ARICCIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ARICCIA (Aricia)

L. Rocchetti

Località lungo la via Appia, sui Colli Albani, antichissima sede italica. Strabone (v, 239) la colloca a 16o stadî da Roma e la Tabula Peutingeriana la pone al xiii miglio; tutte le altre fonti dell'antichità sono invece d'accordo nel porre A. al xvi miglio da Roma, come è stato confermato da un cippo miliario dell'epoca di Massenzio.

La tradizione sull'origine di A. ha carattere leggendario. Il territorio di A. risulta abitato fin dal Neolitico con piccoli villaggi sui colli, ma solo dopo la metà del VII sec. a. C. si crea un agglomerato urbano; ad esso appartengono le mura più antiche. Città latina, dopo varie vicende, viene annessa al territorio di Roma come civitas sine suffragio; più tardi, iscritta nella tribù Horatia, ebbe lo ius suffragi e molti Aricini occuparono a Roma pubbliche magistrature. Per la costruzione della via Appia A. acquistò importanza, estendendosi nella vallata e formando quasi una nuova città da una parte e dall'altra della via, lasciando in alto l'acropoli. L'importanza religiosa del santuario di Nemi contribuì certamente in gran parte al suo sviluppo. Durante le guerre civili A. fu distrutta da Mario. Nel periodo imperiale divenne luogo di villeggiatura e di riposo della nobiltà romana ed i suoi dintorni si popolarono di ville. Con le invasioni barbariche la città soffrì molto e la popolazione si rifugiò sul colle su cui si sviluppò la città medioevale.

I tre periodi di ampiamento della superficie della città: prima sull'acropoli, poi sulle pendici del monte, poi ai lati dell'Appia sono documentati dai resti delle mura. Il muro più antico, in alto, è una forma di transizione dal sistema difensivo laziale di terra, a quello etrusco di pietra, e rimonta al VII sec. a. C. Alcuni tratti sono di opus quadratum più tardo. I resti della seconda cerchia, sulle pendici del colle verso l'Appia, sono scarsissimi, databili tra la cacciata degli Etruschi e la repubblica romana. Della terza cerchia, romana, è notevole l'arco detto "Basto del diavolo" che, molto probabilmente, è una antica porta i cui piedritti sono ancora sotterrati. Questa terza cerchia, restaurata all'epoca della guerra contro i Volsci e poi da Silla, con l'estendersi della città venne oltrepassata; durante l'Impero essa fu abbandonata e andò in rovina.

Mancano quasi del tutto tracce di strade del periodo più antico; nella città primitiva doveva esserci una strada che, uscendo dal lato S-O, discendeva la vallata dirigendosi verso la città di Ardea, con bivî anche verso altre città. Lungo questa strada in seguito, si estese A. che, nel terzo periodo, gravitò sull'Appia.

Nella parte bassa ai lati dell'Appia, entrando in città da S-E attraverso l'arco su ricordato, a sinistra dell'Appia è collocata dai topografi la prima statio da Roma (Hor., Sat., i, 5: egressum magna me accipit Aricia Roma hospitio modico). Sono visibili avanzi di terme del periodo costantiniano, con una grande sala termale a pianta quadrata. I resti di un anfiteatro di forma irregolare, scoperti verso il 18oo, sono stati in seguito ricoperti. Nel giardino detto "Orto di mezzo" sono le rovine del tempio di Diana accanto al quale sono molti ruderi, tra cui una cisterna di epoca severiana. Le pareti della cella del tempio sono ancora in piedi sino a un'altezza massima di m 5,40. La pianta risulta prostila, tetrastila, chiusa in fondo (m 14,92 × 17,90) ed è forse di età sillana.

I numerosi avanzi di costruzioni lungo l'Appia appartengono, quasi tutti, al IV sec. d. C., ma la città cominciò ad estendersi da questa parte fin dal periodo di Augusto. I sepolcri conservati ad A. sono di due specie: scavati nella roccia o costruiti in muratura. Una bella tomba rupestre è sulla strada che scende dall'attuale paese verso la vallata aricina: è larga più di 6 m e profonda 3 m, ha il fondo ostruito da un muro con pittura cristiana, essendo stata usata come cappella di campagna; la facciata è decorata architettonicamente con un timpano scolpito; le nicchie interne la datano con probabilità al II sec. a. C. Si conservano altre tombe rupestri. Le tombe della seconda categoria sono lungo la via Appia, quattro sul lato destro, andando verso Lanuvium, ed una su quello di sinistra, ma sono tutte interrate; presso uno di questi sepolcri è stato trovato un frammento di fregio con tralci di vite e rami fronzuti.

Bibl.: G. R. Volpi, Vetus Latium Profanum, VII, 1736, p. 179 ss.; E. Lucidi, Memorie storiche dell'antichissimo municipio ora terra dell'A., e delle sue colonie Genzano e Nemi, Roma 1796; W. Gell, Topography of Rome and Its Vicinity, I, Londra 1834, p. 182 ss.; A. Nibby, Analisi dei dintorni di Roma, I, Roma 1848, p. 244 ss.; G. Tomassetti, la campagna romana, II, Roma 1910, p. 230 ss.; R. Paribeni, A., Roma 1919; 2° ediz. Roma 1930; Gr. Florescu, Aricia, studio storico-topografico, in Ephemeris Dacoromana, III, 1925, pp. 1-57; A. E. Gordon, The Cultus of A., Berkeley 1934; H. U. Instinsky, Die Weihung des Heiligtums der Latiner im Hain v. A., in Klio, 1937, pp. 118-122.

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