Aree linguistiche

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

aree linguistiche

Ugo Vignuzzi

Per area linguistica s’intende un’area geografica caratterizzata dalla presenza di determinati fenomeni linguistici (dal livello fonologico a quello lessicale). La nozione di area linguistica è una delle più dibattute della dialettologia scientifica sin dai suoi esordi.

Per quanto riguarda il dominio linguistico italo-romanzo, come in genere per tutti i domini romanzi confinanti (la cosiddetta «Romània continua»), è particolarmente difficile tracciare netti confini dialettali in mancanza «di un ampio fascio di isoglosse che seguano, riunite e compatte, una data linea» (Pellegrini 1977: 19-20).

E così le più recenti proposte di articolazione areale (o spaziale o geolinguistica) del dominio italo-romanzo, dopo le prime sistemazioni di ➔ Graziadio Isaia Ascoli (1882-1885) e di Merlo (1924), hanno fatto riferimento al più importante confine linguistico della Romània, che divide profondamente anche le varietà linguistiche italiane, la cosiddetta «Linea La Spezia-Rimini», un fascio di isoglosse (➔ isoglossa) individuato da Walter von Wartburg (1936 [1950]) sulla base dei dati dell’AIS (➔ atlanti linguistici). Un altro importante confine linguistico fu individuato da Gerhard Rohlfs (1937) nel fascio di isoglosse «Roma-Ancona». Su tali confini si basano le proposte di suddivisione del dominio linguistico italiano di Tagliavini (19695) e di Pellegrini (1977).

Nel riconoscimento delle aree linguistiche italiane bisogna comunque tener conto di alcuni elementi problematici. Il confine linguistico della «La Spezia-Rimini» è nettamente tracciato solo nelle zone scarsamente popolate dell’Appennino tosco-emiliano; ma di fatto un’ampia fenomenologia tipica dei dialetti settentrionali caratterizza a ovest pure i dialetti della Lunigiana, e a est arriva fino alle porte di Ancona (o meglio almeno fino a Senigallia). Il confine linguistico segnato dalla linea Roma-Ancona è assai più incerto, anche per il rarefarsi dei punti d’inchiesta dell’AIS nelle zone in questione.

Di fatto, nella valutazione dei dati, e in particolare nella scelta dei fenomeni da esaminare, altrettanto fondamentale appare il fattore tempo, inteso sia come dato storico all’origine della partizione areale, sia come vettore di processi che possono essere sempre in atto.

fig. 1

Distinguiamo allora nel dominio italo-romanzo le seguenti macroaree (con le loro principali suddivisioni, fig. 1):

Macroarea italiana settentrionale (o alto-italiana):

area gallo-italica

area veneta

area istriana (dialetti istrioti)

[Linea «La Spezia-Rimini»]

Macroarea toscana (o di tipo toscano, o centrale non mediana)

[Linea «Roma-Ancona»]

Macroarea italiana centro-meridionale:

area mediana

area meridionale (o alto-meridionale, o meridionale-intermedia)

Macroarea italiana meridionale estrema

Altre lingue italo-romanze: sardo, friulano, ladino

Procedendo da nord, a settentrione della linea «La Spezia-Rimini» incontriamo la macroarea italiana settentrionale o alto-italiana, a sua volta suddivisa in area gallo-italica e area veneta. L’area dei dialetti gallo-italici comprende la Liguria (con il monegasco nel Principato di Monaco), il Piemonte (tranne le valli alpine provenzali e franco-provenzali al confine con la Francia), la Lombardia e il Canton Ticino, il Trentino occidentale, l’Emilia-Romagna, e inoltre la Lunigiana e le Marche settentrionali con la provincia di Pesaro e Urbino e parte di quella di Ancona.

L’area veneta comprende non solo il Veneto vero e proprio ma anche il Trentino orientale e la Venezia Giulia col triestino-giuliano; il veneto giuliano arriva lungo la costa sino a Capodistria e Pirano in Slovenia e in Croazia a sud di Parenzo, mentre nella zona da Rovigno a Pola (Croazia) troviamo i dialetti istrioti (Pellegrini 1977: 62-65). Lungo il confine nord-orientale si hanno pure le consistenti penisole linguistiche dei dialetti tedesco-tirolesi dell’Alto Adige / Südtirol, e più a est dei dialetti sloveni in Friuli-Venezia Giulia.

A sud della linea «La Spezia-Rimini» abbiamo i dialetti peninsulari, tradizionalmente distinti in dialetti toscani e dialetti centro-meridionali. Il confine fra queste due macroaree è rappresentato dalla linea «Roma-Ancona», che lascia a ovest dialetti più o meno profondamente caratterizzati da una fenomenologia definibile come toscana (Grassi, Sobrero & Telmon 2003: 63). Nella macroarea toscana rientra la regione Toscana, tranne la Lunigiana e il Grossetano meridionale; fenomeni di tipo toscano si incontrano anche più a est e a sud rispetto al confine regionale: per tali varietà nella loro fase antica è stata proposta la denominazione «peri-» o «para-mediane» (Vignuzzi 1994: 358-368; nell’Umbria attuale sono state riconosciute due ‘zone di transizione’: la «Scheggia-Todi» e la «Trasimeno-pievese»).

A sud della «Roma-Ancona» incontriamo la vasta macroarea centro-meridionale, articolata in area mediana e in area alto-meridionale (o, per Pellegrini, «meridionale-intermedia»; per altri, semplicemente, «meridionale»). Secondo Tagliavini e Pellegrini della macroarea centro-meridionale fa parte anche il gruppo dei dialetti meridionali estremi; classificazioni più recenti considerano invece a sé stante quest’ultimo gruppo (Grassi, Sobrero & Telmon 2003: 70). L’area mediana comprende i dialetti delle Marche centrali e meridionali (con esclusione della Valle del Tronto), dell’Umbria centro-orientale, del Lazio a est del Tevere più o meno sino a Frosinone e a Terracina, e della parte occidentale della provincia dell’Aquila, compresa la città. L’area alto-meridionale comprende la Valle del Tronto nelle Marche, l’Abruzzo (meno le zone sopra indicate), il Lazio meridionale, la Cam- pania, il Molise, la Basilicata, la Puglia con esclusione del Salento (fino alla «Linea Taranto-Brindisi» o meglio «Grottaglie-Ostuni»: Avolio 1995: 142).

Molto più articolata la situazione in Calabria (cfr. Avolio 1995: 92-3), ove il vocalismo tonico di tipo ‘siciliano’ arriva fino alla «Linea Diamante-Cassano», ma lo scadimento della vocale finale, tipico dei dialetti alto-meridionali, si spinge più a sud, da Cetraro a Cirò Marina: per Pellegrini (1977) la sezione estrema inizia appunto a sud di quest’ultima linea. La macroarea «meridionale estrema» comprende dunque il Salento, la Calabria centro-meridionale e tutta la Sicilia. Formano aree linguistiche a sé quella sarda, quella friulana e quella ladina.

Il tratto che più sistematicamente caratterizza la macroarea a nord della «Linea La Spezia-Rimini» è l’➔indebolimento delle consonanti intervocaliche (spesso anche in fonotassi), che se intense si scempiano (kaval(o) «cavallo», an(o) «anno») e se scempie si leniscono o cadono (tipo ortiga / urtia «ortica», kavéi «capelli», prado / pra «prato»). Nel consonantismo è diffusa l’assibilazione (sira «cera»). Elementi che distinguono specificamente i dialetti dell’area gallo-italica rispetto a quelli veneti sono la larga presenza di vocali turbate e la caduta delle vocali atone finali diverse da a e in interno di parola.

Il tipo toscano si contraddistingue fra l’altro per l’esito rj > /j/; la macroarea è inoltre caratterizzata da un vocalismo tonico da cui sono assenti vocali turbate (come per la maggior parte dei dialetti centro-meridionali), e un vocalismo atono saldo, che in posizione finale unifica -u e -o latine; diversamente da quasi tutto il resto dell’Italia il tipo toscano non conosce la metafonesi ma il dittongamento delle vocali toniche medio-basse in sillaba libera (da vari secoli [wɔ] si è rimonottongato in [ɔ]). Tutta l’area a sud della «La Spezia-Rimini» presenta l’assimilazione regressiva di nessi consonantici (come ct > /tː/). La sonorizzazione (e lenizione) delle consonanti scempie intervocaliche appare in Toscana di norma solo in parole di influsso settentrionale; e salda risulta l’intensità consonantica. Tipico è il fenomeno della gorgia (➔ gorgia toscana) di diverse consonanti sorde intervocaliche.

Tratto caratteristico della macroarea centro-meridionale è l’assimilazione progressiva di nd > /nː/ e mb > /mː/ (meno diffuso ld > /lː/); i dialetti mediani si caratterizzano soprattutto per la distinzione, nel vocalismo finale, fra -u e -o latine. Tutta la macroarea centro-meridionale conosce la chiusura metafonetica delle vocali toniche medio-alte (perlopiù sia da -u sia da -i/-es latini); per quanto riguarda gli esiti metafonetici delle vocali toniche medio-basse (nelle stesse condizioni), si ha in genere la chiusura di un grado nell’area mediana, il dittongamento (e suoi succedanei) in quella alto-meridionale. L’area alto-meridionale si caratterizza in particolare per il conguaglio delle vocali atone nella centrale [ə], più evidente in finale di parola prima di pausa (cfr. abruzzese [na ˈbːεlla ˈfemːənə] ma [na ˈfemːəna ˈbːεllə]. Tipiche anche la sonorizzazione più o meno avanzata delle occlusive dopo nasale (e talora anche dopo r, anche in fonotassi): dente > [ˈdεnde]; e l’affricazione di s > ts dopo n, l, r (quest’ultimo arriva sino alla Toscana meridionale): [konˈʦiʎːi], [ˈborʦa], [ˈsalʦa] (spesso ulteriomente sonorizzati, [konˈʣiʎːi], [ˈborʣa], [ˈsalʣa]).

Peculiare della macroarea meridionale estrema è il vocalismo (detto appunto di tipo ‘siciliano’) con cinque vocali toniche e solo tre (le vocali estreme i, a, u) atone. La presenza di suoni cosiddetti cacuminali, spesso considerata caratteristica di questa macroarea, si incontra anche in altre varietà dialettali (anche molto distanti, quali i dialetti apuani e della Garfagnana).

Studi

Ascoli, Graziadio I. (1882-1885), L’Italia dialettale, «Archivio glottologico italiano» 8, pp. 98-128.

Avolio, Francesco (1995), Bommèsprə. Profilo linguistico dell’Italia centro-meridionale, San Severo, Gerni Editore.

Grassi, Corrado, Sobrero, Alberto A. & Telmon, Tullio (2003), Introduzione alla dialettologia italiana, Roma - Bari, Laterza.

Merlo, Clemente (1924), L’Italia dialettale, «L’Italia dialettale» 1, pp. 12-26.

Pellegrini, Giovan Battista (1977), Carta dei dialetti d’Italia, Pisa, Pacini.

Rohlfs, Gerhard (1937), La struttura linguistica dell’Italia, Leipzig, H. Keller.

Sobrero, Alberto A. & Miglietta, Annarita (2006), Introduzione alla linguistica italiana, Roma-Bari, Laterza.

Tagliavini, Carlo (19695), Le origini delle lingue neolatine. Introduzione alla filologia romanza, Bologna, Pàtron (1a ed. Le origini delle lingue neolatine. Corso introduttivo di filologia romanza, 1949).

Vignuzzi, Ugo (1994), Il volgare nell’Italia mediana, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 3° (Le altre lingue), pp. 329-372.

Wartburg, Walter von (1950), Die Ausgliederung der Romanischen Sprachräume, Bern, Francke (trad. it. La frammentazione linguistica della Romània, a cura di A. Varvaro, Roma, Salerno Editrice, 1980).

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