PIZZORUSSO, Arnaldo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

PIZZORUSSO, Arnaldo

Giovanna Angeli

PIZZORUSSO, Arnaldo. – Primogenito di Giuliano, avvocato, e di Eva Barsanti, nacque a Bagni di Lucca il 29 maggio 1923.

Dopo gli studi superiori al liceo classico di Lucca, si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Pisa, dove seguì le lezioni di Giovanni Macchia che – fra il 1938 e il 1947 – insegnò lingua e letteratura francese alla Scuola normale superiore e alla facoltà di lettere: fu l’inizio di un rapporto destinato a trasformarsi in una duratura e profonda amicizia. Nel 1946 si laureò presso la facoltà di lettere con Silvio Pellegrini, docente di filologia romanza, con una tesi sui Mémoires di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais. Tra il 1947 e il 1949 fu lettore a Digione e nel 1949 sposò a Grenoble Anne-Marie Hustache.

Fatto ritorno in Italia, insegnò lingua e letteratura francese come professore incaricato all’Università di Cagliari (1949-53), dove sviluppò, approfondì e ultimò alcune ricerche intraprese in Francia (Il petrarchismo di Desportes, in Studi petrarcheschi, V (1952), pp. 237-297), avviando al contempo una raffinata analisi dei fermenti preromantici che sfociò nel volume Senancour: formazione intima, situazione letteraria di un pre-romantico (Messina-Firenze 1950) e che dette luogo, qualche anno dopo, agli Studi sulla letteratura dell’età preromantica in Francia (Pisa 1956).

Entrò a far parte, anche prima del periodo cagliaritano, della cerchia di giovani intellettuali riuniti intorno a Giuseppe De Robertis, allora professore di letteratura italiana presso la facoltà di lettere e filosofia di Firenze (1938/39-1943 e, nuovamente, 1947-58), l’ammirazione per il quale si era del resto già manifestata nel 1947, quando, assieme a Felice del Beccaro, gli aveva offerto la presidenza di un gruppo culturale intitolato a Renato Serra. Negli anni immediatamente successivi alla guerra ebbe anche modo di conoscere e frequentare Luigi Foscolo Benedetto che era stato professore di lingua e letteratura francese all’Università di Firenze, preside della medesima e presidente dell’Accademia della Crusca dalla Liberazione al 1950.

Nel 1953 conseguì la libera docenza in lingua e letteratura francese e si trasferì all’Università di Pisa dove restò dal 1953 al 1965 (come professore straordinario dal 1957 e poi ordinario dal 1960). Sempre nel 1953, il 2 maggio, nacque a Lucca il figlio Claudio.

Fondò nel 1960 la rivista Saggi e ricerche di letteratura francese, cui collaborarono studiosi di fama internazionale con i quali Pizzorusso aveva stretto legami di amicizia, come Claude Pichois, René Pomeau, Bernard Weinberg, George Poulet, Bruce Morrissette, Philip Kolb, Jean Starobinski, Ross Chambers, Victor Brombert, Jean Rousset.

Frutto delle riflessioni e delle ricerche di quegli anni furono i Tre studi su Giraudoux (Firenze 1954) e soprattutto i lavori sul Seicento, campo di indagine privilegiato nel quale fu sempre considerato l’autorità per eccellenza. Si susseguirono così, a breve distanza gli uni dagli altri, La poetica di Fénelon (Milano 1959), La poetica del romanzo in Francia: 1660-1685 (Caltanissetta-Roma 1962), Il ventaglio e il compasso, Fontenelle e le sue teorie letterarie (Napoli 1964). Questi ultimi studi furono l’occasione per mostrare il crescente interesse per la filosofia del linguaggio e per inaugurare una critica del dubbio o ‘decostruttiva’ ante litteram. Si veniva precisando inoltre l’intento di disegnare un tracciato teorico continuo unendo punti lontani, dissertazioni erudite, opere normative, romanzi.

Nel 1965 si trasferì all’Università di Firenze come professore ordinario di lingua e letteratura francese e si trovò in contatto con Gianfranco Contini (poi con d’Arco Silvio Avalle, succeduto a Contini nel 1974), Eugenio Garin, Alessandro Perosa, Claudio Leonardi, Lanfranco Caretti (con cui instaurò un profondo legame di stima e affetto) e, per brevissimo tempo, con Bruno Migliorini.

Proseguì frattanto le indagini sulla letteratura sei-settecentesca pubblicando Teorie letterarie in Francia: ricerche sei-settecentesche (Pisa 1968). Istituì, fin dai primi anni fiorentini, seminari aperti a studenti e laureandi proponendo tematiche che rivelavano l’ampia gamma delle sue competenze, dalle avanguardie, dal teatro dada e surrealista, dal cinema degli anni Venti e Trenta alla poesia simbolista, a Racine e Corneille (in breve, al Seicento, letteratura di cui era lo specialista per antonomasia), al libertinismo erudito e non erudito, a Valéry, Claudel, Joubert. La passione per il cinema, specie il cinema muto, lo portò poi, negli anni Ottanta, a conoscere Guido Aristarco, fondatore di Cinema nuovo, e, dietro sua sollecitazione, scrisse un importante articolo sull’Étoile de mer (1928) di Man Ray da una poesia di Robert Desnos (Robert Desnos spettatore, in Il cinema: verso il centenario, a cura di G. e T. Aristarco, Bari 1992, pp. 103-113). Divenuto membro dell’Accademia nazionale dei Lincei, fu a lui che si fece riferimento, oltre che per giudizi di carattere letterario, per attribuire premi destinati ad autori cinematografici.

In stretto rapporto con la cultura internazionale, venne invitato come visiting professor all’Università di Yale nel 1969 (nello stesso anno diventò membro onorario della Modern Language Association); in seguito, sempre come visiting professor, fu chiamato all’Università di Chicago a più riprese, nel 1974, nel 1976 e nel 1980. L’Università di Chicago nel 1974 e l’Università di Reims nel 1989 gli conferirono la laurea honoris causa.

Fin dal 1975 animò, in qualità di condirettore, la Rivista di letterature moderne e comparate, fondata da Carlo Pellegrini, che era stato docente di lingua e letteratura francese all’Università di Firenze, e Vittorio Santoli, docente di lingua e letteratura tedesca nella medesima università, invitando a collaborare grandi studiosi con cui era da lungo tempo in contatto.

Negli anni Settanta si palesò una svolta nella sua attività critica, testimoniata da opere come Da Montaigne a Baudelaire (Roma 1971), Prospettive seconde (Pisa 1977) e, in seguito, Analisi e variazioni (Roma 1982). Emersero numerosi indizi dell’interesse per la problematica soggetto-autore, individuabili in particolare nei lavori su Montaigne, Jean-Jacques Rousseau, Benjamin Constant, Stendhal, Roland Barthes. L’obiettivo della sua prospettiva si incentrò sempre più sulla soggettività dello scrittore pur tenendo a debita distanza la linea descrittiva e normativa di matrice francese. Puntò infatti a indagare le forme eccentriche in cui si palesava la marca del soggetto: dialoghi, aforismi, epistolari. Questo campo di indagine, in cui si dichiarò decisamente l’influsso della filosofia analitica, proseguì senza soluzione di continuità con Ai margini dell’autobiografia (Bologna 1986), in cui apparve manifesta la volontà di decostruire l’idea stessa di una narrazione della memoria individuale mirando al vuoto che investe il significato dell’io, né unito né diviso. Deprivato e nullo, secondo le parole di Paul de Man: «the nothingness of the self» (ibid., p. 207). I saggi su Rousseau (i Dialogues), su Senancour (Oberman), su Constant (Lettres), su Joubert (Carnets) puntarono a far affiorare visioni asistemiche sia della realtà sia dei rispettivi mondi interiori e a tentare di afferrare, affondando nei labirinti del vissuto, qualcosa dei bagliori che «attraversano l’anima» (ibid., p. 106).

Dieci anni più tardi venne pubblicato Figure del soggetto (Pisa 1996), sorta di prolungamento cronologico e metodologico di Ai margini dell’autobiografia, in cui mise a fuoco esperienze para-autobiografiche della fine dell’Ottocento e del Novecento, come i Journaux di Jules Renard, di Paul Claudel, di Catherine Pozzi, i Cahiers di Paul Valéry, Sylvia di Emmanuel Berl, il Journal di Pierre Drieu La Rochelle e quello di André Gide. Quanto importante fosse l’ascendente della filosofia analitica e, in particolare, dell’opera di Ludwig Wittgenstein emerse chiaramente specie in occasione degli interventi su Valéry, autore prediletto e più volte interrogato, analizzato, approfondito. L’‘io’ grammaticale, usato come oggetto o soggetto, divenne il punto di partenza di riflessioni sull’impossibilità di esprimere l’idea stessa dell’esistenza. Se Valéry scrisse «Le mot Moi désigne toujours des virtualités – Il n’y a pas de Moi réductible à l’actuel» (cfr. Cahiers, XXIII, 1959-60, p. 311), nei Diari di Claudel, autentici scritti giornalieri, Pizzorusso venne invece evidenziando apparizioni fugaci, frammenti poetici, illuminazioni improvvise, visioni la cui immediatezza era legata a timbri, colori, odori. Anche nelle pagine dedicate a Berl l’attenzione andava alle dissociazioni e alle dispersioni di un soggetto schiacciato dalla massa dei ricordi. Quanto a Gide e al suo monumentale Journal, furono le percezioni delle ‘assenze dal mondo’ a ottenere il maggior risalto.

Nel 1983, divenne socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei, per poi passare a membro nazionale nel 1990. Nel 1991 la Société littéraire de la France lo elesse membro onorario e il Collège de France, per espressa iniziativa di Marc Fumaroli, lo invitò a tenere un ciclo di lezioni in cui, dopo un lungo intervallo, tornò a riflettere sulla poetica del Seicento. La pubblicazione delle lezioni (in francese: Éléments d’une poétique littéraire au XVIIe siècle, e in italiano: Quel piccolo cerchio di parole, rispettivamente Paris e Bologna 1992) rivelò come la prospettiva critica fosse andata sempre più orientandosi verso lo studio della soggettività intesa, nella specie secentesca, come coscienza e attività critica.

Nel 1993 cessò la sua attività di docente e nel 1997 gli venne conferito il titolo di professore emerito. Decise allora di dedicarsi, in vista di una pubblicazione, a un genere di scrittura caratterizzato dalla brevità e dall’aspetto frammentario: nel 2000 uscì il primo volume dei Quaderni di studio: 1975-1990 (con postfazione di V. Magrelli, Pisa 2000), cui fecero seguito tre serie, distribuite secondo un criterio cronologico progressivo (1991-1996, Pisa 2003; 1997-2001, Pisa 2006; 2002-2006, con postfazione di G. Angeli, Pisa 2007 [ma 2008]). Fu la sua ultima scelta, la scelta definitiva. La critica, il saggio, l’analisi dei testi: tutto ciò continuò a interessarlo e a impegnarlo, ma solo in piccola parte. Così come le preziose schede di lettura accompagnarono fedelmente il suo lavoro di studioso, le annotazioni sui sogni, le impressioni di lettore, spettatore, viaggiatore guidarono e, si potrebbe dire, impregnarono tutta la sua vita fino a diventarne l’elemento dominante.

Quaderni, come i Cahiers di Paul Valéry, «purs cahiers d’études et d’analyses générales» (cfr. Figure del soggetto, cit., p. 96); in precedenza Pizzorusso aveva pensato al titolo Taccuini, e non Diari, anche se sommariamente datati. Con i Quaderni si raccoglieva, in sintesi, l’invito del Livre à venir di Maurice Blanchot, libro del futuro, fatto di testi-note, testi-documento, meditazioni, riflessioni, aforismi, citazioni glossate sovente in forma interrogativa: testimonianza estrema della consapevolezza dei limiti dell’interpretazione e della vana ambizione di voler ‘passare dietro le cose’. La presenza ricorrente, accanto a poeti, musicisti, pittori, umoristi, di Wittgenstein, Whitehead, Russel, Searle, Austin, Kripke, cioè dei filosofi e linguisti che contribuirono alla svolta pragmatica della filosofia analitica del linguaggio, permeò questo sorprendente esperimento di scrittura e mostrò pienamente l’influsso dell’empirismo logico sui Quaderni.

Morì a Firenze il 27 marzo 2012.

La biblioteca, l’epistolario, le carte di studio e i diari sono stati lasciati, per accordi presi in vita ed espletati dal figlio Claudio, alla biblioteca della facoltà di lettere e filosofia di Torino, ora Scuola di scienze umanistiche.

Fonti e Bibl.: Una bibliografia completa degli scritti è stata pubblicata in Per A. P., in Rivista di letterature moderne e comparate, suppl. al vol. LXV, f. 3, luglio-settembre 2012: http://www. aaiff.it/doc/pizzorusso_bibliografia.pdf. Si vedano, inoltre: Controfigure d’autore. Scritture autobiografiche nella letteratura francese, a cura di F. Garavini (Scritti in onore di A. P.), Bologna 1993; V. Magrelli, postfazione a Quaderni di studio 1975-1990, 2ª ed., Pisa 2005, pp. 177-179; G. Angeli, postfazione a Quaderni di studio 2002-2006, Pisa 2008, pp. 105-108; C. Ossola (commemorazione tenuta presso l’Accademia nazionale dei Lincei, 22 giugno 2012), Ciò che debbo a A. P.: www.lincei.it/ files/documenti/Ossola_22-6-2012; G. Angeli, Per A. P. (seminario di filologia francese), Pisa, 23 novembre 2012; G. Giorgi Commemorazione prof. A. P. (Società universitaria per gli studi di lingua e letteratura francese, 17 gennaio 2013): www. francesisti.it/node/4130; G. Angeli In memoriam A. P. (1923-2012), in Revue d’histoire littéraire de la France, CXIII (2013), 1, pp. 247-250; www.cairn.info/zen.php? id_article=rhlf.

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