ARCHITETTURA

Enciclopedia Italiana (1929)

ARCHITETTURA (dal gr. ἀρχιτέκτων "architetto" attraverso il lat. architectūra)

Gustavo Giovannoni

Definizione. - L'architettura è insieme l'arte e la tecnica di costruire gli edifici. Nelle definizioni scolastiche e nelle rappresentazioni simboliche che ad essa si riferiscono, talvolta la vediamo posta accanto alle arti ornamentali e figurative, quali la pittura e la scultura, che ad essa in certo modo possono dirsi subordinate, talaltra vediamo accentuato il carattere costruttivo, che nel campo delle costruzioni civili o delle opere monumentali la rende affine all'ingegneria.

Non sarà inutile dare un breve cenno delle diverse definizioni o riferimenti che in vario tempo e da varî autori sono stati dati nei riguardi dell'architettura. Platone considera nell'architettura e nelle arti manuali l'azione che produce e che ha per oggetto non l'imitazione delle cose, ma la cosa stessa; è, per lui, la più povera tra le arti, ma superiore alle altre per la precisione tecnica.

Vitruvio nel libro I dice: architecti est scientia pluribus disciplinis et variis eruditionibus ornata, cuius iudicio probantur omnia quae ab caeteris artibus perficiuntur opera, ed enumera poi tutte le complesse cognizioni necessarie all'architetto, altrove divide, con profondo concetto, l'espressione architettonica in quod significatur et quod significat.

Alcuni accenni di S. Agostino (De vera religione, cap. XXX) parlano della somiglianza, della simmetria, della convenienza delle opere architettoniche, e sviluppano il concetto dell'unità nella varietà, la quale risponde all'unità eterna e sovrana che è al disopra dei nostri spiriti.

Leon Battista Alberti, che pure è uno dei capiscuola del periodo più fecondo d'arte dell'architettura, non vede nella sua definizione (De re aedificatoria, proemio) che il lato puramente tecnico, nelle regole con cui "si recano a fine le cose, le quali mediante movimenti di pesi, congiungimenti et ammassamenti di corpi si possono accomodare allo uso degli uomini".

Tra le definizioni di scrittori moderni potremo soffermarci su quella di Schelling (cfr. Sämtl. Werke, I, Stoccarda 1859): "L'architettura è la forma artistica inorganica della musica plastica... Essa è un'arte in quanto la forma utile divenga forma bella che esprima l'assoluto e faccia dimenticare lo scopo pratico"; ovvero su quella dello Schleiermacher (cfr. Aesthetik, Berlino 1842) per cui "l'architettura è il prototipo dell'inorganico, ... sicché un edificio è una cristallizzazione eseguita dall'uomo e non dalla natura"; oppure sulla definizione di J. Ruskin (cfr. Seven Lamps of Architecture, 2ª ed., Londra 1880): "arte di conformare e decorare gli edifici in modo che la loro vista contribuisca alla sanità, alla forza, al piacere dello spirito; o infine potremo ricordare l'espressione di "creatrice di spazî" con cui l'Ostendorf e lo Schmarsow ritornano al concetto di Platone, ovvero le chiare osservazioni del Vitale (Estetica dell'Arch., Bari 1928), che vede nella creazione architettonica la sola creazione artistica possibile nel campo del relativo, cioè della realtà, e la definisce "costruzione, ordinamento, ritmo dati alla materia nei rapporti prestabiliti dallo spazio", "verbo che si è fatto pietra e resiste nei secoli al processo distruttivo dello spirito nuovo".

Tutte queste definizioni insistono dunque sul carattere creativo, sulla realtà obiettiva, sulla consistenza permanente dell'opera architettonica; ma spesso sono generiche ed accademiche e non tengono conto del pratico carattere sintetico dell'architettura, e la considerano unilateralmente o come arte o come tecnica, o come fine o come mezzo, seguendo il riflesso delle concezioni limitate e unilaterali che verranno esaminate a proposito delle varie teorie estetiche.

Qualcosa d'analogo si può dire a proposito dell'iconografia. Talvolta troviamo simbolizzata l'architettura quale figura femminile tra le altre arti (si confronti, p. es., il rilievo di Agostino di Duccio nel Tempio Malatestiano a Rimini), talvolta la troviamo rappresentata quale espressione tecnica (come nella formella del campanile di S. Maria del Fiore, ove solo appare l'opera della costruzione). Sono talora suoi emblemi gli strumenti del disegno, come la squadra e il compasso, talora quelli della costruzione o del tracciamento regolare degli elementi costruttivi, come l'archipendolo.

Il duplice aspetto dell'architettura dev'essere costantememe considerato da chi vuol rendersi conto della sua essenza stessa e vuol ricercare le leggi del suo sviluppo. L'unione dell'elemento pratico e tecnico con quello estetico è sempre diretta ed intima; poiché le esigenze positive rappresentano la ragione stessa della composizione architettonica, la costruzione è il mezzo che dà la possibilità di realizzarla, l'arte reca all'edificio l'armonia delle forme, delle proporzioni, dell'ornato, e ne dà l'espressione simbolica.

Per l'architettura quindi, considerata secondo questo criterio integrale, non si può parlare di arte astratta a cui il tecnicismo o sia subordinato o ponga soltanto talune limitazioni (cfr. B. Croce, Intorno l'unità delle arti, in Proolemi di estetica, IV, Bari 1919), quando invece il tecnicismo ha diretta relazione con lo scopo stesso dell'opera e coi complessi mezzi meccanici che possono attuarla; ma neanche si può parlare di pura tecnica, quando dagli aggruppamenti delle masse, dai rapporti con l'ambiente, dagli elementi geometrici o decorativi nascono nell'osservatore sentimenti e impressioni che rientrano nell'ordine estetico.

Certamente i rapporti fra i due ordini di concetti, positivo ed estetico, che fanno capo all'architettura, possono essere molto diversi secondo i varî temi architettonici o secondo le possibilità costruttive. Basti qui accennare due suddivisioni di vario ordine che si possono istituire. Nei riguardi degli scopi possiamo considerare i due casi estremi dell'architettura monumentale o dell'architettura pratica: secondo che si creano edifici aventi prevalentemente la finalità d'affermare un concetto o un sentimento, o quella di rispondere a una concreta utilità vitale. Nei riguardi dell'espressione possiamo distinguere l'architettura spaziale o volumetrica, che ha nelle masse e nei rapporti di vuoti e di pieni i suoi mezzi essenziali, dall'architettura decorativa che dà forma ed ornato alla superficie, rivestendo un organismo tecnicamente costituito.

Già Vitruvio ha determinato questi concetti quando ha affermato l'architettura nata ex fabrica et ratiocinatione, cioè dalla pratica e dalla teoria, e nello stabilire che l'architettura debba realizzare le condizioni dell'utilitas, della firmitas e della venustas, ha classificato i capitoli a cui ancora essa può riportarsi, cioè la rispondenza al fine utile, la costruzione, l'arte. Ciascuno di essi reca seco le sue esigenze e le sue possibilità: ne risulta quindi per l'architettura una funzione complessa in cui tra loro s'incontrano ed interferiscono le diverse espressioni.

Caratteri degli edifici. - Nella rispondenza al fine utile, che s'inizia con la definizione dei temi e prosegue analiticamente con la fisiologia architettonica, ossia con la determinazione dei varî elementi secondo la loro funzione, si ha il diretto riflesso dell'esigenze della vita, mosse a lor volta da quelle che il Taine chiama condizioni permanenti o mutevoli dei singoli luoghi o dei singoli periodi. Per dare alcuni esempî, le condizioni del clima portano a svolgere la vita o all'aperto, nelle piazze, nei portici, nelle ville, ovvero entro edifici chiusi e ristretti. Il regime politico può portare a dare la massima importanza ai pubblici edifici rappresentativi, ai palazzi del monarca, ai castelli dei feudatarî, alle case dei privati, alle opere dell'industria e del commercio, talvolta considerando l'architettura come mezzo essenziale di potenza politica, talaltra come ricerca di bellezza e di decoro da parte di un popolo libero. La religione, spesso in diretta relazione con le ragioni politiche e sociali, ha fatto dei templi e delle tombe quasi sempre le opere architettoniche più durevoli e più significative. Il complesso di condizioni che si è soliti designare col nome di civiltà, ha diversamente contribuito a fornire il programma dei singoli edifici e a plasmarne il carattere interno ed esterno; per il che, se noi dei varî periodi passati conoscessimo veramente la produzione architettonica (il che non avviene quasi mai, perché di solito ne rimangono frammentariamente alcuni edifici monumentali e non quelli, di costruzione effimera, attinenti alla vita ordinaria), noi avremmo implicitamente la conoscenza completa delle condizioni materiali e morali dei singoli popoli, delle origini e dei rapporti etnografici, della prosperità e della potenza dei cittadini e dello stato.

Sotto questo riguardo non v'ha dubbio che l'architettura moderna sia molto più complessa di quelle che ci hanno preceduto. Al nostro sviluppo urbanistico, alla nostra civiltà scientifica, meccanica, materialistica, rispondono temi in gran parte nuovi o per destinazione generale, o per condizioni speciali, ed essi vanno considerati secondo i criterî, da un lato d'una economia basata su di un preciso calcolo del tornaconto, dall'altro delle esigenze dell'igiene, della ricerca della comodità e della rapidità, ricerca che influisce sulla distribuzione dell'edificio e sulla disposizione dei molteplici impianti che ne divengono parte essenziale.

I diversi argomenti che riguardano la rispondenza al fine utile dell'opera architettonica possono far capo ad altrettante suddivisioni pratiche dell'architettura, come, per es., architettura religiosa, architettura domestica, architettura monumentale, architettura dei pubblici edifici, architettura militare, architettura funeraria, architettura scolastica, architettura industriale, architettura dei teatri, degli alberghi, delle ville, dei tribunali, dei centri sportivi, ecc.; ovvero, più analiticamente possono riferirsi a speciali condizioni di distribuzione dei corpi di fabbrica, d'illuminazione, di acustica delle sale, ecc.

Possono anche dirsi in questo campo grandiose propaggini dell'architettura, da un lato l'edilizia, che regola la formazione delle città o delle minori agglomerazioni urbane e che ha le singole opere architettoniche per suoi minori elementi; dall'altro l'architettura degli spazî interni, o l'arredamento, per cui gli ambienti assumono la loro conformazione e l'architettura giunge in più diretto contatto con la vita.

Costruzione architettonica. - Il capitolo dell'architettura che riguarda la costruzione si riferisce, come si è detto, al mezzo concreto dell'attuazione, il quale trae i suoi caratteri dalle condizioni relative ai materiali e ai mezzi d'opera per utilizzarli, dalla organizzazione e dal coordinamento di lavoro d'un numero d'operai e d'artefici, talvolta operanti sotto una direzione unica, talvolta in una libera cooperazione. Le cause permanenti e le mutevoli s'intrecciano quindi variamente nella determinazione di questo mezzo tecnico e nelle possibilità delle sue applicazioni ai varî temi.

In parte può dirsi che l'ingegno umano abbia a questi temi piegato la materia, ma in parte può dirsi l'inverso. Ed ecco sorgere con ben diversi caratteri, l'architettura della pietra, propria dei paesi a suolo roccioso, o quella del laterizio, tipica delle grandi valli fluviali, o l'architettura del legno, nelle regioni delle vaste foreste; e recentemente affacciarsi le architetture del ferro e del cemento armato. Ecco delinearsi talvolta, nelle varie fasi di questa alterna lotta, talune soluzioni organiche o taluni espedienti di cantiere che hanno in parte ampliato le possibilità dei vari materiali e dei normali procedimenti relativi, come con la mirabile creazione dell'arco e della vòlta che ha permesso alla muratura pesante di ricoprire spazî, come con le manovre elevatorie degli Egizî, destinate a risparmiare il legname delle impalcature. Ecco infine nascere dalle strutture elementari i varî schemi di edifici: schemi trilitici od arcuati, organismi basilicali, a vòlte, a scheletro di materiali elastici.

Se sotto questo riguardo esaminiamo, ad es., il problema architettonico della copertura degli edifici, vediamo che secondo i materiali e i procedimenti adottati, esso variamente si conforma allo schema stesso planimetrico e spaziale. Nelle sale ipostile egiziane l'adozione di architravi e lastre di pietra orizzontalmente disposte esige la suddivisione dello spazio mediante colonne equidistanti e relativamente vicine; nelle celle dei templi greci, come nelle basiliche pagane o cristiane, la copertura in legname consente invece di sviluppare ambienti ampî e regolari, spesso ripartiti tuttavia in più navate per diminuire la portata dei travi; ma le grandi sale a vòlta dell'epoca romana e dei periodi successivi, le chiese bizantine o romaniche o gotiche, e le cupole del Rinascimento, con lo slanciare in alto la struttura muraria nella copertura delle vòlte, ci dimostrano un ben più vasto dominio degli spazî, il quale tuttavia, perché i muri resistano alle azioni laterali, richiede complesse disposizioni nella pianta che si risolvono in nuovi ritmi. Intanto nelle costruzioni interamente in legname, così frequenti negli edifici civili del Medioevo, la materia resistente a flessione e i suoi collegamenti si esplicano nel frequente abbandono della verticalità per sostituirvi pareti sfalsate e nell'alto sporgenti (v. fig. a pag. 69); esse preludevano alla modernissima costruzione articolata in ferro o in cemento armato, che collega la copertura solidalmente con gli elementi verticali e sopprime nuovamente le spinte orizzontali, sicché il regno dell'arco e della vòlta può quasi dirsi finito. Per la resistenza dei suoi elementi è per essa agevole elevarsi ad enormi altezze, come anche è facile prescindere dalle norme tradizionali sulla rispondenza delle singole parti.

Alcuni di questi schemi antichi o moderni sono rappresentati nelle figure delle unite tavole, tratte in parte da A. Choisy (Histoire de l'architecture, Parigi 1899) e da G. B. Milani (L'ossatura murale, Torino s. a.).

Forse uno dei maggiori problemi dell'architettura moderna sta appunto in sì enorme estendersi delle possibilità materiali costruttive, in questi mezzi agili e solidi che consentono un regime di libera plasticità delle masse, a cui sono impreparati gli artisti non più vincolati da quelle leggi che ne guidavano la concezione e davano loro il senso del limite e della realtà.

Nell'opera architettonica alla possibilità di costruzione si è sempre voluta unire la resistenza, la firmitas, ma pure essa è stata ed è variamente intesa. Talvolta si è voluto raggiungere, specialmente negli edifici religiosi e funerarî, la massima durevolezza, sì da sfidare i secoli (come, esempio massimo, nelle piramidi egiziane), talaltra si sono invece adoperati materiali di durata relativamente breve, quale il legno. Paragone significativo può farsi in questo campo tra gli edifici monumentali dei Romani, aventi un'esuberanza di stabilità che potrebbe dirsi un margine statico tale da opporsi al logorio del tempo, e le chiese gotiche, ove è stato raggiunto, quasi in ogni elemento, il massimo della resistenza specifica del materiale, per cui l'edificio ha potuto vivere solo mercé un'opera continua di manutenzione e di rinnovamento.

La tecnica dell'architetto non è dissimile da quella dell'ingegnere. L'una e l'altra richiedono una preparazione fatta di esperienza, sia che questa faccia capo all'empirismo delle corporazioni professionali sia alle determinazioni scientifiche relative alla resistenza dei materiali (v. architetto). L'una e l'altra si sono quasi sempre unite nella stessa persona, e il netto distacco data solo da poco più di un secolo, cioè da quando la sempre maggiore complessità dei temi e l'importanza sempre maggiore assunta dalla scienza e dalla meccanica hanno richiesto di sdoppiare la preparazione nell'uno e nell'altro campo.

E invero, la moderna tecnica della costruzione degli edifici ha non soltanto mezzi ben maggiori di quelli dei secoli precedenti, ma ha innumerevoli nuovi compiti accessorî, quali quelli dello studio e dell'esecuzione degl'impianti necessarî negli edifici (fornitura d'acqua, fognatura, illuminazione, comunicazioni telefoniche, ascensori, impianti di energia, di riscaldamento, di ventilazione, parafulmini, apparati igienici, ecc.), che in speciali edifici assumono tale importanza da richiedere l'opera di tecnici specialisti, ma che in ogni modo rientrano nella competenza dell'architetto cui spetta il coordinamento di tutto l'insieme costruttivo.

Estetica architettonica. - L'argomento di questo capitolo che si riferisce all'estetica architettonica è più difficile a trattarsi di quelli che furono accennati nei precedenti capitoli, con i quali ha pure così stretti rapporti. Nel valutare tali rapporti e nello stabilire concetti di riferimento al bello architettonico, si affacciano diversissime teorie unilaterali, antiche o moderne, delle quali qui si darà breve cenno.

a) Teorie positivistiche. - Molti autori teorici e taluni moderni architetti, seguendo un concetto che potrebbe dirsi materialistico o razionalistico, considerano nell'architettura soltanto la diretta espressione costruttiva, la soluzione o l'accentuazione del problema tecnico.

Il maggiore dei filosofi che abbiano sostenuto tali concetti è stato lo Schopenhauer, il quale ha affermato (Die Welt als Wille und Vorstellung), con frase tecnicamente inesatta, essere lo scopo vero, la materia unica della bella architettura la lotta tra il peso e la rigidità. Varî architetti e studiosi del secolo scorso hanno sviluppato tale concetto, molto negli scritti ma pochissimo in fatto. Così il Viollet-le-Duc ha sostenuto doversi sviluppare, senza preoccupazioni estetiche, la costruzione "da cui in un secondo tempo si sprigioneranno le forme armoniose e complete". Il Pugin ha posto la formula: "nessuna linea che non sia necessaria, nessun particolare che non risponda allo scopo utile, nessun ornato che sia doublure della costruzione essenziale". Recentemente queste tendenze hanno preso nuovo vigore quasi a contrasto con l'effimero stile decorativo che noi chiamiamo liberty e che ha tenuto variamente il campo nel primo decennio di questo secolo. Molti scrittori ed architetti di Germania, di Francia, di Russia, e tra essi il Le Corbusier, sostengono che nella presente nuova èra architettonica, caratterizzata dallo sviluppo di tipi moderni di edifici e dall'impiego di materiali e procedimenti nuovi, siano da troncare tutti i ponti col passato, costituiti da ricordi, da imitazioni, da continuità di sentimento; che debba istituirsi la nuova estetica avente per tipo l'architettura della macchina; che ci si debba avviare alle costruzioni in serie, con l'abolizione di ogni forma astratta e di ogni ornamento.

Senza entrare per ora a discutere questa tendenza estrema di costruttivismo, che si risolve nella completa negazione dell'architettura per sostituirvi l'ingegneria e che spesso trova negli stessi sostenitori una diretta contraddizione nella ricerca di qualche elemento estetico di spazî e di forme, ricordiamo qui questi due gradi, essenzialmente diversi, del tema della espressione positiva: l'uno è quello della organicità delle masse, sicché la disposizione logica degli ambienti costituenti l'edificio e le possibilità statiche stesse dei materiali con cui è costruito abbiano la loro evidente espressione spaziale senza essere nascosti o falsati; l'altro è quello dell'esteriorizzazione delle strutture spicciole delle varie parti, sicché p. es. le pareti mostrino la disposizione delle pietre e dei mattoni stratificati all'interno, ovvero della intelaiatura di legno o di cemento armato che ne costituisce l'ossatura.

Su questi due ordini di concetti può essere diversissimo il giudizio. Taluni autori, tra cui il Boileau, si mostrano favorevoli al primo, contrarî al secondo, in cui vedono una non richiesta costrizione ad ogni espressione astratta di arte. Il Behrens afferma essere la tecnica sottomessa all'arte, alla "volontà della forma", che trova la tecnica che le conviene: il che poteva avere gravissime e sostanziali eccezioni nei periodi passati, non nel presente.

b) Teorie delle proporzioni astratte. - In evidente contrasto con le teorie precedenti sono quelle che ricercano un ritmo di rapporti nelle forme architettoniche, ritenendo l'architettura arte subiettiva che abbia in noi le sue leggi, rispondenti, come avviene per gli accordi musicali o per le combinazioni dei colori, alla fisiologia dei nostri organi sensorî.

A queste teorie appartengono tutti i teorici dell'antichità e specialmente Vitruvio, che nel suo trattato riflette non tanto il tipo dell'architettura del suo tempo (la quale si andava formando quale architettura spaziale rispondente alla costruzione ad archi e a vòlte rivestita da forme e da ornati grecizzanti) quanto i canoni degli architetti del periodo ellenistico, quali Piteo, Ermogene, Ippodamo di Mileto.

Vitruvio, oltre a fornire norme sulla costruzione, sull'economia, sulla convenienza delle varie parti degli edifici, riassume i concetti estetici nella eurythmia, composizione ritmica dell'insieme ispirata ad unità stilistica, e nella symmetria, cioè coordinazione metodica delle misure in cui ogni membro architettonico, come ogni nota nella musica e ogni sillaba nella prosodia, possiede la sua quantitas, sia che questa si esprima in rapporti aritmetici modulari (commensus o commodulationes), sia che vi intervengano rapporti geometrici (geometricae rationes). Gli ordini architettonici vengono così anatomizzati in rapporti sottili, che nel Rinascimento saranno poi ripresi ed interpretati da altri autori, quali l'Alberti, fra Giocondo, il Serlio, il Vignola; alcuni dei quali svilupperanno il concetto vitruviano di avvicinarsi a proporzioni "perfette", traendole dalla "quadratura" del corpo umano o di quello degli animali.

A concetti non molto dissimili possono riportarsi le figure a rapporti costanti di numeri semplici nei triangoli egiziani, ovvero le ben più complesse composizioni ad inquadratura geometrica delle piante e delle sezioni nelle chiese gotiche, ove alcune figure fondamentali venivano a determinare nei loro incontri il tracciato schematico, il ritmo dei vuoti e dei pieni, rispondendo, insieme, nella adozione di numeri e di figure elementari, ad astrusi principî simbolici. Tutto ciò d'altronde non va esagerato.

Su questo tema speciale v. alla voce gotica, architettura. Documentazioni su tali intendimenti si trovano nel taccuino di Villard d'Honnecourt e nei commenti vitruviani del Cesariano relativi al duomo di Milano, in E. Viollet-le-Duc, Dict. raisonné de l'arch. franå., Parigi 1875-1889, 11 voll.; in F. Hoffstadt, Principi dell'architettura gotica, Venezia 1840; in F. M. Lund, Ad Quadratum, Londra 1921; in A. Schmarsow, Komposition-Gesetze in der Kunst des Mittelalters, Lipsia 1920-22.

Tra gli autori moderni, il Thiersch è quello che ha maggiormente svolto le teorie delle proporzioni architettoniche, sviluppando ampiamente il concetto dei rapporti perfetti già apparso con la divina proportione di fra Luca Pacioli, e con la sectio divina o aurea di Zeising. Egli ha rilevato che "nelle migliori opere di tutti i tempi una forma fondamentale si ripete ed i particolari formano figure simili a quella...., sicché l'armonia risulta dalla ripetizione della figura principale nelle sue suddivisioni". La sua teoria può dirsi, in altre parole, quella di un'analogia generale geometrica, o di una costanza ritmica nei rapporti tra i varî elementi di un edificio.

Più ampiamente, ma più genericamente, il Beverley, il Cloquet e il Garnier rilevano, accanto agli effetti di analogia, quelli di contrasto, aumentando così il campo dell'estetica geometrica.

Entrano in quest'ordine di concetti i rapporti di proporzione tra i particolari, le singole parti di un edificio ed il suo insieme e la scala assoluta o relativa in cui è concepito; vi entrano gli espedienti architettonici per ampliare gli schemi di proporzione, accentuando lo sviluppo longitudinale col dare valore alle linee orizzontali, o lo sviluppo verticale con lo slanciare le linee verso l'alto e con l'adottare motivi ripartiti; vi entra, altresì, la funzione architettonica dell'ornato in quanto può alleggerire o aggravare taluni elementi, aumentare o diminuire l'importanza di linee essenziali.

c) Teorie espressive o simboliche. - A questi criterî di estetica formale ed oggettiva se ne possono contrapporre altri di estetica espressiva, che può dirsi di sentimento o simbolica. E del resto la divisione tra queste due architetture, di forma o di contenuto, appare in moltissimi trattatisti, da Vitruvio al Lévêque, dall'Alberti al Göller.

Queste teorie possono a loro volta suddividersi in varie categorie, secondo che vi presieda un concetto essenzialmente soggettivo o fisiologico; ovvero che vi prevalgano i concetti pratici relativi alla destinazione, o quelli mistici o morali.

Tra le prime si affacciano le teorie della simpatia (Einfühlung) espresse dal Vischer, dal Volkelt, dal Lipps, e più completamente di tutti dal Wölfflin, e con nuove e libere osservazioni dal Beltcher. Per esse le forme geometriche non sono inanimate, ma rappresentano una vita meccanica, che è un fatto soggettivo con cui noi le interpretiamo per analogia con la nostra vita interiore, proiettandoci in esse. Secondo il Wölfflin, che segue ad oltranza tale criterio di antropomorfismo, l'intuizione estetica trasmette l'esperienza corporale alla natura della vita, e d'altra parte lo stesso atto della visione e della percezione dà, secondo i casi e secondo lo sforzo che richiede, un senso di letizia o di pena. Di qui nasce l'impressione delle forme leggiere o gravi, graziose o severe, armoniche (come quasi sempre sono quelle simmetriche) o discordanti; in questa impressione entrano le reminiscenze di cose viste, e pregiudizî statici e sentimento di maraviglia per il nuovo e per l'imprevisto, cioè elementi estetici o no, che in parte interessano l'intelligenza, in parte si riferiscono a una sensazíone simile a quella musicale.

Così, traendo esempî dagli autori citati, la colonna isolata richiama alla mente l'uomo "in piedi che aspira al cielo", l'ordine architettonico con l'architrave carico di peso o l'arco che trasmette le azioni ai piedritti appartengono alla dinamica come organismi vivi ed operanti. E così un'enorme facciata tutta uguale desta in noi un senso di stanchezza quando, per la grande massa e per la ripetizione soverchia, la regolarità è divenuta monotonia. Talché, per seguire le divisioni del Beltcher, si possono avere le seguenti "qualità" architettoniche: la forza (p. es. secondo la forma volumetrica piramidale o secondo la gradazione del rivestimento di bozze); la vitalità (per l'analogia con la vita e la forma umana); la raffinatezza (per la cura sottile dell'esecuzione); la calma (per la regolarità delle proporzioni, l'accentuazione dello sviluppo orizzontale, la prevalenza delle pareti liscie); la grazia (per la ricca decorazione e per la finitezza e l'eleganza dei particolari); l'ampiezza stilistica (per il giusto e severo impiego delle vaste proporzioni) ecc.

La rispondenza della forma esterna alla destinazione e al carattere dell'edificio è uno dei canoni elementari che appare già in Vitruvio (nei capitoli in cui parla del decor) e che maggiormente si accentua con le "forme di convenienza" dei trattatisti moderni quali il Cloquet ed il Guadet. Come aspetto generale essa ci riconduce all'organicità delle masse, in quanto un edificio razionalmente ordinato e distribuito nei suoi ambienti secondo la sua pratica funzione, nella disposizione dei volumi ed in quella dei vuoti e dei pieni, darà già all'intelletto la designazione chiara del suo scopo; ma nei riguardi delle forme architettoniche (ponendo da parte i poveri mezzi delle rappresentazioni allegoriche) l'espressione cambia assai secondo che i temi possono o no riportarsi a tipi tradizionali. Nel primo caso (come per le chiese, i palazzi, i monumenti funebri od onorarî) le reminiscenze del passato e le condizioni d'ambiente hanno, per la continuità del concetto, un'influenza diretta nella mente dell'architetto o dell'osservatore e non è possibile prescinderne; nel secondo caso (come per edifici scolastici, alberghi, magazzini di vendita, cinematografi, ospedali, ecc.) il sentimento delle forme caratteristiche può in parte assimilarsi a quello di tipi a funzione similare, in parte far capo alla generica espressione dominante di cui sopra si è parlato.

Quanto ai concetti simbolici di ordine mistico e morale, occorre dire che tutta la letteratura religiosa dei primi tempi cristiani e del Medioevo, da S. Paolino di Nola a S. Eucherio, al vescovo Durand, ad Onorio d'Autun, è piena di norme per dare un significato ad ogni parte dell'edificio chiesastico; ma invero non sembra che, salvo alcuni casi d'eccezione (come il coro reclinato in alcune chiese di Cornovaglia) o alcuni elementi generici (come numeri e figure fondamentali nel tracciato delle chiese gotiche), gli architetti si siano molto curati di questi precetti astrusi che in realtà non lasciavano traccia visibile. Anche nei periodi successivi, edifici immaginati secondo uno schema simbolico sono rarissimi (esempî: S. Ivo alla Sapienza in Roma del Borromini, elevato su pianta in cui si disegna l'ape barberiniana; la moderna chiesa del S. Cuore a Quito in cui la forma di cuore ritorna nella planimetria e nei prospetti: v. p. 72). Certo ben più efficace di questa rispondenza minuta è il simbolismo generico espresso nelle forme significative di convenienza, di cui si è ora parlato.

Le teorie del Ruskin appartengono a quest'ordine, sebbene vaghe e talvolta contraddittorie. Esse insistono sul contenuto morale dell'architettura e lo considerano in sette diverse espressioni: sacrificio verità, forza, bellezza, vita, ricordo, obbedienza.

d) Teorie ambientistiche. - Sulla produzione architettonica in quanto appare all'esterno, agiscono insieme con ragioni intrinseche, come quelle testé ricordate, anche ragioni estrinseche, talvolta di grande importanza. L'ambiente può essere storico, naturale od edilizio; può essere il diretto elemento che richiama alla tradizione e riannoda le opere del presente con quelle del passato.

Lo Spencer dice che gli uomini scelgono le forme che loro convengono ispirandosi senza saperlo a quelle naturali che li circondano; e cita gli esempî dello sviluppo orizzontale degli edifici d'Oriente e della tendenza verso l'alto e verso il frazionamento arboreo delle cattedrali nordiche.

Il Taine, il Boutmy, l'Adamy si soffermano, negli studî dei periodi architettonici trascorsi, sull'ambiente storico e ricercano il significato delle forme architettoniche nel loro rapporto con lo spirito del tempo: giusto criterio codesto, che però in qualche modo si risolve in un apprezzamento individuale da parte dell'osservatore moderno, secondo la sua cultura o la suggestione di pensieri e di ricordi che in lui suscitano i resti antichi, spiritualizzati come documento di vita umana.

Il Ruskin e il Beltcher hanno talune osservazioni sulla rispondenza di linea e di colore tra i nuovi edifici e l'ambiente naturale. Tra i capiscuola moderni, il Vischer insiste specialmente sull'ambientismo, cioè sui rapporti di massa e di stile tra un nuovo edificio e quelli della città ove sorge.

Nelle moderne tendenze architettoniche si delinea a questo proposito una netta divisione tra l'internazionalismo ed il localismo, il primo che prescinde dall'ambiente, il secondo che lo considera elemento essenziale e vi adatta la composizione dei singoli edifici nelle masse, nelle proporzioni, nel colore, nelle forme architettoniche. La tradizione ha per queste ragioni ambientistiche valore non solo di ricordo, ma di realtà d'arte; e la vediamo nelle varie scuole diversamente esplicarsi o nella imitazione (che di rado può dirsi felicemente riuscita) degli stili del passato, ovvero nella loro assimilazione a temi moderni o nella loro contaminazione con nuovi elementi. Le più interessanti di tali manifestazioni sono quelle in cui l'architetto cerca non di copiare ma di fare opera nuova secondo il sentimento dell'ambiente o quando si rivolge a fonti architettoniche ancora non utilizzate; quali quelle dell'architettura minore o del folklore rurale.

Senza abbandonare il criterio dell'esposizione obiettiva dei varî principî in così complesso argomento, ci sia permesso di esprimere il pensiero che in Italia, ove la continuità architettonica è stata meravigliosamente costante e gloriosa ed è ancora presente nelle nostre città, non l'internazionalismo architettonico può prevalere ma il sentimento nazionale e regionale dell'ambiente, pur liberamente seguito ed interpretato, e che il coefficiente ambientistico ha e deve avere speciale importanza in prossimità di monumenti, singolari o collettivi, che si possono dire dominanti (cfr. G. Giovannoni, L'ambiente dei monum., in Quest. d'Architettura, 2ª ed., Roma 1928).

Intorno ai molteplici concetti ora espressi si sviluppa una serie di considerazioni e di studî analitici.

a) Alcuni riguardano i problemi della percezione e dell'apprezzamento dei particolari architettonici, e si riannodano alle leggi dell'ottica fisiologica studiate dal Listing e dal Helmholtz, e cercano di spiegare (ad esempio con gli studî del Thiersch, del Hauck, del Giovannoni) le speciali "raffinatezze" di forma e di prospettiva praticate dai Greci nella loro squisita sensibilità d'arte, consistenti in minime deformazioni delle linee (come per le curve sostituite alle orizzontali nelle cornici) per ottenere o rafforzare speciali effetti e per contrapporre l'illusione pseudoscopica alle alterazioni del fenomeno visivo.

b) Altri considerano i rapporti tra l'architettura e l'edilizia e seguono il passaggio dai liberi e pittoreschi aggruppamenti medievali di edifici, a un inizio d'ordine e di subordinazione nel Cinquecento, alla costituzione, nel Seicento, delle piazze e delle ville architettoniche, formanti il quadro al monumento maggiore ed associanti in un'unica concezione la composizione edilizia ambientale e quella architettonica (cfr. i lavori del Sitte e del Gromort, e v. edilizia).

c) Altri ancora si occupano dei rapporti tra l'architettura e la decorazione o le arti figurative. Queste, in tutti gli antichi periodi, sono state considerate in funzione architettonica, fatte cioè per completare un'opera architettonica, e per trovarsi in un determinato ambiente, aventi a lor volta leggi di proporzione e di armonia (nella statica statuaria, nella composizione triangolare, nella prospettiva, nella figura degli spazî occupati ecc.) che si riporta all'architettura. Recente e non lieto è il distacco tra quella che un tempo si diceva l'arte madre e le altre. Rimane, o dovrebbe rimanere, quale ancilla la decorazione; questa si presenta, per ciò che riguarda la rispondenza della forma alla materia, per le proporzioni e pel significato, con quesiti che in parte riflettono quelli già espressi per l'architettura. Ma nei riguardi del suo valore architettonico può dirsi che essa può avere una funzione essenziale, sia nell'imprimere all'edificio un carattere, sia nel modificare i rapporti delle masse, frazionandole e diminuendole di peso apparente. Gli esempî veneziani del Palazzo Ducale, ove l'enorme parete gravante sui sottili trafori dei due loggiati inferiori è alleggerita dall'intarsio dei marmi colorati, o della Biblioteca di S. Marco, in cui il Sansovino con la ricca decorazione plastica del fregio, ha riportato a proporzioni normali la cornice di coronamento; le norme date dal Serlio e da altri per l'ornamentazione dei soffitti in ragione della loro altezza; l'effetto di fasto o di austera sobrietà ottenuto in tanti monumenti col moltiplicare gli ornati o col sopprimerli (si confrontino il tipo quattrocentesco, il cinquecentesco, il seicentesco del sepolcro o del palazzo), stanno a provare questo significato estetico o simbolico dell'ornato plastico o cromatico, figurato o geometrico.

Ritornando ai problemi fondamentali dell'architettura ed alle teorie testé riassunte, può ripetersi che esse derivano da concezioni unilaterali di un tema complesso, e può ritornarsi alla concezione integrale che permette ai varî mezzi estetici di coesistere, nel molteplice organismo architettonico, in un giusto equilibrio in cui nessuno dei principî voglia soverchiare l'altro. I più significativi monumenti del passato rappresentano infatti, come si vedrà brevemente, tale giusta unione che permette all'opera architettonica di rispondere insieme alle esigenze tecniche e pratiche ed a quelle di convenienza e di armonia nelle proporzioni.

Dati e metodi della storia dell'architettura. - Prezioso ausilio ci è fornito a questo punto dall'esperienza del passato, concretata nella storia dell'architettura. Ma questa, appunto per la complessità con cui risponde alle condizioni materiali e spirituali dei varî periodi, ed anche per il frammentario presentarsi dei suoi monumenti, fra lacune enormi, tra vicende di distruzioni e di sovrapposizioni, fra intrecci di influenze stilistiche, è ancora lontana dall'essere scritta con vera sicurezza, emulando la perfezione di metodi a cui son giunte le discipline sorelle, cioè l'archeologia e la storia dell'arte; le quali a lor volta hanno i loro punti deboli nella scarsa conoscenza dei concetti tecnici e spaziali che si riferiscono all'architettura.

Ancora, e per lungo tempo, il sistema scientifico da seguire per il sicuro progresso della storia dell'architettura dovrebbe essere analitico; sia nel raccostarsi alle cause vere della produzione architettonica, le quali spesso si trovano piuttosto nella storia economica o in quella etnografica o in quella religiosa anziché in quella politica, sia nello studiare ciascun monumento tenendo conto insieme di ogni dato documentario: dai dati d'archivio a quelli epigrafici, dai criterî costruttivi relativi all'organismo a quelli riguardanti la spicciola struttura, dalla ricerca di menzioni e di testimonianze indirette allo studio stilistico delle forme architettoniche e degli elementi decorativi o delle opere d'arte aggiunte. Solo in tal modo, e non volendo fin d'ora procedere per sintesi senza capisaldi bastevoli, si potrà giungere ad intessere la rete delle reciproche influenze e a determinare il significato, il posto preciso di ciascun gruppo di monumenti.

Per ora le varie trattazioni di storia dell'architettura risentono di queste deficienze di conoscenze singole e spesso riflettono le tendenze unilaterali che abbiamo esposte, talvolta con l'esagerare l'importanza del fattore positivo, come ha fatto lo Choisy, talaltra con l'esaminare l'opera architettonica come opera di superficie, soffermandosi sui particolari, senza considerare la complessa organizzazione manuale di qualsiasi costruzione di edificio, per la quale la figura dell'autore è talora nascosta da quella dei tanti suoi collaboratori tecnici o artistici. Uno dei risultati di questo stato dei nostri studî è quello della suddivisione artificiosa, ma ancora necessaria per orientare le idee, in altrettanti stili, in cui si aggruppano, per tempo o per luogo, gli stadî della multipla evoluzione delle forme e delle soluzioni tecniche (v. per esempio gotica, architettura; barocco, ecc.).

Il principio evolutivo è evidente non solo nel passaggio lento dall'uno all'altro di questi stili, ma nella trasformazione o nella suddivisione in sottostili di un medesimo stile: o schierati secondo caratteristiche regionali (che talvolta rispondono a veri stili locali che traversano i varî stili generali) ovvero dovuti al modificarsi delle forme e degli ornati attraverso il tempo (come p. es. per il dorico greco dal periodo arcaico all'ellenistico, per il gotico dal romanico di transizione al flamboyant). Esso si svolge seguendo, per così dire, il movimento delle tre parti di cui si compone l'architettura, cioè la rispondenza degli edifici alla loro destinazione, il mezzo costruttivo, la forma d'arte. Talvolta prevale l'una, talvolta l'altra di tali correnti e determina nuovi aggruppamenti, e nuovo avviamento nell'evoluzione complessiva; e ne risultano stili dinamici o di transizione accanto ad altri che sembrano, ma non sono, statici; e periodi prevalentemente costruttivi come il gotico, accanto ad altri prevalentemente artistici, come il Quattrocento italiano.

La ragione per cui in architettura questo generale andamento non ha eccezioni e lo stile collettivo sovrasta sempre all'individuale, sta in parte nella complessità tecnica, economica, sociale dell'opera architettonica in confronto con quella di qualunque altra arte non "creativa di spazî", in parte risiede in tre caratteri essenziali di vario ordine che la distinguono: di essere cioè arte pubblica, ossia fatta per apparire all'esterno quasi in proprietà del pubblico, la cui vista quindi esercita un valore dominante (secondo la frase di Victor Hugo "l'uso appartiene al proprietario, la bellezza è di tutti"); di avere manifestazioni perrmanenti, sicché il presente si trova in contatto col passato e le ragioni dell'ambiente e quelle del significato convenzionale si riannodano; di avere infine mezzi espressivi relativamente scarsi in confronto delle altre arti, sia per la sordità della materia, sia per i legami alla tecnica e alla pratica.

Origine e sviluppo delle forme architettoniche. - Nonostante il carattere ancora incompleto e quasi provvisorio di molte nostre cognizioni di storia dell'architettura, questa può validamente contribuire a risolvere molti quesiti che il solo ragionamento lascia dubbî. Uno è quello della genesi delle forme architettoniche.

Esaminando molti monumenti di vario tempo, noi vediamo che nella maggior parte dei casi è in essi rispettata l'organicità di massa, mentre invece la rispondenza degli elementi architettonici tra struttura e forma o non esiste, ovvero è appena sommaria.

L'organicità di massa si è esplicata nella duplice forma della rispondenza alle condizioni utili e alle distribuzioni di vuoti e di pieni voluti dal tema, ed in quella (di cui già abbiamo dato taluni esempî) alle linee principali dell'ossatura costruttiva. Il tempio greco coi suoi portici dapprima ampli, perché rispondenti ad uno scopo pratico, poi pian piano atrofizzati, col timpano che esprime la copertura a tetto direttamente; le terme romane con la scenografica conformazione interna che è insieme capolavoro di sapienza costruttiva come organismo resistente alle azioni delle vòlte e di estetica spaziale; i teatri e gli anfiteatri con gli ambulacri costituenti i passaggi razionalmente disposti e l'elemento di sostegno della cavea; le chiese paleo-cristiane o bizantine, romaniche o gotiche in cui l'esterno risponde, nel carattere e nello sviluppo delle sue linee, alle divisioni dello spazio interno e allo schema costruttivo, specialmente quando questo è divenuto complesso per le nuove soluzioni della copertura a vòlta; il palazzo o la casa del Rinascimento, che sono espressione chiara del programma relativo all'abitazione, rappresentano altrettanti esempî di siffatta organicità. Ad essi invero, nella molteplicità enorme delle manifestazioni architettoniche, non mancano altri esempî opposti da contrapporre, come quelli delle tante chiese italiane aventi la facciata a ventola, concepita come opera a sé quasi indipendente dal corpo della chiesa, o di false finestre non corrispondenti ai piani dei palazzi, o di ordinamento pseudoperiptero, o di cupole a doppia superficie e simili; ma essi non escono dal valore di eccezioni, pur importanti e numerose, alla regola.

Nei riguardi invece degli elementi morfologici di cui l'architettura si compone e con cui si esprime, la storia dell'architettura ci insegna che non appena dalla semplice costruzione bruta, esprimentesi nella formazione di capanne o di caverne, ovvero in quella di monumenti primitivi che erano semplici agglomerazioni di grossi blocchi (dolmen, mura ciclopiche ecc.), l'uomo è passato a dare una "forma" architettonica ai suoi edifici, il procedimento che quasi sempre ha seguito è stato quello della trasposizione o della traduzione dal materiale effimero in uno stabile, secondo un criterio opposto a quello voluto dalle teorie materialiste.

Le tombe rupestri della Licia e dell'Etruria, i soffitti di molte tombe etrusche simulanti la struttura lignea dell'impluvio ci mostrano di tali fenomeni interessanti esempî. Nell'arte indiana, dal sec. III a. C. al XIII d. C., la derivazione delle forme in pietra da quelle di legno appare evidente nei recinti delle stupa, nelle celle (sikhara) dell'architettura jaina, fatte come una catasta di tronchi di legno intagliati, nelle pseudo-capriate e nei pilastri dei caityas, o sale ipostile scavate nella roccia; e vi si riconnette gran parte della produzione dell'Estremo Oriente, quando ancora non sia rimasta all'età del legno.

Per gli ordini architettonici greci l'origine lignea affermata da Vitruvio e da Pausania è ormai accettata, pur contro le obbiezioni del Hübsch e del Viollet-le-Duc. Ma negli ornamenti è ancora più tipico il processo di pietrificazione di elementi effimeri: come nei festoni, nei bucranî, negli stessi capitelli dorici, ionici e corinzî, tratti dal mondo vegetale, così come (con un contrasto anche maggiore tra la costruzione massiccia e l'ornato leggiero) era avvenuto per i capitelli e per le trabeazioni nei templi e nelle tombe egiziane.

Formatisi in tal modo, gli ordini greci divengono nei secoli VI e V a. C., un capolavoro di organicità della costruzione in pietra e insieme d'espressione artistica astratta. La semplicità d'aspetto, il significato razionale si sono cioè conseguiti non direttamente, ma per via riflessa attraverso l'arte e la logica. Più tardi invece, nel periodo ellenistico e nelle propaggini italiche, gli ordini ancora si evolvono fino ad acquistare valore formale e decorativo, fino a togliere spesso alla colonna, nei monumenti romani, la funzione statica e spezzare gli architravi, incartocciare i timpani, preludendo a quell'ultima involuzione che molti secoli dopo si produrrà nel periodo barocco, il quale tradurrà gli ordini in stucco e incurverà le trabeazioni e perfino farà inginocchiare le colonne.

Nell'architettura basata sull'impiego dell'arco e della vòlta il ciclo di sviluppo appare più confuso, forse perché meno note sono le prime applicazioni caldaiche. Il passaggio tuttavia dal primo materiale di argilla cruda al mattone cotto e alla pietra ci dà anche qui una tipica trasposizione. Breve invece il periodo secondario, nel quale i costruttori etruschi e romani adoperano l'arco in pietra con disposizione organica; ad esso succede il grandissimo periodo terziario della pseudo-organicità, nel quale la struttura è apparentemente in pietra e nasconde la massa del calcestruzzo formante i muri e le vòlte, gli archivolti sottili nascondono il vero innesto dei conci, e i lacunari nell'intradosso mostrano un fittizio intreccio di nervature. Ma intanto l'architettura seguiva ben altra via, nell'armonia spaziale delle grandi sale, nelle applicazioni tecniche, non di elementi strutturali ma di organismo, che rendevano possibili le vaste composizioni e divenivano con esse una cosa sola. Gli esempî potrebbero ancora moltiplicarsi, associandosi a quelli della elaborazione degli elementi tratti dalla costruzione diretta: nelle case e nelle fortezze medievali che, costruite in muratura, serbano talvolta la disposizione di pareti sporgenti in fuori e rette da mensole, tipica delle strutture in legname; nella decorazione in stucco del Cinquecento e del Seicento, che simula le bugne e le cornici di pietra, pur atteggiandole poi, in un secondo tempo, a nuove più libere forme, adatte alla plasticità del nuovo materiale.

Essi ci mostrano un interessante fenomeno di reminiscenza e di ritardo di fase nell'espressione; il quale, del resto, si ritrova in quasi tutte le nostre immagini, nei simboli del linguaggio o dell'arte, ma che nell'architettura assume il singolare carattere di opera permanente, in cui il passato diviene presente e la creazione dell'architetto, anche se modesta (ed è in questo la sua grave responsabilità), giunge ai posteri, e in cui la concezione tecnica interferisce con l'artistica senza che sia possibile né disgiungerle né identificarle.

Esempî di antichi monumenti-tipo. - Queste considerazioni ci mostrano fenomeni ben più complessi di quelli contemplati dalle singole teorie; ancora meglio essi appariranno nell'esame di alcune tra le opere più significative dei singoli periodi. Tale esemplificazione ci mostrerà il convergere di diverse cause e di diversi concetti nello stesso edificio, il determinarsi di varî coefficienti, tali da rendere le opere di vario stile mal paragonabili tra loro.

Nelle piramidi egiziane (che sono tombe dei re delle prime dinastie) i concetti realizzati sono i seguenti: creare sepolcri che conservassero il corpo del defunto per il più lungo periodo possibile (concetto religioso); affermare con la grande mole il potere regale (concetto politico); dare l'impressione di maraviglia che desta l'immagine del grande sforzo compiuto (concetto monumentale primitivo); adeguarvi l'aspetto di forza e di stabilità permanente (carattere espressivo); rispondere alle condizioni tecniche del sollevamento dei blocchi mediante piani inclinati (concetto costruttivo derivante dai procedimenti tecnici e dal tipo dei materiali naturali); utilizzare le condizioni di mano d'opera (concetto relativo al regime sociale); dare al monumento una forma geometrica, a rapporti ben definiti (concetto di arte astratta, facente capo a formule).

Nei templi greci agonali o di culto: creare uno spazio sacro per le feste e per il tesoro (concetto religioso); mantenere allo schema una costanza di tipo e di costruzione attraverso il mutare dei tempi (concetto tradizionalistico); ricercare l'effetto non nella grandezza ma nella perfezione, non nella grande tecnica costruttiva, ma in quella della perfetta lavorazione in pietra, non nel sentimento di maraviglia ma nell'arte raffinata (concetto dovuto al regime politico e sociale, alla preparazione estetica e culturale del popolo); razionalità costruttiva negli elementi architettonici principali (concetto tecnico-artistico); proporzioni modulate, garbo delle linee, studio analitico degli effetti nelle cornici e nei colori, associazione della scultura all'architettura (concetto artistico e decorativo).

Nelle terme pubbliche romane: grandezza e sontuosità che affermano il potere imperiale (concetto politico) e dànno il sentimento della vastità (concetto estetico primitivo); soluzione dei problemi della copertura a vòlta dei grandi spazî mediante il razionale aggruppamento planimetrico - che costituisce contrafforti esterni ed interni e contrasti mutui nelle azioni laterali - e mediante l'adozione degli esuberanti sistemi murarî a concrezione (concetto costruttivo facente capo ad una organizzazione professionale e sociale); utilità della disposizione, rispondente ad un complesso e vario programma di destinazione (concetto pratico); architettura spaziale, di rapporti di vuoti e di pieni, collegata planimetricamente e altimetricamente a quella tecnica con mutue relazioni di cause e di effetti (concetto artistico dominante, basato sulla precedenza dell'opera muraria); architettura decorativa di sovrapposizione di elementi, come colonne, cornici, rivestimenti in marmi colorati e in stucchi, musaici, pitture, spesso grossolana e inorganica (concetti artistici secondarî aventi le loro cause nella netta suddivisione delle maestranze, nell'assenza di raffinatezza nel popolo).

Nelle chiese gotiche francesi dei secoli XII e XIII: importanza e ricchezza data all'edificio quale espressione del comune e della sua prosperità (concetto politico e religioso); sviluppo planimetrico con grande coro e poi con cappelle laterali (concetto liturgico); schematizzazione dell'edificio in nodi, dovuta alla necessità di utilizzazione al massimo della pietra (concetto pratico), all'opportunità di aumentare la luce (influenza del clima), alla padronanza tecnica del regime statico basata sull'esperienza di libere maestranze, degli architetti e degli artefici (concetto professionale e sociale); sviluppo dell'edificio in altezza e dominio assoluto della verticale, per elevarsi sulle piccole case e tra le vie ristrette (concetto di estetica edilizia) per dare allo schema statico delle vòlte ogivali, dei contrafforti, degli archi rampanti la massima efficacia (concetto tecnico), per imprimere nell'osservatore un sentimento deciso nelle proporzioni e nella ripartizione delle linee, nordicamente incerto e sgomento nel carattere indefinito, nella molteplicità, nella maraviglia per l'ardimento quasi paradossale (concetto estetico d'impressione); rispondenza dei principali elementi alla funzione costruttiva (concetto tecnico-artistico); proporzioni e figure, che si avviano al formulario (concetto artistico e simbolico); ornato ora sottile e frastagliato esageratamente, ora sobrio, basato su elementi geometrici o su imitazioni naturalistiche (concetto artistico-decorativo).

Nelle chiese e nei palazzi del Quattrocento nell'Italia settentrionale: tipo planimetrico derivante dal medievale, ma più aperto per le migliorate condizioni di sicurezza e di prosperità nella vita civica (espressione di ragioni sociali e politiche); architettura di particolari decorativi più che di masse, di estetica esterna più che di elevatezza costruttiva per il regime delle maestranze di artefici appena guidate da un architetto, più artista che costruttore (concetto professionale); fine eleganza dell'ornato per il virtuosismo degli artefici (concetto professionale), per la meraviglia che l'ornamentazione sottile desta nel popolo (concetto estetico primitivo), per i materiali disponibili quali pietre fini o terracotta (concetto positivistico); imitazione in questi elementi di forme classiche timidamente interpretate (concetto riflesso da cultura riannodata al sentimento immanente della tradizione estetica); vario innesto di dette forme sugli schemi gotici (caratteristica di un periodo di formazione e di avviamento).

Nelle chiese della seconda metà del Cinquecento o dei primi del Seicento: importanza di mole e ricchezza degli edifici, data dall'affermazione della Controriforma e da quella dei nuovi ordini religiosi, carattere nazionale prima, internazionale poi, che fa capo a Roma (concetto religioso, politico ed economico); concezione organicamente architettonica dell'edificio, attinente alla figura preminente e ben definita dell'architetto (concetto professionale); schema costruttivo ed architettonico che si riporta alle sale termali romane (concetto riflesso di studio dell'antico, concetto tecnico per l'equilibrio della grande costruzione a vòlta, concetto estetico per il ritorno dell'architettura spaziale dei vasti ambienti scenograficamente disposti); schema saldo di proporzioni basato su rapporti geometrici recanti un ritmo architettonico più complesso che non fosse quello della prima metà del Cinquecento (concetto di armonia architettonica); composizione degli ordini architettonici con rapporti ben determinati ma con aggruppamenti varî (concetto analogo al precedente, ma determinato da ragioni didattiche); ricerca di un ornato plastico ampio e mosso all'esterno, vario e tormentato all'interno (concetto estetico di innovazione; causa materiale, l'adozione dello stucco); ricerca di ornato policromo all'interno (concetto estetico d'innovazione verso un nuovo ordine di armonie, e insieme tradizionale per l'ímitazione degli edifici romani).

Con questi esempî schematici non si vuol dare davvero un quadro. dell'architettura nei suoi varî periodi. Gli edifici stessi suindicati non si possono sempre dire i più rappresentativi delle corrispondenti epoche stilistiche; e lo sono per noi più che altro per le insufficienti e frammentarie cognizioni che noi possiamo formarci di quelle, data l'assenza o la scarsezza di resti di altri tipi di edifici e specialmente dell'abitazione, che costituiva, come costituisce, l'ambiente architettonico.

Né si dimentichi che accanto ai periodi-tipo e ai monumenti-tipo ora considerati, si hanno monumenti e periodi intermedî, più ibridi e complessi, che tuttavia si uniscono ai primi con la continua catena di una tradizione. E la tradizione che più diiettamente c'interessa è quella che ha per centro l'Italia.

La tradizione italiana. - Non è certo possibile passare qui in rassegna le manifestazioni architettoniche italiane altro che per rinviare alle singole trattazioni speciali: dalla rozza architettura etrusca, piena di vita costruttiva, all'architettura italica fino a tutta la repubblica romana, fusione di elementi etruschi ed ellenistici; all'architettura imperiale romana, grandiosa costruzione drappeggiata di rivestimenti decorativi, che ha lasciato su tre continenti i suoi resti e su quelli ha scritto la storia politica, amministrativa e sociale altrettanto eloquentemente che le narrazioni di Svetonio e di Tacito; alle basiliche cristiane, in cui l'architettura romana sviluppa il tema della nuova religione trionfante; alle prime costruzioni bizantine di Milano e di Ravenna, in cui ancor vive lo schema spaziale e costruttivo delle terme romane; alle povere chiese del primo Medioevo, alle quali dopo il Mille succede la fioritura dei varî stili regionali romanici e segnatamente del lombardo, dove è nuovamente risolto il problema statico ed estetico della basilica coperta a vòlta; al cosiddetto periodo gotico che vede taluni innesti francesi e tedeschi sul tronco dell'architettura delle chiese e dei palazzi romanici; al magnifico Rinascimento in cui l'anima architettonica italiana ritrova pienamente il suo sentimento classico applicato ai temi nuovi, con la grazia quattrocentesca, con la perfetta armonia semplice della prima metà del Cinquecento, con le forme complesse della seconda metà; al barocco turgido, ricco di effetti scenografici, padrone delle masse e dell'ornato che adatta ai fini più diversi, rispondente talvolta più che il Cinquecento alla tradizione imperiale romana, ripresa dalla chiesa cattolica negli edifici sacri della Controriforma; al neoclassico che segna un ritorno della cultura ad interrompere il libero sviluppo artistico.

Quest'enorme produzione, che ci ha lasciato un patrimonio inestimabile di monumenti, tali da far dire che la civiltà italiana è stata essenzialmente architettonica, ha avuto una continuità serrata e una forza espansiva che si manifestano nel modo più diverso nei varî periodi a seconda delle condizioni e delle cause varie che a questi presiedono. Mentre nel periodo romano la diffusione architettonica nel mondo risponde a una potenza politica e a una sapienza tecnica organizzatrice, nel periodo lombardo l'emigrazione sul Reno e in Francia dei maestri di muro e di scalpello è basata solo sulla loro perizia costruttiva ed artistica; e il fenomeno si ripete ben più grandioso dal Cinquecento all'Ottocento, nei secoli in cui l'Italia non era più ormai che un'entità geografica. Per opera di architetti stranieri, debitori allo studio dei nostri monumenti della loro formazione artistica, ma più ancora per opera dei tanti architetti ed artefici nostri chiamati all'estero, lo stile che di regionale era divenuto, da Bramante in poi, nazionale, diviene mondiale e dà ovunque forma a palazzi, chiese, castelli, fino a costituire sottostili come il francese e l'inglese, i quali, pur avendo uno sviluppo a sè, non sono che sue derivazioni.

Interessante è altresì lo studio del fenomeno inverso, cioè degli apporti che in vario tempo hanno recato alla nostra le architetture estere, come nell'antichità la greca e nel Medioevo la bizantina (in Calabria e sulle coste adriatiche), la musulmana (in Sicilia e sulle coste del Tirreno meridionale), e specialmente la gotica. Quest'ultima in particolare ci fornisce uno dei più interessanti fenomeni di assimilazione e di riassorbimento, spiegabili solo in un ambiente architettonico saldamente e tradizionalmente costituito che ha reagito contro l'internazionalizzazione. Dagl'inizî del Duecento in poi la prima diffusione di architettura francese, dovuta al monachesimo cisterciense e alla dominazione angioina, ha man mano ceduto il campo a nuovi tipi, in cui la nuova moda appariva solo in alcuni aggraziati elementi decorativi, mentre il macchinoso e troppo ingegnoso schema delle fragili cattedrali d'oltralpe era messo da parte. In questo adattamento, come giustamente dice il Burckhardt, l'anima stessa del gotico settentrionale è stata sacrificata: non più la chiesa concepita come uno schema ascendente, come un sistema di forze che cercano nello slancio il loro sviluppo e il loro equilibrio, ma il senso meridionale dello spazio ampio e delle masse a linee longitudinali, ma il carattere indigeno delle forme e delle proporzioni, intatto sotto il velo della decorazione gotica e, quasi indipendentemente da essa, proseguente a svilupparsi per proprio conto.

Tra le cause permanenti di questa continuità, alcune hanno carattere geografico. Pur nella diversità di clima e di materiali delle varie regioni italiane c'è tuttavia un'unità: cielo chiaro, temperature moderate, terreni in cui le montagne si alternano con i piani, sì che nessuna tendenza v'è ad esagerare nello sviluppo orizzontale, nessuna ad esagerare in quello verticale; pietra e argilla abbondanti e prossime ovunque; abitudini di vita all'aperto nelle belle piazze, simili a sale di riunione, ove si affacciano i principali pubblici edifici.

L'altro elemento è invece spirituale e risiede nella razza. La sensibilità artistica, la ricerca della bellezza, non si sono qui indirizzate verso una perfezione irraggiungibile e generica come presso il popolo greco, ma si sono invece volte, con raro equilibrio tra il senso pratico e l'estetico, ad una ben più varia ed ampia gamma di motivi e di tipi. L'architetto come anche l'artefice italiano (figure tra loro spesso confuse) è stato un costruttore, spesso esperto e sapiente ma non schiavo della costruzione. Ha spesso considerato la facciata di un edificio come un'opera d'arte per sé stante, ha, pur senza rinunziare alla grande composizione spaziale degli interni, nella quale il rapporto tra costruzione e massa architettonica era diretto, non di rado seguito il sistema del rivestimento aggiunto, essenzialmente preoccupato dell'effetto di grazia raffinata in ogni elemento, sia quando ha adottato mezzi semplici, sia quando ha voluto fare opera ricca ed ornata.

Questa costanza di ragioni e questa continuità di programmi hanno pertanto costituito una vera tradizione in ciascuna delle sue regioni. Esse fanno sì che, pur nel mutare degli stili, i monumenti e le opere minori di una stessa città (come a Roma, a Venezia, a Firenze, a Siena) abbiano tutti un'aria di famiglia ed armonizzino tra loro anziché mostrare contrasti tra manifestazioni d'ordine diverso, sicché ne assume una grande intensità l'ambiente architettonico che si riflette come condizione immanente, con la sopravvivenza delle opere dei secoli scorsi, pur nella produzione nuova.

L'architettura moderna. - Le considerazioni di vario genere ora esposte per le architetture dei tempi passati possono, come si disse, essere altamente istruttive e avere utili applicazioni analogiche nella vita moderna, in cui il tema dell'architettura appare per la prima volta incerto nei suoi quesiti e nelle sue soluzioni, non più naturalmente legate ad una logica evoluzione, la quale ormai può dirsi interrotta a partire dal tramonto dell'ultimo stile architettonico, il neoclassico, padrone del campo dalla metà circa del sec. XVIII alla metà del XIX.

L'ineguaglianza di sviluppo tra le varie parti dell'architettura è infatti ora divenuta enorme, e solo può ricordare forse quella che deve essersi manifestata in Roma all'inizio dell'Impero fino alla piena fioritura del periodo adrianeo. Manifestatesi nuove esigenze, s'è formato un nuovo ambiente edilizio; sviluppati i mezzi costruttivi per l'incremento della scienza e della meccanica, i due capitoli tecnici dell'architettura hanno assunto, come già s'è detto, grande importanza in confronto dei periodi precedenti. In corrispondenza con essi sempre più si è accentuata negli studî e nella professione la complessa preparazione nella parte positiva, sicché la figura dell'architetto si è distaccata da quella dell'artista, ovvero da quella del capomastro, per confondersi quasi con quella dell'ingegnere.

Invece la parte estetica dell'architettura non ha potuto seguire la rapida ascensione dei tipi di organismi e dei mezzi d'opera, sia perché l'adattamento e il progresso del sentimento architettonico hanno lento moto, sia perché, come dice il Nietzsche, "quando il filo dell'evoluzione è spezzato, anche l'artista meglio dotato non riesce che a compiere esperimenti effimeri". Così è venuto a mancare un unico linguaggio stilistico, espressione di quell'unità spirituale da cui solo può derivare la capacità di sintesi, e i tentativi si sono talvolta immeschiniti in mode mutevoli e in arbitrarî individualismi, inconcepibili gli uni e gli altri in architettura, che, per la natura sua, deve avere carattere stabile, espressione logica e chiara. La città moderna, meraviglioso organismo tecnico e sociale, raramente ha avuto la sua degna espressione, armonica e compatta, quale opera d'arte, sia collettiva nell'edilizia, sia individuale nei singoli edifici maggiori o minori.

In questa ricerca cerebrale di uno stile, tutte le teorie sopra indicate hanno abbandonato il carattere filosofico per tradursi in tendenze concrete, accentuando, ad esempio, il tradizionalismo o la innovazione ab imis, il materialismo o l'estetismo decorativo, l'internazionalismo o il localismo.

Alcune di queste tendenze si possono ormai dire tramontate, non ancora nella pratica professionale, ma nel pensiero degli architetti e degli studiosi maggiori. Così, tra le false applicazioni di stili del passato a nuovi temi, l'adozione nell'enorme casa moderna di affitto delle mal comprese forme del Rinascimento, inadatte a uscire dagli schemi di modesta ampiezza e di pura proporzione, o i tentativi di resurrezione nelle chiese e nelle ville di stili medievali, inimitabili nella concezione e nella esecuzione; così tra i tentativi di novità alcuni pretesi stili che hanno avuto la vita di un decennio, come il liberty e la secession viennese; infine, peggiori tra tutti, gl'ibridismi di varî stili che ovunque hanno unito schemi barocchi, finestre bifore, tetti en mansarde e spesso innesti di forme orientali, male intese e mal tradotte in stucco o in cemento.

Nel momento attuale, tendenze forse più serie e più sane sono quelle della libera interpretazione, quasi della continuazione, dei tipi barocchi o neoclassici, più degli altri vicini alle nostre esigenze e alla nostra civiltà, portate ora ad assimilare le nuove possibilità costruttive e le forme che ne derivano. E più ancora si mostra, quasi sentimento comune, una tendenza alla semplicità, all'architettura di masse, alle pareti prive di ornati e solo traforate dalle aperture a cui si cerca più o meno artificiosamente di dare un ritmo.

Ma accanto a questa tendenza architettonica si accentua anche la tendenza anti-architettonica, che vuol dirsi razionalista, della costruzione bruta senza ricerche estetiche e preoccupazioni ambientali; ed acquista terreno specie in Germania e in Russia.

Pochi hanno finora notato come sia necessario, a questo punto, suddividere l'architettura, divenuta così vasta nei riguardi corporei, in varî temi: a ciascuno dei quali fanno capo condizioni diverse, relative acondizioni intrinseche e ambientali ed a quell'insieme di rapporti estetici e di preconcetti necessarî che formano la tradizione.

Nel tema del grande edificio pubblico ancora vive pieno il concetto classico, nel partito simmetrico, nello sviluppo longitudinale, nella ricerca delle proporzioni armoniche, del vasto sentimento spaziale, dell'aspetto degno e solenne. Ancora per esso germoglia, nell'animo del pubblico e nell'interpretazione degli architetti, l'architettura del grande periodo italiano che dal Cinquecento al Settecento ha diffuso nel mondo i concetti antichi applicati ai monumenti moderni: sia che ciò avvenga per diretta continuazione o per contaminazioni più o meno felici di altri elementi di superficie.

Il tema dell'edificio industriale è invece, all'altro estremo, prevalentemente di una estetica che si può dire tecnica, affine a quella delle macchine, e dovuta alla giusta trattazione utile delle masse e dei materiali. L'aggruppamento casuale imposto da pratiche ragioni, dà alle masse imprevedute forme nuove, non suscettibili di stilizzazione e di abbellimento, e l'impressione data dalla grande varietà o dalla grande uniformità, la comprensione spesso facile della ragione tecnica o meccanica delle linee, la trattazione perfetta dei varî materiali, ciascuno secondo le proprie qualità, sono elementi che vantaggiosamente sostituiscono nella mente e nella fantasia l'impressione estetica.

In mezzo a questi c'è il grande tema centrale della casa, che si presenta in forma diversissima: sia che si tratti di regioni come le italiane, in cui occorre non esagerare nelle aperture verso l'esterno e in cui le abitudini di vita non hanno ancora avuto radicali modificazioni dal passato, ovvero di luoghi, come nei paesi del nord, in cui la superficie invetriata deve essere la massima, e la ricerca delle comodità nelle abitazioni, il loro sdoppiamento dai quartieri degli affari, hanno la maggiore accentuazione; sia che la casa formi elemento di città o di quartieri d'intenso valore storico e ambientale che si riflette direttamente in forme tradizionali; sia che le città o i quartieri siano interamente di nuova costruzione.

E si hanno i villini nei quartieri eccentrici, le case da pigione, spesso di vastissime dimensioni, nelle zone centrali delle grandi città, le case di piccola ampiezza e di modesta statura proprie delle città secondarie e delle borgate, le case rurali, gli edifici adibiti a magazzini e ad uffici, che nelle maggiori città americane un assurdo regime delle aree edilizie porta alle altezze enormi, inopportune per ragioni igieniche e urbanistiche, degli sky-scrapers (v. le corrispondenti voci).

Senza voler entrare nelle svariatissime soluzioni architettoniche in questi diversi casi, converrà dire che insieme con la suaccennata tendenza estetica alla semplificazione delle linee esterne ed insieme con quella sociale ed economica di costruzione simultanea d'interi isolati per consorzi di proprietarî, per società industriali e per cooperative di piccoli utenti della casa, si va avanzando un tipo di soluzione, che può dirsi edilizia, la quale considera non tanto l'unità architettonica quanto l'associazione di più unità: dal punto di vista pratico, per valersi dei vantaggi dovuti alla migliore utilizzazione degli spazî pieni o vuoti, da quello estetico per contrapporsi agli effetti sgradevoli insiti nelle masse stesse dei singoli edifici. Per i villini l'associazione in maggiori organismi rimedia alla meschinità individuale, e si esplica o nella formazione di schiere, ovvero nella condensazione fabbricativa intorno a piazzette raccolte e giardini collettivi. Per i grandi casamenti cittadini, ove il pericolo estetico è la monotonia, resa sempre maggiore dall'equazione economica risolta entro i limiti dei regolamenti edilizî, la formazione di grandi cortili all'interno e la disposizione a rientranze e sporgenze delle fronti esterne, in modo da interrompere la continuità delle enormi superficie, possono recare la varietà nell'unità, introducendo un nuovo giuoco di architettura spaziale. La proposta dell'Hénard dei boulevards à redans rispondeva appunto, in modo forse troppo regolare, a questo concetto, edilizio e architettonico insieme.

Anche avviene spesso nelle abitazioni moderne, specialmente nei cottages inglesi, che l'esterno perda ogni importanza a sé, e nel libero aggruppamento delle masse segua le vicende della disposizione interiore, mentre la massima ricerca di decoro e di arte è volta all'interno, alla vita domestica, con la decorazione e l'arredamento degli ambienti, con l'associazione di quella che può dirsi l'architettura vegetale nei giardini, nelle verande, nelle serre.

In questa molteplicità di espressioni e di soluzioni vi è forse già un'unità stilistica che noi per ora non vediamo, perché uno stile architettonico, come un linguaggio, è qualcosa che si compone lentamente e naturalmente quasi al di fuori delle combinazioni ingegnose e degli sforzi personali.

Questi tuttavia, in un paese come l'Italia che ha avuto nell'architettura una delle sue manifestazioni più continue e delle sue glorie maggiori, uno dei suoi mezzi più costanti d'espansione, debbono essere volti con prudenza e con amore a far sì che gli arbitrî e le mode non aumentino la confusione e non ritardino la preparazione logica, tipica dell'èra attuale. E tanto può e deve farsi col ridestare perciò la sopita coscienza nazionale, mostrando che siamo ben lontani ancora da un'internazionale architettonica, e che il sentimento italiano è ancora, in gran parte del mondo, diffuso e dominante, col provare la vitalità della nostra tradizione che, come in passato ha dato forma alle esigenze ed alle strutture più diverse, così può assimilare le esigenze e le strutture moderne e dar loro almeno provvisoria espressione, col diffondere la cultura architettonica e la cognizione delle leggi dell'architettura, sviluppando la comprensione di quella che è stata caratteristica costante dell'arte italiana del costruire; cioè di rimanere sempre arte, ricercatrice di grazia e di pura bellezza serena al di fuori di ogni esagerazione teorica e di ogni formula matematica.

Composizione architettonica. - È il modo pratico con cui l'architetturasi esplica, s'inizia nell'ideazione, nella redazione dei progetti e nella condotta dei lavori.

La composizione architettonica trova la sua espressione nello studio delle piante, che specialmente si occupa della pratica disposizione, e nello studio dei prospetti e delle sezioni, in cui si delinea geometricamente l'aspetto esterno e interno dell'edificio.

Nello studio delle piante, e in generale dell'organismo pratico, da un lato è elemento dominante quello del tema e del programma, in cui sono riassunte le esigenze generiche e specifiche, dall'altro formano essenziali condizioni e limitazioni la forma dell'area, i rapporti con le aree vicine, le limitazioni date dai regolamenti edilizî.

I due casi tipici della composizione planimetrica che si presentano sono:

1) di edifici su area obbligata, secondo il prevalente criterio economico dell'utilizzazione dello spazio (p. es. nelle case da pigione nei quartieri centrali cittadini);

2) di edifici su area libera, a composizione aperta (ad esempio, villini, palazzi pubblici e privati, scuole, teatri, ovvero gruppi di edifici a padiglioni, come ospedali, ecc.).

Nel primo caso il procedimento-tipo della composizione è quello di disporre i corpi di fabbrica nel perimetro e nell'interno in modo da lasciare cortili non troppo maggiori di quelli richiesti dai regolamenti edilizî.

Nel secondo, invece, la composizione può svolgersi in diretta relazione con le condizioni intrinseche, costruttive, programmatiche, estetiche: sia che si tratti di edifici ad aggruppamento multiplo di ambienti sia di quelli in cui su tutto domina una sala per importanza e vastità, come in teatri, chiese, ecc.

Parlando dei concetti geometrici, potrà dirsi che i due tipi principali della composizione sono quelli della regolare e della irregolare. Nel primo si ha la simmetria rispetto a un asse (pianta longitudinale) o rispetto a due assi normali (pianta centrale); e i mezzi accademici proposti per il tracciamento sistematico delle piante, considerate in modo astratto quali opere d'arte a sé, erano un tempo quelli del canovaccio dato dalla carta quadrettata (Scamozzi) che dà il modulo dell'ambiente, o della rispondenza degli assi dei vani di porte e finestre che si prolungano per tutta la pianta. Il tipo invece della composizione irregolare, caratteristico delle semplici costruzioni campestri, o dell'architettura domestica inglese, bandisce ogni criterio di simmetria e di composizione ritmica della pianta, ed aggruppa gli ambienti secondo le dirette esigenze degli spazî e dei nessi tra i varî reparti: il criterio estetico si esplica nell'aspetto pittoresco della massa frastagliata.

Una non dissimile suddivisione della composizione si può fare nell'architettura dei giardini: in cui si può distinguere il tipo regolare e geometrico del giardino all'italiana da quello irregolare del giardino inglese che vuole imitare la natura. Analoga osservazione potrà farsi anche a proposito delle piazze e degli spazî edilizî (v. edilizia).

Le condizioni della composizione relative alla destinazione, a cui si associano spesso le esigenze economiche, quando la costruzione ha uno scopo di reddito, portano allo studio del programma nei riguardi generici del tema e nei riguardi specifici del caso singolo. (Le trattazioni generiche dell'esigenze e dei servizî relativi ai varî temi si trovano alle rispondenti voci, come albergo, casa, villa, ecc.).

Limitandoci a semplici criterî generali basterà dire che, stabilito il programma, converrà sdoppiarlo nelle varie parti relative alle singole funzioni e ai singoli servizî, dando a ciascun riparto le condizioni di ampiezza, di distribuzione, di collegamento con gli altri riparti, spesso anche di carattere esterno, che gli convengono. Il quale criterio giunge all'estrema applicazione là dove un unico organismo si scinde in due o più parti ben distinte (parte di rappresentanza ed uffici, nei ministeri e negli edifici amministrativi; sale di lettura e magazzino libri, nelle biblioteche, ecc.) o addirittura in padiglioni distaccati (scuole e ospedali).

Della composizione nei riguardi costruttivi si parlerà a proposito dei muri, dei solai, delle coperture, delle costruzioni in ferro, in legno, in cemento armato ecc., e degli edifici aventi esigenze speciali, come nelle costruzioni asismiche.

Quanto alla composizione estetica che trova la sua espressione nei prospetti e nelle sezioni, è ovvio che avendo considerato come uno dei suoi mezzi essenziali l'architettura di masse più che quella di superficie, essa non possa svolgersi indipendentemente dalla costruzione e dal tipo dell'edificio, e specialmente dallo studio della planimetria. Un concetto unico e una competenza unica devono creare organismo e aspetto.

Senza richiamare i varî principî già espressi, limitandoci solo ad alcune definizioni e norme geometriche relative alle facciate, potremo distinguere i partiti longitudinali dai partiti suddivisi, l'impiego di pareti traforate e quello di pareti prevalentemente piene; potremo ricordare che l'accentuazione delle linee orizzontali ricorrenti aumenta l'effetto di larghezza, quello delle verticali l'effetto in altezza, sicché si hanno in questi tracciati e in queste divisioni mezzi validi per dare un ritmo all'insieme, per aumentare l'importanza di una parte o di una zona rispetto alle altre, per aggruppare alcune zone e separarne altre, per correggere le masse che all'impressione fisiologica arrecata al nostro occhio e al nostro cervello, ovvero ai pregiudizî radicati, oppure al sentimento individuale o collettivo, appaiono infelici per monotonia o soverchia estensione, o per mole e sviluppo inadatto. Altri mezzi forniscono l'ornato e il colore.

Sono codesti, associati con ritocchi negli spazî pieni o vuoti, nelle sporgenze o rientranze delle piante, a cui i nuovi mezzi costruttivi aggiungono numerose possibilità nuove, i principali espedienti a disposizione dell'architetto; poiché quasi mai la soluzione armonica e significativa balza fuori completa direttamente dalle esigenze giustamente soddisfatte, dalla pianta ben studiata, dall'edificio ben costrutto.

Disegno architettonico. - Il disegno architettonico è il mezzo per esprimere la composizione e costituire il progetto. Un tempo esso si riduceva al minimo necessario per rendere il concetto, e si sviluppava poi nelle disposizioni singole e nei particolari durante la costruzione. Le irregolarità costanti nei tracciati degli edifici medievali, da cui deriva quell'inimitabile vibrazione di tutti gli elementi, che il Ruskin ha illustrato nella Lampada della vita, fanno pensare che il primo disegno fosse appena schematico, tracciato più sul terreno che sulla carta. I numerosi disegni che ci rimangono degli architetti del Rinascimento (la raccolta più insigne è quella della galleria degli Uffizî a Firenze) hanno il carattere del semplice e disadorno mezzo grafico, da cui nei casi di monumenti grandi e complessi si passava al modello plastico in legno o in gesso.

A partire dal Seicento, man mano che la figura professionale dell'architetto si elevava, distaccandosi da quella dell'artefice (v. architetto), sempre più il disegno assumeva un valore quasi a sé; il che può dirsi insieme causa ed effetto del distaccarsi dell'architettura dalle condizioni ambientali. Maggiormente l'assume ora in cui si richiede il progetto preparato in tutti i suoi particolari nello studio dell'architetto, immaginato spesso per impressionare il committente e il pubblico, poi tradotto in minuti elementi che servono di base ai rapporti con l'impresa costruttrice. Il disegno vi ha guadagnato assai in bellezza, come lavoro per sé stante; non sempre in utilità e sincerità, e sempre più vi si è collegato il carattere accentratore della moderna composizione architettonica, che invece un tempo rispondeva a libera cooperazione di energie nascoste o palesi.

Il disegno architettonico ordinariamente risponde alle proiezioni ortogonali del Monge, e si esprime in prospetti, sezioni secondo piani orizzontali e verticali, profili. Non di rado vi s'aggiunge, per rendere l'effetto d'insieme o per illustrare i particolari, il disegno prospettico o quello assonometrico (v. descrittiva, geometria, prospettiva, disegno, ecc.). Anche oltre alle semplici linee, talvolta, per mostrare il chiaroscuro e il giuoco delle sporgenze e delle rientranze, dei vuoti e dei pieni, il disegno si completa con le ombre e con i colori.

Per gli elementi tecnici del progetto, per le norme relative alla condotta dei lavori di costruzione, e al loro collaudo, v. progetto, costruzione, collaudo.

Bibl.: Opere d'indole generale: Vitruvio, De Architectura, v. la classica edizione italiana di Daniele Barbaro (Venezia 1567), le edizioni di G. Schneider (Lipsia 1808) e di V. Rose (Lipsia 1899), e il recente studio interpretativo di A. Choisy, Vitruve, Parigi 1909; L. B. Alberti, De re aedificatoria, Firenze (opera mag. Nic. Laur. Alamani) 1485; A. A. Filarete, Trattato, 1460-64 (vedi ed. M. Lazzaroni e A. Muñoz, Roma 1908); S. Serlio, Tutte le opere d'architettura, Venezia 1584-1551; I. Barozzi da Vignola, Regola dei cinque ordini, Roma 1570; F. Blondel, Cours d'architecture, Parigi 1675; F. Milizia, Opere complete, Bologna 1826; L. Raymond, Traité d'architecture, Parigi 1860; J. Guadet, Éléments et théorie de l'architecture, Parigi 1905; O. Jones, Grammar of ornement, Londra 1890; L. Cloquet, Traité d'Architecture, Parigi e Liegi 1901; J. Bühlmann, Architektonische Komposition, in Handbuch der Arch., IV, Darmstadt 1883; E. E. Viollet-le-Duc, Dict. raisonné de l'Architecture française, Parigi 1863; Quatremère de Quincy, Dizionario storico dell'Architettura, ed. italiana di A. Mainardi, Mantova 1844; P. Planat, Encyclopédie d'architecture et de la construction, Parigi 1890; J. H. Parker, Glossary of terms used in Architecture, Londra 1850; Collegio Arch. e Ing. di Firenze, Dizionario tecnico dell'architetto, Firenze 1883-1887; R. Sturgis, A Diction. of Arch. and Building, New York 1901; Il costruttore (Enciclopedia teorico-pratica, ecc.), Milano s. a.

Caratteri degli edifici: Handbuch der Arch., IV: Entwerfen, Anlage und Einrichtung der Gebäude, Stoccarda e Darmstdt 1883-1908, voll. 10; D. Donghi, Manuale dell'Architetto, Torino s. a.; Fortschr. des Arch. (vedi Handb. der Arch., cit.).

Costruzione degli edifici: v. alla voce costruzione.

Estetica architettonica: E. Viollet-le-Duc, Entretiens sur l'Architecture, Parigi 1864; G. Semper, Der stil in den techn. u. tektonischen Künsten, Francoforte s. M. 1860-1863; J. Ruskin, Seven lamps of Architecture, 2ª ed., Londra 1880; id., The poetry of Architecture, New York 1892; R. Adamy, Die Architektur als Kunst, Hannover 1881; T. Lipps, Raumästetik u. geometrisch-optische Täuschungen, Lipsia 1897; H. Göller, Zur Aestetik der Arch., Stoccarda 1887; E. H. Pfeifer, Die Formenlehre des Ornaments, in Handbuch der Arch., I, 11, 2ª ed., Darmstadt 1926; A. Thiersch, Die Proportionen in Arch., in Handb. der Arch., IV, i, Darmstadt 1883; J. Belcher, Essentials in Arch., Londra 1907; F. Ostendorf, Sechs Bücher vom Bauen, Berlino 1914; Le Corbusier, Vers une Architecture nouvelle, Parigi 1923; M. Borissaulievitch, Les théories de l'Architecture, Parigi 1926; S. Vitale, L'estetica dell'Architettura, Bari 1928.

Problemi di ottica fisiologica applicata: A. Thiersch, Optische Täuschungen ecc., in Zeitschrift für Bauwesen, XXIII (1873); G. Hauck, Die subjektive Perspektive und die orizontalen Curvaturen, ecc., Stoccarda 1879; H. Märtens, Der optische Massstab, Berlino 1884.

Storia dell'architettura: A. Ricci, Storia dell'architettura in Italia, Modena 1857-1859; W. Lübke, Geschichte der Architektur, Lipsia 1875; A. Choisy, Histoire de l'Arch., Parigi 1899; L. Archinti, F. Malaguzzi-Valeri e A. Melani, L'Architettura nella storia e nella pratica, Milano s. a.; L. Rogers-Mils, Comment discerner les styles du VIe au XIXe siècle, Parigi s. a.; P. Benoit, L'Architecture (L'Antiquité, l'Orient, l'Occident, ecc.), Parigi 1912-13; Handbuch der Architektur, II: Die Baustile, Darmstadt 1881-1910, voll. 7; H. Havard, Histoire et philosophie des styles, Parigi 1899; J. Fergusson, History of Arch., Londra 1891-94; B. Fletcher, A History of Arch., 8ª ed., Londra 1922; G. Giovannoni, Stili architettonici (dispense universitarie), Roma 1924; U. Monneret de Villard, Il metodo nello studio dell'Architettura medioevale, in Atti del Collegio Ingg. e Arch. di Milano, Milano 1917-18.

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