ARLES

Enciclopedia Italiana (1929)

ARLES (A. T., 35-36; lat. Arelāte, Arelātum, Arĕlas)

Alberto PINCHERLE
Valeria BLAIS Léopold Albert CONSTANS Gino LUZZATTO Louis GILLET Georges BOURGIN

Città della Francia sud-orientale, capoluogo di circondario nel dipartimento delle Bouches-du-Rhône. Situata un poco a valle del punto ove il Rodano si divide in due bracci, giace sulle rive del Gran Rodano; sulla riva sinistra vi è la città vera e propria, e sulla destra l'importante sobborgo di Trinquetaille, unito con un ponte alla città. A sud è limitata dal Canal de Craponne, e un altro canale la unisce a Bouc, facendo comunicare la parte navigabile del fiume col Mediterraneo. La città ha strade piuttosto strette e irregolari e il movimento si concentra quasi tutto nelle strade che la circondano a sud; nel centro vi è la Piazza della Repubblica, dominata dai più bei monumenti di Arles. La gran fama di centro industriale che la città ebbe nel Medioevo è oggi conservata solo in parte. Deve alla sua ricca campagna di essere un attivo centro di commercio; l'allevamento del bestiame è largamente praticato ed è favorito dalle buone condizioni del clima, sul quale le vicine Alpi esercitano un benefico influsso. Famosa è la razza arlesiana dei montoni. Il movimento commerciale tende però a decrescere. Anche la popolazione è in diminuzione: era di 31.000 ab. nel 1921 e di 29.000 nel 1926. La città è stazione dell'importante ferrovia Parigi-Lione-Marsiglia, e da essa si dipartono 5 tronchi ferroviarî di secondaria importanza.

Storia. - La città antica. - Nell'antichità Arles apparteneva alla Gallia Narbonese, al vertice del delta del Rodano. Occupava un colle sporgente sulla sponda sinistra del fiume, circondato verso est da vaste paludi che esistevano ancora nel Medioevo: donde forse il nome (celtico ar-lath "davanti alle paludi"). Il luogo pare fosse stato prima occupato dai Rodî, fondatori nei secoli VIII-VII a. C., sulla sponda destra, di Rhodanousia, tenuta poi dai Marsigliesi (Pseudo-Scymn., 206 segg.) i quali intanto fondarono sul colle di sponda sinistra la città di Theline (Avien., Ora marit., 679 segg.). Theline fu sostituita, fra i secoli V-II, da Arelate, città della confederazione celto-ligure dei Salyes. Il suo sviluppo fu contrastato dalla concorrenza vittoriosa di Marsiglia, finché Giulio Cesare fondò, nel 46 a. C., la colonia Iulia Paterna Arelate, oppure Arelatensium Sextanorum, coi veterani della legio VI Victrix (Suet., Tib., 4). I colori furono iscritti nella tribù Teretina; la città ricevette un vasto territorio tolto a Marsiglia che si stendeva dal Rodano fino a Hyères (Corp. Inscr. Lat., XII, 531 e add.; L. A. Constans, Arles antique, Parigi 1921, pp. 61-78). Sotto Augusto furono costruiti ricchi monumenti nella città: cinta di 1640 m. di periferia, con porta monumentale verso Roma, archi detti trionfali, fuori le mura; foro cinto di criptoportico, con basilica, Campidoglio, curia; due templi in cima al colle; acquedotto; teatro e anfiteatro ancora esistenti. Nel corso del sec. I d. C., furono costruiti, presso il fòro, un tempio al Genio della Colonia (palazzo di Laval); fuori le mura, un circo e il ponte sul Rodano. Costantino ingrandì il fòro e costruì vaste terme (palais de la Trouille; v. appresso) a nord di questo.

Insigni opere d'arte sono state trovate nel teatro, fra le quali la Venere di Arles (Museo del Louvre, Parigi); inoltre le necropoli, in primo luogo quella celebre degli Aliscamps, hanno dato parecchi sarcofagi, per lo più cristiani, di sommo valore (Museo lapidario di Arles).

Numerose iscrizioni ci rivelano oltre l'esistenza dei consueti magistrati e sacerdoti, quella di prospere associazioni d'indole economica: fabri tignuarii, fabri navales, dendrophori, centonarii, utricularii, nautae Atricae et Ovidis, nautae Druentici, navicularii marini. La vita intellettuale poi era attiva: nelle scuole di Arelate fece i primi studî il celebre sofista Favorino (Philostr.,Vitae soph., I, 8; cfr. L. A. Constans, op. cit., p. 92 segg.). Arelate, insieme capo di ponte sulla via Italia-Spagna e porto fluviale-marittimo, rivale allora vittoriosa di Marsiglia, ebbe grande importanza sotto l'Impero; dopo Costantino, che vi soggiornò, assunse anche un'importanza politica considerevole: verso il 400 diventò capoluogo della praefectura Galliarum, cioè Gallie, Spagna e Britannia (Mon. Germ. Hist., Ep. Merov., I, p. 13-15). Ausonio (Clarae urbes, VIII, 2) chiama la città Gallula Roma Arelas.

La città cristiana. - L'esistenza di un vescovo cristiano, Marciano, nel 255, è certa (cfr. S. Cipriano, Epist. LXVIII); mentre l'iscrizione in Corp. Inscr. Lat., XII, n. 382 è di dubbia interpretazione, e la leggenda che attribuisce la fondazione della sede episcopale a S. Trofimo e tenta di congiungerla con S. Pietro, è nata tardi, nel corso delle lotte sostenute da Arles contro Vienne, per il primato. Tale controversia durò varî secoli, con alterne vicende; ché la sede di Arles conobbe momenti di splendore, paralleli all'importanza politica della città, specialmente al tempo delle invasioni barbariche. Poi cominciò l'ininterrotta decadenza, tanto che, nel concordato napoleonico, il vescovato fu soppresso.

La città conserva interessanti memorie cristiane: una basilica, probabilmente del sec. V, ricostruita tra l'VIII e il IX, scoperta nel 1835 e 1870; sarcofagi che presentano affinità con quelli romani; la cintura, con fibbia d'avorio, di S. Cesario, ecc. Ebbe vescovi illustri: S. Onorato, fondatore del cenobio di Lérins; S. Ilario (429-449); S. Cesario (502-542); S. Vigilio di Lérins, il B. Luigi Aleman (1423-1450). Costantino vi convocò, nel 314, il concilio che, contro Donato, approvò l'elezione di Ceciliano a vescovo di Cartagine. Ricordiamo ancora i concilî del 353 (ariano), del 451 (approvazione del Tomo di S. Leone Magno), dell'8I3 (contro varî abusi), del 1236 (contro gli albigesi).

Il Medioevo. - Dopo la caduta dell'Impero d'Occidente, la città, passata sotto il dominio dei Visigoti, decade gradatamente dall'antico splendore ed importanza. Ma, nonostante i danni subiti per le invasioni, e quelli ancor più gravi sofferti nel 730 per l'incursione ed il saccheggio degli Arabi, essa non perde mai la sua posizione, giuridica e morale, di città. Seguita ad essere frequentata dai mercanti orientali, che da Costantinopoli e dalla Siria si spingono nel Mediterraneo occidentale; e quando, al principio del sec. X, si fondono in uno solo i vecchi regni di Provenza e delle due Borgogne, il nuovo regno prende appunto il nome da Arles (v. oltre), che doveva essere allora la maggiore città della Provenza e che ne diventa la capitale.

Ma la posizione, temporaneamente acquistata nella nuova ed effimera unità politica, non crea un ostacolo al progressivo trionfo delle tendenze autonomistiche, che si manifestano dopo il sec. XI anche in Arles, come in tutte le città marittime della Francia meridionale: non diversamente da quello che avveniva ed era già avvenuto in Italia. Alla fine del sec. XII, Arles era città libera, eleggeva i proprî magistrati e faceva sventolare la sua bandiera nei porti del Mediterraneo, accanto a quelle di Genova e Pisa. Fu questa, tra gli ultimi decennî del sec. XII e la prima metà del XIII, l'epoca della sua più grande potenza dopo l'età di Costantino. Ma le rivalità interne tra famiglie e famiglie, tra vescovo e comune, indussero la città, nel 1251, a darsi in mano a Carlo d'Angiò. conte di Provenza, che assunse allora anche il titolo di signore di Arles. Da quel momento cominciò la decadenza. Incorporata pochi anni dopo, da Filippo III, nel regno di Francia, la città non solo segue la fortuna delle altre città della Provenza, private con l'autonomia di una delle fonti principali della loro floridezza, ma subisce in più, sebbene lentamente, i danni di un fenomeno naturale, e cioè del progressivo avanzamento e interramento del delta del Rodano, che la mette in condizione di troppo grave inferiorità di fronte a Marsiglia, e finisce per staccarla completamente dal mare. Ridotta nell'età moderna alla funzione di una piccola città di provincia, privata nel 1790 anche della sede vescovile, Arles non conserva più dell'antica grandezza che gli splendidi avanzi di numerosi monumenti romani e qualche costruzione dell'età comunale.

Arte. - Le rovine di Arles debbono annoverarsi tra le antichità più importanti della Gallia. L'arena (sec. I o II) è uno dei più grandi anfiteatri che i Romani abbiano costruito in questa provincia dell'Impero, e non la cede se non a quello di Nîmes. Il suo piano ha la forma di un'ellissi, in cui l'asse maggiore misura metri 136,15 e il minore m. 107,82, e poteva contenere 26.000 spettatori. In altezza presenta due ordini di arcate costruite con grossi blocchi senza cemento, uno dorico e l'altro corinzio; l'attico è scomparso. Vi furono dati giuochi fino al tempo di Maggioriano, ed anche Childeberto vi diede un combattimento di gladiatori nel 538. Ma ben presto venne la devastazione. Nel sec. VIII i Saraceni trasformarono l'arena in fortezza, ed ancora sussistono tre torri al di sopra delle porte; poi la vasta rovina fu ingombra di casupole, dalle quali venne liberata solo fra il 1825 e il 1830. A SO. dell'arena è il teatro che, cominciato, credesi, da Augusto e terminato appena nel sec. III, era grande come quello di Orange. La sua distruzione cominciò fin dal tempo di S. Ilario. Sulla scena si ergeva un portico, di cui restano in piedi due colonne, una di marmo africano e l'altra di marmo di Carrara; in esse si vedono ancora le scanalature che servivano per il maneggio del sipario; e come provano gli avanzi di sculture, tutto l'edificio era decorato riccamente. Ciò affrettò forse l'opera di distruzione, iniziata fino dal tempo di S. Ilario, servendo esso quasi di cava e traendosene materiali, usati nella costruzione di diverse chiese e specialmente del chiostro di S. Trofimo. Gli scavi furono intrapresi fin dal sec. XVII, e da essi provengono in massima parte i frammenti raccolti nel Museo lapidario, nonché la celebre Venere d'Arles, scoperta nel 1651, offerta a Luigi XIV nel 1684, e presentemente al Louvre. Di questa si conserva nel Palazzo municipale di Arles una riproduzione in gesso molto interessante, perché, paragonandola col marmo, si può vedere quanto audacemente questo sia stato riveduto e corretto da Girardon. Del fòro non restano più che due colonne oggi incastrate nella muratura d'una casa. L'obelisco romano di porfido turchino dell'Esterel, senza geroglifici, che ora si leva nel mezzo della Piazza della Repubblica, è un'antica meta di circo, trovata affondata nella sabbia del Rodano; ma non può dirsi se sia stata mai eretta in una pista, ovvero se sia andata a fondo durante il trasporto. Gli avanzi del preteso palazzo di Costantino, detti Palais de la Trouille, sulla sponda del Rodano, non sono altro che antiche terme, di cui anzi una parte è abbastanza ben conservata. D'altronde nulla impedisce di supporre che alle terme fosse unito un palazzo; mentre si sa che Costantino soggiornò a più riprese in Arles, ch'era allora la vera capitale delle Gallie. Infine alcune rovine di bastioni all'E. ed altri avanzi di acquedotto attestano la gloria della Roma gallica. Nei primi secoli del cristianesimo Arles, benché distante 10 leghe dall'imboccatura del Rodano, fu il grande emporio commerciale dell'Occidente e fu pure la grande officina per la scultura dei sarcofagi cristiani, tanto che questi ci offrono tutta la storia dell'iconografia cristiana dall'epoca alessandrina alla merovingia. L'antico Cimetière des Aliscamps ("Campi Elisi"), consacrato, secondo la tradizione, da S. Trofimo alla sepoltura dei cristiani, ebbe per tutto il Medioevo una celebrità immensa: quella moltitudine di tombe, quel campo funebre invitava a meditare: e ne nacque uno dei poemi del ciclo di Guglielmo d'Orange, mentre Dante stesso ricorda il triste luogo (Inf., IX, 112-17).

I sarcofagi più notevoli per le sculture sono stati raccolti nel Museo lapidario, che è uno dei maggiori musei d'antichità cristiana. Tale abbondanza di antichi marmi non ebbe sugli scultori del sec. XII minore influsso di quello che i superstiti modelli classici ebbero, nel secolo seguente, sul genio degli Antelami e di Nicolò Pisano.

Dei monumenti medievali, rammentata Notre-Dame-la-Majeure, edifizio antichissimo (vi si tenne il concilio del 451), ma ricostruito nel sec. XII e poi rimaneggiato per intero, il solo notevole è l'antica cattedrale di S. Trofimo, edificata sulla basilica del pretorio romano, ma rifabbricata da cima a fondo fra il 1152 e il 1180. Consta di una navata romanica con vòlta a botte, severa e sobria, fiancheggiata da due navi laterali, strette, con vòlte a mezza botte che controspingono la volta centrale. Una torre massiccia a tre piani si eleva sulla crociera del transetto. Il coro, insignificante, venne aggiunto nel 1430, e non avrebbe alcun interesse speciale, se non offrisse il solo esempio, nel gotico provenzale, di deambulatorio con cappelle a raggera; ma la sua esecuzione è assai mediocre. Le parti più famose della chiesa di S. Trofimo sono il portale e il chiostro. Il primo, con quello di Saint-Gilles, è il più bel monumento di scultura nella Francia meridionale. Concepito nettamente come un arco trionfale, poggia su sei colonne, il fusto delle quali è sostenuto da leoni, mentre tra colonna e colonna appaiono statue di apostoli, ispirate direttamente alla scultura antica, ma senza la finezza di quelle di Saint-Gilles. Nei pilastri si vede pure una statua di S. Trofimo e un bassorilievo rappresentante la lapidazione di S. Stefano. Il timpano rappresenta Cristo tra i quattro animali dell'Apocalisse, mentre nel fregio si svolge a destra e a sinistra il corteo degli eletti e quello dei dannati. Tutte queste sculture datano dalla fine del sec. XII e rivelano rapporti così con le maestranze di Chartres come con quelle di Modena. Il chiostro, uno dei più belli del Mezzogiorno della Francia, ha le gallerie del N. e dell'E. romaniche, le altre due (della fine del sec. XIV) gotiche; ma l'insieme presenta una disposizione uniforme di colonnine abbinate con capitelli riccamente istoriati con scene bibliche, e storie della vita di S. Marta. Ai pilastri d'angolo sono sculture che rappresentano S. Trofimo, tra S. Pietro e S. Paolo, e la Cena in Emmaus. A 4 km. da Arles si vede ancora un altro bellissimo chiostro, nell'abbazia di Montmajour, oggi in rovina.

Non rimane più nulla dell'antico palazzo dei conti des Baux (parenti degl'italiani Del Balzo), né dei muri di cinta che separavano la parte soggetta alla giurisdizione dei vescovi da quella dei magistrati civili. Il palazzo di Laval (sec. XV), detto Palais du Féliorige, racchiude il Museo Arelatense, fondato da Federico Mistral. Il Palazzo municipale, bella costruzione del sec. XVII, attribuita senza prove a Mansart, è sormontato da una torre elegante con una cupola che sostiene un Marte di bronzo. La chiesa di S. Anna (1619-1629) ospita il Museo lapidario. Nell'antico Priorato è ordinato un piccolo museo con buone tele attribuite al Ribera, al Guercino e al Caravaggio. Belle case del Rinascimento (Nicolaÿ, Saint-Roman, Datty, Artaut, du Roure, dall'italiano Della Rovere), adornano le vie della città; ma la vita artistica vi si è quasi arrestata fin dal sec. XVII. Nella Cattedrale si conservano alcuni quadri del Finsonius, scolaro fiammingo del Caravaggio, stabilitosi ad Aix e morto ad Amsterdam nel 1617. Finalmente, il pittore Vincent van Gogh passò due anni ad Arles (1887-88); ivi dipinse parecchi dei suoi quadri più famosi (quelli del suo periodo "arlesiano", di cui però nessuno è rimasto nel paese), ed ivi si palesò definitivamente la sua follia.

Bibl.: Per la città antica: L. A. Constans, Arles antique, in Bibl. des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, CXIX, Parigi 1921; id., Esquisse d'une histoire de la Basse-Provence dans l'antiquité, nell'enciclopedia Les Bouches-du-Rhône, II, 1923; id., Arles (nella collez. Le monde romain), Parigi 1928; Hirschfeld, in Corp. Inscr. Lat., XII, p. 83 segg.; E. Le Blant, Étude sur les sarcophages chrétiens antiques de la ville d'Arles, Parigi 1878; E. Espérandieu, Recueil général des bas-reliefs de la Gaule romaine, I, Parigi 1907, p. 114 segg.; III, Parigi 1904, pp. 361-373.

Per la città cristiana: L. Duchesne, Fastes épiscopaux de l'ancienne Gaule, I, Parigi 1894; H. Leclercq, in Dictionn. d'archéol. chrét. et de liturgie, I, ii, col. 2889, segg.; Arnold, in Realencyklopädie für Protestantische Theologie und Kirche, II, p. 56 segg.; Benoit, Arles: ses monuments, son histoire, Lione 1927 (Archives iconographiques du Palais du Roure).

Per il periodo medievale: Anibert, Mém. sur l'ancienne république d'Arles e Mém. sur l'ancienneté d'Arles, Arles 1779-1881, voll. 3; J. Estrangin, Description de la ville d'Arles, Arles 1845; J. H. Albanès e U. Chevalier, Gallia christiana novissima, III: Arles [arcivescovi, concilî, ecc.], Valence 1900; R. Peyre, Nîmes, Arles, Orange, Saint-Rémy, Parigi 1903; J. Charles-Roux, Arles: son histoire, ses monuments, ecc., Parigi 1914.

Per l'arte: H. Revoil, Architecture romane du Midi de la France, Parigi 1873; G. B. de Rossi, Le cimetière des Arlescamps, in Bull. monument., Caen 1875; H. Labande, Étude sur St. Trophime d'Arles, in Bull. archéol., 1904; W. Vöge, Die Anfänge des monumentalen Stiles im Mittelalter, Strasburgo 1894; R. de Lasteyrie, Études sur la sculpture française, in Monum. Piot, Parigi 1902; id., L'architecture religieuse en France à l'époque romane, Parigi 1912; Abbé Paulet, Monographie de Saint-Trophime, Bergerac 1910; A. Forel, Voyage au pays des sculpteurs romans, Parigi-Ginevra 1913; R. Hamann, Deutsche u. französische Kunst im Mittelalter, I (Südfranzösische Protorenaissance, ecc.), Marburgo 1922; A. K. Porter, Romanesque Sculpture of the Pilgrimage Roads, Boston 1923; V. van Gogh, Lettres à Emile Bernard, Tonnerre 1926.

Regno d'Arles. - Formazione politica che proviene dalla decomposizione dell'Impero carolingio, e così, impropriamente, chiamata specialmente per l'età fra gli anni 933-1378. Il regno di A. resultò dalla fusione di due regni distinti, ambedue vassalli dei Carolingi: il regno di Provenza (o della Borgogna cisgiurana) e il regno di Borgogna (o della Borgogna transgiurana). Il primo ebbe origine già nell'855, quando Carlo, figliuolo dell'imperatore Lotario I, era divenuto re di Provenza, rimanendo tale fino all'867, nonostante gli sforzi fatti da Carlo il Calvo per impadronirsi del paese. Più tardi Bosone, estraneo alla casa carolingia, ma legato per parentela ad essa (era cognato di Carlo il Calvo e genero di Lodovico II il Germanico), era stato creato prima duca o viceré della Provenza in nome di Luigi il Balbo, poi, alla morte di questo (879), s'era fatto proclamare re di Provenza dai grandi vassalli radunati nell'assemblea di Mantaille. Il suo dominio si estendeva sulle provincie ecclesiastiche di Vienne, di Lione, di Arles, di Aix, di Besançon e della Tarentasia. Suo successore fu Luigi il Cieco (890-928), il quale vi tenne come duca e viceré un carolingio illegittimo, Ugo (detto di Arles o di Vienne, anche col titolo di Comes Arelatensium seu Provincialium) che sarà poi re d'Italia.

L'altro regno di Borgogna (o della Borgogna transgiurana) ebbe origine nell'888 con Rodolfo I, figlio di Corrado e antico conte di Auxerre, imparentato con i Carolingi. Anche Rodolfo I, come Bosone, ebbe dapprima il titolo di duca, e centro del ducato, che comprendeva le terre fra il Giura e le Alpi Pennine, fra il lago di Ginevra e la Reuss (quindi transgiurano rispetto al regnum Francorum), era l'abbazia di Saint-Maurice d'Agaune. Nell'888, estintisi con Carlo il Grosso i Carolingi diretti, Rodolfo I si fece proclamare re da un'assemblea di grandi vassalli e - ma non è certo - incoronare a Toul. Così pure è incerto se, nell'888 a Ratisbona, riconoscesse la supremazia dei Carolingi di Germania (di Arnolfo); certo è che tentò, senza fortuna, di estendere i suoi dominî a spese di Arnolfo di Germania. Dopo Rodolfo I (888-911), il regno fu governato da Rodolfo II (911-933), il quale sposando la figlia di Burcardo II duca di Svevia ampliò i suoi possessi a oriente della Reuss; desiderò poi di mettere le mani sull'Italia, e la disputò prima a Berengario, sconfiggendolo a Fiorenzuola (923), poi a Ugo di Arles o di Provenza (926). Quest'ultimo riuscì ad avere il sopravvento, ma, perché Rodolfo II non gli contrastasse il regno d'Italia, gli cedette i diritti, del resto molto contestabili, che poteva vantare sulla Provenza come conte di Arles e di Provenza.

Così, dal 933, si trovarono riuniti sotto il medesimo dominio di Rodolfo II (933-937) i territorî della Provenza e della Borgogna, territorî che furono chiamati col nome di regno d'Arles. Il nome ebbe una tarda fortuna, a partire dalla fine del sec. XII, per la fama dell'antica città di A., benché, dopo Corrado il Pacifico (937-993), il sovrano non si sia più presentato ad Arles; il nome più frequente, ma non il solo (il Flach ne cita altri 22), è quello di regnum Burgundiae o regnum Burgundionum. Si applicò alle provincie ecclesiastiche d'Arles, Aix, Embrun, Vienne, Tarantasia, alle diocesi di Lione, Losanna, Basilea. I limiti erano da Basilea (dal 1025 appartenente al regno di Germania) al nord di Montbéliard, il corso della Saône, Lione, il corso del Rodano sino alla foce, ma compreso il Viennois e il Vivarais, le Alpi con Aosta, il Vallese, Vaud, il corso della Reuss e dell'Aar. La città di Lione non vi fu unita che nella metà del sec. X, e oltre a Lione ed Arles le altre città principali del regno furono Aix, Fréjus, Orange, Valence, Belley, Ginevra. Si suddivideva in feudi particolarmente numerosi, di cui i principali furono la contea di Provenza, di Forcalquier, d'Orange, di Forez, di Maçon e Besançon, di Savoia, il delfinato del Viennois, la signoria di Beaujolais, la contea di Borgogna (che divenne poi Franca-Contea), le contee di Châlon, di Montbéliard e di Perrette. La storia del regno e degli elementi feudali di cui era costituito fu contrassegnata di continuo dagli sforzi dei re di Francia e dei re di Germania per intervenirvi ed unirne le parti sostanziali alla loro corona. Indipendente sotto Rodolfo II (933-937), ma devastato dagli Ungari, cominciò a subire la soggezione al regno di Germania negli anni di minorità di Corrado il Pacifico (937-993). Anche Ugo di Arles (allora re d'Italia) cercò di far valere i suoi antichi diritti, sposando la vedova di Rodolfo II, madre di Corrado il Pacifico, e divenendo quindi il tutore di quest'ultimo. Ma Ottone I re di Germania, temendo l'unione del regno d'Italia col regno di Borgogna, rapì il re fanciullo e con l'astuzia e la violenza se ne fece tutore. Da allora i vincoli fra regno di Germania e regno di Borgogna divennero sempre più stretti: così sotto Corrado il Pacifico, che fu aiutato da Ottone I a scacciare definitivamente i Saraceni dalla Provenza, e più ancora sotto Rodolfo III il Neghittoso (993-1032), che in varî convegni (a Strasburgo 1016, a Magonza 1018) s'impegnò a lasciare in eredità il regno di Borgogna prima a Enrico II, poi a Corrado II, re di Germania. Morto Rodolfo III, Corrado II dovette vincere l'altro pretendente al regno di Arles, Eude II di Blois conte della Champagne, finché nell'assemblea di Soletta (1038) Corrado II re di Germania fu riconosciuto anche re di Borgogna. Il debole potere che gl'imperatori avevano nella stessa Germania spiega come essi fossero incapaci d'imporre la loro autorità in un paese così eccentrico e così profondamente feudale. Al tempo della lotta per le investiture il regno si divise fra i partigiani dell'Impero e quelli della Chiesa, tanto che per ristabilirvi una parvenza di disciplina, fin dal sec. XI, gl'imperatori vi mandarono a reggerla dei procuratori o rettori. Il duca di Zähringen, Corrado II (1123-52), doveva introdurre ereditariamente questo titolo nella sua famiglia fino al 1218. L'anarchia generale determinata dalla caduta degli Hohenstaufen e dal grande interregno indebolì anche più la sovranità tedesca: il Lyonnais e la città di Lione annessa alla Francia nel 1312, il Delfinato ceduto alla Francia nel 1349, la riunione della Provenza allo stesso regno nel 1481, limitarono le pretese imperiali, dopo una prima rinunzia nel 1378, alla parte settentrionale del regno d'Arles, che fu incorporata nell'unione di Borgogna da Massimiliano I; unione di cui facevano parte anche la Franca-Contea, annessa da Luigi XIV alla Francia nel 1668, e la contea di Montbéliard, riunita pure alla Francia nel 1793; ma l'assurda finzione giuridica del regno d'Arles era già finita fin dal sec. XV. (V. Tavv. LXXI-LXXIV).

Bibl.: Fonti: Recueil des actes des rois de Provence 855-928, ed. R. Poupardin, Parigi 1920; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, Roma 1910; P. Fournier, Le royaume d'Arles (1038-1378), Parigi 1891; R. Poupardin, Le royaume de Provence sous les Caroling es (855-933), Parigi 1901; id., Le royaume de Bourgogne (888-1038): étude sur les origines du royaume d'Arles, Parigi 1907; L. Jacob, Le royaume de Bourgogne sous les empereurs franconiens, 1038-1125, Parigi 1906; R. Kallmann, Die Beziehungen des Königreichs Burgund zu Kaiser und Reich von Heinrich III bis auf die Zeit Friedrichs I, in Jahrbuch für schweizerische Geschichte, XIV, Zurigo 1889, pp. 1-107; A. Hofmeister, Deutschland und Burgund im früheren Mittelalter: eine Studie über die Entstehung des Arelatischen Reiches und seine politische Bedeutung, Lipsia 1914; J. Flach, Les origines de l'ancienne France, IV, Parigi 1917, pp. 361-450; G. de Manteyer, La Provence du premier au douzième siècle, Parigi 1908; C. W. Previté-Orton, Italy and Provence, 900-950, in English Hist. Review, XXII, Londra 1917, pp. 335-347.

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