FRUGONI, Arsenio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRUGONI, Arsenio

Gianni Sofri

Nato a Parigi, il 4 febbr. 1914, da Tito e Adelaide Moroni, bresciani emigrati a Parigi, rimase quasi subito orfano del padre, volontario in difesa della sua seconda patria e morto durante il primo anno di guerra.

Tornata la famiglia a Brescia, il F. vi trascorse l'infanzia e la giovinezza, in una situazione spesso turbata da ristrettezze economiche. Poté tuttavia frequentare con successo il ginnasio liceo "Arnaldo", finito il quale decise di partecipare al concorso per l'ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa. A convincerlo a questo passo, che gli avrebbe permesso di continuare nel modo migliore i suoi studi, furono soprattutto lo storico G.B. Picotti, professore a Pisa e presidente della commissione che gli aveva conferito la maturità, e il futuro cardinale e poi papa G.B. Montini.

Cattolico fervente, negli anni del liceo il F. era divenuto un frequentatore assiduo dell'oratorio della Pace dei padri filippini, del quale il p. G. Bevilacqua aveva fatto il nucleo più vivo del cattolicesimo bresciano: un centro di studio e di spiritualità, ma anche di opposizione al fascismo. Risalgono a questi anni i primi contatti del F. con la Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), del cui circolo pisano sarebbe poi stato un membro assai attivo (e proprio attraverso la FUCI avrebbe rincontrato il bresciano mons. Montini, allora assistente ecclesiastico degli universitari cattolici).

Vinto il concorso per la Scuola normale, il F. trascorse a Pisa, fra il 1933 e il '38, i quattro anni dell'università più uno di perfezionamento alla Normale.

Negli anni in cui il F. studiava a Pisa, l'ambiente universitario pisano (la Sapienza e la Scuola normale) attraversava una crisi di passaggio. Venuta meno l'egemonia positivista (rappresentata tuttavia ancora, fra altri, da Picotti), all'influenza di Gentile (allora direttore della Scuola) si affiancava, contrastandola, quella del crocianesimo. Si può dire che molti maestri influirono sulla formazione culturale e storiografica del giovane Frugoni. Apprese da Picotti e soprattutto da G. Pasquali le regole severe della filologia e il gusto dell'accertamento erudito; fu iniziato da P.O. Kristeller (allora lettore di tedesco) agli studi umanistici. Ma non si possono dimenticare neppure altre influenze; più che probabili quelle degli italianisti A. Momigliano e L. Russo; dello storico del Risorgimento C. Morandi; del filosofo G. Calogero e dello stesso Gentile.

Su quegli anni abbiamo più di una testimonianza da parte di persone che lo conobbero e lo frequentarono. A. Capitini ricorda il F. in un elenco di normalisti (con M.A. Manacorda, C. Salani, V. Branca, ecc.) che "erano già dissidenti dal fascismo". Il giudizio è confermato dal Diario pisano di uno studioso tedesco, K.-E. Gass, che strinse con lui una forte amicizia e ne annotò le "tendenze antifasciste", ma anche l'entusiasmo crociano ("benché fosse cattolico"): a suo dire, il F. vedeva allora in Croce una "suprema guida morale-spirituale". Più tardi, nell'estate del '43, un altro ex normalista, M. Spinella, lo incontrò casualmente in una strada di Brescia ("un giovane alto e biondo, dall'onesto viso infantile") e fu da lui condotto dai padri filippini della Pace, che gli trovarono poi un rifugio sulle montagne vicine.

La tesi di laurea in storia medievale, sostenuta con Picotti (dei cui interessi e della cui metodologia mostra l'impronta), ebbe per tema "Il pensiero politico del Papato dal periodo carolingio a Innocenzo III"; sarebbe stata poi pubblicata, con il titolo Papato, Impero e Regni occidentali (dal periodo carolingio a Innocenzo III), Firenze 1940. Ma subito le ricerche del F. si allargarono verso altri filoni; in particolare, verso lo studio di personaggi e momenti della storia bresciana (Alessandro Luzzago e la sua opera nella Controriforma bresciana, Brescia 1937) e dell'Umanesimo (curati dal F. uscirono gli Scritti inediti di Benedetto Colucci da Pistoia, Firenze 1939 e Carteggio umanistico di Alessandro Farnese, ibid. 1950). Anche in seguito, quando avrebbe scelto di privilegiare nelle sue ricerche la storia del Medioevo, il F. avrebbe sempre conservato vastità e varietà di interessi, rifiutando di lasciarsi imprigionare in uno specialismo eccessivo e nelle barriere della cronologia.

Terminata l'università, e l'anno di perfezionamento, il F., vinto un concorso per entrare nei ruoli dell'insegnamento medio, fu professore di italiano, latino e storia nel liceo scientifico di Pisa dal 1938 al 1941. Contemporaneamente, lavorò come assistente volontario presso la cattedra di storia medievale e moderna dell'università di Pisa. Nel 1939 sposò Pia Chiappa, amica fin dall'infanzia, che gli avrebbe dato due figli, Chiara e Giovanni.

Richiamato alle armi nel gennaio 1941, il F. fu posto in congedo illimitato nel settembre successivo. Accettò quindi di trasferirsi, come insegnante d'italiano, presso l'Istituto italiano di cultura di Vienna. Qui restò fino all'estate del '43; tornato in Italia, si stabilì a Solto Collina, nei pressi del lago d'Iseo, dove era la casa di famiglia della moglie.

Finiti gli anni della guerra, particolarmente turbinosi in quella zona, il F. riprese l'insegnamento, come professore di italiano e latino nel liceo scientifico "Calini" di Brescia. Fu anche ammesso nell'ateneo di Brescia, cui rimase sempre legato, collaborando attivamente alle sue iniziative. Le difficoltà di quegli anni, sia economiche sia di studio, lo spinsero ad accollarsi impegni di lavoro nel campo della scuola e della divulgazione.

Nel '46 pubblicò per la casa editrice La Scuola di Brescia trentuno conferenze sui Capolavori dell'arte italiana, destinate ad accompagnare, commentandole, delle proiezioni (è anche, questo, il primo emergere di un'attenzione per le arti figurative che non lo avrebbe più abbandonato). A esse seguirono edizioni scolastiche di classici latini e manuali di storia per le scuole di avviamento e medie. Negli stessi anni collaborò a riviste tra loro diverse come Humanitas e Belfagor e pubblicò un piccolo gioiello: i Consigli matrimoniali alle figlie sovrane di Maria Teresa d'Austria (Firenze 1947).

Il F. desiderava però riprendere i suoi studi in un ambiente più favorevole. Ci riuscì, nel '47, partecipando con successo a un concorso nazionale per un comando presso la Scuola storica per gli studi medievali di Roma, della quale fu allievo per sei anni, fino al 1954. Negli stessi anni, il F. fu anche assistente incaricato, e poi ordinario, di storia medievale all'università di Roma, quindi professore incaricato di antichità medievali ed esegesi delle fonti presso la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari della stessa università.

Gli anni della Scuola romana furono importanti, da molti punti di vista. Segnarono per il F., come studioso, il ritorno definitivo al Medioevo (benché mai trascurasse, anche in seguito, l'esplorazione di momenti, problemi, personaggi di altre epoche storiche). Gli offrirono un nuovo maestro in R. Morghen, capo riconosciuto della Scuola, dal F. amato e rispettato al di là delle differenze presto visibili nella concezione del lavoro storico. Gli dettero anche la possibilità di confrontarsi con nuovi colleghi e amici medievisti quali R. Manselli, e più tardi i più giovani come P. Lamma (al Lamma, scomparso prematuramente, il F. avrebbe dedicato un commosso ricordo: Paolo Lamma, in Annuario dell'università di Padova, 1961, pp. 633-647). Ma furono, ancora una volta, anni duri: esigenze pratiche unite però a una passione profonda per l'operosità nel lavoro, lo indussero a cercare impegni e collaborazioni anche al di fuori dello stretto ambito della ricerca accademica. Lavorò a lungo per l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, dapprima come redattore della sezione di storia medievale e moderna del Dizionario enciclopedico italiano (nel quale molte voci portano assai visibile la sua impronta); più tardi, dal 1956 al 1959 collaborando con F. Pintor nella direzione del Dizionario biografico degli Italiani.

Questo insieme inconsueto di esperienze fece del F., fra l'altro, un divulgatore di rara efficacia, come si può vedere da una breve Storia della città in Italia (Torino 1958), da una Storia della guerra (ibid. 1965), dalla direzione (ma anche, in molte parti, dalla scrittura in prima persona) dell'enciclopedia storica AZ Panorama. Gli stati e le civiltà (Bologna 1961). Ma, soprattutto, gli anni romani sono quelli dei suoi lavori più impegnativi di medievista. Del 1950 è un ampio saggio sopra Il giubileo di Bonifacio VIII (in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, LXII [1950], pp. 1-121). Lunga gestazione ebbe Celestiniana (Roma 1954), una raccolta di studi su singoli aspetti della vita di Celestino V, ma anche sulle sue fonti, sul suo ambiente. Il personaggio lo aveva assai affascinato anche per l'occasione che gli presentava di affrontare un tema a lui molto caro: quello della contrapposizione dell'"Ecclesia spiritualis" a quella "carnalis", cui il F. sarebbe tornato in seguito con altri studi (e soprattutto con una costante attenzione testimoniata dai suoi corsi universitari) sul primo secolo della storia francescana.

C'era, in questo, qualcosa di autobiografico. Il cattolicesimo fervente e militante degli anni giovanili aveva ceduto il passo, poco per volta, a una religiosità più inquieta, intima e personale, probabilmente influenzata anche da tematiche gianseniste e moderniste: filtrate, queste ultime, anche attraverso Buonaiuti e Morghen (al modernismo, il F. dedicò molti anni dopo, insieme a R. Manselli, una relazione per il XIII Congresso internazionale di scienze storiche, tenutosi a Mosca nel 1970: scomparso il F. da poco, la lesse Manselli). È certo che la sua viva sensibilità religiosa, pur solcata dal dubbio sulla "Chiesa visibile", non venne mai meno: ma di questo aspetto della sua biografia è difficile dire, per la grande discrezione di cui sempre il F. lo circondò.

A differenza di Celestiniana, assai breve e intensa (ma preceduta da lunghe ricerche) fu la stesura di quella che è considerata ancora oggi la sua opera migliore: Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII (Roma 1954; poi Torino 1989; poi ancora in trad. francese, Arnaud de Brescia dans les sources du XIIe siècle, Paris 1993, a cura di A. Boureau, con una nota di aggiornamento di O. Capitani).

Nel riprendere il "caso Arnaldo", oggetto da sempre di una vasta e varia letteratura, il F. intendeva in primo luogo raccogliere una sfida: quella della possibilità e dei limiti della ricostruzione storica di un personaggio (della sua biografia e della sua personalità), del quale non una sola riga ci è rimasta, e che è quindi noto soltanto attraverso testimonianze indirette. In secondo luogo, egli si proponeva di reagire a una storiografia fondata sul "metodo filologico-combinatorio", vale a dire sulla costruzione di una sorta di mosaico, fatto di tessere provenienti da fonti diverse e acriticamente giustapposte, con l'ausilio di un tessuto connettivo di volta in volta diverso a seconda delle opzioni personali dello storico. Il F. non aggrediva frontalmente il problema, ma preferiva aggirarlo, esaminando separatamente i diversi testimoni, da Bernardo di Chiaravalle a Giovanni di Salisbury, da Ottone di Frisinga a Gerhoh di Reichersberg, ponendo così il problema non solo e non tanto dell'attendibilità in senso stretto delle testimonianze, quanto del punto di vista dal quale esse muovevano. L'Arnaldo del F. suscitò tra i medievisti una discussione assai vivace, che da un lato ne apprezzava il vigoroso e originale contributo metodologico, dall'altro esprimeva dubbi e timori circa la possibilità di esiti di scetticismo. In realtà, come venne riconosciuto dai più, allora e dopo, dal libro del F. la figura di Arnaldo da Brescia emergeva alla fine con forza, venendo liberata da arbitrarie incrostazioni secolari, ricondotta all'interno di un più sicuro quadro di prove, collocata nel ricco contesto storico dei conflitti politico-religiosi del suo tempo. Ne è conferma la voce Arnaldo da Brescia scritta dal F. qualche anno dopo per il Dizionario biografico degli Italiani (IV, Roma 1962, pp. 247-250).

Tra i suoi lavori successivi sono l'edizione dell'Adversus Iudeos di Gioacchino da Fiore (Roma 1957) e quella della Vita di Cola di Rienzo dell'Anonimo romano (Firenze 1957); dello stesso anno, il saggio sui Temi della morte nell'affresco della chiesa dei disciplinati a Clusone (in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, LXIX [1957], pp. 175-212) e quello su Jacopone francescano (in Il Veltro, IX [1957], pp. 39-44, poi in Jacopone e il suo tempo. Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi 1959, pp. 75-102), primo di una serie di studi sulla spiritualità francescana.

Innumerevoli articoli, recensioni, relazioni a convegni, voci di enciclopedie, opere divulgative testimoniano di un'operosità incessante, negli ultimi anni concentrata con particolare intensità sul mondo dantesco e sulla Roma del tempo di Dante. Lasciò, quasi pronta per la stampa, un'edizione, con traduzione e commento, delle Epistolae di Dante, che vide poi la luce nel 1979; e una raccolta di scritti di Marc Bloch. Lo stesso F. aveva raccolto in volume alcuni suoi saggi sotto il titolo Incontri nel Rinascimento (Brescia 1954); dopo la sua morte, R. Manselli curò una nuova raccolta, intitolata Incontri nel Medioevo (Bologna 1979).

Nel 1954, vinto il concorso a professore ordinario, il F. aveva ottenuto la cattedra di storia presso la Scuola normale superiore di Pisa; continuò, comunque, a collaborare attivamente con l'Istituto storico italiano per il Medio Evo, del quale fu segretario generale, membro del Consiglio di presidenza, direttore del Comitato italiano del Repertorium fontium historiae Medii Aevi.

Nel 1962 fu chiamato all'università di Roma, dove insegnò storia medievale per otto anni, fino alla tragica e prematura scomparsa, avvenuta a Bolgheri il 31 marzo 1970, in un incidente stradale nel quale perse la vita anche suo figlio Giovanni.

Quella del F. nella storiografia italiana è stata una posizione autonoma e originale, ancorché aperta a molte esperienza italiane e straniere. In più casi (e in epoche diverse) il F. si autodefinì "crociano", ma l'intera sua opera si allontana dal crocianesimo per una polemica non solo implicita verso la pura storia delle idee e della politica; per l'attenzione ai contesti storico-sociali; per una evidente predilezione per le vicende di singole persone immerse nel proprio tempo. Grande ammiratore di Marc Bloch, attento alle proposte della scuola delle Annales (senza per questo aderirvi in maniera sostanziale), mostrò il proprio interesse per la storia delle mentalità e della vita materiale in molti suoi scritti (per esempio nella Storia di un giorno in una città medievale, in Humanitas, VIII [1953], pp. 685-693, poi in Incontri nel Rinascimento, pp. 207-218, infine in Storia di un giorno in una città medievale, a cura di C. Frugoni, Bari 1997; e in Incontro con Cluny, in Spiritualità cluniacense. II Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi 1960, pp. 11-29). Ma soprattutto, il F. va ricordato per il suo profondo interesse metodologico, quasi mai espresso in scritti teorici, sempre sperimentato in più campi di ricerca. Giustamente R. Manselli ha parlato di una "metodologia discussa per esempi", e di una vita di studioso tutta immersa in una "intensa, continua, tenace riflessione sulla storia". Un carattere distintivo della sua opera (sia di storico, sia di editore di testi, sia di insegnante) si può vedere nel suo amore per la "lettura in controluce" dei documenti, per il leggere finemente al di là della pura lettera del testo. Si è scritto di una sua "intensità singolare di ascolto" (C. Gennaro), e si è segnalato il senso profondo, nei suoi scritti (e spesso anche nei loro titoli), della parola "incontro": quasi il segno di una tensione conoscitiva al di là del tempo, che era tuttavia pronta ad ammettere, con profonda onestà, il proprio limite. Né vanno dimenticati, del F., la scrittura raffinata ed elegante, e tuttavia sobria, che preferiva il suggerire al rendere esplicito; e il gusto radicato del lavoro dello storico come artigianato alto e umile insieme.

Per l'elenco completo delle opere del F. si veda Bibliografia degli scritti di A. F., a cura di C. Gennaro, in Annali della Scuola norm. sup. di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, III (1973), pp. 487- 514.

Fonti e Bibl.: R. Morghen, Ricordo di A. F., in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, LXXXI (1969), pp. 317 ss.; Id., A. F. storico, in Nuova Rivista storica, LIV (1970), pp. 644-650; G. Miccoli, Delio Cantimori. La ricerca di una nuova critica storiografica, Torino 1970, passim; P. Zerbi, A. F., in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXV (1971), pp. 643-652; R. Morghen, Il senso della storia nel pensiero e nell'opera di A. F., in Annali della Scuola norm. sup. di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, III, (1973), pp. 421-429; R. Manselli, A. F., un saggista?, ibid., pp. 431-440; C. Violante, Ricordo di A. F. storico, ibid., pp. 441-461 (ripubblicato, con aggiunte e ampliamenti, in Devoti di Clio. Ricordi di amici storici, Roma 1985, pp. 27-53); O. Capitani, Medioevo passato prossimo. Appunti storiografici: tra due guerre e molte crisi, Bologna 1979, passim; R. Manselli, A. F. storico, Introd. a A. Frugoni, Incontri nel Medio Evo, Bologna 1979, pp. 11-21; E. Occhipinti, Gli Incontri nel Medioevo di A. F., in Società e storia, V (1982), 15, pp. 163-179; G. Miccoli, Gli Incontri nel Medioevo di A. F., in Studi medievali, s. 3, XXIV (1983), pp. 469-486; G. Sergi, A. F. e la storiografia del restauro, Introd. a A. Frugoni, Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII, Torino 1989, pp. VII-XX; C. Gennaro, Introd. a A. Frugoni, Celestiniana, Roma 1991, pp. VII-XVII; A. Fappani, A. F., in Enc. bresciana, IV, Brescia 1993, p. 329; Lettere a Raffaello Morghen. 1917-1983, a cura di G. Braga - A. Forni - P. Vian, Introd. di O. Capitani, Roma 1994, pp. 85 s., 96, 191 s.; vedi anche: A. Capitini, Antifascismo tra i giovani, Trapani 1966, p. 59; K.-E. Gass, Diario pisano 1937-1938, Pisa 1989, passim; M. Spinella, Memoria della Resistenza, Milano 1974, p. 22; A. Russi, in Il contributo dell'università di Pisa e della Scuola normale superiore alla lotta antifascista ed alla guerra di Liberazione. Atti del Convegno, a cura di F. Frassati, Pisa 1989, p. 201.

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