INSULARE, Arte

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

INSULARE, Arte

J. Higgit

L'espressione arte i. in senso letterale è riferita all'arte della Britannia e dell'Irlanda nel corso dell'Alto Medioevo. Trattandosi di una definizione dal carattere sovranazionale, essa si adatta a un'epoca in cui le tradizioni artistiche delle diverse nazioni delle Isole Britanniche avevano molti caratteri in comune e risolve il problema di superflue o controverse attribuzioni all'una o all'altra, spesso in passato affette da risvolti nazionalistici. In secondo luogo l'espressione può essere utilizzata in senso più specifico per indicare lo stile adottato dagli artisti nella maggior parte del mondo insulare intorno al sec. 8°, denominato anche comunemente stile iberno-sassone (The Age of Migrating Ideas, 1993).L'Alto Medioevo fu per le Isole Britanniche un'epoca di varietà e di cambiamento sul piano culturale. La metà meridionale della Britannia aveva fatto parte dell'Impero romano fino al 400 ca. e i Celti britannici, in particolare i Gallesi, avevano conservato coscienza del loro passato romano; i contatti con Roma avevano influenzato del resto, in certa misura, anche il Nord della Britannia e l'Irlanda. La Chiesa si era già stabilita nella Britannia romana nel sec. 4°, e durante i secc. 5° e 6° il cristianesimo sopravvisse e si diffuse tra i Britanni, che a loro volta mantennero contatti con la Gallia cristiana.La popolazione dell'Irlanda divenne prevalentemente cristiana nel corso del sec. 5° e i monaci irlandesi fondarono, al di fuori del territorio dell'isola stessa, una serie di monasteri di grande importanza, i maggiori dei quali erano quello scozzese dell'isola di Iona nelle Ebridi, risalente agli anni sessanta del sec. 6°, Lindisfarne in Northumbria (Inghilterra) fondato nel 635, e, nell'Europa continentale, Luxeuil (dip. Haute-Saône), San Gallo (Svizzera) e Bobbio (prov. Piacenza).La maggior parte dell'od. territorio scozzese costituiva il regno celtico dei Pitti, divenuto cristiano soprattutto per influenza irlandese, sul quale prese il sopravvento alla metà del sec. 9° il regno fondato dagli Irlandesi (o Scoti) nella Scozia occidentale.Durante i secc. 5° e 6° popolazioni di stirpe germanica provenienti dalla Germania settentrionale e dalla Danimarca si insediarono nella Britannia meridionale e gradualmente ne assunsero il controllo - a eccezione del Galles e dell'Inghilterra sudoccidentale -, fondando i regni anglosassoni, tra i quali i più importanti erano quelli di Kent, Northumbria, Anglia Orientale, Mercia e Wessex.Il processo di conversione dell'Inghilterra al cristianesimo ebbe inizio nel 597 con la missione inviata nel Kent da papa Gregorio I Magno (590-604), sotto la guida di s. Agostino di Canterbury, e continuò per gran parte del sec. 7° con missionari provenienti sia dall'Irlanda sia dall'Europa continentale. Alcune differenze di uso liturgico - quali, nella fattispecie, la data in cui si festeggiava la Pasqua e la forma della tonsura - tra la Chiesa romana e quella irlandese, più isolata e meno aggiornata, condussero a una serie di dispute, risolte solo quando le province ecclesiastiche dell'Irlanda e della Britannia si adeguarono gradualmente agli usi di Roma. Sebbene tutt'altro che pacifici, i secc. 7° e 8° furono epoca di frequenti e fruttuosi contatti culturali, sia tra i vari regni sia con il continente. Alcune delle chiese divennero importanti centri di studi e gli eruditi della Northumbria, Beda il Venerabile (672/673-735) e Alcuino di York (735 ca.-804), giunsero a godere di fama internazionale. Esponenti della Chiesa anglosassone, come s. Bonifacio, apostolo della Germania (675 ca.-754), seguirono l'esempio degli Irlandesi, fondando monasteri nell'Europa continentale, numerosi dei quali divennero centri di diffusione della cultura insulare.Le scorrerie dei Vichinghi, che, iniziate a partire dal tardo sec. 8°, condussero nel 9° a insediamenti permanenti, colpirono spesso ricchi monasteri rendendo più rara la committenza e più difficile la produzione di opere d'arte elaborate. L'impatto di queste incursioni fu particolarmente forte in Inghilterra, dove lo stile i. scomparve nel sec. 9°; la produzione di un'arte riconoscibile come i. tuttavia continuò fino al sec. 10° e anche oltre nel Nord e nell'Ovest dell'isola e, in modo particolare, in Irlanda.Durante il sec. 6° si verificò, in Irlanda e nella Britannia settentrionale, una ripresa dello stile celtico c.d. di La Tène, mai del tutto dimenticato: si trattava di uno stile in gran parte astratto, geometrico e curvilineo, caratterizzato da motivi decorativi quali la spirale, la triscele e la tromba, le cui radici affondano nell'arte della Britannia e dell'Irlanda preromana e più lontanamente in quella dei Celti dell'Europa continentale (Megaw, Megaw, 1989). Tale rinascita è particolarmente evidente nella raffinata produzione in metallo, in particolare nelle spille e nei bacili a sospensione (The Work of Angels, 1989, pp. 20-71), spesso decorati con smalti realizzati a incavo.A partire dal 600 ca. il mondo insulare visse un periodo di grande creatività artistica e di splendida committenza. Inizialmente le tradizioni artistiche 'nazionali' erano separate e distinte, in particolare l'arte delle popolazioni celtiche in Britannia e in Irlanda e quella delle popolazioni germaniche di recente insediatesi nelle isole.L'arte degli Anglosassoni, sia prima sia dopo la conversione, era caratterizzata dal gusto per motivi ornamentali zoomorfi (Speake, 1980); il II stile animalistico, diffusosi intorno al 600, disponeva animali nastriformi in disegni intrecciati dal carattere regolare e ritmico. Gli Anglosassoni di alta condizione commissionavano anche oggetti di oreficeria colorata, prevalentemente con granati inseriti su un supporto aureo, analoghi a quelli diffusi presso i committenti germanici del continente. Le opere in metallo celtiche erano diverse da quelle anglosassoni, ma in entrambe le produzioni si rivelava il gusto per motivi accuratamente eseguiti, di carattere geometrico e tuttavia ricchi di dinamismo.Le due tradizioni artistiche entrarono in contatto all'inizio del sec. 7°, come per es. nel corredo funerario della nave-tomba, del 625 ca., appartenente a un re dell'Anglia Orientale, rinvenuta a Sutton Hoo nel Suffolk (Londra, British Mus.; The Sutton Hoo Ship-Burial, 1975-1983), che presenta metalli lavorati anglosassoni di straordinaria qualità, così come bacili a sospensione celtici e oggetti d'argento, importati, di produzione mediterranea. Tra le opere anglosassoni alcune includevano del vetro millefiori, tecnica appresa dagli artigiani celtici. Le opere anglosassoni rinvenute a Sutton Hoo avevano carattere profano e dovevano presumibilmente essere intese come espressione di potere regale.Nel corso del sec. 7° si ebbero rapidi progressi nella produzione artistica a carattere sacro, come è evidente nella decorazione dei libri (Nordenfalk, 1977; Alexander, 1978; Henderson, 1987). Le iniziali del Cathach di s. Colomba (Dublino, Royal Irish Acad.), un salterio risalente forse al 630 ca., relativamente modeste quanto ad ambizione e qualità, dimostrano tuttavia di avere già accolto nella loro decorazione motivi di origine celtica (Alexander, 1978, nr. 4).Si possono riscontrare elementi nuovi, circa una generazione dopo, nel Libro di Durrow (Dublino, Trinity College, 57, già A.4.5; Alexander, 1978, nr. 6), dove la decorazione è eseguita con una precisione e con motivi derivanti dalla tradizione profana della lavorazione dei metalli celtica e da tradizioni di tipo anglosassone, in particolare su una delle carpet pages (pagine ornamentali generalmente costruite compositivamente intorno al motivo della croce); questa pagina (c. 192v) mostra una ornamentazione del II stile animalistico, molto simile a quella presente a Sutton Hoo, e potrebbe essere stata disegnata da un artista orafo anglosassone. Compare in forma evoluta in questo codice anche un altro motivo peculiare dell'arte i., ovvero l'iniziale espansa con terminazioni decorative e riquadri ornamentali. Il Libro di Durrow, che contiene anche motivi mediterranei e pittici, illustra dunque con chiarezza l'interazione culturale che caratterizzava la produzione artistica dell'epoca. Il luogo d'origine dell'opera resta sconosciuto, anche se è possibile che sia stata eseguita a Iona.Se nel Libro di Durrow i motivi celtici e quelli anglosassoni compaiono su pagine distinte, pochi anni dopo alcuni artisti sembrano considerarli come un comune patrimonio da cui attingere. Nell'Evangeliario di Lindisfarne (Londra, BL, Cott. Nero, D.IV), eseguito nell'omonimo monastero in Northumbria tra il 698 ca. e il 721, la decorazione è più minuta e ancora più accurata; in quest'opera, che può essere considerata il primo esempio databile di stile i. o iberno-sassone maturo, spirali e triscele celtiche compaiono accostate ad animali a intreccio anglosassoni (Alexander, 1978, nr. 9). Non è accertato dove si sia attuata la fusione tra i vari stili 'nazionali' in uno stile i. unico, ma ciò può essere avvenuto forse proprio in un monastero come quello di Lindisfarne, di tradizione irlandese e situato nella Northumbria anglosassone.Approssimativamente nella stessa epoca e in seguito per alcuni decenni tale stile fu presente nell'oreficeria - come mostrano gli esempi del calice di Ardagh (v.), della fibula di Tara (entrambi a Dublino, Nat. Mus. of Ireland; The Work of Angels, 1989, pp. 75-77, 91-92, 160ss.) e della fibula Hunterston (Edimburgo, Nat. Mus. of Antiquities of Scotland) - e nella scultura, per es. nel territorio dei Pitti, nella croce di Aberlemno (v.) e, in Irlanda, nelle croci di Iona o in quelle di Ahenny, nella contea di Tipperary (Argyll, an Inventory of the Monuments, 1982, pp. 192-208; Ritchie, 1989, p. 23; Harbison, 1992, II, figg. 7-10, 12-16, 18-21, 24-27). L'influenza dell'oreficeria sulla decorazione dei manoscritti durante il sec. 7° è innegabile, ma non è chiaro se lo stile iberno-sassone abbia avuto origine nella decorazione miniata o nella produzione in metallo.I codici decorati nello stile iberno-sassone, nei quali i soggetti figurati sono trattati con una stilizzazione lineare che ricorda la lavorazione del metallo - che perdurò in Irlanda per vari secoli -, comprendono esemplari di vario genere, dalla semplicità dell'Evangeliario di Echternach (Parigi, BN, lat. 9389; Alexander, 1978, nr. 11) alla straordinaria ricchezza e fantasia del Libro di Kells (Dublino, Trinity College, 58, già A.I.6; Alexander, 1978, nr. 52; The Book of Kells, 1994). L'origine di questi codici è spesso controversa: per il Libro di Kells, per es., sono state rivendicate origini irlandesi, northumbriche e pittiche, ma, più frequentemente e con maggiore probabilità, l'opera viene tuttavia considerata prodotto del monastero di Iona.Alcuni miniatori furono invece fedeli imitatori dei modelli naturalistici mediterranei, come attestano le miniature del Codex Amiatinus (v.; Firenze, Laur., Amiat. 1; Alexander, 1978, nr. 7) e una Bibbia proveniente da uno dei due monasteri fortemente romanizzati (Monkwearmouth e Jarrow, in Northumbria) fondati da s. Benedetto Biscop (628 ca.-690), che copiano modelli probabilmente provenienti da Vivarium, il monastero di Cassiodoro nell'Italia meridionale, e possono essere in parte opera di un artista italiano. Manoscritti dell'Inghilterra meridionale del sec. 8°, come il Codex Aureus di Stoccolma (Kungl. Bibl., A.135), uniscono a una forte influenza mediterranea un tipo di decorazione iberno-sassone (Alexander, 1978, nrr. 29-30).La Britannia e l'Irlanda conservano una cospicua quantità di sculture in pietra altomedievali, rimaste per lo più nei pressi dell'area di produzione e che pertanto, sebbene in gran parte frammentarie, consentono di definire caratteristiche regionali e nazionali. Tali esempi di scultura provengono di norma da monumenti isolati, in maggior parte croci e stele con croce, che dovevano avere per lo più carattere commemorativo; si trattava, almeno inizialmente, di pietre lisce, in genere spoglie, recanti iscrizioni, croci o altri motivi incisi. In Irlanda la decorazione a incisione iniziò a includere semplici motivi curvilinei (Henry, 1965-1967, I, tavv. 14-15), mentre monumenti analoghi della Scozia pittica, costituenti le pietre della classe I, presentano una serie di animali incisi e altri simboli, celtici nello stile ma di incerto significato (Henderson, 1967, pp. 104-127, 157-160; Ritchie, 1989, pp. 16-21).La scultura a rilievo fu probabilmente reintrodotta in Britannia da artisti provenienti dal continente, giunti in Inghilterra durante il sec. 7° per costruire chiese in pietra, come per es. a Monkwearmouth e a Jarrow, in Northumbria. La stessa tecnica venne ben presto applicata a croci libere e isolate, come a Ruthwell, nel Dumfriesshire, e a Bewcastle, in Cumbria (Cramp, 1965; Bailey, Cramp, 1988, pp. 61-73). Nella Northumbria del sec. 8° lo stile di tradizione classica delle figure, l'iconografia e i girali di vite devono molto a modelli mediterranei. Dal punto di vista iconografico queste croci presentano una notevole varietà, dal complesso programma della croce di Ruthwell alla concentrazione aniconica del tralcio di vite simbolico sulla croce del vescovo Acca a Hexham (Cramp, 1984, pp. 174-176).Le croci di Iona del sec. 8° mostrano una elaborata decorazione a rilievo che sembra imitare la lavorazione dei metalli iberno-sassone; le figure, quando presenti, hanno un'impronta meno classicheggiante rispetto alla Northumbria (Argyll, an Inventory of the Monuments, 1982, pp. 17-19, 192-208). Analogamente in Irlanda sulle prime croci i motivi ornamentali erano più importanti dei temi figurati, ma, durante i secc. 9°-10°, sulla serie di high crosses cominciò a predominare l'iconografia cristiana (Stalley, 1991; Harbison, 1992). Le croci irlandesi e la maggior parte di quelle della scuola di Iona presentano una ringed-head terminale in pietra di significato onorifico.Ancora una volta il regno dei Pitti si distingue, in quanto la tipologia scultorea maggiormente diffusa dall'inizio del sec. 8° era la stele con croce (piuttosto che la croce stante isolata), generalmente una stele recante una croce scolpita su un lato; il disegno vi era eseguito a rilievo e univa motivi ibernosassoni a soggetti figurati, specie figure equestri e scene di caccia, probabilmente di significato profano. I simboli pittici continuarono a essere usati e probabilmente vennero abbandonati soltanto quando i Pitti persero la loro indipendenza, alla metà del sec. 9° (Henderson, 1967, pp. 108, 127-134, 157-160).Le croci del Galles (Nash-William, 1950) e quelle dell'Inghilterra sudoccidentale presentano una decorazione meno elaborata, un intaglio meno accurato e pochissime figure, caratteristiche che permettono di ipotizzare che tali regioni fossero relativamente isolate rispetto ai centri maggiori dell'arte insulare.La lavorazione del metallo sembra essere stata il medium artistico più importante, che si continuò sempre a utilizzare sia per rappresentare il potere secolare e il prestigio - nell'ornamentazione di oggetti come fibule o come, per es., l'elmo di York (Castle Mus.; The Work of Angels, 1989, pp. 72-124; The Making of England, 1991, pp. 60-62) - sia, allo stesso tempo, per onorare Dio e i santi, nel caso di oggetti liturgici e di reliquiari (The Making of England, 1991, pp. 132-142, 167-179).Lo splendore dei tesori ecclesiastici, in gran parte perduti, è evidente in alcuni ritrovamenti casuali, come il calice e la patena in argento provenienti da Derrynaflan, nella contea di Tipperary (Dublino, Nat. Mus. of Ireland), o il calice di Ardagh, con la loro impressionante gamma di tecniche: il getto di fusione, la filigrana in oro, la lavorazione a fili intrecciati, la puntinatura, l'impiego di vetri colorati e di ambra (Henry, 1965-1967, I, pp. 92-116; Ryan, 1983). La lavorazione a filigrana rivela grande virtuosismo ed eleganza nella realizzazione di motivi zoomorfi e geometrici (Stevenson, 1974; Whitfield, 1993); non sorprende perciò che tali forme e tecniche di lavorazione dei metalli fossero evocate in opere eseguite in altre tecniche, specialmente nelle croci gemmate in pietra e nelle carpet pages degli evangeliari.L'attribuzione di opere all'una o all'altra regione delle Isole Britanniche può essere controversa; testimonianze della lavorazione dei metalli si trovano in numerosi siti, sia civili sia religiosi (The Work of Angels, 1989, pp. 170-213; The Making of England, 1991, pp. 132-133, 140-141, 145), e gli artisti erano spesso, senza dubbio alcuno, itineranti; in Irlanda si è rinvenuto un numero relativamente cospicuo di manufatti in metallo, in gran parte presumibilmente eseguiti nell'isola.L'interessante tesoro di pezzi in argento proveniente dall'isola di Saint Ninian, nelle isole Shetland, è probabilmente in ampia misura di origine pittica (Edimburgo, Nat. Mus. of Antiquities of Scotland). In questo caso, come altrove, la lavorazione del metallo pittica adottò l'idioma iberno-sassone, mantenendo tuttavia una sua identità (Small, Thomas, Wilson, 1973).La produzione anglosassone di opere in metallo conservò il gusto per l'ornamentazione ritmica zoomorfa, come mostra l'elmo di York; vi ricorre come motivo decorativo anche il tralcio di vite, come per es. sul bacile da Ormside, nel Westmorland (York, Yorkshire Mus.; The Making of England, 1991, pp. 60-62, 170-173).La decorazione e l'arredo delle chiese sono in gran parte scomparsi, sebbene le fonti documentarie ne attestino la ricchezza (Dodwell, 1982). Importanti frammenti di scultura architettonica si conservano per es. nella chiesa di St Mary and St Harnulph a Breedon-on-the-Hill, nel Leicestershire (Wilson, 1984, pp. 80-84). È provato che sia gli edifici sia le sculture ebbero ampie decorazioni pittoriche e un frammento di muratura dipinta, rinvenuto a Winchester nel corso di scavi (Winchester, City Mus.), dimostra come, prima del sec. 10°, venissero realizzate pitture murali con elaborati soggetti figurativi (Cather, Park, Williamson, 1990). Pitture, probabilmente su legno - raffiguranti la Vergine, gli apostoli e soggetti tratti dall'Antico e dal Nuovo Testamento e dall'Apocalisse -, vennero portate da Roma da s. Benedetto Biscop ed esposte nelle chiese dei monasteri da lui fondati di Monkwearmouth e Jarrow (Meyvaert, 1979). A Monkwearmouth, Jarrow e Whithorn, in Northumbria, sono stati trovati frammenti di vetro appartenenti a finestre policrome (Cramp, 1970; The Making of England, 1991, pp. 138-139).I centri irlandesi e anglosassoni del continente, come Bobbio, San Gallo, Echternach e Salisburgo, importarono e, a loro volta, produssero opere di stile i. (Alexander, 1978, nrr. 2-3, 11, 13, 22-28, 37, 44, 49, 57-58, 60-63, 68; The Making of England, 1991, pp. 157-185), che esercitarono una certa influenza sugli artisti dell'Europa continentale. Le straordinarie iniziali a intreccio dei codici insulari furono ampiamente imitate in manoscritti di età carolingia e successiva (in particolare in quelli del gruppo franco-sassone), e altrettanto importante, anche se di portata più limitata, fu l'influsso insulare su alcune opere in metallo, tra le quali l'esempio più noto è il calice di Tassilone, del 780 ca. (Kremsmünster, tesoro dell'abbazia; Wamers, 1993, pp. 35-44).L'impatto dei Vichinghi sull'arte i. fu inizialmente distruttivo, ma, dopo la loro conversione, alcuni coloni commissionarono sculture in cui spesso motivi scandinavi erano inseriti su monumenti del precedente tipo insulare. Nel sec. 10° sull'isola di Man e nel Nord dell'Inghilterra - per es. sulla croce di Gosforth (Cumbria) - gli scultori introdussero alcuni dei motivi decorativi caratteristici dell'arte vichinga e persino scene raffiguranti Odino, Sigurd, Thor e il Ragnar·ok (Kermode, 1907; Bailey, 1980; Page, 1990).La tendenza verso l'uso di immagini è dedotta sia dalle opere d'arte stesse sia dalle poche fonti letterarie a disposizione. Nella Historia abbatum, Beda riecheggia le parole di Gregorio I Magno in difesa delle immagini come scrittura degli illetterati, ma mostra anche interesse per il loro uso tipologico (Henderson, 1980). L'immagine cristiana tendeva a essere trattata in modo iconico e a diventare portatrice di una valenza simbolica in aggiunta al suo significato letterale; le scene sulla croce di Ruthwell, per es., sono state plausibilmente interpretate come simboli di redenzione, penitenza, monachesimo, dell'eucaristia e di altri aspetti della liturgia (Saxl, 1943; Schapiro, 1944; Ó Carragáin, 1987), mentre in studi recenti sul Libro di Kells si sono ipotizzate complesse interpretazioni simboliche delle illustrazioni (The Book of Kells, 1994, pp. 344-488), che secondo alcuni indicherebbero come destinatario della fruizione un colto pubblico monastico, abituato a meditare sul significato delle immagini sacre. Motivi decorativi zoomorfi e a intreccio dovettero spesso avere funzione apotropaica o simbolica, sebbene i significati precisi sfuggano (Speake, 1980, pp. 77-92; Hicks, 1993; Kitzinger, 1993).Dei soggetti di carattere profano si conservano rari esempi, ma un tempo essi dovevano essere frequenti; le scene di caccia e le figure equestri raffigurate sulle stele con croci pittiche avevano probabilmente un significato profano e gli episodi tratti da miti romani, pagano-germanici e cristiani sul cofanetto Franks - un manufatto in osso di balena, prodotto in Northumbria nel sec. 8° (Londra, British Mus.) - decorano quello che doveva essere un oggetto a destinazione profana (Neuman de Vegvar, 1987, pp. 259-273). Le scene tratte dalla mitologia norrena pagana presenti sulla scultura cristiana del Nord dell'Inghilterra, per es. sulla croce di Gosforth, e nell'isola di Man, potrebbero essere comprese in termini di sopravvivenze pagane o come prestiti di miti germanici allo scopo di diffondere messaggi cristiani (Bailey, 1980, pp. 101-142). Un pubblico laico doveva disporre di un livello di comprensione, per es. dell'immagine raffigurata sulla croce di Gosforth, molto diverso da quello che un osservatore colto di formazione monastica poteva avere dell'arte dell'8° secolo.

Bibl.:

Fonti. - Beda, Historia abbatum, in Venerabilis Bedae opera historica, a cura di C. Plummer, Oxford 1896, I, pp. 364-387; 369-370, 373.

Ed. in facsimile. - Evangeliorum Quattuor Codex Lindisfarnensis, 2 voll., Olten-Lausanne 1956-1960.

Letteratura critica. - J.R. Allen, J. Anderson, The Early Christian Monuments of Scotland, Edinburgh 1903; P.M.C. Kermode, Manx Crosses, London 1907; F. Saxl, The Ruthwell Cross, JWCI 6, 1943, pp. 1-19; M. Schapiro, The Religious Meaning of the Ruthwell Cross, ArtB 26, 1944, pp. 232-245; V.E. Nash-William, The Early Christian Monuments of Wales, Cardiff 1950; R. Cramp, Early Northumbrian Sculpture, Jarrow 1965; F. Henry, Irish Art, I-II, London 1965-1967; I. Henderson, The Picts, London 1967; R. Cramp, Decorated Window-glass and Millefiori from Monkwearmouth, AntiqJ 50, 1970, pp. 327-335; A. Small, C. Thomas, D.M. Wilson, St. Ninian's Isle and its Treasure, 2 voll., Oxford 1973; R.B.K. Stevenson, The Hunterston Brooch and its Significance, MArch 18, 1974, pp. 16-42; The Sutton Hoo Ship-Burial, a cura di R.L.S. Bruce-Mitford, 3 voll., London 1975-1983; C. Nordenfalk, Celtic and Anglo-Saxon Painting, New York 1977; J.J.G. Alexander, Insular Manuscripts 6th to the 9th Century (A Survey of Manuscripts Illuminated in the British Isles, 1), London 1978; P. Meyvaert, Bede and the Church Paintings at Wearmouth-Jarrow, Anglo-Saxon England 8, 1979, pp. 63-77; R.N. Bailey, Viking Age Sculpture in Northern England, London 1980; G. Henderson, Bede and the Visual Arts, Newcastle upon Tyne 1980; G. Speake, Anglo-Saxon Animal Art and its Germanic Background, Oxford 1980; Argyll, an Inventory of the Monuments. Iona (Royal Commission on the Ancient and Historical Monuments of Scotland 4), Edinburgh 1982; C.R. Dodwell, Anglo-Saxon Art: a New Perspective, Manchester 1982; M. Ryan, The Derrynaflan Hoard, I, A Preliminary Account, Dublin 1983; R. Cramp, County Durham and Northumberland (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 1), Oxford 1984; M. Werner, Insular Art: an Annotated Bibliography, Boston 1984; D.M. Wilson, Anglo-Saxon Art from the Seventh Century to the Norman Conquest, London 1984; G. Henderson, From Durrow to Kells: the Insular Gospel-Books 650-800, London 1987; Ireland and Insular Art A.D. 500-1200, "Proceedings of a Conference at University College, Cork 1985", a cura di M. Ryan, Dublin 1987; E. Ó Carragáin, The Ruthwell Crosses and Irish High Crosses: Some Points of Comparison and Contrast, ivi, pp. 118-128; C.L. Neuman de Vegvar, The Northumbrian Renaissance: a Study in the Transmission of Style, Selinsgrove-London-Toronto 1987; R.N. Bailey, R. Cramp, Cumberland, Westmorland and Lancashire North-of-the-Sands (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 2), Oxford 1988; R. Megaw, V. Megaw, Celtic Art from its Beginnings to the Book of Kells, London 1989; A. Ritchie, Picts, Edinburgh 1989; The Work of Angels. Masterpieces of Celtic Metalwork, 6th-9th Centuries A.D., a cura di S. Youngs, London 1989; S. Cather, D. Park, P. Williamson, Early Medieval Wall Painting and Painted Sculpture (BAR. British Series, 216), Oxford 1990; R.I. Page, Norse Myths, London 1990; The Making of England: Anglo-Saxon Art and Culture A.D. 600-900, a cura di L. Webster, J. Backhouse, cat., London 1991; R. Stalley, Irish High Crosses, Dublin 1991; P. Harbison, The High Crosses of Ireland: an Iconographical and Photographic Survey, 3 voll., Bonn 1992; The Ruthwell Cross, "Papers from the Colloquium, Princeton 1989" (Index of Christian Art. Occasional Papers, 1), Princeton 1992; The Age of Migrating Ideas: Early Medieval Art in Northern Britain and Ireland, "Proceedings of the Second International Conference on Insular Art, Edinburgh 1991", a cura di R.M. Spearman, J. Higgitt, Edinburgh 1993; E. Kitzinger, Interlace and Icons: Form and Function in Early Insular Art, ivi, pp. 3-15; E. Wamers, Insular Art in Carolingian Europa: the Reception of Old Ideas in a New Empire, ivi, pp. 35-44; N. Whitfield, The Filigree of the Hunterston and 'Tara' Brooches, ivi, pp. 118-127; C. Hicks, Animals in Early Medieval Art, Edinburgh 1993; The Book of Kells, "Proceedings of a Conference, Dublin 1992", a cura di F. O'Mahony, Dublin 1994.J. Higgit

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