PARTICA, Arte

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

ΡARΤICA, Arte (v. vol. V, p. 971)

A. Invernizzi

La definizione corrente di arte p., cioè l'arte fiorita tra il II sec. a.C. e il III sec. d.C. nell'impero partico e nelle aree vicine che ne hanno subito l'influenza, non considera le manifestazioni artistiche della Parthia. Questa regione del Khorāsān nella quale si formò lo stato arsacide fu già satrapía dell'impero achemenide col nome di Parthava e di quello seleucide col nome di Parthyenè, ben prima che vi si stabilissero le tribù iraniche dei Parai e dei Dahi da cui verso la metà del III sec. a.C. emerse la dinastia degli Arsacidi. Questi, con la conquista di Iran, Mesopotamia e Armenia, portarono i limiti del loro stato fino alle frontiere romane.

L'uso di un termine topografico così ristretto per un territorio così vasto ed eterogeneo tuttavia non è senza inconvenienti, non tanto perché rischiano di essere trascurate le manifestazioni culturali della Parthia prearsacide - manifestazioni la cui conoscenza oggi è ancora estremamente limitata - quanto perché rischia di verificarsi uno sfasamento (che oggi si può osservare, in particolare in tema di arte), tra la natura delle testimonianze culturali della Parthia arsacide e la fenomenologia delle regioni occidentali del mondo partico. Infatti i caratteri dell'arte della Parthia, culla dell'impero, così come possono venire giudicati oggi sulla base delle scoperte fatte negli anni '40 e '50 nella reggia di Nisa, prima capitale degli Arsacidi, non corrispondono affatto a quelli che M. Rostovtzeff negli anni '30 aveva individuato come tipici dell'arte p. nelle manifestazioni delle regioni occidentali. L'interpretazione di Rostovtzeff, con le correzioni e le precisazioni che sono state successivamente fatte, è tuttora ritenuta fondamentalmente valida per le regioni occidentali dell'impero partico e per quelle finitime che ne subirono l'influsso, soprattutto per quanto concerne la frontalità. La frontalità è nell'arte delle regioni siro-mesopotamiche il tratto più significativo perché di uso pressoché universale, più immediatamente percettibile e anche più spiccatamente originale.

Ma la reggia di Nisa, poiché è la prima costruita dagli Arsacidi, ha certo valore paradigmatico per giudicare delle manifestazioni culturali, e in particolare quelle artistiche e architettoniche, dello stato partico al suo primo sorgere, il momento più delicato nel quale si definiscono i caratteri di un'epoca. Ebbene, la reggia di Nisa mostra un volto assai diverso da quello rivelato dai centri occidentali, sia nelle fabbriche di rappresentanza e di servizio, sia nelle arti figurative. Si può dire che a Nisa i tratti più appariscenti sono da un lato la mancanza dell'iwān nell'architettura o la sua funzione secondaria, dall'altro l'assenza della frontalità nella scultura, cioè la mancanza proprio dei caratteri più distintivi dell'Occidente partico, dove all'arte figurativa è automaticamente associabile il concetto di frontalità così come lo schema dell’iwān lo è all'architettura monumentale. A Nisa invece l'architettura dei principali edifici monumentali, quali la Sala Quadrata, il Tempio a torre, la Sala Rotonda, e quella della stessa Casa Quadrata, mostrano schemi di vario genere e origine che si sviluppano dalla cultura locale centroasiatica e da quella achemenide ma che vengono rivestiti delle forme della decorazione architettonica ellenistica. L'arte di corte, l'arte ufficiale, poi, appare dominata da un lato dal repertorio iconografico, dall'altro dall'estetica naturalistica dell'ellenismo, se si eccettuano quelle poche figurazioni delle arti suntuarie che rinviano al mondo dei nomadi delle steppe e all'Asia centrale. Anzi, le opere d'arte rinvenute a Nisa possono essere definite per lo più opera di mani greche o comunque di artigiani e artisti formatisi alle scuole ellenistiche d'Asia che tale tradizione hanno perfettamente e originalmente assimilato. Esse provano in ogni caso che il gusto figurativo prevalente alla corte dei primi Arsacidi è profondamente pervaso di idee ellenistiche. Ne deriva dunque che la definizione di arte p. trae origine da una regione in cui i suoi caratteri fondamentali secondo l'uso corrente sembrano a tutta prima assenti. Qui infatti l’iwān farà la sua comparsa, insieme con la rappresentazione frontale, nel complesso monumentale di Mansur Depe, poco distante da Nisa, in data più tarda che resta però ancora da precisare.

Si possiedono dunque oggi due gruppi di opere sulla cui base giudicare l'arte dell'impero partico: a E, in Parthia, le opere più antiche, legate alla corte, a O le opere più recenti, create in una moltitudine di centri da scuole locali che solo in parte si può ritenere con certezza riflettano fedelmente il gusto della corte, la quale aveva ormai lasciato Nisa per Ctesifonte, in Mesopotamia. Tra i due blocchi, quello della Parthia e quello dell'area siro-mesopotamica, l'Iran rappresenta una grossa soluzione di continuità sia sul piano cronologico sia soprattutto su quello territoriale. Praticamente sconosciute infatti sono le realizzazioni nelle capitali che gli Arsacidi ebbero in Iran dopo Nisa e prima di Ctesifonte, e pochissime le manifestazioni note al di fuori di alcune regioni ai confini occidentali, come l'Elimaide o le Porte dell'Asia al nodo di Bīsutūn, le cui testimonianze mostrano di partecipare in misura più o meno ampia del mondo formale dell'area occidentale.

Tuttavia, per capire le complessità e la varietà della produzione artistica nell'impero partico, ê di fondamentale importanza chiarire da un lato l'azione delle numerose eredità culturali operanti nelle diverse regioni e dall'altro la funzione catalizzatrice che la cultura ellenistica ebbe nel fonderne le varie tendenze. La diffusione della cultura ellenistica è stata veramente determinante a vari livelli e a diverso titolo da un estremo all'altro dell'impero partico come lo è stata in altro modo, più a oriente, in quello kuṣāṇa. Ed è questo originario punto di partenza a collegare in un unico percorso ideale le manifestazioni artistiche, apparentemente così diverse, della Parthia dei primi e della Mesopotamia degli ultimi Arsacidi, a dare veste analoga a contenuti, soggetti e iconografie ora iraniche ora siro-mesopotamiche.

La diffusione della cultura ellenistica in Asia ha del prodigioso così come la fulminea avanzata di Alessandro. In realtà l'impero achemenide ebbe in questo fenomeno una funzione preparatoria fondamentale. Non solo l'Asia Minore greca era parte integrante di questo impero, ma la stessa cultura greca aveva cominciato a diffondersi entro i confini del dominio persiano, come provano soprattutto i documenti della glittica, dagli intagli di stile greco-persiano alle impronte di sigilli sulle cretule di Ur in Mesopotamia o sulle tavolette degli archivi di Persepoli. D'altronde la mano d'opera ionica aveva avuto una parte fondamentale nella costruzione delle fabbriche persepolitane. È una sua precisa importanza ha certo avuto anche il fatto che da tempo gioiellieri e toreuti greci lavoravano per la committenza dei nomadi delle steppe, anche se lungo una direttrice marginale. È infatti dai movimenti in continuo divenire propri di queste sconfinate distese che emergono le tribù che hanno dato origine alla! dinastia arsacide.

Gli stati seguiti all'impero di Alessandro in Asia, con i sovrani seleucidi e i re greco-battriani e indo-greci, sono il veicolo della grande diffusione della cultura ellenistica ovunque. Le grandi colonie seleucidi e le corti diventano centri di elaborazione di una cultura ellenistica asiatica originale che si irradia in vario modo, viene diversamente recepita e mette in moto reazioni differenti in ambiti culturali con una storia molto diversa dalla Mesopotamia all'Asia centrale. Le stesse scuole dell'ellenismo asiatico hanno caratteri diversi che le ultime scoperte portano a definire in maniera sempre più chiara. La grande metropoli di Seleucia sul Tigri in Mesopotamia e le corti greco-battriane sono i centri delle due scuole ellenistiche originali di cui oggi si può riconoscere l'esistenza.

La cultura ellenistica pervade dunque le manifestazioni artistiche dell'Asia che era stata di Alessandro sia in Parthia, a Nisa, sia in Mesopotamia, a Seleucia. Né poteva essere diversamente. Gli Arsacidi giungono al soglio imperiale quasi direttamente dalle condizioni, così diverse, di una vita nomade. La loro tradizione culturale di nomadi non era tanto complessa da dare espressione adeguata a tutti quei nuovi valori richiesti dalle nuove funzioni di guida di uno stato complesso. Essi trovarono però nella cultura ellenistica, la cultura moderna dell'epoca, parte della sintassi e anche del lessico meglio confacente a soddisfare le necessità del loro nuovo apparato di rappresentanza, il mezzo per dare forma anche a contenuti strettamente connessi alle proprie tradizioni. Pertanto l'arte ellenistica produsse una splendida fioritura presso la loro prima corte così come, in altri modi, fiorì nella capitale mesopotamica dei Seleucidi.

Parimenti, per l'architettura attinsero largamente a modelli locali, a tecniche apprese, privi com'erano - anche e soprattutto in questo caso - di proprie tradizioni complesse. In effetti negli stessi centri primari di cultura ellenistica da un capo all'altro dell'Asia seleucide, a Seleucia sul Tigri in Mesopotamia come, in modo affatto diverso, ad Ai Khānum (v.) in Battriana, la pratica architettonica fa larghissimo spazio a tipologie e tecniche locali, perfino nella lavorazione della pietra. In particolare, l'unico edificio palaziale a noi noto, il palazzo di Ai Khānum, mostra solo alcuni elementi ellenistici inseriti in uno schema dipendente da altre tradizioni.

Solo col tempo la situazione evolve portando in primo piano altre istanze, ed è anche possibile che questo sviluppo abbia avuto caratteri diversi a E e a O. Nell'arte dei grandi centri ellenistici come Seleucia, della Parthia e, forse, dell'Iran (se la giudichiamo dagli stucchi del palazzo di Qal'a-ye Yezdegerd), le tradizioni ellenistiche devono aver avuto influenza determinante ancora per un tempo più o meno lungo: nelle grandi città grazie alla presenza di botteghe e di una popolazione greca consistente, in Asia centrale forse anche per l'assenza di una millenaria tradizione figurativa paragonabile a quella mesopotamica o elamica, per forza e continuità, capace di produrre decise reazioni all'estetica imperante.

Tuttavia, laddove antichissime tradizioni locali avevano avuto una storia illustre e continuativa, come nell'area siro-mesopotamica, si mantenevano vive forti tendenze a una caratterizzazione di gusto potenzialmente in grado di contrastare l'estetica ellenistica. È in ogni caso qui che troviamo ampiamente espresse le convenzioni rappresentative per la prima volta identificate da Rostovtzeff, in particolare la frontalità ieratica. Se infatti la posa frontale della figura ha origine nel repertorio ellenistico, l'uso che se ne fa, di immagine ieratica, nella pittura e nel rilievo e la sensibilità dell'esecuzione sono la negazione del realismo ellenistico e dell'impostazione narrativa della scena sotto la spinta di concezioni che hanno profonde radici nella culture antico-orientali.

Purtroppo però il quadro d'insieme dello sviluppo delle tendenze artistiche nell'impero partico che si può abbozzare oggi appare ancor lacunoso e sbilanciato nella documentazione. Sembra delinearsi con qualche chiarezza un passaggio dalla prima età partica, dominata in arte da un gusto naturalistico di stampo ellenistico, a quella tarda, caratterizzata da idee e modi interpretativi spiccatamente orientali, da una rivalutazione dei concetti propri a un repertorio iconografico che fa sempre maggior spazio a soggetti e contenuti di varia origine, iranici e mesopotamici, mentre l'architettura fin dall'inizio presta maggiore attenzione agli schemi tradizionali locali, rinnovati con la veste spesso puramente decorativa delle forme ellenistiche. Siamo però ancora lontani da una puntuale comprensione storica delle tappe e della cronologia di questi sviluppi, delle modalità e motivazioni specifiche dei mutamenti intervenuti nelle diverse regioni del microcosmo partico nei circa cinque secoli di! durata del dominio arsacide.

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