CALIMALA, Arte di

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

CALIMALA, Arte di

Armando Sapori

Fu l'arte fiorentina del commercio internazionale dei panni di lana forestieri. I mercanti di Calimala, che acquistavano quei panni direttamente nei luoghi di produzione, soprattutto in Fiandra e in Inghilterra, o alle fiere della Champagne, li rivendevano poi nelle varie piazze del mondo occidentale e orientale, e su quelle stesse fiere, talvolta senza sottoporli a ulteriore lavorazione, ma più spesso dopo aver provveduto, in Firenze, a un conveniente "assetto", che consisteva nel tingere quelli bianchi, nel rinforzare la tinta di quelli colorati, nel renderli più soffici con uno speciale trattamento di pettini e di cardi, ecc. Maestri, in virtù di procedimenti gelosamente tenuti segreti, nell'arte della tintura e dell'ingentilimento delle stoffe, essi accrescevano così il valore di quelle mercanzie, ricercate dovunque dalla più ricca clientela.

Vi sono incertezze sull'origine del nome di Calimala, e non è nota la data dell'inizio dell'arte.

Quanto al nome, chi pensa che l'arte abbia preso la sua intitolazione dalla "ruga" o strada nella quale, secondo il sistema medievale, si allineavano i fondaci degli esercenti l'arte stessa, sostiene che la strada dovette essere chiamata antichissimamente "calle mala"; chi pensa, invece, ma questa supposizione sembra più ardita, che la strada si sia denominata dall'arte, fa capo all'etimologia greca καλὸς μαλλός - bella lana".

Quanto alle origini dell'arte, non è il caso di partire dal primo statuto superstite, del 1301, che sicuramente è stato preceduto da altri. L'origine trecentesca è esclusa logicamente dal fatto che le sorti dell'arte furono legate alla fortuna delle fiere della Champagne: le quali, dopo avere attinto il massimo splendore nella seconda metà del sec. XIII, con i primi del XIV accennarono a decadere; decadenza, un trentennio dopo, già sensibilissima. Del resto, alcune rubriche dello statuto del 1301, trascritte senza modificazioni da statuti precedenti andati dispersi, accennano a fatti politici della fine del Duecento, quali l'inizio della lotta tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII, la guerra tra la Fiandra e il re di Francia conclusa nel 1299, e un'altra fra i Grimaldi di Monaco e Genova, finita con un trattato del 1300.

Infine, si trovano date anteriori, p. es. quella del 1236 nella rubrica XIX del libro II. Ma è lecito risalire anche più addietro, dato che il testo di due rubriche del libro I, la XVI e la XIX, si legge integralmente in un documento del 16 maggio 1228, e che i consoli di Calimala appaiono in documenti del 1192 e del 1193.

Gloriosa per l'età, l'arte di Calimala fu anche importantissima tra le arti fiorentine, almeno fino ai primi del Trecento, quando fu sorpassata dall'arte della lana. Nelle sue matricole furono iscritti i nomi dei più grandi mercanti e delle più grandi compagnie (per es., Bardi e Peruzzi), che esercitarono contemporaneamente anche l'arte del cambio e quella della lana, e posero le basi del primo capitalismo italiano. Giovanni Villani racconta che nel triennio 1336-1338 i venti fondaci di Calimala importavano, annualmente, 10.000 pezze del valore di circa 360.000 fiorini d'oro; inoltre, ai dirigenti di Calimala era devoluta la nomina di due consoli di tutti i mercanti fiorentini in Francia, il che dava all'arte, praticamente, il controllo dell'intero commercio nelle fiere della Champagne; essa era preposta alla risoluzione delle controversie tra Fiorentini lungo tutte le vie di traffico; ancora, avocando a sé una funzione propria del comune, provvedeva all'invio, a sue spese, di ambasciatori all'estero per difendere qualsiasi mercante di Firenze che si lagnasse per torti o sopraffazioni. Infine, spettava ai consoli di Calimala di nominare i "Sei ufficiali sopra le drapperie" (quattro dei quali dovevano essere esportatori dall'estero) incaricati di "trattare e ordinare dei cammini e dei viaggi delle mercatanzie".

L'accennata decadenza delle fiere della Champagne trasse con sé quella di Calimala, che risentì inoltre dello sviluppo oltralpe dell'industria dei drappi sempre meglio attrezzata per la concorrenza. Nel 1348, così si legge in un'aggiunta agli statuti del 1339, "l'arte è tornata a piccolo numero di mercatanti". Diminuì anche il fervore legislativo dell'arte: alle modificazioni da principio frequenti delle norme statutarie, certo per adeguarle alle esigenze di un organismo in sviluppo, succedono le mere approbationes periodiche, a intervalli sempre più lunghi, fino alla riforma del 1592 approvata da Ferdinando I de' Medici.

Bibl.: Gli statuti dell'arte si conservano in sette codici presso l'archivio di stato di Firenze, e vanno dal principio del sec. XIV alla fine del sec. XVI. Sono stati pubblicati il primo e il quarto, rispettivamente del 1301, in latino, e del 1334 in volgare, per cura di G. Filippi (L'arte dei mercatanti di Calimala in Firenze e il suo più antico statuto, Torino 1889) e di P. Emiliani Giudici (Appendice alla parte 3ª della sua Storia politica dei municipi italiani, Firenze 1861). Per la datazione delle singole redazioni, v. A. Doren, Studien aus der florentiner Wirtschaftsgeschichte, II: Das florentiner Zunftwesen vom XIV. bis zum XVI. Jahrh., Berlino 1908; inoltre A. Sapori, Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento, Firenze 1932.

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