Art nouveau

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Alessandra Acconci
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Con il nome art nouveau si intende il complesso fenomeno stilistico, caratterizzato dalla linea sciolta e sinuosa, sviluppatosi con fisionomie particolari in Europa e negli Stati Uniti verso il 1880, per declinare nel primo decennio del Novecento. Il movimento, che coinvolge soprattutto l’architettura e le arti decorative, recupera l’eleganza delle forme della natura, dell’arte orientale e di quella gotica, in reazione allo scadimento di gusto provocato dalla diffusione della produzione industriale.

Premessa

Nei diversi Paesi in cui si sviluppa, l’art nouveau assume denominazioni e caratteri differenti: art nouveau (ma anche Modern Style, coem in Gran Bretagna) in Francia e in Belgio, Jugendstil in Germania, Sezession in Austria, Modernismo in Spagna, Liberty in Italia.

Le premesse dell’art nouveau risalgono alla metà dell’Ottocento, quando – in occasione dell’Esposizione internazionale tenutasi a Londra nel 1851 – il critico John Ruskin prende posizione contro il livello qualitativo della produzione industriale, auspicando un ritorno alla creazione artigianale. I suggerimenti di Ruskin sono raccolti e messi in pratica da William Morris, fondatore della società di artisti-artigiani Morris&Co. che si propone di migliorare la qualità dei prodotti destinati ai ceti medio-bassi. Su questo esempio nascono molte analoghe società che negli anni Ottanta si riuniscono nell’Arts and Crafts Movement (Movimento di arti e mestieri), per dare forma concreta alla diffusa aspirazione alla funzionalità e al rigore. Al movimento appartiene anche la Century Guild, fondata da Arthur Mackmurdo, autore tra l’altro del frontespizio di una pubblicazione dal titolo Chiese di Londra (1883), considerato l’“incunabolo” dell’art nouveau. Nel frattempo, in Francia, Léon de Laborde ed Eugène Viollet-le-Duc esprimono idee analoghe a quelle di Ruskin e Morris sul ritorno all’artigianato e sulla necessità di valorizzare le arti decorative, intese nel senso più ampio del termine.

Fondamentale contributo dei dibattiti di metà Ottocento alla genesi dell’art nouveau è la riscoperta del medioevo e la conseguente rivalutazione dello stile gotico, nel cui slancio verticale molti critici riconoscono l’origine della linea “fiammeggiante” o “a colpo di frusta”. Gli artisti art nouveau traggono spunti dalla vena decorativa insita negli stili storici dei loro Paesi d’origine (in Francia, ad esempio, oltre al gotico si riscopre il rococò) e soprattutto nell’arte orientale, di cui apprezzano le forme al tempo stesso semplici e seducenti.

Dilaga in questi anni il fenomeno del japanisme: la stessa denominazione art nouveau, infatti, nasce proprio dal nome della bottega-galleria parigina dell’antiquario Sigfried Bing, in cui le opere degli artisti moderni sono esposte e messe in vendita insieme a oggetti dell’artigianato giapponese.

La diffusione del nuovo stile è facilitata dalla circolazione di riviste, tra cui “The Studio” in Inghilterra, “Jugend” a Monaco (da cui il nome Jugendstil dato in Germania all’art nouveau), “Pan” a Berlino e “Ver sacrum” a Vienna. Queste pubblicazioni, che spesso ospitano contributi di poeti e letterati d’avanguardia, hanno una veste grafica inconfondibilmente art nouveau. È del resto nota l’affinità degli artisti art nouveau con la letteratura fin de siècle: basti pensare alle citazioni dai poeti simbolisti che Emile Gallé inserisce nelle sue creazioni in legno e in vetro o alla perfetta corrispondenza d’ispirazione tra il testo della Salomè di Oscar Wilde e le illustrazioni realizzate dal giovane genio della grafica inglese, Aubrey Beardsley.

L’art nouveau fa proprie le conclusioni del dibattito sulla rivalutazione delle arti minori che si era aperto alla metà del XIX secolo, giungendo a riscattare completamente le arti cosiddette applicate dalla posizione subalterna in cui si trovavano da più di due secoli.

L’aspirazione dell’artista art nouveau a integrare le diverse arti è soprattutto evidente nel caso degli edifici, progettati come un unicum di architettura e decorazione. L’accuratezza con cui questi artisti polivalenti realizzano le loro opere e la ricercatezza dei materiali impiegati trasformano ben presto l’art nouveau in arte di élite, destinata a classi agiate, nonostante l’intento sociale dei suoi precursori.

Il Belgio

Bruxelles è la prima città dell’Europa continentale in cui si diffonde il nuovo linguaggio proveniente dall’Inghilterra. Negli anni Ottanta la capitale belga acquista un ruolo di primo piano nella vita artistica europea, grazie soprattutto all’attività dei pittori simbolisti riuniti nella Société des Vingt (Gruppo dei Venti). Dal 1892 la Société inizia ad ammettere alle proprie mostre anche esemplari di arte decorativa, riconoscendone la pari dignità con altre forme di espressione artistica. È in questo clima che opera il più grande esponente dell’art nouveau belga, l’architetto Victor Horta.

Fortemente suggestionato dagli insegnamenti di Viollet-le-Duc (Entretiens sur l’architecture, 1872) e dalle opere di Gustave Eiffel (su tutte la torre di ferro costruita per l’Esposizione di Parigi nel 1889), Horta rivoluziona la tipologia della casa d’abitazione signorile, costruendo per Bruxelles una serie di edifici in cui l’elemento metallico portante è lasciato in vista sia all’interno che all’esterno. La prima di queste realizzazioni è la Maison Tassel (1892), in cui le linee asimmetriche “a schiocco di frusta” dell’ornato art nouveau si espandono nella terza dimensione. Ciò è particolarmente evidente nel vano scale dell’ingresso, in cui le volte in vetro decorato sostenute da colonnine in ferro creano un ambiente arioso e movimentato. Il passo successivo di Horta è la costruzione dell’Hôtel Solvay (1895), in cui l’impiego del ferro è predominante anche nella facciata, nei montanti e nelle balaustrate delle finestre. L’interno è studiato fin nei minimi particolari, secondo una concezione unitaria di architettura, arredamento e decorazione. Un rilievo particolare, inoltre, è dato alla luce che proviene dalle ampie finestre e dal lucernario in vetro che sovrasta la rampa delle scale, ma anche dai numerosi porta lampade plasmati in forme vegetali che nascondono le fonti d’illuminazione artificiale. La carriera di Horta culmina nella costruzione di un grande centro di aggregazione per la classe lavoratrice, la Maison du Peuple: un evento isolato nell’ambito dell’architettura Art nouveau, destinata essenzialmente alla classe alto-borghese. Il cuore dell’edificio – oggi non più esistente – era l’auditorium, la cui intelaiatura metallica portante era lasciata a vista e l’esterno presentava il contrasto tra la superficie vetrata e la struttura in metallo: era qui evidente il tentativo di Horta di semplificare, rendere più lineari e allo stesso tempo portare a dimensioni monumentali i risultati delle ricerche precedenti.

Altra importante figura dell’art nouveau belga è Henry van de Velde che si dedica soprattutto alla progettazione di mobili e alla grafica. Van de Velde guarda agli spunti artistici provenienti dall’Inghilterra e ne rielabora gli elementi servendosi di quella linea astratta e dinamica che è tipica anche dell’arte di Horta. L’impiego di questo tipo di linea trova la sua massima espressione nel manifesto Tropon, capolavoro della cartellonistica art nouveau. Come Horta, van de Velde parte da un motivo bidimensionale anche nella realizzazione di opere tridimensionali come gli arredi. La sua finalità principale è di ordine simbolico-ornamentale, come si può notare nella famosa scrivania del 1898, contornata da un’elegante fascia decorativa che la rende poco funzionale.

La Francia

Gli esempi di Horta hanno una notevole influenza sul più importante architetto dell’art nouveau francese, Hector Guimard, che tra Ottocento e Novecento realizza un genere di architettura in cui la componente decorativa è dominante.

In una delle sue prime opere, il Castel Béranger a Parigi(1894), Guimard sperimenta un tipo di interno simile a quelli di Horta, con largo impiego di ferro e vetro decorato. Il particolare più interessante del Castel è il cancello d’ingresso, dove il ferro battuto crea un gioco di linee curve libero e dinamico.

Ma Guimard è noto soprattutto per aver lasciato un’impronta art nouveau nel cuore stesso di Parigi, con la realizzazione dei chioschi e degli ingressi delle stazioni centrali del Métro (1900). Qui l’architetto si serve ancora una volta del ferro, per plasmare forme “organiche”, come le ramificazioni metalliche “a orchidea”, da cui emergono le lampade elettriche.

In Francia le arti decorative art nouveau hanno il loro centro a Nancy, dove nasce e lavora Émile Gallé (1846-1904), figlio di un artigiano del vetro e della ceramica. In patria Gallé studia filosofia e botanica, ma nel 1872 decide di recarsi a Londra, dove studia le raccolte d’arte applicata del Victoria and Albert Museum, rimanendo particolarmente colpito da quelle orientali.

Tornato a Nancy, Gallé si dedica alla creazione di mobili e vetri che cura personalmente fino alla fine del processo esecutivo.

I mobili di Gallé, concepiti come oggetti di lusso, in legno pregiato e dalle forme eleganti e stilizzate, sono decorati da motivi vegetali, retaggio della sua cultura botanica. Spesso le sue creazioni presentano incise citazioni poetiche, tratte da autori contemporanei quali Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé, a loro volta estimatori e collezionisti delle sue opere.

Nell’ultimo decennio del secolo, intorno a Gallé comincia a radunarsi una vera e propria scuola, cui appartengono artisti come Eugène Vallin, Louis Majorelle e Victor Prouvé che realizzano mobili caratterizzati dalla stessa esuberanza ornamentale presente nei mobili del maestro. A Parigi, invece, all’ombra della galleria di Bing, si sviluppa una corrente che realizza un design più funzionale e meno decorativo, i cui più importanti esponenti sono Eugène Gaillard, Georges de Feure ed Edward Colonna.

Nell’arte vetraria Gallé introduce molte innovazioni, quasi tutte ispirate alle tecniche orientali: dal vetro clair de lune d’oro e smalto. Gli oggetti in vetro usciti dal suo laboratorio, modellati a mano in fantasiose forme vegetali, sono considerati e collezionati come vere e proprie opere d’arte. Grazie a Gallé, Nancy diviene il centro dell’attività vetraria, dove operano del resto anche i fratelli August e Antonin Daum, a loro volta geniali sperimentatori di nuove tecniche.

Altro grande artista del vetro è René Lalique, che applica processi di lavorazione industriale alla produzione dei suoi ricercatissimi oggetti di lusso, in particolare bottiglie da profumo. Ma la fama di Lalique è legata soprattutto alla rivoluzione che introduce nel campo della gioielleria, enfatizzando il valore della creazione e della perfetta esecuzione del gioiello rispetto alla stessa preziosità delle pietre che lo compongono. I gioielli di Lalique, spesso formati da pietre semi-preziose, sono veri e propri capolavori di oreficeria e presentano un repertorio raffinatissimo di soggetti vegetali, animali, poetici e mitologici che gli valgono un successo immediato presso gli ambienti più eleganti e ripetuti trionfi alle esposizioni internazionali.

L’Inghilterra

L’art nouveau inglese ha il suo principale esponente in Charles Rennie Mackintosh, che vive e opera a Glasgow, caposcuola di un attivo gruppo di artisti e decoratori.

L’opera più significativa di Mackintosh è la costruzione della Glasgow School of Art (1897), dove la fantasia decorativa riesce a conciliarsi con la funzionalità. Si tratta di un edificio compatto, nella cui unità si risolve il gioco di sporgenze e rientranze. Nell’apparente semplicità della facciata principale, che presenta grandi finestre per illuminare gli studi degli artisti, si insinua come elemento perturbatore una lieve asimmetria che conferisce dinamicità al prospetto senza alterarne l’equilibrio. La maggior parte dei critici ha osservato una forte influenza orientale, in particolare giapponese, nell’opera di Mackintosh, riscontrabile ad esempio nella complessa carpenteria in legno della biblioteca della School of Art.

A livello esecutivo la maggior parte degli artisti inglesi che aderiscono all’art nouveau subisce l’influenza dell’Arts and Crafts Movement, sviluppando proprio nella patria del nuovo stile la sua variante più sobria e misurata. Quest’orientamento è particolarmente evidente nell’ambito dell’arredamento, in cui si distinguono ancora Mackintosh e gli artisti della Scuola di Glasgow. I mobili di Mackintosh progettati per gli interni sono stilizzati, ridotti a pure forme geometriche; le sedie hanno schienali altissimi, spezzati improvvisamente da elementi curvilinei o da listelli intrecciati ortogonalmente. Altra caratteristica dei mobili di Mackintosh è inoltre il rifiuto del colore e della venatura naturale del legno, sempre celati da strati uniformi di vernice nera e più raramente chiara.

La Spagna

Il più geniale architetto dell’art nouveau, Antoni Gaudí y Cornet, vive e lavora a Barcellona. La sua formazione è segnata dallo studio dell’architettura gotica della regione catalana e dalla conoscenza degli scritti di Viollet-le-Duc e di Ruskin che lo incoraggiano a progettare partendo dalla rielaborazione di forme gotiche.

Tali influenze risultano evidenti già nel primo lavoro che Gaudí esegue per il suo mecenate di Barcellona, Don Eusebio Güell, all’inizio degli anni Ottanta. Il Palau Güell presenta infatti una serie di ambienti tra loro concatenati che convergono nel salone centrale, coperto da una cupola poggiata su archi parabolici. Anche in quest’opera, come nelle case di Horta, le strutture portanti in ferro sono a vista, ma la profusione di materiali preziosi conferisce all’ambiente un’intonazione sfarzosa.

Dal 1900, per circa quindici anni, Gaudí lavora al Parco Güell, dove istituisce una corrispondenza tra forma naturale e forma architettonica – alberi/colonne, fiori/ornamenti – trasformando la natura stessa in elemento decorativo. Il particolare più stupefacente è la balaustra della terrazza che sovrasta il parco: costruita in modo da fungere anche da sedile, ha una forma ondulata ed è interamente ricoperta di piastrelle policrome, scintillanti al sole.

Al 1905-1907 risale il lavoro di ristrutturazione di un edificio preesistente, la Casa Battló (sempre a Barcellona), in cui Gaudí fa largo uso del colore e della linea curva, sia in facciata che nel tetto, ondulato e culminante in una fantasiosa torretta.

Contemporaneamente si dedica alla costruzione di Casa Milá, che viene subito ribattezzata La Pedrera, cava di pietra, per la forma rocciosa che l’architetto le conferisce.

Il più noto lavoro di Gaudí è senz’altro la chiesa della Sagrada Familia, di cui l’architetto realizza solo la facciata del transetto. Anche in quest’opera l’artista tende alla forma organica di una aggregazione di rocce, partendo dalla rielaborazione del prototipo della facciata gotica con torri laterali. La Sagrada Familia resterà incompiuta a causa della morte di Gaudí avvenuta nel 1926.

L’Austria

La secessione viennese nasce nel 1897, in reazione all’accademismo austriaco, ed è animata dalle personalità del pittore Gustav Klimt, dell’architetto Otto Wagner e dai giovani che escono dalla sua scuola, tra cui spiccano Josef Hoffmann e Josef Maria Olbrich. Gli esponenti della Secessione si accostano all’art nouveau secondo la sobrietà della variante inglese, rinunciando al decorativismo che si sviluppa in Belgio e in Francia.

Precursore dell’art nouveau a Vienna è Otto Wagner che dal 1898 rinnega la prassi del recupero degli stili storici, tipica della sua generazione, per aderire alla secessione propugnata dai suoi due allievi. Le maggiori opere di Wagner sono la facciata della Majolikahaus (1898), interamente rivestita di piastrelle in maiolica e il Postsparkassenamt (1906), l’ufficio postale della Cassa di Risparmio di Vienna, caratterizzato da una copertura in vetro sostenuta da esili pilastri.

Josef Maria Olbrich è suggestionato dalla raffinatezza e dalla semplicità dell’arte giapponese e soprattutto dalla sobrietà propugnata dal movimento dalla Morris&Co., di cui fonderà con Hoffmann il parallelo austriaco, le Wiener Werkstätte. Le principali opere di Olbrich sono il Padiglione per l’esposizione della Wiener Sezession (1897), compatto edificio culminante in una elegante cupola di foglie di metallo (forse ispirato a un bozzetto di Klimt) e la costruzione del quartiere degli artisti a Darmstadt.

L’opera architettonica che conclude lo stile secessionista viennese e prelude a soluzioni future è il Palais Stoclet, realizzato tra il 1905 e il 1911 da Josef Hoffmann a Bruxelles, dove solo dieci anni prima aveva trionfato l’art nouveau “fiorita” di Horta. L’unica concessione al decorativismo in Palais Stoclet è l’eccentrica torretta, ma l’insieme dell’edificio e il suo arredo sono improntati alla sobrietà e alla funzionalità.

L’Italia

L’Italia recepisce in ritardo le novità dell’art nouveau (più spesso citato come stile Liberty o Floreale), accogliendo le proposte europee secondo una variante che privilegia lo sfarzo e l’esuberanza decorativa. Il Liberty italiano viene pertanto considerato all’estero un fenomeno marginale, provinciale.

L’anno di massima adesione dell’Italia alle istanze art nouveau è il 1902, che vede l’organizzazione dell’Esposizione internazionale di arti decorative moderne a Torino. Il vincitore del concorso per la realizzazione delle strutture architettoniche della mostra è Raimondo D’Aronco, eclettico artista influenzato dall’austriaco Olbrich. La sua fantasiosa e magniloquente rielaborazione dell’architettura secessionista raccoglie unanimi consensi in patria, ma anche molte critiche da parte degli espositori stranieri.

Oltre a Torino, un importante centro di sviluppo del Liberty è Milano, dove l’architetto Giuseppe Sommaruga progetta il Palazzo Castiglioni, cercando di armonizzare il nuovo stile con la fisionomia architettonica di Milano. Altri poli della diffusione dello stile floreale sono Palermo, in cui l’architetto Ernesto Basile realizza nel 1898 l’Hôtel Villa Igea, ma anche Firenze, Bologna, Venezia e Treviso.

Per quanto concerne le arti decorative, la principale firma italiana è la milanese C. Bugatti&C. che produce straordinari mobili di ispirazione esotica (moresca, egizia), realizzati con l’inserzione di materiali sontuosi (legni intagliati, metalli, sete e velluti) di grande effetto.

Gli Stati Uniti 

Nell’ambito dell’art nouveau si collocano gli esordi di Louis Sullivan, la personalità più innovativa del gruppo di architetti operanti a Chicago.

Lo scopo di Sullivan è mantenere un perfetto equilibrio tra ornamento e semplificazione della struttura. Prima grande realizzazione di questo artista è il teatro dell’Auditorium Building a Chicago (1886), in cui gli elementi portanti in metallo assumono forme evocative del mondo vegetale.

A partire dagli anni Novanta la struttura architettonica degli edifici di Sullivan si semplifica e si alleggerisce, mentre la vitalità esplode nelle ornamentazioni, spesso in metallo. Emblematica in questo senso è la facciata dei Magazzini Carson, Pirie& Scott di Chicago (1899-1904): nei piani superiori il razionale allineamento delle finestre sembra preludere agli indirizzi architettonici di pieno XX secolo, mentre nei due piani inferiori il rigoglio della decorazione in ferro, formata da elementi astratti intrecciati con altri dichiaratamente naturalistici, risulta ancora pienamente art nouveau.

Il grande “artigiano” dell’art nouveau americano è Louis Comfort Tiffany, discendente di una famiglia di orafi, fondatore della Tiffany Glass&Decoration Company, incaricata di arredare e decorare le residenze più esclusive d’America, tra cui la Casa Bianca. La ricerca di Tiffany è rivolta alla decorazione della superficie del vetro mediante procedimenti chimici: il risultato più felice sono i raffinati favrile glasses che, a differenza dei vetri della Scuola di Nancy, rifiutano la forma organica privilegiando il modellato plastico con il decoro astratto e stilizzato.

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