GEOMETRICA, Arte

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi GEOMETRICA, Arte dell'anno: 1960 - 1994

GEOMETRICA, Arte (v.vol. III, p. 817)

F. Canciani

La transizione dalla cultura micenea a quella protogeometrica, avvenuta, secondo la cronologia corrente, verso la metà dell'XI sec. a.C., è uno dei momenti più oscuri e dibattuti della storia greca; la sua interpretazione è resa ancor più difficile dalla mancanza di una terminologia univoca e generalmente accettata.

Per segnare il periodo tra il Tardo Elladico III C ι dell'Argolide e l'inizio del Protogeometrico in Attica (Tardo Elladico III C 2, secondo la classificazione di A. Furumark) si impiegava correntemente il termine «Submiceneo». Nel 1964 V. R. d'A. Desborough propose di limitarne l'applicazione all'Attica occidentale (necropoli di Salamina e del Pompèion ad Atene), intendendolo in senso non più cronologico, ma descrittivo di una facies culturale geograficamente delimitata; egli estendeva inoltre il significato del termine, che in origine definiva una classe ceramica, in modo da comprendere anche altri aspetti estranei alla cultura micenea, quali le sepolture individuali in tombe a cista, i lunghi spilloni per abiti, le fibule ad arco semplice. Tale interpretazione fu ben presto contestata da C. G. Styrenius e J. Deshayes. Quest'ultimo in particolare, nell'edizione della necropoli argiva della Deiras, da lui scavata, restituiva al termine tutte le sue implicazioni cronologiche, riconoscendo all'Argolide una certa priorità sull'Attica. Successivamente Desborough ampliava l'area della facies submicenea, sino a includervi l'Eubea, la Beozia, la Corinzia, l'Argolide, l'Elide. La transizione dalla cultura micenea a quella protogeometrica vede anche un'interruzione nella continuità di numerosi insediamenti, cesura che in alcuni casi può essere però più apparente che reale, data la natura non omogenea della documentazione archeologica: il Submiceneo è documentato infatti da corredi funerari, il Tardo Elladico III C 1 da insediamenti. Rivestono perciò particolare rilevanza alcune recenti scoperte effettuate in varie regioni del mondo greco.

Un importante insediamento è stato identificato sull'isola di Eubea, presso la moderna Lefkandi, sulla collina di Xeropolis; il suo nome antico non è conosciuto: poco probabile che si tratti dell'antica Eretria (Strab., X, 403); seducente l'ipotesi di riconoscervi Lelanton, nome per altro non tràdito con certezza. Esso viene abbandonato alla fine del Tardo Elladico; dopo una breve cesura, la documentazione riprende con una serie di tombe (necropoli di Skoubris) classificate dagli editori come submicenee. Le necropoli sinora note giungono sino all'825 a.C., mentre l'insediamento viene rioccupato nel corso del X sec., per essere poi distrutto alla fine dell'VIII, probabilmente nel corso della guerra lelantina, che vide Calcide opposta a Eretria.

In Messenia, nel sito moderno di Nichoria (il nome antico forse identificato nei testi in Lineare Β di Pilo: ti-mi-to-a-ke-e), a un insediamento miceneo, dopo una breve cesura, ne segue un altro, forse ancora anteriore all'inizio del Protogeometrico, con una documentazione ininterrotta sino alla fine del Geometrico.

La ripresa degli scavi ad Asine, in Argolide, ha prodotto importanti risultati: almeno una casa è rimasta in uso continuamente dall'età micenea al Protogeometrico, fornendo un'ininterrotta sequenza ceramica; secondo gli scavatori il Protogeometrico ad Asine comincerebbe con un certo anticipo su Atene. Alcuni frammenti di ceramica laconica, rinvenuti ad Asine in contesti protogeometrici, forniscono finalmente un punto di riferimento per quella particolare classe ceramica, la cui cronologia era quanto mai incerta.

Caratteristica comune dei vari centri alla fine del Tardo Elladico è la quantità crescente di ceramica fatta a mano, che spesso imita forme della ceramica micenea.

Le ricerche in due santuari illustrano in modo esemplare la complessità dei problemi relativi alla transizione dal Miceneo al Protogeometrico. Nella località di Kalapodi, nell'antica Focide (ma oggi nella Locride), al confine con la Beozia, si è scavato un santuario, che va probabilmente identificato con quello di Artemide Elaphebòlos a Hyampolis. In esso è documentata un'ininterrotta frequentazione cultuale, che dall'Età del Bronzo giunge alla fine dell'età classica; di particolare importanza è la continua sequenza ceramica dal Tardo Elladico al Protogeometrico. La transizione si presenta simile a quanto si osserva ad Asine, e trova riscontri nel materiale di Lefkandi; purtroppo la discordanza terminologica delle relazioni di scavo rende problematica una corretta valutazione: infatti, mentre gli editori dello scavo di Kalapodi, come pure quelli di Lefkandi, conservano il termine «Submiceneo», quelli dello scavo di Asine preferiscono parlare di «Miceneo»; in effetti la proposta di abolire il termine «Submiceneo», equivoco per le sue molteplici valenze, e di adottare una terminologia univoca (J. B. Rutter), dovrebbe essere accolta con favore. Che esso risponda però a una precisa fase cronologica è esaurientemene dimostrato da P. A. Mountjoy e V. Hankey.

Da segnalare a Kalapodi è l'uso accertato del pennello multiplo a compasso per tracciare cerchi concentrici su un'anfora anteriore al Protogeometrico: tale innovazione tecnica era sinora correntemente attribuita al Protogeometrico di Atene.

L'altro santuario da segnalare è quello di Apollo Maleàtas, presso Epidauro. Vi è documentata una frequentazione cultuale in età micenea e, dopo una cesura, una rinnovata frequentazione a partire dal Geometrico: lo scavatore propende per la continuità, ma un ritorno sembra più probabile, in sintonia con quanto si osserva anche in altri luoghi di culto.

Dopo una serie di contatti alquanto intensi con il Vicino Oriente - e particolarmente con Cipro - all'inizio del Protogeometrico, le relazioni sembrano subire una crisi, che compromette anche i rifornimenti di stagno, materia prima indispensabile per la produzione di una buona lega di bronzo. A. Snodgrass ha suggerito di spiegare in questo senso la diffusione del ferro, metallo facilmente reperibile, ma che presenta caratteristiche inferiori a quelle di un bronzo di buona qualità, se non viene unito al carbonio e sottoposto al processo di tempratura. Tale ipotesi, benché contestata in nome di una metodologia aprioristicamente orientata in senso strutturalistico, ha ricevuto recentemente conferma da una sistematica analisi della composizione di bronzi greci di età geometrica e arcaica, e di bronzi orientali: mentre infatti nei bronzi orientali lo stagno figura regolarmente come una delle componenti essenziali della lega, nei bronzi greci di età geometrica esso viene sostituito dal piombo, per ricomparire poi in proporzioni appropriate con l'età orientalizzante e l'intensificarsi dei traffici oltremare.

Da menzionare ancora è uno straordinario rinvenimento effettuato a Lefkandi, in località Toumba. Si tratta di un edificio di età protogeometrica a pianta absidata, lungo almeno 45 m e largo 10, costruito in mattoni crudi su uno zoccolo in pietra, e circondato da una sorta di peristasi lignea, di cui sono conservate le basi; all'interno, pali di legno rinforzavano la struttura delle pareti e, probabilmente, reggevano il peso del tetto. L'edificio, che ha avuto breve vita, è stato ben presto intenzionalmente demolito e ricoperto con un tumulo. Al suo interno si sono rinvenute due fosse: l'una conteneva gli scheletri di quattro cavalli con i relativi finimenti, l'altra le ceneri di un uomo, avvolte in un drappo e riposte in un'anfora, probabilmente di fattura cipriota, decorata con scene di caccia sull'orlo e sulle anse, accompagnate da una spada e da una punta di lancia di ferro; accanto era lo scheletro di una donna, con spilloni di bronzo e ferro dorati, un pettorale e due dischi in foglia d'oro decorati a treccia. Il rito della deposizione maschile ricorda la descrizione omerica dei funerali di Patroclo, e trova riscontro, due secoli più tardi, nella tomba 79 della necropoli di Salamina di Cipro. I gioielli della donna ricordano invece i problematici dischi d'oro da una tomba protogeometrica di Skyros, solitamente considerati un'eredità dell'Età del Bronzo, e analoghi dischi d'oro nella Collezione Goulandris (L. Marangou, Collection Dolly Goulandris, I, Bijoux en or, in BCH, XCIX, 1975, p. 365 ss., figg. 1-4).

Gli onori attribuiti al defunto di Lefkandi sono di tipo eroico, e costituiscono un precedente per manifestazioni quali il monumento a pianta triangolare che, verso il 700 a.C., verrà costruito sopra alcune tombe presso la porta occidentale di Eretria, e il culto documentato nella seconda metà dell'VIII sec. a.C. in thòloi e tombe a camera micenee.

La griglia per la cronologia e la periodizzazione dell'arte g. è data essenzialmente dalla ceramica dipinta. Nel 1968 J. N. Coldstream ha presentato quasi una summa della ceramica di dieci stili regionali, proponendo uno schema cronologico tripartito, che appare fondato ed è stato generalmente accettato.

In Attica il Geometrico Antico si divide in due fasi, corrispondenti al primo e al secondo quarto del IX sec.; il Geometrico Medio comprende pure esso due fasi, datate rispettivamente alla seconda metà del IX e al primo quarantennio dell'VIII secolo. Assai più articolato in fasi e sottofasi è il Geometrico Tardo: I a, 760-750 a.C.; I b, 750-735 a.C.; II a, 735-720 a.C.; II b, 720-700 a.C. Gli altri stili seguono generalmente, con maggiore o minore ritardo, quello attico, con l'eccezione di quello argivo, che tiene invece il passo. Secondo questo schema il Protocorinzio Antico corrisponde al Tardo Geometrico II b e al primo decennio del VII sec. a.C.

Il Protogeometrico aveva visto una relativa uniformità culturale, con le eccezioni di Itaca e della Laconia; tale uniformità, secondo il Desborough, era dovuta principalmente all'influenza culturale di Atene (ma tale tesi è stata contestata, da ultimo da B. Wells, che attribuisce un ruolo preminente all'Argolide). Di certo la scoperta a Kalapodi di ceramica decorata con il pennello multiplo a compasso anteriore al Protogeometrico rende necessario un nuovo esame del problema, esame che non è stato ancora avviato.

La maggior parte degli stili regionali si attardano poi in una produzione di tipo sub-protogeometrico. Si forma una sorta di koinè comprendente l'Eubea, parte della Beozia, Skyros, la Tessaglia, alcune delle Cicladi; ne sono caratteristiche l’oinochòe a collo tagliato (cut-away-neck) e lo skỳphos a semicerchi pendenti, destinato quest'ultimo a larga diffusione nell'Egeo e nel Mediterraneo occidentale (due esemplari a Veio) sino almeno alla metà dell'VIII sec. a.C., segno sicuro di interessi euboici.

Ad Atene l'Antico Geometrico è invece un periodo di sviluppo rapido e impetuoso, che vede anche la ripresa dei contatti con il Vicino Oriente, la ricomparsa di oro e materiali pregiati quali l'avorio, la reintroduzione di tecniche raffinate quali la filigrana e la granulazione per la produzione di oreficerie: un significativo esempio è offerto dal corredo di una tomba femminile scoperta nell'agorà, che comprendeva, oltre alle ceramiche consuete, un modello di granaio, quasi simbolo della ricchezza del personaggio, una collana di faïence, perle vitree, spilloni di bronzo e ferro, sei anelli e una coppia di orecchini d'oro, due sigilli e un pendaglio d'avorio. Anche l'Eubea intrattiene in questo periodo contatti con il Vicino Oriente, documentati, tra l'altro, dalla problematica statuetta fittile di centauro, rinvenuta spezzata e divisa tra due tombe della necropoli di Toumba a Lefkandi, che per tecnica e iconografia presenta chiare connessioni con la produzione cipriota.

Nel corso del Medio Geometrico si ricostituisce, su base attica, una certa uniformità che prelude però al particolarismo della seconda metà dell'VIII sec. a.C. Nella produzione del Tardo Geometrico, soprattutto ad Atene (pionieristica l'opera di J. M. Davison), ma anche in altri centri, si sono potute riconoscere varie botteghe. Ad Atene, per la complessità del repertorio figurativo, che ora esplode con potenza, sono notevoli la bottega del Dipylon con i suoi grandi vasi funerari, attiva nel Tardo Geometrico I a-b, e la bottega dell'anfora Atene 894, attiva nel Tardo Geometrico II b, che introduce ormai il Protoattico.

Merito di recenti ricerche è di aver messo a fuoco il Sub-protogeometrico dell'Eubea, puntualizzandone le connessioni con la Beozia, la Tessaglia e le Cicladi.

Le città dell'Eubea e delle Cicladi sono commercialmente attive nel Vicino Oriente già nella seconda metà del IX sec. a.C.; al fondaco, già noto, di al-Mīna alla foce dell'Oronte altri se ne sono aggiunti: Tell Sūkās e Ras el-Basit, quest'ultimo probabilmente l'antica Posideion.

Euboico-cicladici sono anche i primi artigiani che si stabiliscono in Occidente, nella colonia più antica, Pithecusa (l'odierna isola d'Ischia), a Cuma e anche nell'Etruria meridionale. Uno dei ceramografi non attici più notevoli del Tardo Geometrico, il Pittore di Cesnola, è di controversa localizzazione: Nasso, oppure una delle città dell'Eubea. Benché le sue implicazioni cicladiche siano evidenti, è probabile che egli abbia almeno concluso la sua carriera in Eubea, come mostrano prodotti suoi e della sua bottega rinvenuti in quell'isola e a Pithecusa. Figurativamente molto ricco, al repertorio attico egli aggiunge il motivo, squisitamente orientale, dei quadrupedi rampanti affrontati ai lati dell'albero della vita. Probabilmente tramite Pithecusa e Cuma giungono in Etruria meridionale ceramografi e vasai euboici che aprono botteghe dapprima a Veio e poi a Vulci. La loro produzione adatta talvolta a forme indigene il consueto repertorio decorativo greco: è il caso di un biconico rinvenuto a Vulci, che si presenta come un canonico cratere greco tardo-geometrico, cui sia stato sovrapposto il collo di un'anfora. Le opere della seconda generazione delle botteghe greche d'Etruria sviluppano un repertorio che si può ormai definire provinciale, con motivi insistentemente ripetuti, quali le file di denti di lupo rivolti verso il basso sul collo, sulla spalla e sul corpo di oinochòai e di altre forme vascolari.

Un campo di ricerca in cui si sono conseguiti notevoli risultati è quello dei bronzi. I tripodi costituiscono una categoria particolarmente numerosa e significativa. Da un oggetto di origine micenea (p.es. il tripode «Staïs» di Micene) discende una classe che si sgancia dalla sua destinazione utilitaria, divenendo dono votivo gradito agli dei e acquisendo gradualmente monumentalità. Grazie a un'accurata analisi della distribuzione dei tipi - e anche delle figurine che ne ornavano le anse - si sono localizzate alcune botteghe: i tripodi con gambe massicce - e poi con sezione a Π - sono probabilmente di fattura argiva, quelli con gambe a gradini verticali sono di fattura corinzia, quelli in lamina martellata di fattura attica. La documentazione attualmente nota non sembra risalire oltre la metà del X sec. a.C. Creta ha le sue botteghe, che producono anche sostegni per lebeti: oltre a quelli a quattro lati con decorazione a giorno, retaggio dell'Età del Bronzo, anche tripodi canonici, contraddistinti dai manici traforati da aperture triangolari.

Un particolare problema pongono i sostegni a treppiede, il cui tipo risale all'Età del Bronzo e al Vicino Oriente. Agli esemplari già noti dalla Grecia, rinvenuti a Creta e ad Atene in contesti che vanno dal X all'VIII sec. a.C., si sono recentemente aggiunti due esemplari da Thera, in contesti databili alla fine dell'VIII sec. a.C. Contro l'ipotesi di considerarli preziose eredità dell'Età del Bronzo (Catling) parla il rinvenimento a Lefkandi in contesto protogeometrico di forme di fusione per treppiedi di questa classe. Come nel caso dei tripodi, pure qui si riscontra una tradizione ininterrotta dall'Età del Bronzo.

Botteghe sono state identificate anche per le figurine di bronzo, siano esse di destinazione votiva o decorazione plastica di tripodi e di altri recipienti. Particolarmente significative sono le figurine di cavalli: nell'VIII sec. a.C. quelle di fabbrica spartana si distinguono per i corpi costruiti giustapponendo volumi cilindrici; quelli di Corinto per la piattezza degli arti che sono ritagliati da un foglio di cera, il tronco filiforme, il manierismo esasperato. Alcune figurine umane (notevole un Minotauro da Olimpia) destinate a reggere i manici ad anello dei tripodi, databili alla fine dell'VIII sec., sono invece di fattura attica e documentano la presenza di ex voto ateniesi a Olimpia; per il contorno fluido e le proporzioni allungate esse richiamano ormai le figure del Protoattico. La localizzazione delle botteghe consente di ripercorrere la storia dei santuari, anche se i legami con eventi storici restano altamente ipotetici: a Olimpia è costantemente presente un marcato interesse argivo, con una forte presenza spartana e corinzia nel secondo quarto dell'VIII sec. (quella corinzia sino alla fine del secolo); un notevole incremento della produzione potrebbe corrispondere al 776 a.C., data tradizionale di fondazione dei giochi. Molte botteghe devono essersi trasferite almeno temporaneamente nei santuari, o avervi aperto delle filiali, come testimoniano gli scarti di fusione rinvenuti a Olimpia.

La classificazione precisa di bronzi - figurine e tripodi-e terrecotte votive, oltre che delle ceramiche, ha consentito di riprendere il problema della continuità del culto nei grandi santuari: Olimpia, Delfi, Delo. A Olimpia si sono rinvenute tracce di insediamento: case di età mesoelladica e tombe a camera micenee. Le prime offerte votive - figurine di terracotta - risalgono all'inizio del X sec. a.C.; nel corso dello stesso secolo vi si aggiungono figurine e tripodi di bronzo. Gli indizi di una frequentazione cultuale a Delfi e Delo risalgono alla fine del IX sec.; i due santuari di Apollo si sovrappongono a insediamenti micenei, sicché una continuità di culto appare esclusa. A Eleusi, alla luce di nuove osservazioni, l'esistenza di un edificio di culto di età micenea appare problematica.

Nel campo dell'architettura si possono segnalare novità significative. Si è già accennato al supposto - e probabile - heròon di Lefkandi, a pianta absidata e con una qualche sorta di peristasi. Edifici a pianta ovale o absidata sono documentati in numero crescente a Nichoria, Asine, Eretria, Lefkandi.

Numerose sono anche le attestazioni di travi, che dovevano rafforzare le pareti in mattoni crudi costruite su uno zoccolo di pietra, e sopportare il peso del tetto. Se la ricostruzione che ne è stata tentata è esatta, un edificio di Eretria riveste un'importanza del tutto particolare: una costruzione a pianta absidata, con zoccolo di pietra e pareti di frasche, sorrette da un'intelaiatura lignea; potrebbe trattarsi di un Daphnephorèion, della riproduzione del primo tempio di Apollo a Delfi, costruito con frasche d'alloro (Paus., X, 5, 8); a esso si aggiungerà un hekatòmpedon, egualmente a pianta absidata.

Dal punto di vista dell'urbanistica, di particolare importanza sono gli insediamenti di Zagora, sull'isola di Andros, di Koukounaries e dell'isolotto Oikonomos sull'isola di Paros, abbandonati alla fine dell'VIII sec. a.C. e non più rioccupati.

L'abitato dell'isolotto Oikonomos rivela già un assetto urbanistico con assi riconoscibili, mentre Zagora presenta degli agglomerati di ambienti rettangolari e, al centro, un semplice tempio a mègaron, che verrà ricostruito nel VI sec. a.C., dopo l'abbandono della città. I tre centri erano protetti da solide mura.

Da segnalare è anche il ripensamento critico di dati ormai ritenuti acquisiti: così il mègaron di Thermos, considerato un importante capostipite dell'architettura templare arcaica, dopo un'attenta riconsiderazione della situazione stratigrafica, viene attribuito all'età micenea e dissociato dalle basi, più tarde, della supposta peristasi a ferro di cavallo; la destinazione di queste ultime è controversa: recinzione del témenos, oppure sostegni per un edificio in mattoni crudi e intelaiatura lignea, una tecnica che si è rivelata alquanto diffusa.

Anche il primo Heràion di Samo ha perduto la sua peristasi, e la sua distinzione cronologica dal secondo edificio, di cui si è invece rivelato essere le fondamenta. Se il fregio con guerrieri apparteneva alle pareti della cella, il più antico tempio di Hera nell'isola risale agli inizi del VII sec. a.C.

Un posto a sé spetta in questo periodo all'isola di Creta. Essa infatti non ha mai interrotto i contatti con il Vicino Oriente, particolarmente con Cipro, documentati recentemente da una coppa di bronzo con iscrizione fenicia, rinvenuta nella tomba J di Khaniale Tekke assieme a ceramica attica del Tardo Protogeometrico, e la sua adesione ai principi del Geometrico è alquanto blanda.

La continuità con l'Età del Bronzo, oltre che dalla piccola plastica, è testimoniata anche dai recenti scavi nel Santuario di Hermes e Afrodite a Kato Syme Viannou, sulle pendici meridionali del Monte Dikte, frequentato ininterrottamente dal XVI sec. a.C. al IV d.C. Da segnalare anche la ripresa delle indagini nella grotta di Zeus sul Monte Ida, e quelle nel santuario di Arkades. In quest'ultima località è venuto alla luce un bronzetto stilisticamente affine alla triade di Dreros, che forse appartiene ancora all'VIII secolo.

I contatti con l'Oriente spiegano anche la diffusione, seppur saltuaria, di raffigurazioni secondo schemi iconografici destinati a una certa diffusione: tale è il caso del cratere del Tardo Protogeometrico dalla tomba E di Khaniale Tekke, presso Cnosso, con un cacciatore aggredito da due leoni, motivo che sarà ripreso a Creta in uno scudo di bronzo dall'Antro Ideo, e in Attica da vasi e lamine d'oro tardo-geometrici, ma che deve esser stato ispirato da una fonte orientale.

Anche Rodi è interessata da precoci contatti con il Vicino Oriente, che porteranno all'introduzione nel repertorio vascolare di una forma specificamente destinata a contenere oli ed essenze profumati: l’arỳballos globulare ad alto collo e colletto plastico, decorato però secondo le convenzioni locali. In seguito, sull'isola si insedierà una bottega di commercianti fenici, che produrranno in loco i contenitori per i preziosi aromi.

Le arti figurative dell'età geometrica presentano numerose scene a carattere narrativo; purtroppo non è possibile stabilire con certezza se si tratti di raffigurazioni generiche, oppure di specifici episodi del mito: del resto gli onori tributati ai defunti presso la porta occidentale di Eretria, e al signore della tomba 79 della necropoli di Salamina di Cipro rispecchiano un ideale eroico che si esplica più compiutamente nei poemi omerici. Un primo passo verso la rappresentazione di episodi del mito sarà l'introduzione dapprima di figure facilmente identificabili, quali i gemelli siamesi Aktorione-Molione (e forse questo spiega la frequenza delle loro apparizioni in questo periodo), e poi, con la diffusione della scrittura, delle iscrizioni, che consentono di riconoscere i vari personaggi.

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Per i problemi relativi ai treppiedi fondamentale è l'approccio di B. Schweitzer, op. cit., p. 174 ss.

Per i problemi concernenti i santuari e la continuità dei culti: P. Darcque, Les vestiges mycéniens découverts sous le Télestérion d'Eleusis, in BCH, CV, 1981, p. 593 ss.; C. Rolley, Les grands sanctuaires panhelléniques, in R. Hägg (ed.), The Greek Renaissance of the Eight Century B.C.: Tradition and Innovation. Proceedings of the Second International Symposium at the Swedish Institute in Athens, 1981 (Acta Instituti Atheniensis Regni Sueciae, s. in 4°, XXX), Stoccolma 1983; Β. C. Dietrich, Die Kontinuität der Religion im «dunklen Zeitalter» Griechenlands, in H.-G. Buchholz (ed.), Agäische Bronzezeit, Darmstadt 1987, p. 478 ss.

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