ARRUOLAMENTO

Enciclopedia Italiana (1929)

ARRUOLAMENTO (fr. enrôlement; sp. enganchamiento, alistamiento; ted. Anwerbung; ingl. enlistment)

Clemente PRIMIERI
Carlo Alberto COBIANCHI Silvio LONGHI

Arruolare significa in senso generale "segnare a ruolo, assoldare, per formare un reparto o un organismo militare".

Gli arruolamenti nei corpi militari. - Lo stato nell'esercizio della sua sovranità arruola chiamando i cittadini a prestare il servizio delle armi. Solo allo stato è riservato il diritto di arruolare i cittadini per costituire le sue forze armate. Gli stati moderni determinano le forme e modalità dell'arruolamento, con le leggi di reclutamento (v.), le quali si basano su due forme caratteristiche di arruolamento, e precisamente: l'arruolamento obbligatorio, sancito dal reclutamento per coscrizione, per cui tutti i cittadini maschi validi alle armi sono tenuti a prestare servizio militare, arruolamento questo che va inteso non solo come un dovere, ma anche come un diritto di chi, essendo compartecipe della vita e delle vicende della patria, concorre alla sua difesa e alla sua conservazione; e l'arruolamento volontario, derivato dalla volontà del singolo che vuol dedicarsi alla vita delle armi.

L'arruolamento per coscrizione, con il suo forte gettito dovuto alle larghe basi da cui può attingere, permette la formazione dei grandi eserciti nazionali.

Cronistoria dell'arruolamento. - Se si esamina la forma del rapporto giuridico che, nelle diverse epoche e civiltà, si stabilì fra lo stato e chi lo protegge con le armi, si osserva che gli arruolamenti nei corpi armati si fondano sopra una base giuridica di obbligatorietà o volontarietà, a seconda che lo stato o la sovranità avvicinano a sé nel godimento del diritto pubblico il cittadino o lo allontanano; il diritto di cittadinanza è il fattore intimo della costituzione delle forze militari dello stato attraverso i tempi.

Un altro nesso esiste ancora tra le forme di arruolamento e le condizioni sociali e politiche. Quando le guerre diventano lunghe, quando vengono condotte in regioni lontane, quando hanno come movente o uno scopo espansionistico o un interesse dinastico, anziché la difesa della patria, quando un popolo giunto alla prosperità non è disposto a portare le armi a lungo, ad abbandonare i proprî commerci, allora l'obbligo personale al servizio militare pesa troppo, e gli organismi delle forze armate passano da una base di obbligatorietà ad una base di volontarietà, sino a giungere, talvolta, a una forma del tutto professionale (mercenarismo).

Le civiltà più antiche praticavano l'arruolamento obbligatorio, esteso alle sole classi della società che godevano la pienezza dei diritti civili; il servizio era gratuito e il guerriero provvedeva al necessario da sé. Gli Egizî, i Persiani, i Greci, prima della loro decadenza, ebbero una costituzione militare basata esclusivamente sull'arruolamento obbligatorio.

Nelle istituzioni di Roma antica l'affermazione dell'arruolamento obbligatorio si ha nell'ordinamento di Servio Tullio, in cui il cittadino è soldato in quanto libero. Il popolo è diviso in sei classi e la sesta classe, quella dei proletarî, è esclusa dal servizio. Successivamente, necessitando tenere in armi forze sempre maggiori, occorrenti alla vastità delle imprese romane, con le riforme mariane, si arruolano anche i liberti, i proletarî e poi i soci italiani, i quali, perché divenuti soldati, acquistano la cittadinanza.

L'aquila romana allarga ancora il suo volo possente: occorrono legioni permanenti a guardia dei confini dell'Impero: i Romani e gl'Italiani non bastano più, né amano stare a lungo lontani dalle proprie case; e allora le legioni di guarnigione vengono reclutate con volontarî tratti dalle popolazioni provinciali romanizzate. Con Settimio Severo gl'Italiani sono addirittura esentati dal servizio militare; nelle legioni dell'Impero si ammettono i barbari volontarî.

Nel Medioevo, con la società feudale sorta dal lavorio di ricostituzione e di assestamento seguito al periodo delle invasioni barbariche, con le quali era risorto l'antico principio che "chi è libero porta armi", prevalse quasi ovunque l'obbligo al servizio militare. Quest'obbligo si fondava per i vassalli su una base reale anziché personale, perché l'obbligo che legava il vassallo al re era dovuto al reale possesso del feudo. Per le milizie comunali l'obbligo si fondava sulla necessità di difendere i privilegi e i diritti d'immunità di cui godevano le città libere. Non mancano però milizie professionali arruolate volontariamente: tali furono gli ordini religiosi sorti al tempo delle crociate, per la difesa dei confini della cristianità.

Dopo gli ordini religiosi, sullo scorcio del Medioevo, si palesò una nuova e molto meno nobile forma di militarismo professionale. La guerra dei Cento anni, i torbidi di Germania congiunti al sorgere degli Asburgo, le lotte di Spagna contro i Mori, produssero un'infinità di uomini che altro mestiere non sapevano, se non quello delle armi. Molti di questi si riunirono in bande, che sotto capi di loro scelta guerreggiarono per conto proprio a scopo di preda. Alcune di queste bande non rifiutarono servizî caramente pagati dai sovrani in cerca di armati.

L'esempio si estese in Italia facendo sorgere compagnie italiane di ventura. In genere si conducevano le compagnie trattando con il loro capo a un tanto per cavallo e un tanto per fante, e per un determinato periodo di tempo. Spesso anche in tempo di pace i signori e le città conducevano bande a paga ridotta per averle disponibili in caso di guerra ed impedire che andassero al soldo dei nemici. Questo sistema che permetteva ai principi ed alle repubbliche d'ingrossare i proprî eserciti, senza imporre aggravî di servizio ai sudditi, prese man mano estensione fino a sostituire quasi del tutto l'obbligo dell'arruolamento personale.

Si era andato così preparando sulla fine del XV secolo lo strumento che, con il consolidarsi dell'autorità regia, doveva consentire l'inizio delle guerre d'espansione, divampate nel secolo successivo.

ll sistema italiano delle condotte combattenti in guerra e delle condotte in posizione di aspetto durante la pace, si generalizzò e da esso si passò agli eserciti permanenti. Ogni sovrano assoldò truppe per la guerra, e dopo la guerra o la campagna non le licenziò tutte, ma ne ritenne una parte in riserva per le campagne future. A poco a poco, in seguito, il sovrano non assoldò più capi con le loro bande, ma formò bande alle quali assegnò capi, oppure diede ai capi l'incarico di formare le bande. Per l'istituzione dell'esercito permanente non si rinunziò subito all'arruolamento obbligatorio e nei varî stati si fecero tentativi di adattare alle nuove condizioni della guerra gli antichi ordini medievali, la cavalleria feudale e la fanteria costretta ad entrare in campagna. Ma il nerbo principale degli eserciti del Rinascimento consistette in bande assoldate.

In questo periodo acquistano grande fama le fanterie svizzere, per le quali i patti di arruolamento erano addirittura disciplinati, stipulati e garantiti dai governi cantonali. Emanuele Filiberto, dopo la battaglia di S. Quintino, vietò ai sudditi savoiardi l'arruolamento negli eserciti esteri, e pur conservando corpi permanenti di soldati professionali, istituì la milizia regia divisa in 5 colonnellati, con ordinamento territoriale e obbligo al servizio.

Alla fine del secolo XVII aumenta ancora la mole degli eserciti permanenti, a formare i quali provvedeva in massima il reclutamento volontario. Bastava quasi completamente, perché si erano andati perfezionando i sistemi d'arruolamento. Lo stato di rado arruolava direttamente uomini, ma più spesso affidava ad un privato l'incarico di levare, tenere al completo e amministrare un reggimento; ciò beninteso dietro un compenso, sia per la levata, sia per il mantenimento.

Così si costituiva un'infinità di uffici di reclutamento, s'interessavano agli arruolamenti persone in gran numero, e l'iniziativa e l'interesse personale producevano più di quanto avrebbe potuto produrre l'arruolamento fatto dagli uffici statali.

Ultima risorsa era il reclutamento obbligatorio. Sebbene non se ne facesse molto uso, anche nel secolo precedente si era un po' dappertutto stabilito, in teoria, l'obbligo del cittadino alla difesa dello stato, e s'erano formati ruoli di milizia ai quali in caso di bisogno si attingeva. Variavano secondo i paesi gli ordinamenti di queste milizie, ma fuorché in Piemonte e in Svezia (milizia indelta), erano una risorsa ultima, e fin che possibile si ricorreva ai volontarî. Questi nell'opinione generale corrente fornivano migliori soldati, disertavano di meno; con l'arruolare volontarî si toglieva di mezzo alla società gente disoccupata, incapace di mestiere proficuo ed onesto, mentre l'arruolamento obbligatorio toglieva braccia all'agricoltura e all'industria.

Carlo Emanuele I, nel ritoccare l'ordinamento della milizia paterna, ordinò una coscrizione generale di tutti i suoi sudditi dai 18 ai 60 anni e iscrisse nei ruoli della milizia tutti gl'idonei; da queste masse estrasse una milizia scelta di volontarî. Più tardi, sotto l'assillo del bisogno, Carlo Emanuele I ordinò l'arruolamento forzato di uomini nella milizia scelta.

Dal lato organico militare il successivo secolo XVIII può dirsi comprenda due periodi: anteriore e posteriore alla manifestazione delle potenza prussiana, che dipendeva in grandissima parte dal sistema che poneva a disposizione del sovrano un esercito assai numeroso e potente, in rapporto all'importanza dello stato e alle modeste risorse dell'erario. Mentre nel primo periodo si vedono continuare i sistemi in uso nel sec. XVII, si scorge nel secondo periodo uno sforzo generale degli stati per tener dietro all'esempio prussiano e ingrossare le loro forze.

Le istituzioni militari prussiane datavano da Federico Guglielmo I, il quale, visto che gli arruolamenti volontarî costavano caro e non riuscivano a tenere al completo l'esercito, introdusse l'obbligo del servizio militare, però con larghe esenzioni. Ogni cantone forniva un certo numero di uomini: l'obbligo del servizio durava 20 anni: gli uomini designati erano effettivamente chiamati alle armi e istruiti, ma rimanevano nelle loro case per 9 o 10 mesi dell'anno. Così i corpi dell'esercito prussiano si componevano di due elementi; l'uno permanente, composto di volontarî, l'altro di riserva, formato da indigeni arruolati a forza e tenuti per gran parte del tempo in congedo. La proporzione dei volontarî agli uomini di leva era normalmente di 3-2 all'incirca.

Questo ingrossare ulteriore degli eserciti richiedeva nuovi sforzi in materia di reclutamento. Ma malgrado tutto, il reclutamento volontario non riusciva a riempire i vuoti, anche perché lo sviluppo dell'agiatezza limitava le classi in cui era possibile trovare volontarî. Si dovette ovunque ricorrere al reclutamento forzato, che nei secoli passati vigeva in diritto, ma era caduto in desuetudine. Ci si avviava così alla coscrizione, che prevalse poi nel periodo storico successivo delle guerre della rivoluzione e di Napoleone.

Il fondamento giuridico dell'obbligo militare rimane ormai assodato fino alla trasformazione completa dei principî del diritto pubblico operata dalla rivoluzione francese.

Infatti le guerre della rivoluzione capovolgono la situazione: il servizio militare obbligatorio, che nei tre secoli precedenti, pur esistendo come principio, non era mai applicato o applicato in casi eccezionali e solo per una parte degli eserciti, diventa regola, e il reclutamento volontario, eccezione.

Il monarcato aveva lasciato all'avvenire di fondere i due elementi della costituzione militare che gli era propria, cioè gli eserciti permanenti e la facoltà di levare milizie; ma la rivoluzione proclama che queste sono fatte per il servizio e nell'interesse dello stato, inteso come collettività costituita dai cittadini. L'esercito si riavvicina perciò nuovamente alla sua origine, come la sovranità alla sua fonte. Il servizio militare è obbligatorio, non più perché la corona con le sue prerogative può dichiararlo tale, ma come una conseguenza del godimento universale del diritto pubblico, ora esteso dalla casta all'individuo.

Nel 1798 il generale Jourdan, ministro della guerra, fece approvare una legge detta "di coscrizione". L'esercito doveva formarsi di volontarî e di coscritti. Erano soggetti alla coscrizione tutti i Francesi dal 20° al 25° anno. Gli arruolamenti volontarî erano ammessi per cittadini dai 18 ai 30 anni di età, con una ferma di 4 anni e rafferma di due. Le disposizioni generali della legge Jourdan rimasero in vigore durante tutto l'Impero.

La legge Jourdan continuava per altro ad accomunare ancora alla pari le due fonti di reclutamento costituite dall'arruolamento volontario e dalla coscrizione; ammetteva la surrogazione (sostituzione del coscritto con altra persona) e l'affrancazione (pagamento di una somma, invece della prestazione del servizio) e portava ad un esercito dalle lunghe ferme e dal piccolo contingente annuo. La Prussia, per contro, dopo i disastri del 1806, aveva introdotto il sistema opposto, cioè l'obbligo generale, senza eccezioni, per tutti, al servizio militare, con ferme brevissime e contingente numeroso. Gli altri stati seguirono piuttosto l'esempio della Francia che quello della Prussia, vale a dire obbligo generale in linea di principio, ma con larghe esenzioni all'atto pratico, con la surrogazione, con l'affrancazione, ferme lunghe, piccolo contingente annualmente chiamato alle armi.

Soltanto dopo le vittorie germaniche del 1870, prevalse il sistema prussiano, cosicché alla grande guerra del 1914-18 gli eserciti belligeranti si presentarono formati tutti da cittadini arruolati per coscrizione intesa nel senso più lato, riservando l'arruolamento volontario in limitata misura per taluni corpi e servizî e per le truppe coloniali. Solo l'Inghilterra, per la sua condizione speciale di potenza insulare e per lo spirito tradizionale, manteneva l'arruolamento volontario che non venne modificato nemmeno durante la guerra.

La grande guerra non ha portato nelle forme d'arruolamento, e quindi nelle forme di reclutamento delle forze armate, alcuna sostanziale modificazione, se si fa eccezione delle nazioni vinte (Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria), le quali in base al trattato di pace di Versailles non possono più reclutare per coscrizione, ma devono limitarsi a tenere alle armi un numero ben definito e limitato di militari da arruolarsi volontariamente.

L'arruolamento in Italia. - L'arruolamento delle forze armate italiane (esercito, marina e aviazione) è per coscrizione, per cui ogni cittadino valido alle armi è obbligato al servizio militare dal 18° anno di età al 55°. Di questo periodo, una minima parte viene normalmente passata sotto le bandiere (ferma), la rimanente in congedo. Sussistono anche gli arruolamenti volontarî per le varie armi, servizî, corpi e speciali incarichi. Si reclutano infine con soli arruolamenti volontarî le forze dei R. Carabinieri, della R. Guardia di finanza e quelle di polizia.

Per l'esercito, le operazioni di arruolamento vengono compiute ogni anno da appositi organi, detti consigli di leva, presso i quali i giovani, aventi obbligo di servizio alle armi e inscritti nella lista di leva di terra del comune di nascita, si debbono presentare. Il consiglio di leva esamina gl'inscritti e in base ai loro requisiti fisici, morali e di famiglia e alla legge di reclutamento, arruola quelli dichiarati idonei, manda rivedibili o riformati e in osservazione quelli non idonei, dichiara renitenti quelli non presentatisi. Secondo le disposizioni oggi vigenti la ferma degli arruolati può essere ordinaria, di 18 mesi, riducibile (non inferiore a 9 mesi), o minima (di 3 mesi) secondo le condizioni di famiglia.

Dopo l'arruolamento compiuto dal consiglio di leva, gl'inscritti sono inviati in congedo provvisorio in attesa di essere chiamati alle armi. Annualmente poi, il Ministero della guerra apre degli arruolamenti volontarî ordinarî della durata di anni tre per tutte le armi e corpi, a cui possono concorrere i giovani non ancora alle armi, che abbiano tutti i requisiti fisici e morali, con almeno 18 anni di età, e i giovani già alle armi: sono consentite le rafferme.

Debbono contrarre l'arruolamento volontario ordinario gli allievi delle accademie militari e gli allievi dei collegi militari quando raggiungono il 17° anno di età.

Debbono contrarre arruolamento volontario di anni due gli aspiranti al grado di sergente e alla carriera di sottufficiali.

Contraggono arruolamento volontario di anni due gli aspiranti all'arma dei Carabinieri Reali se intendono compiere il loro servizio come carabinieri ausiliari, di anni tre se come carabinieri effettivi: sono previste le rafferme.

Nella marina le operazioni di arruolamento vengono compiute dalle capitanerie di porto a cui si presentano gl'inscritti alla leva di mare; gli arruolati compiono una ferma di anni due. Nella marina da guerra si ricorre però all'arruolamento volontario per il personale al quale debbono essere affidati incarichi e mansioni di particolare importanza e delicatezza (elettricisti, cannonieri, radiotelegrafisti, infermieri, semaforisti, ecc.), usufruendo del personale di leva per le mansioni che non richiedono speciali cognizioni e una lunga pratica.

L'arruolamento volontario è per tre o più anni, con rafferma. Ogni anno il Ministero della marina indice gli arruolamenti volontarî, fissando il numero dei posti messi a concorso, le modalità e la durata dell'arruolamento e successive rafferme.

Per l'aeronautica, all'arruolamento del contingente occorrente provvedono i consigli di leva dell'esercito, assegnando all'armata aerea i giovani che, per i mestieri esercitati e i titoli di studio posseduti, diano affidamento d'essere particolarmente idonei a prestarvi servizio.

Gli arruolati compiono la ferma di 18 mesi. Anche l'aeronautica fa largo assegnamento sugli arruolamenti volontarî per coprire i posti di specialisti (motoristi, osservatori, mitraglieri, radiotelegrafisti, ecc.) usufruendo del personale di leva solo come personale di governo e di manovra. Gli arruolamenti volontarî sono per due anni, con rafferma. Le modalità e il numero dei posti messi a concorso sono annualmente determinati dal Ministero dell'aeronautica.

Le truppe coloniali si reclutano esclusivamente con arruolamenti volontarî di anni due per i reparti bianchi, di anni due per i reparti di colore della Tripolitania e Cirenaica, di un anno per i reparti eritrei e della Somalia. I soldati di colore vengono arruolati fra gl'indigeni. Tutti gli arruolamenti sono con rafferma.

Il reclutamento della Guardia di finanza è per arruolamenti volontarî di anni tre con rafferma.

Sono volontarî gli arruolamenti nel corpo degli agenti di pubblica sicurezza, nel corpo di polizia metropolitana, nelle guardie carcerarie.

Sono naturalmente volontarî gli arruolamenti nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, per tutte le sue specialità.

Bibl.: C. Corticelli e V. Garioni, Organica militare, Torino 1904; A. Cavaciocchi, Lezioni di organica, Torino 1906; A. Chapperon, L'organica militare tra le due guerre mondiali, Roma 1921; Ministero della geurra, Testo unico delle leggi del reclutamento del R. Esercito, Roma 1927; C. Manzoni, Ordinamento del R. Esercito e delle altre forze armate, Torino 1927.

L'arruolamento nella marina mercantile. - È l'atto per cui una persona s'impegna di dare l'opera propria a favore di un armatore e al servizio di una nave. Esso è pertanto una forma di locazione d'opera, che investe tutto l'equipaggio di una nave.

Quest'atto di arruolamento non comporta soltanto obblighi e diritti di contenuto economico, ma costitusce anche un vincolo alla libertà personale dell'arruolato, il quale viene ad essere soggetto alla disciplina marittima quale è contemplata dal codice per la marina mercantile, per cui l'arruolato che, tanto nello stato, quanto all'estero, abbandona la nave senza autorizzazione dell'autorità marittima o consolare, viene considerato disertore e incorre nella pena da 3 a 6 mesi di carcere, se la diserzione è avvenuta nello stato, da 6 a 17 mesi, se all'estero. In deroga poi alle norme generali sancite dal codice civile, il codice per la marina mercantile dispone che i minori di età, una volta conseguiti i 18 anni, si considerino emancipati agli effetti dell'arruolamento, e possano quindi arruolarsi senza l'intervento dei genitori o tutori.

I documenti formali, da cui questa locazione d'opera risulta, sono due: il ruolo di equipaggio e il contratto di arruolamento. Il ruolo indica la data dell'armamento e quella del disarmo della nave, l'elenco dell'equipaggio, i salarî degli arruolati. Il contratto d'arruolamento deve enunciare con chiarezza e precisione la durata della convenzione e indicare le paghe da corrispondersi agli arruolati, le modalità di armamento della nave, i doveri generici dell'equipaggio verso l'armatore e viceversa, le modalità del lavoro e dei servizî di guardia nei porti, i criterî del servizio di navigazione, le condizioni per il lavoro straordinario e per i riposi settimanali, le sanzioni per i contrabbandi e la paccotiglia, le condizioni dei dormitorî, dei corredi e delle divise dell'equipaggio, le assicurazioni di cui l'equipaggio gode per il corredo personale, per fatto di guerra e per gli infortunî e le malattie, le qualità e quantità del vitto che sarà somministrato a bordo.

La legge prevede quattro tipi di arruolamento: a viaggi, a mese, con partecipazione ai profitti, con partecipazione al nolo.

Gli ultimi due tipi di arruolamento sono di scarsa applicazione: riguardano le piccole navi in cui l'armatore o padrone associa volentieri i marinai alle fortune della sua impresa.

Bibl.: C. Parodi, Lezioni di diritto commerciale, III, Genova 1854, n. 1413 segg.; P. Ascoli, Del commercio marittimo e della navigazione, in Il cod. di comm., commentato e coordinato da L. Bolaffio e C. Vivante, VIII, Torino 1923, p. 342 segg.; E. Masè-Dari, Arruolamento, in Dig. It.; A. Cavagnari, Il diritto marittimo e il contratto di lavoro, in Giur. it., 1901, p. 295 segg.

Gli arruolamenti illegali. - La legge punisce gli arruolamenti arbitrarî e illegali e, ancor più, quelli diretti a commettere delitti. Chi arruola arbitrariamente un certo numero di cittadini lede, infatti, il ius militiae dello stato, al quale solamente spetta di organizzare gruppi militari o eserciti e di impiegarli quando le circostanze lo consiglino. D'altra parte, l'arruolamento arbitrario può, eventualmente, ledere anche altri interessi.

La forma più lieve di arruolamento arbitrario è la contravvenzione preveduta dall'art. 452 cod. pen., consistente nel semplice fatto di "aprire arruolamenti senza licenza dell'autorità". Il solo fatto di arruolare, quali si siano le persone, cittadini o stranieri, e qualunque sia l'esito dell'aperto arruolamento, costituisce la contravvenzione. L'art. 6 della legge di pubblica sicurezza (regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848) punisce, poi, le "passeggiate in fora militare con armi", fatte senza licenza del prefetto. Una figura di reato più grave è quella preveduta dall'art. 119 cod. pen., che la comprende fra i "delitti contro i poteri dello stato". Essa consiste nel fatto di chi, senza autorizzazione del governo, arruola o arma nel territorio del regno cittadini, al fine di "militare al servizio di uno stato estero". Il delitto è aggravato, se l'arruolamento o l'armamento si riferisce anche a militari. L'art. 119 tutela, oltre che il ius militiae dello stato, anche l'interesse statale a che forze militari in atto o in potenza non siano distratte a beneficio dello straniero. Se poi l'arruolamento è fatto a vantaggio di una potenza estera in guerra con lo stato italiano, sorge l'incriminazione ancora più grave di cui all'art. 106 cod. pen., concernente chi "favorisce le operazioni militari di uno stato nemico" (tradimento). L'art. 119 precitato colpisce, dunque, l'arruolamento arbitrario a vantaggio di una potenza straniera non nemica, purché tal fatto avvenga "nel territorio del regno" e miri a costituire un organismo o reparto militare di cittadini italiani. L'incriminazione si riferisce a colui che arruola, e non già ai cittadini arruolati (com'era nel codice penale toscano). L'arruolamento dev'essere arbitrario, cioè non preventivamente autorizzato dal governo; sicché la mancanza di divieto di arruolare non metterebbe l'agente al riparo delle sanzioni penali. La pena è aggravata se fra le persone arruolate vi siano militari. Il progetto Rocco (capov. dell'art. 292) estende l'aggravante al caso in cui le persone arruolate, pur non essendo militari, siano soggette agli obblighi militari. Delitto contro la sicurezza dello stato è anche la costituzione di "bande armate" (art. 131 cod. pen., art. 162 del codice sardo: sono puniti con pene diverse chi forma la banda o ha in essa un comando superiore o una funzione speciale e chi ne fa semplicemente parte). La banda armata implica un'organizzazione militare e cioè un nucleo di più persone esercitate al maneggio delle armi e guidate da capi o superiori. È dubbio se, per le bande armate, sia applicabile l'ultimo capoverso dell'art. 155 cod. pen., che prevede i delitti commessi in riunione di più persone e considera armata la riunione quando almeno tre gregarî portino palesemente le armi. L'opinione negativa sembra preferibile, data la speciale incriminazione di cui all'art. 131. Non tutte le bande armate sono punite secondo l'articolo medesimo, ma solamente quelle che siano organizzate per commettere un attentato contro l'indipendenza e l'unità dello stato (art. 104), o contro il re, la regina, il principe ereditario o il reggente (art. 117), o contro i poteri e la costituzione dello stato (art. 118), oppure a scopo di insurrezione (art. 120). Si deve, quindi, trattare di bande dirette a commettere taluni gravi delitti di carattere politico contro la sicurezza dello stato. Le bande armate, aventi uno scopo diverso, sono represse in quanto capaci di produrre un grave allarme e pericolo sociale, ma con incriminazioni peculiari (articoli 253 e 254 cod. pen.) relative alla conservazione della pace pubblica e dell'ordine sociale (delitti contro l'ordine pubblico). L'art. 132 prevede una forma speciale di favoreggiamento alle bande armate, consistente nel fatto di dare rifugio o assistenza o fornire vettovaglie o cibarie ai gregarî di esse.

Le organizzazioni militari extra-legali, in quanto vengono a costituire attentato non già contro i poteri dello stato, bensì contro l'ordine pubblico, sono denominate dal cod. pen. "corpi armati" (anziché bande: art. 253). I corpi armati non trovano riscontro nei codici precedenti degli ex-stati italiani, mentre il codice francese (art. 96) prevede le bande armate formate allo scopo di invadere proprietà pubbliche o fortezze, o di resistere alla forza pubblica. La caratteristica dei corpi armati, punibili secondo l'art. 253 cod. pen., è di essere costituiti "per commettere un reato determinato", esclusi, però, quelli di cui agli articoli 104,1 117, 118 e 120 cod. pen., nei quali casi si avrebbe il delitto di "banda armata". Essi, quindi, devono essere diretti a commettere un reato precisamente determinato, e non una serie di reati di specie indeterminata, poiché in questo caso sarebbero applicabili le sanzioni dell'associazione a delinquere (art. 248 cod. pen.). Anche per i corpi armati è previsto lo speciale favoreggiamento che l'art. 132 prevede per le bande armate. Un'ipotesi più mite prospetta l'art. 254 cod. pen., e cioè quella del corpo armato creato senza autorizzazione, ma non diretto a commettere reato. In questo caso, la delittuosità è soltanto relativa e condizionale, e discende dalla mancanza di approvazione o licenza dell'autorità.

Bibl.: V. Manzini, Trattato di dir. pen. it., IV, Torino 1915, pp. 286, 355; V, p. 686; C. Civoli, Trattato di dir. pen., II, Milano 1913, pp. 107 e 201; E. Florian, Delitti contro la sicurezza dello stato, 2ª ed., Milano 1915, pp. 360 e 566; P. Nocito, Alto tradimento, in Digesto ital., II, ii, p. 766; E. Pessina, Elementi di dir. pen., III, Napoli 1883, p. 33; A. Zerboglio, Delitti contro l'ordine pubblico, 2ª ed., Milano 1913, p. 138; L. Ordine, Corpi armati, in Digesto it.; L. Maino, Commento al cod. pen., Torino 1911, I, sub art. 119 e 131, e II, sub art. 253 e 254.

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