apostoli in due libri di esametri, seguendo la narrazione apostolica e aggiungendo al poema una chiusa che descrive il martirio di Pietro e Paolo: ...
  • ARATORE
    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)
    Claudio Leonardi Nacque, verso la fine del sec. V, nell'Italia settentrionale; "mittit et Liguria Tullos suos", gli scriverà Cassiodoro. La famiglia era dunque di origine provinciale, di quella provincia ligure che comprendeva buona parte dell'Italia del Nord e aveva il suo maggior centro in Milano. ...
Vocabolario
aratóre
aratore aratóre s. m. (f. -trice) [dal lat. arator -oris]. – Chi ara; lavoratore agricolo che attende in partic. ai lavori dell’aratura. Come agg., bue a., destinato o adatto a lavori di aratura.
aratòrio
aratorio aratòrio agg. [dal lat. tardo aratorius]. – Che concerne l’aratura, che serve per arare: attrezzi a.; non com., arativo: terreno aratorio.
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