Fiamminga, arte

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

fiamminga, arte

Flaminia Giorgi Rossi

Il mondo visto attraverso una lente

Con arte fiamminga si intende il linguaggio pittorico sviluppatosi nelle Fiandre (gli odierni Paesi Bassi e Belgio) nel corso del 15° e 16° secolo. I fratelli Hubert e Jan van Eyck sono i fondatori della scuola fiamminga. Essi riprendono la tradizione artistica delle ricche miniature dei manoscritti, destinati ai principi. Perfezionano e diffondono la tecnica della pittura a olio, creando opere su tavole, destinate a decorare le dimore e le cappelle di nobili e di ricchi borghesi

Pittura della realtà

Le nuove forme della pittura fiamminga si diffondono in Europa, a partire dagli anni Trenta del Quattrocento, dalla loro terra di origine, le Fiandre. Questa grande stagione artistica, per la sua importanza e per le innovazioni che porta, viene spesso paragonata al Rinascimento italiano.

I rapporti commerciali che legano i centri delle Fiandre a quasi tutta l'Europa favoriscono la vasta diffusione del nuovo linguaggio artistico, il cui tratto peculiare è il desiderio di mostrare la natura con evidenza e precisione proprio come se fosse osservata attraverso una lente di cristallo.

Il carattere originale della pittura fiamminga sta dunque nella ricerca della resa minuziosa della realtà. Gli artisti fiamminghi vogliono dare con i loro dipinti l'illusione, l'inganno ottico della realtà e in tal senso creano una pittura illusionista. Per ottenere tale risultato, si impegnano in un attento studio delle sensazioni visive e dei fenomeni ottici. Su questa strada l'arte fiamminga raggiunge livelli altissimi soprattutto nei ritratti, di straordinaria acutezza, e nei paesaggi, dove i pittori sperimentano effetti di lontananza, usando le tonalità dell'azzurro soffuso per rendere una particolare atmosfera. In funzione di queste ricerche i pittori fiamminghi adottano e perfezionano la tecnica della pittura a olio, che consente effetti di luce molto raffinati, come i riflessi dei metalli o le delicate sfumature nei paesaggi o le ombreggiature dei tessuti.

Significati simbolici

Quando ci si trova di fronte a un quadro fiammingo, bisogna tenere ben presente che il suo aspetto lucente e il suo naturalismo sono un veicolo per trasmettere anche altri significati: si tratta di significati simbolici facilmente decifrabili dai contemporanei, ma che a noi oggi non sono più tutti così chiari. Ciascun oggetto, anche il più comune, può talvolta funzionare da metafora e rimandare a qualcos'altro.

Così, per esempio, un dipinto come il Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) di Jan van Eyck rappresenta il mercante lucchese Giovanni Arnolfini, che lavorava a Bruges, e sua moglie, nella loro camera da letto. Ma è anche la rappresentazione di un contratto di matrimonio laico, stipulato ‒ secondo le convinzioni dell'epoca ‒ fra i due coniugi con la sola unione delle mani, alla presenza di due testimoni. E tutti gli arredi della stanza alludono all'unione matrimoniale: il letto, il cane, simbolo di fedeltà coniugale, lo specchio che riflette l'immagine dei due testimoni, il pittore che si firma con linguaggio giuridico: Johannes de Eyck fuit hic ("Jan van Eyck fu qui").

Maestri fiamminghi

Altri importanti maestri fiamminghi sono: Petrus Christus, probabilmente allievo di Jan van Eyck che intraprende viaggi in Spagna e in Italia, diffondendo questa nuova pittura, Rogier van der Weyden, anche lui seguace di Eyck, ma con uno stile più monumentale e drammatico, Dierick Bouts, Hugo van der Goes, autore del famoso Trittico Portinari (dal nome del committente, rappresentante dei Medici a Bruges): quest'opera è importante perché introdusse a Firenze le novità fiamminghe. Infine, si deve ricordare l'originale pittore Hieronymus Bosch, inventore di un genere di pittura simbolica, religiosa e satirica, che ‒ sviluppata da Pieter Bruegel ‒ avrà molta fortuna nel Cinquecento.

Spazio italiano e spazio fiammingo

Nella prima metà del Quattrocento la Toscana e le Fiandre sono le due regioni dove la pittura si rinnova. Un rinnovamento che riguarda in particolare il realismo e la profondità dello spazio. Ma i risultati sono molto diversi. Nei quadri fiamminghi la profondità è suggerita da oggetti o architetture poste in prospettiva e ogni oggetto ha un proprio punto di vista particolare. Così la figura umana o gli oggetti non hanno una precisa collocazione nello spazio, ossia non rispettano i giusti rapporti nelle proporzioni. Questa concezione dello spazio può essere definita una visione analitica.

Gli artisti italiani invece con la prospettiva lineare definiscono un metodo razionale, matematico-geometrico, in cui la realtà da rappresentare prima è selezionata e poi è raffigurata secondo una precisa scala di proporzioni. Questa concezione spaziale può essere invece definita sintetica.

Le due visioni non sono in realtà così distanti e fra artisti italiani e fiamminghi vi sono stati scambi reciproci: i primi hanno appreso dai maestri nordici la tecnica dei colori a olio, il naturalismo e lo studio della luce (luminismo), a loro volta i fiamminghi hanno imparato dagli italiani a conferire alle loro opere un'impostazione più monumentale ed essenziale.

I centri fiamminghi

Dopo l'apertura della via marittima per l'Asia, le Fiandre diventano il primo centro mercantile in Europa. Le città di Gand, Bruges, Bruxelles e Anversa non hanno eguali in Europa per ricchezza, potenza e raffinatezza. Tutte queste città hanno le loro gilde dei pittori, ossia delle associazioni che raggruppano i lavoratori secondo i mestieri. La gilda stabilisce nel suo statuto le condizioni generali di lavoro, e dunque le condizioni che hanno reso possibile la creazione dei capolavori della pittura fiamminga. Molta importanza riveste all'interno della gilda l'educazione del pittore.

Questo deve fare un apprendistato di cinque anni presso un artista accreditato; inoltre deve essere in grado di procurarsi materiali e colori, deve sapersi fabbricare gli utensili, deve riconoscere la qualità delle tavole da dipingere e saperle preparare. Alla fine dell'apprendistato il pittore apprendista diventa garzone, riceve un salario, ma deve lavorare ancora sotto un maestro.

Quando infine il garzone diventa a sua volta maestro, resta ancora sottoposto a forti controlli da parte dei funzionari della gilda, che in qualsiasi momento possono entrare nel suo studio a controllare se i colori sono di buona qualità e se le tavole sono integre e fargli multe o addirittura distruggere l'opera ritenuta di cattiva qualità. Queste regole servono a mantenere molto elevata la preparazione tecnica dei pittori fiamminghi.

L'invenzione della pittura a olio

La tecnica della pittura a olio, che con le sue superfici lucide favorisce la riflessione dei raggi luminosi, consiste nello sciogliere il colore nell'olio e stenderlo poi in strati successivi di pittura molto diluita, detti velature, su una preparazione di gesso e colla animale. Le scoperte di Jan van Eyck e dei pittori fiamminghi sulle proprietà dei colori, che colpiscono tanto i contemporanei, generano la leggenda, ripresa nel 16° secolo da Giorgio Vasari, nel suo libro Vite dei più eccellenti architetti pittori et scultori italiani (1550), che Jan van Eyck sia l'inventore della pittura a olio.

Sempre secondo la versione di Vasari, il pittore Antonello da Messina avrebbe poi introdotto in Italia questa nuova tecnica, dopo aver intrapreso un viaggio nelle Fiandre allo scopo di carpire i 'segreti' di questa pittura. In realtà l'uso di diluire i colori nell'olio era già noto fin dai tempi dell'antichità. I maestri fiamminghi hanno il merito di averlo ripreso e perfezionato. Antonello da Messina, che ha effettivamente diffuso la pittura a olio in Italia, probabilmente non è andato a rubarne il segreto oltralpe, ma può averlo appreso a Napoli, dove durante il regno di Alfonso d'Aragona i pittori fiamminghi erano di casa.

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