GOTICA, ARTE

Enciclopedia Italiana (1933)

GOTICA, ARTE

Marcel AUBERT
Pietro TOESCA

. Sorta in Francia verso la metà del secolo XII, l'arte gotica si propagò e si svolse per tutta Europa, eccettuate le regioni bizantine, da allora fino alla metà del sec. XVI, interrotta in Italia al principio del sec. XV dall'arte del Rinascimento che poi le pose termine dappertutto.

Primi a chiamarla gotica furono gli artisti del Rinascimento, per dispregio del Medioevo, o per falsa derivazione dai Goti: ma alcuni in Italia allora la dissero tedesca. Gli altri termini proposti dagli archeologi sono manchevoli; così "archiacuta", poiché l'arco a sesto acuto era già adoperato nell'epoca romanica; così "ogivale", perché, sebbene gli archi di rinforzo, gettati in diagonale alle vòlte per facilitarne la costruzione e irrobustirne i punti deboli siano un elemento caratteristico dell'architettura gotica, quel termine non ha più significato quando si tratti di una scultura o d'un oggetto d'arte. La parola "gotico" è d'altronde oggi universalmente accettata e compresa.

Entro quella vastissima estensione di tempo e di spazio, l'arte gotica ebbe molte varietà regionali e differenti successive fasi stilistiche; nondimeno, al di sopra di tutte le diversità, la sua unità è riconoscibile a certi caratteri comuni che furono veramente internazionali: essi sono soprattutto evidenti nell'architettura.

Caratteri generali dell'architettura gotica. - L'architettura sacra primeggia anche nel periodo gotico sulle altre forme d'arte, e in essa la natura e le vicende dell'arte gotica sono più chiaramente segnate. Nelle sue forme più compiute e pure, l'architettura gotica sacra si distingue per i seguenti caratteri principali: vòlte costruite su costoloni (ogive); uso sistematico dell'arco a sesto acuto invece di quello a tutto sesto; archi rampanti all'esterno per sostenere le vòlte della navata maggiore; particolari forme nella decorazione e nelle modanature; slancio delle strutture con predominio delle linee verticali.

È accertato che molti di quei caratteri, o piuttosto procedimenti tecnici, annoverano lontani precedenti nell'architettura romana, orientale, musulmana, ma ciò nulla toglie, come giustamente osserva P. Toesca, all'originalità dell'arte gotica che consiste nell'averli coordinati in un sistema, prima sviluppato per logiche necessità costruttive, poi risolutamente diretto a quei fini estetici per cui le costruzioni gotiche si differenziano da tutte le altre, nello slancio e nella leggerezza delle forme, nell'impetuoso misticismo, nel senso dell'indefinito.

Quei caratteri possono poi non trovarsi riuniti tutti senza che perciò le costruzioni cessino di essere gotiche; inoltre, essi non sono apparsi tutti contemporaneamente: vi fu un periodo di prove, di tentativi, più o meno lungo tanto nel paese d'origine quanto in quelli ove l'arte gotica fu importata.

Elemento fondamentale dell'architettura gotica è la vòlta ogivale o a costoloni. Essa si compone di un'armatura permanente, in muratura, costituita da nervature o costoloni diagonali - ogive -, e da archi perimetrali, che possono essere incastrati nei muri che fiancheggiano la vòlta. Sui costoloni posano le sezioni triangolari della copertura, costruite in getto o per lo più di conci, così da scaricare tutto il proprio peso sui costoloni stessi. Questi raccolgono tutto il peso della vòlta sui loro punti d'appoggio; nei quali, pertanto, si concentrano le spinte: e basterà perciò concentrare nei punti stessi le resistenze, munendoli di convenienti organi di controspinta per ovviare al loro rovesciamento. Alla resistenza inerte che aveva tanta parte nella massiccia architettura romanica veniva così sostituito l'equilibrio dinamico esercitato da membri ben determinati che l'arte gotica doveva mettere sempre più in evidenza per i suoi scopi estetici.

I Romani non avevano avuto vere vòlte ogivali. A. Choisy ha dimostrato come le loro vòlte a crociera fossero costruite con l'aiuto di un'ossatura di archi in laterizio che le irrobustiva, ma rimaneva sommersa nelle muratura: G. T. Rivoira ha pure segnalato vòlte adrianee le cui crociere, come nella Villa dei Sette Bassi, sono sottolineate da grossi archi incrociati; ma questi archi fanno corpo con la muratura della vòlta, non ne sono un sostegno indipendente come i costoloni gotici.

Anche l'Oriente usò sporadicamente sotto le vòlte archi aventi un'importanza più decorativa che costruttiva (generalmente si tratta di nervature stellari a sette o otto braccia disposte sotto le cupole) e lo stesso partito fu talvolta ripreso dagli architetti cristiani, ad esempio nella chiesa patriarcale armena di S. Giacomo a Gerusalemme, dagli Arabi nel miḥrãb delle moschee o sulla campata che lo precede. Vòlte a costoloni comparvero sul finire del sec. XI in diverse regionì quasi simultaneamente, con estrinsecazioni tecniche abbastanza differenti, ma sempre come un metodo destinato a semplificare la costruzione delle vòlte a crociera.

Nell'Italia settentrionale e specialmente in Lombardia esistono vòlte ogivali che si possono datare dall'ultimo terzo del sec. XI: i grossi costoloni ne sono costruiti di mattoni o di piccoli conci, e non hanno chiave di vòlta; i segmenti della vòlta, di grande spessore, molto rigonfî, esercitano spinte sui fianchi quasi quanto sui costoloni, imponendo la costruzione di muri massicci nei quali raramente si è osato aprire finestre. I costoloni agevolavano la costruzione delle vòlte, ma gli architetti lombardi non seppero trarne tutte le logiche conseguenze: e le loro costruzioni rimasero romaniche. L'influenza delle vòlte lombarde a costoloni quadrati si ritrova nel sud-est e nel sud della Francia (portico di San Vittorio a Marsiglia; cripta di Saint-Gilles; campanili di Sisteron e di Moissac, ecc.).

Vòlte ogivali coeve alle lombarde si trovano in Inghilterra, a Durham, a Winchester, a Peterborough: molto concave, e impostate su archi a tutto sesto, e su costoloni ad arco abbassato, richiedevano per non crollare muri e archi tondi di grande spessore, impedendo agli architetti normanni di trarre molte delle conseguenze che altrove derivarono dai costoloni.

L'architettura gotica in Francia. - In Francia e più particolarmente nell'Île-de-France, fin dal secondo quarto del sec. XII, gli architetti costruirono i costoloni a tutto sesto, in modo da esercitare una spinta minore di quelli ad arco ribassato proprî all'architettura anglo-normanna, con i conci disposti razionalmente intorno a una chiave di vòlta come non si riscontra in Lombardia. Grazie poi all'uso dell'arco acuto, essi potevano tener più alte le chiavi degli archi trasversi e di quelli incastrati, così da portare in un piano orizzontale le linee d'intersezione dei compartimenti della vòlta. La vòlta ogivale era ormai perfetta: tutte le spinte erano così concentrate sui peducci. L'uso razionale dell'arco acuto e dei contrafforti, e ben presto quelle dell'arco rampante, consentirono agli architetti dell'Île-de-France di trarre dalla vòlta a costoloni tutto il nuovo sistema gotico: le cui origini, pertanto, sono appunto nell'Île-de-France.

Anche l'architettura romanica aveva conosciuto l'arco a sesto acuto: e, senza dubbio, i costruttori dell'Île-de-France lo adottarono sotto l'influenza borgognona. Il tracciato degli archi trasversali andò divenendo sempre più acuto durante il sec. XII fino a poter dare il sesto acuto anche ai costoloni diminuendo così sempre più le spinte laterali. Introdotto per ragioni costruttive, l'arco acuto fu così usato a poco a poco in tutto l'edificio: nelle aperture dei matronei e dei campanili, nei portali, nelle finestre, nelle riquadrature dei rosoni, negli archetti decorativi, ecc.

ll problema dell'equilibrio delle vòlte ogivali fu risolto molto abilmente dagli architetti dell'Île-de-France con l'uso dei contrafforti prima dell'arco rampante poi. Il peso e la spinta della vòlta essendo riportati sui peducci, bastavano leggieri pilastri o colonne per sostenerne il peso, i contrafforti d'adeguata altezza per contrastarne la spinta laterale.

Quando la chiesa aveva navate laterali, i contrafforti delle vòlte della navata maggiore potevano gravare sulle vòlte delle navatelle. A evitare ciò, in un primo tempo, sulle navatelle si costruirono matronei le cui molte circondavano la navata maggiore, e con la loro controspinta ne sostenevano i pilastri. Inoltre si pensò d'innalzare sugli archi trasversali delle navi minori o delle tribune, muri che servissero al tempo stesso di sostegno alla loro copertura e di spalla alle vòlte della navata maggiore. Son questi i muri a contrafforte. In essi vennero praticate delle porte che permettevano di circolare nel sottotetto; poi, man mano, queste aperture acquistarono sempre maggiore importanza, fino a trasformarsi in una vera e propria gettata al di sopra dell'intiera navatella: il muro a contrafforte diventò così un arco rampante. Infine, per raggiungere all'esterno i punti più deboli da rinforzare, cioè il punto d'appoggio dei costoloni e degli: archi trasversi della navata centrale, gli archi rampanti furono liberati dalla copertura del tetto e lanciati molto più in alto. Sulla fine del sec. XII appaiono i veri archi rampanti, grandi braccia di pietra destinate a ricevere le spinte delle vòlte e a riportarle, scavalcando le navatelle, sui contrafforti di queste. I più antichi, che pare siano stati progettati fin dalla fondazione, sono quelli della navata di Notre-Dame di Parigi, cominciata verso il 1180, e della cattedrale di Chartres (v.) ricostruita dopo l'incendio del 9 giugno 1194. Era il pieno trionfo dell'arte gotica.

In Francia, luogo d'origine, si osservano tutti gli stadî della primitiva architettura gotica, che presto vi ebbe varietà regionali.

Durante la prima metà del sec. XII, nell'Île-de-France, nella regione di Soissons, nel Valois, in Piccardia, in tutto quel dominio reale ove si sviluppavano l'agricoltura e i commerci, paese fertile, ricco anche di bella pietra facile a lavorare, gli architetti e i costruttori tendevano a innalzare leggiere e razionali armature ogivali, circondate da archi acuti, in edifici costruiti nel modo più appropriato per il nuovo tipo di vòlta (che in qualche caso ha tre costoloni incrociati e risulta perciò esipartita) sorretta da esili pilastri alternati con altri più forti. Le sagome dei costoloni e delle basi, prima quadrate o tonde, presto s'alleggerirono, si frastagliarono, s'incavarono per determinare quei giuochi di chiaroscuro che andarono accentuandosi sino alla fine del Medioevo. Intanto un nuovo spirito rinnovava ogni parte: vennero abbandonate la decorazione geometrica, le formule anguste; si schiuse negli ornati la flora naturale, la cui linfa potente si piegò prima allo schema dei costruttori, per sbocciare presto in un realismo sempre più accentuato e pittoresco.

È questo il periodo di formazione durante il quale si sviluppano i caratteri del sistema gotico, che appaiono infine nettamente determinati nella metà del sec. XII.

Il primo monumento che corona gli sforzi dei costruttori delle valli della Senna, Marna, Aisne e Oise, dove trionfa il nuovo stile, è la chiesa dell'abbazia di Saint-Denis, alla quale furono sempre uniti da particolari legami i re di Francia, che la arricchirono di continuo, e dove riposavano le loro spoglie. Suger, saggio, attivo, consigliere di due re, divenuto abate di Saint-Denis nel 1122, subito intraprese a ricostruire la chiesa. I lavori cominciarono verso il 1132 e nel 1140 si consacrò il portale occidentale e il nartece: il coro era terminato quattro anni dopo.

Nella seconda metà del sec. XII si elevarono le cattedrali di Noyon, Senlis, Laon, Notie-Dame-en-Vaux presso Châlons, Saint-Remi a Reims. Notre-Dame di Parigi è l'ultima delle grandi chiese dell'arte gotiea primitiva, in cui i matronei rinforzano la costruzione ma diminuiscono la luce.

L'arco rampante appare usato all'esterno della navata di Notre-Dame tli Parigi, come nel coro. Dello scorcio del sec. XII, l'uso ormai abituale dell'arco rampante permette agli artefici ogni audacia.

Le vòlte a sei spicchi si elevano sempre più: a m. 22 a Noyon, a m. 24,5 Laon, a m. 32,50 a Parigi. Le facciate, tra due torri, hanno tre portali riccamente ornati di sculture, e, al disopra, d'un rosone il cui diametro va aumentando da Saint-Denis a .ìenlis, a Laon, a Parigi; un'alta galleria si spicca a Laon sopra il rosone ed acquista grandissima importanza a Parigi: leggiera, slanciata, unisce le due torri e forma quasi una corona al sommo della facciata.

Le vòlte della navata maggiore sono sostenute dalle tribune e dai muri a contrafforte che le sormontano: nella navata di Notre-Dame di Parigi da archi rampanti fino al tetto e impostati su alti speroni.

La soppressione dei matronei dopo l'introduzione dell'arco rampante, non avvenne senza esitazioni: così, troviamo in alcune grandi chiese della fine del sec. XII e del principio del XIII una sorta di compromesso fra l'antica disposizione e quella che diverrà poi la regola. Nella navata della cattedrale di Rouen, di quella d'Eu, nel coro della cattedrale di Meaux, si vede, sopra le grandi arcate, una specie di matroneo, ma questo effettivamente non esiste, e le vòlte delle navatelle toccano le armature del tetto. La cattedrale di Bourges (v.), iniziata verso la fine del sec. XII e terminata negli ultimi anni del XIII, s'ispira in parecchie sue parti a Notre-Dame di Parigi.

Accanto alle chiese con matronei, già verso la metà del sec. XII era sorta ai confini della Borgogna con l'Île-de-France una grande cattedrale, antica quasi quanto Saint-Denis, senza matroneo, coperta di vòlte su nervature ogivali a rialzo curvilineo, sotto le quali sono state trafilate strette finestre: la cattedrale di Sens (v.). Il coro di Saint-Germain-des-Prés, a Parigi, consacrato il 21 aprile 1163. e quello di Vézelay, della fine del sec. XII, presentano gli stessi caratteri che saranno pure nella prima grande chiesa gotica liberata dall'ingombro delle tribune, ormai sostituite dagli archi rampanti, la cattedrale di Chartres (1194-1260), nella contemporanea cattedrale di Soissons e in quelle di Reims, Amiens e Beauvais (cominciate rispettivamente nel 1212, nel 1220 e nel 1227), grandi cattedrali che segnano l'apogeo della costruzione gotica.

La planimetria è magnifica: il coro a deambulatorio, con cappelle a raggera, è separato dalla navata da un vasto transetto anch'esso a più navate; torri fiancheggiano la facciata principale e quelle del transetto; le vòlte ogivali, sempre più alte, posano su slanciati pilastri composti da un fascio di quattro colonne e sono sostenute da arditi archi rampanti lanciati a grande altezza e impostati su esili contrafforti.

Al disopra delle grandi arcate una loggetta, o triforium, forma un'archeggiatura continua come a Reims, o ricorda le aperture dei matronei, come ad Amiens. I finestroni, che occupano tutta la parete tra le vòlte e la galleria, sono guarniti di trafori di pietra per le vetrate.

Una nuova fase dell'arte gotica è segnata ad Amiens e a Beauvais. Aperture praticate nel muro delle gallerie trasformano queste in una fascia tutta traforata rendendo luminosissimo il coro. Si prolungano i montanti delle finestre alte fino alla base di quella fascia; si tende ad aprire in finestre tutte le pareti fra le vòlte e le arcate sottostanti. La costruzione sempre più leggiera è condotta con perizia sempre più grande. Le nervature, più sottili, si distaccano dalle vòlte con maggior nettezza; i tori assottigliati si sviluppano da gole più profonde, schiacciandosi in punta in una forma piatta caratteristica dell'arte del sec. XIV. I capitelli, che nel Duecento erano a foglie uncinate, nel Trecento non sembrano essere più che la continuazione del fusto, decorati da squisiti cespi di fiori e di foglie, limitati da un astragalo profondamente sagomato a gocciolatoio e da un abaco sempre più appiattito. I tori della base, che nel sec. XIII traboccavano sullo zoccolo, rinserrano una piccola scozia di più in più stretta; poi alla fine del Trecento la scozia scompare, i tori si saldano e si combinano con lo zoccolo poligonale. Alla fine del Duecento e nel Trecento, per corrispondere alla maggior larghezza delle finestre, le arcate divengono più ampie e gli archi meno acuti. All'esterno, nello stesso periodo, la facciata arricchisce la sua ornamentazione. Immensi frontespizî traforati a giorno, complicati di fogliami e di fioroni, sormontano i portali; le vetrate spesso vi sostituiscono il timpano. Il rosone occupa tutto il centro della facciata, traforato sottilmente a raggiera. Gli archi rampanti, continuamente alleggeriti, sono essi pure traforati come a ricamo. Nei portali, nelle cuspidi, sui pinnacoli di coronamento dei contrafforti, lungo gli stipiti delle finestre, nelle cornici delle coperture delle cappelle e della navata centrale, le foglie uncinate del sec. XIII sono sostituite nel sec. XIV da una lussureggiante vegetazione sempre più frastagliata, intricata; i fioroni sbocciano.

Questa seconda fase dell'arte gotica, più sapiente e ricca, ma meno potente e meno nobile, appare nell'Île-de-France a partire dalla metà del see. XIII per l'influenza di due grandi maestri parigini: Jean de Chelles, l'autore del transetto di Notre-Dame, e Pierre de Montreuil, suo allievo senza dubbio, presto suo emulo, architetto di Saint-Germain-des-Prés e di Saint-Denis, che compì il braccio sud del transetto di Notre-Dame, morì il 17 marzo 1267 e fu seppellito nella cappella della Vergine da lui costruita a Saint-Germain-des-Prés. Fra le più importanti opere che mostrano l'influenza di questi due grandi maestri, citeremo la Sainte-Chapelle di Parigi, reliquiario di vetro, innalzata dal 1245 al 1248 per ricevere le grandi reliquie della Passione conquistate dal re San Luigi, il Saint-Urbain di Troyes (1262-66), il transetto e la nave della collegiata di San Quintino, il coro di Saint-Ouen a Rouen, la navata della cattedrale d'Auxerre, il transetto di quella di Tours, la facciata di quella di Strasburgo, parte delle cattedrali di Metz, Séez, Tréguier, Quimper, e Saint-Pol-de-Léon.

Nel Mezzogiorno alcune grandi basiliche risentirono la diretta influenza delle cattedrali del Nord: tali sono le cattedrali di Clermont-Ferrand, di Narbona e di Limoges, cominciate nel 1248, 1272 e 1273 e finite durante il sec. XIV, il coro di quelle di Narbona, Rodez, Saint-Nazaire a Carcassonne, Bayonne, Bordeaux e Tolosa. L'arte gotica si espande in questo modo dal nord al sud della Francia senza far sparire del tutto le scuole regionali, tanto fortemente caratterizzate nell'epoca romanica e che si riducono a sei durante il periodo gotico: Île-de-France, Normandia, Champagne, Borgogna, Mezzogiorno, Angiò. In ognuna di queste regioni, sotto l'influenza delle antiche tradizioni, lo schema delle grandi cattedrali del dominio reale si modifica e assume carattere proprio.

L'ultimo periodo dell'arte gotica, che va dal principio del sec. XV fino alla metà del XVI, prende in Francia il nome di "flamboyant" ("gotico fiorito", in Italia) dall'aspetto di fiamme che hanno i trafori delle finestre. Le sue origini sono state molto discusse e parecchi archeologi inglesi, seguendo Camille Enlart, vi hanno voluto vedere un'importazione dell'arte inglese, la quale, sul finire del sec. XIII, mostra certi caratteri che riprenderanno gli architetti francesi del sec. XV, ma che si possono scorgere ugualmente, più o meno isolati, nell'arte francese dei due secoli precedenti. Non si possono negare le somiglianze dello stile "ornato" inglese con il fiorito francese; i rapporti fra gli artisti dei due paesi, l'importazione di alabastri, di tappezzerie, di oggetti di oreficeria inglesi potevano introdurre in Francia, durante il sec. XIV, il gusto di forme usate nel regno vicino, ma non si può parlare d'importazione nella Francia del sec. XV d'uno stile allora non più accetto in Inghilterra e sostituito dallo stile "perpendicolare"; del resto l'"ornato" differisce dal "flamboyant", la tecnica e lo schema generale del quale derivano dall'evolversi del gotico francese dei secoli XIII e XIV.

I costoloni delle vòlte sono rinforzati da nervature secondarie che formano reticolato, togliendo alla struttura l'antica semplicità e forza costruttiva. In Bretagna, nella Champagne, nel Mezzogiorno sono numerose le chiese a tetto. Gli archi spesso sono così rialzati che fu necessario guarnirli di chiavi pensili, anche assai grandi. Il profilo delle nervature è ondulato o a sgusci. Costoloni e archi s'impostano nei pilastri fondendovisi senza capitelli né abachi. I pilastri stessi sono profondamente scarniti, profilati a curve e a controcurve, ondulati. Sulle arcate della navata maggiore talvolta vi è una galleria, ma più spesso le finestre salgono sino agli occhi incastrati sotto le vòlte; e sono larghissime, polifore, con trafori complicati di curve e di controcurve, d'archi inflessi, di dentelli.

La decorazione è sfarzosa, la vegetazione esuberante, le modanature scavate e riscavate. Gli archi ellittici o inflessi dei portali sono protetti da altissimi frontespizî frastagliati; i rosoni sono ornati di trafori fiammeggianti; guglie, pinnacoli, fioroni, balaustrate, doccioni, nicchie con statuette coperte da edicole, sculture d'ogni specie rivestono l'edificio quasi d'un merletto di pietra. Gli archi rampanti, molto inclinati nel sec. XIV, e usati solo come puntello, si abbassano, si profilano in controcurve, e le loro estremità si schiacciano con larghe basi sui muri d'ambito che devono sostenere e sui contrafforti che ne ricevono il peso. Le torri diventano di proporzioni considerevoli e terminano in alte guglie ottagone interamente traforate. Tanto viva era quest'arte sbocciata nei primi anni del sec. XIV, che, malgrado gli sforzi dei partigiani del Rinascimento, il cui successo già si affermava nelle costruzioni civili, essa sussistette fino alla metà del sec. XVI nell'architettura sacra e l'ossatura delle chiese di Francia resterà gotica, anche quando le forme decorative assumeranno l'apparenza del Rinascimento.

Nei secoli XIII e XIV, gli architetti gotici dimostrarono di saper costruire un ponte, un palazzo comunale o un castello non meno di una chiesa; nel sec. XV raggiunsero una grande perfezione nell'architettura civile. Purtroppo molti palazzi reali o dimore principesche sono spariti; ma l'ingegnosità delle loro piante, la razionale disposizione dei loro ambienti e la bellezza delle sale festosamente decorate, munite di alti camini, illuminate da grandi finestre, possiamo immaginarle dagli avanzi del palazzo di Jean de Berry a Poitiers, di quello di Filippo il Bello a Parigi e dal palazzo dei papi ad Avignone, dal castello di Coucy, dalla casa di Jacques Coeur a Bourges e dalle più modeste case di pietra a Cordes (Aveyron), a Sarlat (Dordogna), a Figeac (Lot), a Noyon (Oise), a Provins (Senna e Marna) e di legno sparse in tutta la Francia, dalla Linguadoca alla Normandia, dalla Bretagna alla Borgogna e all'Alsazia.

Nell'epoca romanica l'architettura militare aveva progredito; nel sec. XIII raggiunse l'apogeo: e i suoi principî persisteranno fin nel sec. XV. Alla fine del XIII Château-Gaillard, ora in rovina, presso Andelys, sorse in quattordici mesi, edificato da Riccardo Cuor di Leone sulle rive della Senna. Il castello del Louvre a Parigi aveva una cinta quadrata, rafforzata a metà dei lati e negli angoli da torri, con un mastio circolare, secondo lo schema abituale nei secoli XIII e XIV nei castelli di pianura e nei manieri fortificati. Coucy, costruito da Enguerrand III dal 1225 al 1230, a pianta trapezoidale, è difeso da quattro torri agli angoli e da un mastio circolare nel lato più esposto, dominante l'ingresso. Il castello dei papi ad Avignone è composto di due fortezze elevate nel sec. XIV da Benedetto XII e Clemente VI. Sono ancora imponenti Vincennes, trecentesca, e Pierrefonds, dei primi del Quattrocento.

Ma a poco a poco la vita aulica, più gentile e più lussuosa, si liberò di quelle tristi dimore, e il castello, nonostante le sue apparenti difese, divenne una dimora signorile, dalle vaste finestrate, dalle larghe visuali, con alti tetti, grandi sale ornate: tali il castello dei Dunois a Châteaudun o quello del Moulin presso Romorantin; le graziose abitazioni del Blésois e della Turenna alle quali il Rinascimento non apportò altro che nuove decorazioni.

Diffusione dell'architettura gotica. - Così ingegnosa ed elegante era l'arte gotica, tale la sua forza d'espansione, che alla fine del sec. XII e durante il XIII essa si propagò in tutta l'Europa cristiana. Gli ordini monastici, specie il cisterciense, diffusero quanto in essa c'era di più semplice e austero fino agli estremi limiti dell'Ungheria, della Boemia, della Svezia, dell'Inghilterra, dell'Italia e della Spagna. D'altra parte i principi, i signori, il clero invitano gli artisti capaci di riprodurre i capolavori ch'essi hanno ammirato in Francia; artefici stranieri vengono ad apprendere nei cantieri delle cattedrali francesi i principî dello stile gotico e, divenuti maestri, a lor volta li insegneranno ad altri. Così, in uno con la cultura, nel tempo di San Luigi e di Filippo il Bello, si diffonderà in tutto il mondo occidentale l'arte francese. Sulla quale reagirono le tendenze e le forze locali delle diverse regioni così da portare spesso a una differenziazione sensibile di effetti e di particolari pur nella sostanziale identità di stile.

Inghilterra. - L'Inghilterra fu uno dei paesi dove l'arte gotica assunse più rapidamente caratteri originali. Sin dallo scorcio del sec. XI alcune chiese erano state coperte con vòlte ogivali, ad es. il coro della cattedrale di Durham (v.), cominciato nel 1093 e finito nel 1104, le navatelle della cattedrale di Peterborough, alcune campate delle cattedrali di Winchester e di Gloucester, le cripte di Warwick e di Gloucester. Ma le costruzioni restavano massicce, con mura pesanti e grosse, per poter resistere alle forti spinte delle vòlte, e le decorazioni stilizzate e geometriche.

Nella seconda metà del sec. XII, sotto l'influenza delle grandi cattedrali dell'Île-de-France, penetra la nuova arte e si rinnovano la tecnica costruttiva e la decorazione. Fra le prime chiese gotiche d'Inghilterra bisogna citare quella cisterciense di Roche e la cattedrale di Canterbury, iniziata nel 1175 da maestro Guillaume de Sens. La cattedrale di Chichester, in parte rifatta dopo l'incendio del 1186, e il coro di quella di Lincoln mostrano mescolanza di forme anglo-normanne tradizionali e gotiche francesi; le quali ultime trionferanno nel coro della chiesa di Westminster, in pieno sec. XIII.

Tuttavia, fin dalla prima metà del sec. XIII, la scuola gotica inglese si andò lentamente liberando dagl'influssi stranieri: e monumenti quali la cattedrale di Salisbury, cominciata nel 1220, il coro e il transetto della collegiata di Beverley, i cori di Worcester e d'Ely svelano già nel ritmo delle proporzioni, nella delicatezza delle membrature, nell'ornato dei capitelli, un'originalità che si accentuerà ancora più nella seconda metà del secolo, epoca in cui fiorisce lo stile adorno, durato fin verso il 1360. Le nervature delle vòlte si moltiplicano aprendosi a ventaglio da alti peducci pensili, gli archi sono inflessi, i capitelli hanno abaco circolare e si vestono di foglie minuziosamente frastagliate; nelle finestre, soprattutto nei finestroni che sostituiscono le pareti di fondo delle absidi piatte, il disegno si complica in curve e controcurve; i quadrilobi si stirano in rigonfiamenti e listelli, come quelli che si ritroveranno nello stile gotico del sec. XV in Francia.

Verso il 1360 si produsse una reazione; lo stile "ornato" cedette davanti al "perpendicolare", che durò per tutto il sec. XV e parte del XVI: stile originale, che non penetrò nel continente. Sotto le vòlte dalle nervature multiple e ravvicinate si disegnano piccoli pannelli e cassettoni decorati di chiavi pensili; a lato degli archi inflessi si vedono archi ellittici; l'ornamentazione è meno tormentata, le modanature meno accentuate di quelle del periodo precedente; negl'intrecci delle finestre i montanti salgono fino all'intradosso dell'arco, tagliati soltanto da sbarre orizzontali di pietra; smerlature decorative coronano gli edifici. In alcuni casi, invece delle vòlte, si hanno magnifici soffitti curvilinei come nella grande sala di Westminster (fine del sec. XIV). Dell'architettura civile e militare è rimasto qualche mastio dei secoli XII e XIII, alcuni manieri e importanti castelli innalzati dal sec. XIV al XVI, le cui sale sono coperte da vòlte ogivali o da quei tetti lignei, nella costruzione dei quali gli artefici inglesi eccellevano (v. inghilterra: Arte).

Italia. - In Italia, specialmente nel settentrione, sulla fine de secolo XI e nella prima metà del XII, i costruttori avevano usato vòlte a costoloni, ma non avevano saputo trarne il sistema gotico.

Fra il sec. XII e il XIII, come dimostrò C. Enlart, l'arte gotica borgognona penetrò prima nell'Italia centrale poi nella settentrionale, per opera dell'ordine cisterciense con la costruzione delle abbazie di Fossanova, Casamari, Chiaravalle, che furono modello agli altri monasteri dell'ordine e ben presto ad alcune grandi chiese. I canonici di San Vittorio a Vercelli, i domenicani, i francescani ad Assisi e Bologna, adottarono il nuovo stile. All'influenza borgognona si aggiungeva quella dell'arte provenzale e del Mezzogiorno francese, dove gli ordini di San Francesco e San Domenico erano fiorentissimi. Appunto l'arte della Francia meridionale prevarrà a Napoli, nell'Italia meridionale e anche in Sicilia nell'ultimo terzo del sec. XIII, con Carlo d'Angiò e suo figlio, Carlo II, che si circondano d'artisti francesi. D'altronde l'architettura gotica francese si era già affermata nell'Italia meridionale specialmente nelle costruzioni civili a Castel del Monte (v.) e in altri castelli di Federico II.

Passato il primo momento di propagazione delle nuove forme, gli architetti italiani si mostrano piuttosto refrattarî al nuovo stile, mutilandolo e modificandolo anche in maniera originale; nondimeno l'architettura in Italia dalla fine del sec. XIII al principio del XV appartiene all'orbita dell'arte gotica, che qua e là apparisce assai pura come nella facciata del duomo d'Orvieto, in S. Maria Novella di Firenze, nell'iniziato rifacimento gotico del duomo di Genova. Dal punto di vista degli architetti gotici oltremontani - e anche da quello di qualche moderno storico dell'arte non italiano - quell'architettura poté essere giudicata spesso un'errata o difettosa applicazione dei principî e delle forme gotiche francesi. Veduta, invece, sotto altro aspetto, cioè in rapporto alle qualità più intrinseche e persistenti dell'arte italiana, essa rivela in molti monumenti, e specie in S. Croce e in S. Maria del Fiore a Firenze, la lunga ostacolata maturazione dei concetti che poi furono pienamente attuati nel Rinascimento. E in più luoghi, pur dentro ai modi gotici, ha suoi caratteri originali: soprattutto a Siena e a Venezia; a Siena per la fine semplicità della decorazione che a Venezia assume invece ricchezza coloristica.

Il concetto orizzontale rimane dominante nell'aspetto dell'edificio e mantiene il sopravvento sul verticale: tanto nelle chiese in cui le altezze risultano ben più ridotte che non nel gotico estero e le cui linee di divisione orizzontali si sviluppano ampie, raramente interrotte dalle pilastrate, quanto negli edifici civili terminati orizzontalmente da cornici o da gronde, ma non da tetti acuti. La torre cessa di essere il patrono dell'edificio, a cui tutte le linee convergono, ma è distaccata o arretrata; e talvolta nel centro dell'edificio vi si sostituisce la cupola. Sparisce il completo sistema costruttivo della chiesa gotica settentrionale, e quasi sempre mancano fragili archi rampanti esterni; e riprende importanza lo sviluppo delle pareti: le finestre si riducono a proporzioni moderate.

In altre parole il concetto dominante nelle chiese gotiche italiane non è quello dell'altezza, ma dell'ampiezza, non dell'esagerazione dei problemi statici dell'equilibrio delle vòlte (in alcune tra le più importanti come nel duomo d'Orvieto o in S. Croce di Firenze la copertura è a tetto), ma del senso di stabilità permanente. Così, come schema e come proporzioni la chiesa - e analogamente l'edificio civile - si può dire la diretta continuazione dell'architettura romanica con tutte le sue caratteristiche regionali, mentre che dal gotico d'oltralpe risultano derivati soltanto gli archi acuti e talvolta il carattere di ricca e trita decorazione esterna.

Nel corso dei secoli XIV e XV, altre influenze si fanno sentire oltre a quelle di Francia: spagnole nel regno di Napoli e in Sicilia ove dominano gli Aragonesi; tedesche nel settentrione, specie nel duomo di Milano cominciato nel 1386, nella cui costruzione, per due secoli, gl'Italiani si trovano a contatto e in contrasto con Francesi e Tedeschi. Finito soltanto nel sec. XIX, l'immenso duomo, a doppie navatelle, è in Italia la più grande affermazione dell'arte gotica nel suo ultimo periodo fiorito.

Anche nelle costruzioni civili dei secoli XIII e XIV si vedono chiaramente i caratteri particolari, differenti da regione a regione, dell'architettura gotica italiana: nel palazzo del comune di Piacenza, in quello della Signoria a Firenze, a Siena, nel palazzo ducale di Venezia. Poi, dopo la lunga costrizione gotica, sul principio del Quattrocento il genio italiano si liberava dalle forme straniere: e nacque l'architettura del Rinascimento (v. italia: Arte).

Spagna e Portogallo. - Nella Spagna, i rapporti con la Francia, la potenza dei monaci cluniacensi e cisterciensi favorirono la rapida espansione dell'arte gotica. In Catalogna domina l'architettura del Mezzogiorno francese, e a Santas Creus e Poblet lo stile cisterciense. A Las Huelgas, presso Burgos, e nelle cattedrali di Zamora, a Salamanca, a Ciudad Rodrigo, prevalgono le forme del sud-ovest francese. Nella cattedrale d'Avila è chiaro il ricordo di Vézelay e della Borgogna. Il gotico di Bourges, di Chartres, della Champagne e dell'Île-de-France trionfa nelle grandi cattedrali del sec. XIII a Toledo, Burgos e León. Nel sec. XIV il gotico del Mezzogiorno francese domina in Catalogna e negli stati dei re d'Aragona, a Barcellona, a Gerona, a Manresa, a Maiorca, a Valenza.

Nel sec. XV e nel principio del XVI, nelle cattedrali di Pamplona, di Oviedo, di Siviglia, di Segovia e di Salamanca il gotico fiorito dà prova d'una esuberanza, d'una ricchezza d'invenzione che non si ritrova altrove. Nel periodo gotico, specie nei regni di Castiglia e d'Aragona, l'architettura civile e militare conserva lungamente i motivi dell'arte "mudejar". Le facciate dei palazzi, specie in Aragona, si ornano di sontuosi ricami di pietre e stucco. Nell'interno, i patios, copiano la disposizione dei chiostri: un doppio porticato a due piani disimpegna gli appartamenti (v. spagna: Arte).

In Portogallo, dove prima dominò l'architettura borgognona, nel sec. XV le reminiscenze dei monumenti orientali o esotici intravvisti dai navigatori s'aggiungono alle tormentate forme del gotico fiorito: esempî di questo stile, che dal re Emanuele (1495-1521) vien chiamato "manuelino", sono i monasteri di Batalha, di Belem e di Thomar (v. portogallo: Arte).

Paesi Bassi. - Nei Paesi Bassi, la chiesa delle cisterciensi di Ruremonde, tutta permeata dalle tradizioni romaniche del Reno, e la cattedrale di Tournai sono da congiungere alle grandi chiese con matroneo normanne dalle quali sorsero le cattedrali gotiche dell'Île-de-France. L'architettura fiamminga (p. es. Notre-Dame de Pamele a Oudenaarde, San Nicola a Gand) per tutto il sec. XIII s'ispira al duomo di Tournai.

Sul finire del sec. XII a Orval, nel XIII a Villers, Aulne e nelle grandi chiese distrutte nel sec. XVI di Dunes e Ter Doest, i cisterciensi ingentiliscono l'austerità delle prime costruzioni dell'ordine, riflettono lo splendore delle cattedrali dell'Île-de-France e della Champagne; e tutt'intorno si propagherà la loro influenza.

I cori delle cattedrali di Tournai, di Santa Gudula di Bruxelles hanno caratteri che si ritrovano a Soissons, a Reims, ecc. A Bruges le chiese di Saint-Sauveur e di Notre-Dame, in Olanda il coro della cattedrale d'Utrecht, ricordano l'architettura della Francia del nord.

Nel sec. XIV, le tradizioni del secolo precedente continuano, come nelle chiese di Breda e di Dordrecht, nelle cattedrali di Malines, Anversa e Haarlem, con tanta semplicità e uniformità da diventar fredde, e in qualche caso si prolungano fino all'inizio del sec. XV, come in Notre-Dame di Huy. La sontuosa chiesa di Notre-Dame di Hal annuncia, con l'abbondanza e la ricchezza delle sculture e della decorazione, con l'elegante galleria, l'arte del sec. XV. Il gotico fiorito innalzò opere notevoli, sia per proporzioni sia per forme decorative, e spesso adoprò lo schema di tre navate d'uguale altezza, le cui vòlte, nel sec. XVI, sono a nervature molteplici, spesso equilibrate con catene di ferro, a causa dell'insufficiente controspinta, oppure coperte a soffitto.

Dallo scorcio del sec. XV la scuola brabantina, fortemente organizzata, aveva esteso la sua influenza sulla più gran parte dei Paesi Bassi; da essa derivano Saint-Sulpice di Diest, Notre-Dame-des-Victoires au Sablon di Bruxelles, Saint-Jacques e Saint-Paul d'Anversa, Notre-Dame di Malines.

Fra i monumenti più importanti sono da citare ancora le chiese di Saint-Pierre di Lovanio, Sainte-Waudru a Mons, Saint-Jacques e Saint-Martin a Liegi, le cattedrali di Bois-le-Duc e d'Utrecht, Saint-Pierre a Leida e Saint-Bavon a Haarlem, con un soffitto che simula le vòlte ogivali. In qualche chiesa il paramento di pietra e di mattoni produce un effetto originale, particolarmente in quella di Hoogstralen, nella Campine d'Anversa.

Numerosissime città dei Paesi Bassi possiedono ancora belle case costruite dal sec. XIII al XV, conventi, ospedali, sedi di scabinati e di corporazioni. A Ypres esiste ancora, sebbene in parte distrutto dalla guerra, il vasto mercato coperto; a Lovanio la notevole università; a Gand una fortezza; a Malines il palazzo del Gran Consiglio. Infine sono da ricordare i più famosi palazzi comunali elevati nei secoli XV e XVI a Bourges, a Bruxelles, a Gand, a Courtrai nel Belgio, a Gouda e a Middelburgo in Olanda (v. belgio: Arte; fiamminga, arte; olanda: Arte).

Europa centrale. - In Renania e nella Germania meridionale, l'arte romanica resistette lungamente alle nuove correnti gotiche: solo al principio del sec. XIII i primi elementi d'architettura gotica appaiono timidamente nella chiesa dei Ss. Apostoli e in S. Cuniberto di Colonia, nel duomo e in S. Matteo a Treviri; diventano, in seguito, più espliciti ad Andernach, a Limburgo sul Lahn, a Worms e a Bamberga, città che subiscono più o meno direttamente l'influenza di Laon; infine trionfano nella chiesa della Madonna di Treviri, la cui pianta è imitata da quella di Saint-Yved di Braisne, in S. Elisabetta di Marburgo e nella cattedrale di Colonia, derivazione diretta da quelle d'Amiens e di Beauvais, il coro della quale fu iniziato nel 1248 e consacrato nel 1322. Nello stesso tempo i cisterciensi introducevano lo stile gotico borgognone nelle loro grandi abbazie. A Wimpfen sul Neckar (sec. XIII), un architetto venuto da Parigi costruisce la collegiata "opere francigeno". La cattedrale di Paderborn è quasi una replica di quella di Poitiers.

Come nei Paesi-Bassi, in Vestfalia e in Sassonia è manifesto il riflesso della scuola della Francia occidentale specie nelle chiese a tre navi d'uguale altezza coperte da vòlte stellate (alle quali presto succedettero vòlte a botte lunettate), tipo che ebbe, nei secoli XIV e XV, un'immensa fortuna in tutta l'Europa centrale fino in Scandinavia. Queste chiese, in pietra o laterizî, hanno un'architettura arida e dura, arricchita solo all'esterno da protiri e portali eccessivamente lavorati e da innumerevoli pinnacoli. Fra le più importanti, S. Stefano di Vienna, in parte dei secoli XIII e XIV, le cattedrali di Ulm e Ratisbona del XIV, S. Sebaldo e S. Lorenzo di Norimberga, S. Ulrico di Augusta, la chiesa di Stralsunda e S. Caterina a Brandeburgo. Anche in Ungheria penetrò lo stile gotico. Vi aveva soggiornato lo stesso Villard de Honnecourt, a cui è attribuito il coro di S. Maria di Cassovia. Splendidi esempî di architettura civile e militare sono poi tra l'altro il palazzo del comune di Brunswick, il mercato coperto di Costanza, il castello di Karlstein presso Praga, costruito su progetto di Mathieu d'Arras nel sec. XIV, numerose case anche in legno, a grandi tetti aguzzi e con fastose facciate, le mura di Norimberga e le rocche del Reno nel secolo XV.

La Svizzera francese subì l'influenza della Borgogna a Ginevra e a Losanna; e sono riflessi dell'architettura francese a Neuchâtel, a Friburgo, come nella chiesa di Valère a Sion.

Scandinavia. - In Norvegia lo stile gotico appare prestissimo, in S. Maria di Bergen e nella cattedrale di Trondjem, in stretti rapporti con l'architettura inglese. In Danimarca la cattedrale di Roskilde è opera d'un architetto dell'Île-de-France o dell'Artois; la maggior parte delle chiese dei secoli XIV e XV riflettono gl'influssi tedeschi e sono di mattoni. In Svezia l'isola di Gotland è piena di chiese costruite con belle pietre, seguendo i tipi più varî, con influenze monastiche, specie cisterciensi, e dell'architettura delle grandi città anseatiche con le quali la capitale, Wisby, era in continue relazioni.

I cisterciensi avevano introdotto in Svezia, l'architettura francese nell'abbaziale di Varnhem e di Alvastra. La cattedrale d'Upsala, che è il monumento gotico più importante, è ispirata alle grandi chiese dell'Île-de-France; si sa che nel 1287, a costruzione già avanzata, i lavori furono diretti da un maestro parigino, Étienne de Bonneuil. La chiesa di Malmö s'ispira ad Upsala, mentre la maggior parte delle chiese dei secoli XIV e XV richiamano piuttosto i modelli germanici. Diverso comportamento ebbe l'architettura lignea che, più originale, continua durante l'epoca gotica, ma resta limitata ai monumenti secondarî.

Bacino orientale del Mediterraneo. - L'arte gotica si propagò nell'architettura sin nel bacino orientale del Mediterraneo, in Siria, in Palestina, nelle colonie franche fondate dai crociati nel sec. XII, sopravvissute nel secolo XIII sino alla definitiva caduta del 1291, e in Cipro dove si rifugiarono allora i cristiani d'Oriente.

Nel regno di Gerusalemme si ritrova l'architettura della Francia meridionale nel portale, nell'abside e nel campanile aggiunto dai crociati al Santo Sepolcro, come pure nella chiesa della Madonna a Tortosa, nella cattedrale di Sebaste, nei portali di Gaza e Naplosa.

Le grandiose rovine dei castelli franchi, il Crac dei Cavalieri, Saona, il Kerat di Moab, testimoniano l'energia dei crociati che elevarono fortezze sulle rive del mare e al margine del deserto.

Cipro, regno dei Lusignani, del tutto francese, nei secoli XIII e XIV si copre di monumenti, come le cattedrali di Nicosia e Famagosta, nei quali domina l'influenza dell'Île-de-France e della Champagne. L'abbazia di Lapaïs risale anch'essa al sec. XIV, in cui l'isola, nella pienezza della prosperità, conobbe la più raffinata civiltà. Nel secolo XV si diffuse il gotico fiorito in monumenti riccamente decorati, coperti da vòlte a botte a sesto acuto, nelle quali predominano influenze veneziane e aragonesi.

Anche a Cipro nei secoli XII e XIII furono costruite parecchie fortezze, magnifiche ancora nelle rovine. Alcune erano in pianura, rettangolari con torri d'angolo e alto mastio quadrato, come a Famagosta e Cerino; altre sorsero in luoghi pressoché inaccessibili, come a Sant'Ilarione.

Scultura. - Mentre i costruttori s'affrancavano dalle pesanti vòlte romaniche, gli scultori abbandonavano le antiche tradizioni decorative. I rapporti fra architettura e scultura divennero d'intrinseca rispondenza, seguendo l'una e l'altra un cammino parallelo: occorre vederlo osservando prima le vicende della plastica francese.

Non più paghi della riproduzione di viete formule, i decoratori si volsero a guardare i multiformi aspetti della natura. Ma fu necessario quasi mezzo secolo prima che lasciassero gli ornati di foglie d'acanto, disseccati dalla lunga ripetizione, o quelli derivati dalla palmetta, per vivificare l'ornamentazione con nuovi motivi, presi alla flora dei campi e dei boschi, che nei primi anni del sec. XIII appaiono sulla facciata di Notre-Dame di Parigi e nei capitelli di tante altre costruzioni gotiche.

Nella scultura figurata vi fu allora una reazione contro le tradizioni romaniche: la composizione mirò a esprimere armonicamente concetti più semplici; l'iconografia, lasciati gl'interni, si spiegò sui portali, determinandone le linee. La statuaria non formò più un rivestimento decorativo dei muri, ma fece parte integrante della costruzione, in rapporto con essa nella forma e nel carattere. In tutte le regioni e specie in Linguadoca e in Borgogna, i frontoni sono ornati da grandi, simmetrici bassorilievi. Lunghe figure, volutamente rigide, sono intagliate nello stesso blocco delle colonne, dei piedritti, cui sono addossate. All'agitata plastica romanica succede la calma dei gesti e degli atteggiamenti. Ma presto queste lunghe e immote figure diventano meno rigide pur conservando quella specie di contenutezza che la statuaria s'imponeva nello schema generale della costruzione. Infine, levatasi la voce di S. Bernardo, i motivi decorativi si semplificano, spariscono i mostri barbari e il bestiario orientale cari agli scultori romanici, l'iconografia viene codificata come il dogma: sculture, affreschi, vetrate divengono il grande libro degl'illetterati, composto dai dotti.

Gli esordî ancora lontani della scultura gotica si veggono verso il 1140 nella chiesa di Saint-Denis, ove, sotto l'austera disciplina dell'abate Suger, artisti venuti da tutte le parti della Francia creano il portale gotico: col suo architrave, talvolta a più zone, la lunetta incastonata negli sguanci, le statue addossate a colonne. Poco dopo il maestro del "portale dei Re" a Chartres (v.) imiterà quello di Saint-Denis, lo stesso avverrà per il portale di S. Anna in Notre-Dame di Parigi, a Étampes, e in moltissime altre chiese dell'Île-de-France e del Dominio reale. A partire dalla seconda metà del sec. XII, la nuova arte, grande e nobile, si propagherà per tutta la Francia, anche in quelle regioni - Borgogna, Linguadoca, Aquitania - donde Suger aveva chiamato gli artefici del suo portale.

Verso il 1185 il portale gotico acquista a Senlis la sua forma definitiva. La tecnica di Senlis, direttamente derivata da S. Denis e da Chartres, liberata dai residui romanici, perviene attraverso i portali di Sens, di Nantes, di Laon e di Braisne (fine del sec. XII, principio del sec. XIII) a quelli del transetto di Chartres (1205-1240) e della porta della Vergine in Notre-Dame di Parigi (1210-1220), capolavori della scultura gotica giunta alla piena maturità, nel mirabile momento in cui l'artista non ha ancora obliato le lezioni di nobiltà ricevute dai predecessori.

I tre portali della cattedrale d'Amiens, eseguiti tra il 1225 e il 1236, e mirabilmente conservati, sono d'una composizione più ricca che quelli di Parigi e di Chartres, e pur cominciando ad apparirvi particolari realistici, hanno in alcune statue, come il Cristo, detto le Beau Dieu, il S. Firmino, la deliziosa Vergine dell'Annunciazione, figure magnifiche, piene di nobiltà, di maestà. In pieno sec. XIII, sulle facciate del transetto di NotreDame di Parigi, ad opera di Jean de Chelles si vedono i segni d'una nuova sensibilità artistica: le statue s'animano, le pose divengono più naturali, i panni cadono con più morbide pieghe, i particolari secondano quella ricerca del pittoresco che diventa principale preoccupazione dell'artista.

Le statue della facciata occidentale di Reims (seconda metà del secolo XIII) ci mostrano, a fianco di opere tradizionalistiche, opere d'ispirazione classica dovute a uno spirito nuovo, originale, caratteristico degli artisti di quella città: sono figure slanciate, eleganti, illuminate dal sorriso, la testa piccola, con le labbra sottili, drappeggiate in morbidi panni: così gli angeli di S. Nicasio e dell'Annunciazione, la donna al seguito di Maria, il S. Giuseppe della Presentazione. Alla stessa famiglia appartengono, e annunciano già nel secolo XIII l'arte del XIV, gli Apostoli della Sainte-Chapelle di Parigi e del portale reale di Bordeaux.

I rilievi delle lunette, le statue delle porte delle cattedrali francesi sono d'una tale bellezza, che tutti gli artisti, pittori, orafi, intagliatori del legno e dell'avorio, le copiano. Specialmente gli avori parigini, sul finire del sec. XIII, raggiungono la perfezione.

Nel sec. XIV, mentre alcuni scultori serbano le grandi tradizioni del secolo precedente, pur inaridendone l'alto significato ideale per la ripetizione delle forme, altri, col volgere della moda, si sforzano di trovare nuove espressioni nella ricerca del pittoresco.

La semplicità e robustezza plastica, la profondità morale che caratterizzano i capolavori della statuaria nelle cattedrali d'Amiens e di Reims, dalla fine del sec. XIII cedono sempre più a una ricerca di movimento che portò al pittorico e diminuì la saldezza della modellatura, a uno studio della grazia che finì in un elegante e lezioso manierismo; presto si formarono dei canoni convenzionali di proporzioni, di atteggiamenti, di drappeggiare costituendo un formulario quasi impersonale: quei manierismi gotici che, con varia fortuna, dovevano persistere anche nella pittura fino al diffondersi delle forme del Rinascimento italiano. Quasi seguendo le sorti dell'architettura, sempre più ornata, la scultura andò perdendo di solidità costruttiva per comporre piacevoli sviluppi di linee ornamentali. Anche nella seconda metà del sec. XIV, quando sembra manifestarsi specialmente nei ritratti (Carlo V e Giovanna di Borbone, nel museo del Louvre; statue di Claus Sluter per la Certosa di Champmol) un nuovo naturalismo, quelle forme manierate ne ingombrano stranamente l'espressione, quantunque lo scultore lavori "dal vivo" con un verismo che non arretra dinanzi ad alcuna laidezza (statue del camino della grande sala di Poitiers, ecc.). Nella seconda metà del sec. XV, e poi nel sec. XVI, la statuaria diventa più familiare: sotto l'influenza dei misteri, i santi si riavvicinano all'umanità; la contemplazione della Passione di Cristo, destinata ad eccitare la pietà, si traduce in opere d'una tecnica sempre più realistica, in cui il patetico giunge fino alla caricatura, ma che son sempre avvolte in quell'ingombro di goticismi decorativi. A contrastare quest'arte violenta, agitata e manierata, in quasi tutta la Francia e specialmente nelle regioni centrali e occidentali e nella valle della Loira si manifesta, dalla fine del sec. XV, un nuovo sentimento di pacatezza in graziose figure ancora tutte gotiche: era già il riflesso del Rinascimento italiano.

Nei secoli XIII e XIV anche la scultura francese diffuse il suo stile a poco a poco in tutto l'Occidente. Nel periodo iniziale il suo propagarsi è meno accertabile, o si manifesta soltanto come una parziale infiltrazione: molti paesi, soprattutto l'Italia, la Germania, la Spagna, avevano avuto una così poderosa scultura romanica, da seguitare la loro originale attività anche accogliendo elementi gotici. Poi la sua diffusione è sicuramente segnata dall'estendersi per tutto di quei manierismi gotici: lo stile gotico nella scultura divenne uno stile internazionale in cui vi furono varietà distinte non meno che nell'architettura, e operarono grandi artisti d'ogni paese. Nelle Fiandre la scultura gotica si afferma a Tournai, Thérouane, Saint-Jean di Bruges, accennando già a diventare più realistica in Notre-Dame di Huy. È più originale in Inghilterra dove file sovrapposte di nicchie ornate di statue sono poste agli angoli degli edifici e decorano le facciate delle cattedrali di Wells, di Salisbury, di Lichtfield, e dove il sec. XIV ha prodotto - accanto a opere delicate, se pur secche e manierate, come quelle di Exeter, che annunciano lo stile rigido dei bassorilievi d'alabastro e l'arte inglese del sec. XV - opere potentissime, specialmente nella statuaria funeraria di legno, bronzo, pietra e alabastro.

La scultura tedesca, particolarmente importante in Sassonia, in Vestfalia e in Franconia, dapprima, risentendo l'influenza francese, conservò nei panneggiamenti l'agitazione, la durezza, la spezzettatura delle pieghe che aveva impresso alle sue figure un sentimentalismo spinto fino alla caricatura. Fra le sue più belle opere sono la "Porta dorata" di Friburgo, i portali di Bamberga, di Magdeburgo, di Münster, di Paderborn, nei quali è palese l'impronta della plastica dell'Île-de-France e della cattedrale di Reims, manifesta anche nel pilastro degli "Angeli", nella porta sud e nella fronte occidentale della cattedrale di Strasburgo. Nei secoli XIV-XV a Worms, nel portale di S. Lorenzo a Norimberga, negli Apostoli del coro di Colonia, a Erfurt, l'esagerata ricerca di movimento e d'espressività si traduce spesso in contorsioni.

Nella Spagna, sul finire del sec. XII, il "portale della Gloria" in S. Giacomo di Compostella sorpassa per ampiezza di composizione le opere francesi della prima arte gotica cui s'ispira. Nel sec. XIII, i portali delle cattedrali di Burgos e León sono più aderenti ai modelli che loro offrono Chartres e le cattedrali gotiche francesi, mentre sopravvivenze romaniche e moresche appaiono ancora qua e là, p. es. a Tudela e Tarragona. Nel sec. XIV, scultori italiani introducono in Catalogna e nel regno d'Aragona lo stile pisano; nel secolo seguente, artisti francesi, fiamminghi, inglesi vi affermano l'internazionalità dello stile gotico, mentre appaiono le prime opere del Rinascimento italiano.

In Italia, già nelle sculture di Benedetto Antelami (v.) si notano infiltrazioni di modi della scultura gotica francese. Questa fu certamente nota a Nicola Pisano (v.), come dimostrano perfino i capitelli dei suoi pergami, pur essendo sommersa la sua influenza da quella dell'antichità classica che già nei capolavori del maestro fa presentire il Rinascimento. Ma il figlio di Nicola, Giovanni (v.), entra interamente nella corrente gotica, che sulla fine del Duecento invase anche l'Italia, e, impetuoso, pur ingombrato dalle formule gotiche ch'egli accetta, riesce a rinnovarne il significato imprimendo nelle sue opere il segno del suo genio: dentro l'universale stile gotico è un creatore. I suoi discepoli propagarono la sua maniera in tutta l'Italia, a Milano, a Bologna, a Roma, a Napoli: conservando tutti, pur nella loro diversa personalità, l'impronta dello stile gotico. Questo si ritrova nelle opere di Andrea da Pontedera, degli scultori della facciata del duomo d'Orvieto, di Andrea Orcagna, ecc.; e, proprio quando si affermava il Rinascimento, ha nella stessa Firenze un meraviglioso interprete dei suoi modi lineari, e un vivificatore, in Lorenzo Ghiberti, mentre i suoi residui sembrano contribuire all'originalità di Iacopo della Quercia.

Avorî, oreficerie, vetrate. - Strettamente collegati alle sorti della scultura furono gli avorî e l'oreficeria gotici. I primi furono il mezzo più facile per la diffusione dei modi gotici e del loro trasformarsi. L'oreficeria, accanto a opere nelle quali prevale il colore degli smalti come il reliquiario del S. Corporale a Orvieto (1338), ne ha molte di carattere architettonico, riproducenti chiese in miniatura, con porte, finestre, cuspidi, archi rampanti (Évreux, arca di Saint-Taurin; Nivelle, arca di Santa Gertrude), straordinariamente ricche e fantastiche di ornati gotici. ln altri lavori essa rivaleggia con la scultura e con l'intaglio in avorio (Parigi, Louvre, Madonna di Jean d'Évreux; Roncisvalle, Madonna). La purezza di linee di certi reliquiarî, di calici, di ciborî ne fa modelli d'eleganza e semplicità. In Germania, in Inghilterra, nelle Fiandre, nella stessa Italia, le forme gotiche imperano (busto di S. Osvaldo a Hildesheim; reliquiario di San Carlo a Bologna, di S. Orsola a Tongres; paliotto di S. Giacomo a Pistoia; altare del Battistero di Firenze, ecc.).

Nel sec. XV gli orafi, ispirandosi all'architettura e all'ornamentazione di stile fiorito, creano opere sontuose, arricchite di figurine, smalti, perle, pietre preziose, ma spesso prive della bella semplicità di linee dei secoli precedenti, specie in Germania, nei Paesi Bassi e nella Spagna. I reliquiarî, gli ostensorî, i pastorali, gli stessi calici diventano di grandi proporzioni. In Italia, anche in pieno Rinascimento, l'ornamentazione gotica persiste lungamente nell'oreficeria. L'arte dello smalto, che dal sec. XII al XIV ebbe un gran centro di produzione a Limoges e nell'alto Reno, trovò al termine del sec. XIII una nuova tecnica - lo smalto trasparente su bassorilievo - che poté gareggiare con la pittura, e fu specialmente usata con finezza a Siena, a Firenze, nella Spagna. Essa poté influire, specie con la tecnica più antica, nella formazione della maniera propria ai vetri dipinti.

Le vetrate dipinte furono uno degli elementi integranti nell'effetto delle costruzioni gotiche che offrivano nelle finestre spazî sempre maggiori. E furono tanto comuni, che sono ancora numerose malgrado le distruzioni dovute al tempo. Nell'architettura gotica oltremontana si può dire ch'esse abbiano avuto la stessa importanza, dottrinale ed estetica, ch'ebbe l'affresco nelle chiese d'Italia, dove le finestre assai più ristrette, nei modi dell'architettura gotica italiana, diedero poco campo ai vetrai e ne riservarono moltissimo ai frescanti.

Poco sappiamo circa le vetrate romaniche. Le più antiche pervenuteci datano dalla metà del sec. XII (Saint-Denis; facciata occidentale della cattedrale di Chartres; cattedrali d'Angers, di Mans, di Poitiers, di Canterbury, di York, di Strasburgo, ecc.). La tecnica di tutte codeste vetrate è identica e persisterà con poche varianti fino al termine del sec. XV.

Una vetrata è un vero e proprio mosaico di vetro: è composta cioè di numerosissimi pezzi di vetro, dipinti a fuoco, a vivi colori e ombre grigiastre, connessi per mezzo di strisce di piombo che delimitano i contorni delle figure e isolano i diversi toni facendone risaltare il valore pittorico. Il vetro, di grosso spessore, irregolare, screziato di bolle e impurità, rifrange meravigliosamente la luce che, invece di attraversarlo con raggi paralleli e monotoni come farebbe in un vetro liscio, si polverizza in mille guizzi splendenti. I colori, netti ed elementari - il blu, tanto luminoso che offuscherebbe i toni vicini se non fosse sufficientemente isolato, il rosso, il bruno, poco il verde e il giallo - sono abilmente avvicinati per farli meglio risaltare. La composizione, piatta e senza prospettiva, poiché dà la medesima importanza a tutti i personaggi; il disegno preciso, che segna nettamente i contorni per non farli svanire nella luce solare; la colorazione destinata unicamente a dare risalto ai toni senza preoccupazioni di rispondenza alla realtà, tutto fa di quelle vetrate del sec. XII dei capolavori in cui l'effetto è mirabilmente raggiunto entro le possibilità tecniche.

Nel sec. XIII, la necessità di provvedere di vetri dipinti innumerevoli chiese e cattedrali ebbe per conseguenza una produzione talvolta affrettata, ma la tecnica rimase la stessa. I complessi di vetrate più ricchi del principio del sec. XIII si vedono nelle cattedrali di Chartres, Sens, Poitiers, Rouen, Bourges, Lione, poi, nella Sainte-Chapelle di Parigi, e nella seconda metà del secolo nelle cattedrali di Reims, Rouen, Tours, Troyes, ecc.

Nei primi anni del sec. XIV appare una nuova tonalità, il giallo d'argento, di facile applicazione, fusibile nel vetro durante la cottura, come il tono grigio che darà nuovi giuochi di luce e varietà d'effetti. La maestria e l'eleganza del disegno ricordano le deliziose miniature dell'epoca: la composizione è più raffinata; e, a metà del secolo, compare la prospettiva (cattedrali d'Évreux, di Rouen, di Beauvais, di Strasburgo, ecc.).

Questi caratteri, come pure l'abuso del giallo d'argento e dei chiaroscuri, s'accentueranno ancora nel sec. XV. Ma il gusto per i toni bianchi non compensava le forti colorazioni d'una volta (cattedrali di Bourges, di Metz, la cattedrale e Saint-Taurin d'Évreux, ecc.): e alla fine del sec. XV, per reazione, senza menomare la bellezza del disegno e con una tecnica perfezionata, i colori tornano a splendere nelle vetrate. In quest'arte rinnovata, nella prima metà del sec. XVI, composizione e disegno non sono più gotici ma riflettono quasi sempre i modi del Rinascimento.

Lo stile gotico della pittura vetraria si diffuse nei Paesi Bassi, in Germania, in Inghilterra, mentre nei paesi mediterranei, per l'abbondanza della luce, si aprivano strette finestre e si preferiva l'affresco. Pure, nell'Italia stessa, le vetrate di S. Francesco d'Assisi, quelle del duomo di Siena, di S. Croce e di S. Maria del Fiore in Firenze, mostrano la diffusione dei procedimenti gotici nei secoli XIII e XIV.

Anche in tutte le altre arti minori che concorrono ad arricchire la costruzione, nell'arte del ferro battuto, della fusione, del legno, dell'arazzo, domina sempre, durante l'epoca gotica, lo spirito, la volontà, spesso la mano di quello che è al centro dell'opera, del maestro che l'ispira, la compone e le dà, con l'unità, bellezza, nobiltà, grandezza; e sono bene riconoscibili, attraverso le differenze volute dalla materia diversa, i segni dello stile gotico (v. arazzo; ferro; legno, ecc.).

La Pittura e la miniatura. - Si vanno ora ritrovando anche oltralpe, dalla Norvegia all'Inghilterra e alla Spagna, pitture murali del periodo gotico; ma non fanno che confermare le vicende e i caratteri della pittura quali si veggono in modo più continuo nelle numerosissime miniature dei manoscritti oltremontani. Per l'Italia, invece, la storia della pittura dal sec. XIII al XV è nei suoi affreschi e nei dipinti su tavola, più che nelle miniature.

Nel periodo gotico primitivo (secolo XIII) la miniatura oltremontana, specie nel suo centro più attivo e più originale, che allora era Parigi, va assumendo il valore di pura decorazione colorata in piano: attenua ognor più la modellazione, tralasciando qualunque intento di esprimere tanto la profondità fisica quanto quella morale, poiché l'espressione dell'intimo vi si restringe a pochi moduli convenzionali. Questi caratteri sembrerebbero contrastare in modo incomprensibile con l'architettura gotica, che allora conquistava ogni spazio, e con la scultura gotica, che allora esprimeva in salde e semplici forme tanta vita spirituale, se quello stile della miniatura - e della pittura - non risultasse da una eccezionale raffinatezza artistica e intellettuale: tutto vi si sublima in modi squisiti fuori di qualunque intenzione di realismo, riducendosi ogni forma a superficie, a contorni, a distese colorate, in accordi di toni, in sviluppi armoniosi di linee, che riescono spesso, nella loro sfera, capolavori. Fu uno stile che aveva avuto precedenti già nel manierismo della miniatura romanica francese, e poté avere incitamento dai procedimenti della pittura vetraria, ma presto si svolse in un suo conseguente sviluppo, tutto inteso ad assottigliare il rilievo fino a sopprimerlo, a trasporre la forma in contorni euritmicamente svolti quasi in una calligrafia di linee: e quanto abbia imperato sugli artisti gotici del sec. XIII, formando il loro modo di vedere, è dimostrato dai disegni in cui Villard de Honnecourt ritrasse dal vivo un leone, riducendolo in moduli da calligrafo e geometra, oppure riprodusse a contorno statue gotiche. Ricordiamo almeno qualcuno dei più importanti manoscritti francesi, appartenenti a fasi diverse di quello stile: il salterio della regina Ingeburga (Chantilly, Biblioteca), del principio del sec. XIII, con indicazioni plastiche persistenti ancora sulla trama ornamentale; il salterio di S. Luigi (Parigi, Biblioteca Nazionale), della metà del secolo, le cui miniature sono una serrata riduzione a superficie e a contorni; un manoscritto illustrato de La Somme le Roi (Parigi, Biblioteca Mazarina), della fine del secolo stesso, dove forma, movimenti, affetti, si risolvono in sottili armonie lineari.

Nell'Inghilterra, nelle regioni germaniche, e per tutto il territorio gotico si estese quello stile, nel sec. XIII e nella prima metà del sec. XIV, acquistando anche accenti e caratteri particolari nei diversi paesi. In esso, favoriti dalla sua natura, trovarono più facile sviluppo quei manierismi di proporzioni, di atteggiamenti, di drappeggio, che dalla pittura poterono essere rafforzati anche nella scultura gotica del sec. XIV, spesso sino a trasmutare le figure e le composizioni in fantasie ornamentali: esempio le miniature inglesi del salterio di Robert de Lisle (Londra, British Museum).

In Italia da principio l'infiltrazione della pittura gotica in forme pure fu minima. Trovò da noi, ben più viventi che altrove, le tradizioni della pittura bizantineggiante, che mai non aveva rinunziato all'espressione del rilievo, pur comprimendola in formule; e, già alla fine del sec. XIII, fu fronteggiata dal maggiore assertore di un'arte opposta, fatta di profondità fisica e morale: da Giotto (v.). A Siena, nella prima metà del Trecento, i modi gotici furono largamente accolti, ma vennero temperati in maniera originale da Pietro Lorenzetti, da Ambrogio suo fratello e soprattutto da Simone Martini. Anche per Simone la composizione lineare ha un valore prevalente sulla composizione plastica; ed è squisitamente gotica nei suoi sviluppi, superflui rispetto alla forma per sé, essenziali per compiere un loro largo ritmo, le cui cadenze appartengono in tutto allo stile gotico, come dimostrano l'Annunziazione (Firenze, Uffizî), o le Sante negli affreschi della cappella di San Martino ad Assisi. Ma nel suo goticismo Simone Martini si tenne lontano da quella oltremontana rinunzia al senso del rilievo e dello spazio, quantunque, rispetto all'arte di Giotto, lo riducesse assai: e ciò permise a lui, come in altro grado ad Ambrogio e a Pietro Lorenzetti, di non limitarsi all'elegante manierismo della pittura d'oltralpe, anzi di estendere largamente, se non con molta profondità, la propria osservazione su aspetti pittorici svariatissimi dando un nuovo valore non soltanto al ritratto (Siena, Palazzo Pubblico: ritratto di Guidoriccio da Fogliano), più immediato e più oggettivo che nell'arte di Giotto, ma aprendo all'arte il paesaggio e la scena di genere (affreschi di A. Lorenzetti). Nel corso del Trecento la penetrazione dei concetti e delle formule gotiche seguitò in Italia, pur sempre contrastata o modificata da quelle opposte concezioni plastiche, sì che la pittura nostra del Trecento, pur essendo gotica, profondamente si distinse da quella di tutte le altre regioni gotiche.

A sua volta, intanto, la pittura senese si era diffusa nella Francia meridionale, con l'opera di Simone Martini e dei suoi seguaci ad Avignone: e fu precipuo fattore di una nuova fase dello stile gotico oltremontano, giunta alla sua pienezza sul termine del secolo XIV e nei primi decennî del XV. Nella pittura gotica d'oltre alpe, che già si era andata modificando in questo senso come dimostrano le miniature di Jean Pucelle o il polittico della chiesa di Klosterneuburg (1322-1329) presso Vienna, persistono allora i soliti manierismi, anche con maggiori complicazioni, ma si accentuano le indicazioni di rilievo e di spazio, pur sempre subordinate alla composizione lineare. Il paliotto a chiaroscuro proveniente da Narbona (Parigi, Louvre) del tempo di Carlo V (1364-1380), le opere dei pittori fiamminghi che lavorano alla corte di Borgogna - M. Broederlam, J. Malouel, autore in gran parte del Martirio di S. Dionigi al museo del Louvre (circa 1415) -, le miniature di parecchi codici come quelle delle Très belles Heures del duca di Berry, attribuite a Jacquemart de Hesdin e ai suoi aiuti, mostrano in momenti consecutivi quella fase che precedette immediatamente il grande rinnovamento della pittura gotica già apparso, prima del 1416, nelle miniature di Pol di Limburg e dei suoi fratelli per le Très riches Heures del duca di Berry (Chantilly, Museo), ma compiuto, come intiera rivelazione, da Uberto e da Giovanni van Eyck.

A quella fase va connesso il cosiddetto "stile gotico internazionale", denominazione difettosa, perché sembra negare l'internazionalità di altri periodi gotici, ma accettabile come termine convenzionale che non comprometta il giudizio sulla parte avuta dalle diverse regioni nella pittura di quel periodo. Si estende variamente questo dagli ultimi decennî del sec. XIV alla metà del sec. XV, ed è caratterizzato da tendenze apparentemente contraddittorie come l'accentuarsi di molti manierismi gotici e un vivace spirito d'osservazione oggettiva: contraddizione spiegata dal fatto che l'arte non sorge da profonde intuizioni ma dall'intento studio di apparenze superficiali che la fantasia ricompone in un tutto ornativo. Indi, in quello stile, l'accurata rappresentazione del vestiario, degli animali, di particolarità secondarie; il brillante e tenue colorito; e insieme la scarsa profondità spaziale, il debole rilievo, l'accartocciato drappeggiare; il gusto per le scene di genere; l'indifferenza o l'incapacità di definire a fondo l'intimo. Per tutta la pittura oltremontana, si diffuse lo stile gotico internazionale, con sue varietà: nell'Inghilterra (ritratto di Riccardo II, e affreschi a Westminster, Londra); in Germania (maestro Bertram; Corrado di Soest; scuola di Colonia, ecc.); in Boemia (miniatori; Teodorico da Praga); in Catalogna (L. Borrassá). E in Italia interruppe le tradizioni plastiche del Trecento anche dove erano rifiorite più vigorose. Esso aveva avuto lontana preparazione a principio del Trecento nella pittura senese; la quale può spiegare la maniera di Lorenzo Monaco, che a Firenze affermò in modo più puro i concetti gotici, e quella di Gentile da Fabriano (v.), quando si vegga variamente complicata di rapporti con quello stile, cui i due maestri diedero capolavori. Nella prima metà del sec. XV, le relazioni della pittura nostra con quella d'oltralpe sono più accertabili per l'Italia superiore, dove i contatti erano più facili e continui, come attraverso la valle dell'Adige (affreschi nel duomo di Bressanone, nella Torre dell'Aquila a Trento, ecc.) fino a Verona. La pittura veronese in cui, sulla fine del Trecento, l'eredità di Giotto era parsa arricchirsi nell'opera dell'Altichiero, si mutò a fondo nella prima metà del Quattrocento: e forse non v'è opera che abbia espresso così altamente le qualità dello stile gotico internazionale come il capolavoro di Stefano da Zevio, la Madonna del Roseto (Verona, Castelvecchio), mentre lo stesso Antonio Pisano genialmente era partecipe di quello stile (S. Eustachio nella Galleria Nazionale di Londra; S. Giorgio in S. Anastasia di Verona), da cui doveva liberarsi nelle sue medaglie. A Venezia, nell'Emilia, in Lombardia, nel Piemonte si propagò lo stile gotico internazionale che si ritrova in singolare varietà, più affine alle oltremontane, nei dipinti di Lorenzo e di Iacopo da Sanseverino (v.). Lo interruppe a Firenze l'arte del Rinascimento, l'opera di Masaccio (v.), volgendo la pittura, fuori d'ogni manierismo gotico, a esprimere una nuova realtà pittorica che gli artisti costruivano su altri principî, esplorando in profondità l'essere e lo spirito: e da Firenze l'arte nuova nel corso del Quattrocento disperse in ogni parte d'Italia le tradizioni e i residui gotici.

Oltralpe, nei primi decennî del Quattrocento, quando i miniatori delle Très riches Heures del duca di Berry erano già usciti dalle superficialità dello "stile internazionale" con il loro penetrante senso del paesaggio e con la loro vivacità di personale osservazione, Uberto e Giovanni van Eyck (v.) crearono una nuova realtà pittorica ricercando con analisi acuta l'intimo essere e gli aspetti esteriori d'ogni cosa, ricomponendoli nella sintesi d'una visione larghissima della luce, del colore, dello spazio. Ma la loro arte serbò molti residui gotici, i quali nei capolavori dei van Eyck, spariscono come sommersi dalle altre più nuove qualità, che esorbitano dai limiti dell'arte gotica; ritornano però al seguito dei van Eyck, e spariscono solo nel corso del sec. XVI dinanzi al diffondersi oltralpe dei concetti del Rinascimento italiano, più contrastato dagli artisti maggiori (Grünewald, Dürer, Holbein, Cranach) per la maggiore aderenza del gotico alla civiltà nordica.

V. tavv. CI-CXX.

Bibl.: Opere generali. Architettura: L. Gonse, L'art gothique, Parigi 1890; G. Dehio e G. v. Bezold, Die kirchliche Baukunst des Abendlandes, Stoccarda 1891 e 1908, voll. 2; A. Choisy, Histoire de l'architecture, Parigi 1899, voll. 2; Ch. H. Moore, Development and Character of Gothic Architecture, 2ª ed., New York 1899; J. A. Brutails, L'archéologie du moyen âge et ses méthodes, Parigi 1900; W. Worringer, Formprobleme der Gotik, Monaco 1911; A. Michel, Hist. de l'art, II, i, III, i, Parigi 1907-10; H. Dedeham, Gotik og Geometriske Systemer, Trondhjem 1916; J. Haase, Die Bauhütten d. späten Mittelalters, ihre Organisation, Triangulaturmethode u. Zahlensymbolik, Monaco 1919; P. Lavedan, Hist. de l'urbanisme, antiquité, moyen âge, Parigi 1926; É. Mâle, Art et artistes du moyen âge, Parigi 1927; H. Janzen, Über den gotischen Kirchenraum, Friburgo in B. 1928; E. Gall, Die gotische Baukunst in Frankreich u. Deutschland, Lipsia 1925; H. Stein, Les architectes des cathédrales gotiques, 2ª ed., Parigi 1930; E. Bruley, Architecture gothique, Parigi 1932; A. Brutails, Précis d'archéol. du moyen âge, 2ª ed., Tolosa 1930; H. Karlinger, Die Kunst d. Gotik, Berlino 1927; R. Kömstedt, in Wasmuths Lex. d. Baukunst, II, Berlino 1930; K.-H. Clasen, Die Baukunst des Mittelalters (Handb. d. Kunstwiss.), Wildpark-Potsdam 1930 (con ampia bibl.); M. Aubert, Nouvelle histoire universelle de l'art, I, Parigi 1931. Vedi inoltre la bibl. sotto le voci: francia; germania; inghilterra; spagna, ecc. - Scultura, pittura e arti minori: L. Courajod, Leçons professées à l'école du Louvre, Parigi 1899-1903, voll. 3; É. Mâle, L'art religieux du XIIIe siècle en France, 4ª ed., Parigi 1919; id., L'art religieux de la fin du moyen âge en France, Parigi 1922; H. Bouchot, Les primitifs français, Parigi 1904; S. Sampee i Miquel, Los quatrocentistas catalanes, Barcellona 1906; P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia, Milano 1912; P.-A. Lemoisne, La peinture française à l'époque gothique, XIVe-XVe siècles, Parigi 1931; P. Clemen, Die gotischen Monumentalmalereien der Rheinlande, Düsseldorf 1930; H. Feet, Norges malerkunst i middelalderen, Cristiania 1917; A. Lindbloom, La peinture gothique en Suède et en Norvège, Stoccolma 1916; L. Pillion, Les sculpteurs français du XIIIe siècle, Parigi 1912, nuova ed. 1931; F. Burger, Die deutsche Malerei vom ausgehenden Mittelalter bis zum Ende der Renaissance, Berlino-Neubabelsberg 19133-1915; R. Koechlin, Les ivoires gothiques français, Parigi 1924, voll. 2; M. Dvořák, Das Rätsel der Kunst der Brüder van Eyck, nuova ed., Monaco 1925; W. Pinder, Die deutsche Plastik d. XIV. Jahrh., Monaco 1925; D. Yalabert, La sculpture romane et gothique, Parigi 1926, voll. 2; H. Martin, La miniature française du XIIIe au XVe siècle, Parigi 1928; M. Aubert, La sculpture française au début de l'époque gothique, Parigi 1930; P. Vitry, La sculpture française sous le règne de Saint Louis, Parigi 1929; E.S. Prior e A. Gardner, An account of Medieval Figure-Sculpture in England, Cambridge 1912; É. Mâle, opere cit.; E. G. Millar, La miniature anglaise du Xe au XIIIe siècle, traduzione dall'inglese, Parigi-Bruxelles 1926.